Certificazione primo ciclo: come partecipare al monitoraggio

Con Nota Miur 9 giugno 2016 prot. n. 6440 il MIUR ha avviato il secondo monitoraggio sulla sperimentazione relativa all’adozione della scheda sperimentale di certificazione delle competenze per il primo ciclo. Un questionario rivolto alle scuole consente di rilevare gli aspetti più significativi dell’esperienza compiuta in modo da poter eventualmente calibrare in forme più pertinenti l’adozione a sistema della scheda. Una ricognizione del questionario proposto consente di rilevare punti di forza e di debolezza della prassi certificatoria proposta dal MIUR con Circolare Miur 13 febbraio 2015 n. 3. Dalle diciassette vere e proprie domande rivolte alle scuole, peraltro, si evince una certa consapevolezza, da parte di chi le ha elaborate, delle possibili criticità che si annidano in tutta l’operazione.

Il nesso stretto tra Indicazioni Nazionali 2012 e certificazione di competenze è subito chiamato in causa, e opportunamente (item 13, dopo i primi dodici di anagrafica). In realtà va constatato, osservando alcuni percorsi della formazione in servizio, che l’impianto pedagogico-didattico delle Indicazioni è tutt’altro che di casa in molte realtà scolastiche. Da ciò consegue la criticità del rapporto istituibile tra profilo di competenze della scheda, ispirato a quello delle Indicazioni, e didattiche disciplinari per competenze, anch’esse ben approfondite nel testo del 2012.

Le domande poste alle scuole, pertanto, cercano di sondare la retroazione pedagogico-didattica, ovvero il suo riverbero sulla progettazione curricolare, della prassi certificatoria (item 16 e 18), e qui probabilmente sorgono alcuni problemi, che attengono alla formazione dei docenti (item 17). È vero che le scuole impegnate nella sperimentazione hanno dovuto attivare percorsi di formazione, ma è anche vero che l’efficacia degli stessi è stata talvolta compromessa dalla sensazione, ancora una volta, di dover “applicare” qualcosa, per quanto il MIUR si sia sforzato di elaborare una proposta “cordiale”, attraverso le Linee Guida che accompagnano la circolare 3/2015.

L’item 19, che chiede alle scuole quale degli elementi del modello sia stato “apprezzato” e in che misura, obbliga a ripercorrere il format della scheda. Fa pensare la richiesta di apprezzamento della voce “Uso di indicatori di livello in luogo dei voti decimali per la valutazione delle competenze”. I docenti del primo ciclo dal 2008 hanno ripreso a ragionare per voti numerici, e la proposizione dei livelli li lascia per lo più sconcertati, soprattutto perché, comunque, l’atto valutativo finale nel primo ciclo viene espresso con un voto numerico che è la risultante dei vari punteggi ottenuti nelle prove. In assetto formativo i docenti fanno presente sempre questa incongruenza. Perché l’atto certificativo ha una rilevanza “preliminare” rispetto alle prove di Esami e l’ultima parola è comunque affidata al voto numerico?

Un altro nodo (item 21) riguarda la collocazione degli studenti con bisogni educativi speciali. Il MIUR sembra consapevole della criticità che si può annidare nell’adozione di un modello unico per tutti e intervista le scuole su questo tema. Probabilmente le scuole non riterranno che le competenze degli studenti disabili, DSA o BES debbano essere certificate con lo stesso modello di certificazione degli altri studenti. Qui il problema si allarga al concetto stesso di “competenza” ed alla sua adattabilità ad assetti cognitivi diversificati.

Anche l’item 22 rivela una questione di fondo che probabilmente attraversa il Comitato Scientifico Nazionale e riguarda l’opportunità o meno di prevedere una forma di valutazione delle competenze in ogni anno del percorso di studi. Al di là della risposta che daranno le scuole, anche in questo caso a monte si annida il rapporto tra competenze di medio periodo ed apprendimenti annualmente cadenzati. Il rischio dell’annualità potrebbe offuscare la valenza “a maglie larghe” della competenza a favore di un suo appiattimento sulla logica forse più stringente degli obiettivi (che peraltro neppure risultano annuali nelle Indicazioni 2012).

Il punto più qualificante del questionario riguarda l’area 7 (items 23 e 24) dal significativo titolo “Ri-orientamento della didattica”. Lì si pone la questione di fondo: si può certificare ciò che è stato rilevato in forme non congruenti? E dunque ecco la filiera di strumenti rilevativi quali compiti autentici, osservazione sistematica, autobiografie cognitive, diari di bordo e quant’altro. Se ne evince che la certificazione delle competenze, come già largamente evidenziato dalle Indicazioni 2012, fa a pugni col modello trasmissivo dell’insegnamento, e che la formazione in servizio non può non affrontare questo tema spinoso, che tocca in modo cruciale la sensibilità dei docenti soprattutto in considerazione della presenza-spauracchio di prove standardizzate che non consentono rilevazioni di processi e di atteggiamenti.

“Valorizzare i percorsi personali” è un’istanza presente nell’item 25 relativo alla capacità del modello di intercettare tutti gli alunni. Probabilmente la risposta sarà positiva, ma i problemi rimangono. Se la certificazione valorizza i percorsi personali perché consente di “livellare” le competenze di ciascuno, la presenza del voto numerico nelle prassi valutative dei docenti non finisce per neutralizzare la virtuosità valutativa del modello?

In altri termini: il modello proposto può essere risistemato, snellito quanto si vuole e rappresenta una buona base per accedere ad una valutazione in cui l’istanza formativa riprende fortemente campo accanto ed in certi casi più di quella sommativa. Ma l’unico suggerimento o rilievo che occorrerebbe far pervenire al CSN (item 29) rimane inevitabilmente quel che si è già ventilato nelle considerazioni che precedono: l’abolizione senza se e senza ma del voto numerico e della prova Invalsi all’interno dell’Esame di fine primo ciclo. Con queste due misure probabilmente il dispositivo della certificazione acquisterebbe tutta la sua pregnanza formativa e la sua integrabilità anche con l’Esame di Stato, che finisce invece, sic stantibus rebus, per risultare qualcosa di giustapposto, che genera ansia immotivata nei ragazzi e che probabilmente non rende adeguata giustizia alle virtuosità personali che la certificazione è stata capace di evidenziare.