Primi passi verso il sistema educativo da 0 a 6 anni

L’infanzia al centro?

La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto legislativo n. 65/2017 (attuativo della legge 107/2015) rappresenta un punto di svolta epocale per quanto riguarda il comparto dei servizi educativi e scolastici da 0 a 6 anni, con particolare riferimento ai nidi e alle altre tipologie di servizio educativo da 0 a 3 anni ivi indicate.

Nel periodo intercorso dall’approvazione della legge delega del 2015 si sono sviluppate su questo tema specifico (così come su altri) controversie e dispute di vario tipo, alcune determinate da preoccupazioni fondate su elementi di criticità oggettivi, altre del tutto astratte e pregiudiziali.

È bene precisare subito che nulla di tutto quello che è stato paventato sul piano ordinamentale (in particolare per le scuole d’infanzia) ha trovato riscontro nelle norme approvate.

Per le scuole d’infanzia, anzi, si prefigura un rilancio e un nuovo ruolo di sviluppo e di traino complessivo per l’insieme dei servizi educativi e scolastici da 0 a 6 anni, nell’ambito di quello che è stato definito nella norma come “Sistema integrato di educazione e istruzione per i bambini da 0 a 6 anni di età”.

Restano da definire diverse questioni sul piano attuativo, che verranno definite con ulteriori decreti ministeriali nel giro di 6 mesi dall’entrata in vigore delle nuove norme.

Cosa cambia per i nidi e le scuole dell’infanzia?

L’impianto complessivo del decreto va considerato in dettaglio con l’attenzione dovuta; ci limitiamo qui ad elencare i temi di principale interesse:

– il passaggio dei nidi sotto la competenza del Ministero dell’Istruzione;

– il riordino del quadro vigente di formazione (universitaria) di base, con particolare riferimento ai titoli di studio di livello universitario previsti per insegnare nel sistema di educazione e istruzione da 0 a 6 anni;

– i tempi, modi e contenuti di redazione degli Orientamenti educativi per i servizi educativi da 0 a 3 anni di età e delle Linee guida per la continuità educativa da 0 a 6 anni;

– il consolidamento a regime e lo sviluppo delle sezioni primavera a gestione statale (aggregate a scuole infanzia statali e gestite con insegnanti statali selezionati e dotati di formazione adeguata);

– l’istituzione dell’organico potenziato nelle scuole d’infanzia statali (auspicabilmente finalizzato all’attivazione di figure di coordinamento pedagogico su base territoriale intercircolo e allo sviluppo delle sezioni primavera, ed eventualmente di figure specializzate per l’integrazione dei bambini disabili);

– l’introduzione dell’obbligo della formazione continua in servizio per educatori e insegnanti;

– l’attivazione di una sperimentazione relativa all’istituzione di Poli scolastici per l’infanzia a gestione pubblica nel numero di almeno 1 e fino ad un massimo di 3 per regione (i criteri sono già stati discussi in sede di Conferenza unificata ed è atteso ora il relativo decreto).

L’erogazione delle risorse finanziarie

I parametri e le modalità di erogazione dei contributi ministeriali per i servizi educativi da 0 a 3 anni saranno accreditati dalle Regioni sulla base degli indirizzi nazionali, mentre viene confermata la procedura vigente per i contributi alle scuole d’infanzia paritarie a gestione comunale e/o privata (ancora insufficienti dal punto di vista quantitativo, benché si sia registrato un incremento del fondo complessivo previsto nella legge di stabilità 2017).

Il procedimento di calcolo del contributo statale previsto per i servizi educativi da 0 a 3 anni nella prospettiva di attuazione del decreto presenta qualche elemento di complessità tecnica, e anche qualche difficoltà in termini di previsione di efficacia dei criteri (che dovranno essere definiti in modo dettagliato a livello nazionale), ma pare consolidata la scelta di un’attribuzione diretta da parte del Miur ai comuni o loro unioni per i servizi a gestione diretta e anche per l’erogazione di servizi a gestione privata accreditata.

In attesa di una compiuta elaborazione di questi elementi, da iscrivere poi nel testo di uno specifico decreto attuativo, è maturata una valutazione di opportunità circa la proroga per l’a.s. 2017/18 dell’accordo nazionale relativo alla sperimentazione vigente sulle sezioni primavera.

Le diverse fattispecie di servizi educativi indicate per la fascia di età 0-3 anni, invece, rappresentano il possibile punto di partenza di un’azione progressiva finalizzata a costruire un sistema potenzialmente universalistico, laddove si riescano a coniugare lo sviluppo dei servizi con le politiche di sostegno al reddito delle famiglie, e lo sviluppo di iniziative di welfare aziendale di vario tipo, a partire dall’espansione delle misure di conciliazione previste dalla legge 1204 e dai contratti nazionali di lavoro. Ci sono nel decreto punti specifici che aprono prospettive anche in questo senso.

La formazione degli operatori nel sistema integrato di educazione e istruzione

Per quanto riguarda i titoli di studio previsti nel decreto per insegnare nei servizi educativi da 0 a 3 anni e nelle scuole d’infanzia, le cose stanno nel modo seguente.

Il percorso formativo di base per gli educatori di nido d’ora in poi sarà quello contenuto nel disegno di legge Iori-Binetti-Santerini (3 anni +1), in discussione al Senato.

Essendo prevista una laurea triennale di base, valida in verticale per gli educatori impegnati in diverse fasce di età e contesti lavorativi, si sta definendo la necessità di un anno integrativo specifico per chi vuole lavorare nei servizi per la prima infanzia da 0 a 3 anni, in tutto analogo a quello previsto per i laureati in scienze della formazione primaria.

Tutto ciò al riparo di chi già lavora oggi a tempo indeterminato, e ha preso la maturità e l’eventuale laurea prima della decorrenza delle nuove norme.

Continueranno poi a valere evidentemente le lauree triennali di formazione primaria a indirizzo nido che già esistono in alcune università e in alcune regioni.

Proprio perché è noto che “l’indirizzo specifico” c’è solo in Emilia-Romagna, Toscana e Lombardia, sono stati aggiunti anche i CFU per le L19 che non lo hanno; occorrerà supportare gli atenei di tutta Italia a creare quelle passerelle necessarie affinché gli studenti possano avere maggiori opportunità, nel rispetto della qualità della risposta educativa.

Il percorso di 5 anni + 1 è previsto per coloro che, essendo laureati in scienze della formazione primaria (infanzia e primaria), intendano trovare opportunità di lavoro nei servizi educativi al di sotto dei 3 anni, se non lo trovano nelle scuole da 3 anni in su.

Il corso di laurea in scienze della formazione primaria a indirizzo nido non è diffuso, ma i corsi di laurea triennale lo sono dappertutto, e le università dovranno provvedere a organizzare in quell’ambito un anno integrativo a carattere specifico per i servizi educativi per la prima infanzia per gli uni (educatori) e per gli altri (insegnanti).

I 60 CFU sono aggiuntivi alla laurea quinquennale in Scienze della Formazione Primaria e alla triennale L19 non ad indirizzo specifico. Quei corsi di laurea, infatti, preparando insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria, hanno un curricolo quasi interamente basato sulle discipline. Quei 60 CFU aggiuntivi servono dunque a dare quelle competenze educative e di cura che altrimenti mancherebbero a chi dall’infanzia vuole transitare al nido.

Forse non sarà la migliore soluzione in astratto possibile, ma sembra una mediazione assolutamente dignitosa, utile e opportuna, in una prospettiva complessiva di governo del sistema, stanti i diversi vincoli con cui occorreva fare i conti.

Ulteriori novità in vista

Restano poi da elaborare e progettare in chiave operativa altri filoni di iniziativa di medio periodo:

– le modalità di formazione in servizio di tutti i profili professionali presenti nei servizi per la prima infanzia e nelle scuole d’infanzia;

– la definizione del modello organizzativo e l’attivazione delle funzioni di coordinamento pedagogico;

– l’attivazione di una filiera organizzativa nell’ambito del Miur (a livello centrale e regionale) per la regia, d’intesa con le regioni, di tutti processi attuativi, nonché della gestione dei contributi ministeriali;

– l’auspicabile elaborazione di un profilo professionale specifico relativo alle funzioni ausiliarie per nidi e scuole d’infanzia con una qualifica specifica (non generica com’è adesso).

Diventa poi indispensabile definire indirizzi nazionali sul diritto allo studio, finalizzati a sostenere iniziative regionali e locali in ordine a:

– il coordinamento delle iscrizioni (attraverso accordi di programma e convenzioni fra le diverse tipologie di gestione a livello locale);

– la facilitazione dell’accesso attraverso misure di perequazione tariffaria proporzionate alla capacità economica delle famiglie in base all’indicatore ISEE;

– la qualificazione dell’offerta formativa (sostegno alla genitorialità, prevenzione educativa, integrazione dei bambini con disabilità e dei bambini di nazionalità diversa da quella italiana).

Ma questo è un altro capitolo del discorso, su cui occorrerà sviluppare ragionamenti coerenti, pazienti e lungimiranti di medio periodo, a livello centrale, regionale e territoriale, nell’ambito di sedi programmazione da istituire ad hoc e/o da potenziare (a seconda delle regioni e del livello relativo alle esperienze pregresse).