Fondi legge 440: ma cos’è l’arricchimento dell’offerta formativa?

Un fondo pret-à-porter

È certamente meritorio che il Miur, con la nota 2998 del 4 ottobre 2016, cerchi di mettere un po’ di ordine nella gestione frenetica dei fondi legati alla legge 440/1997. Negli ultimi anni i finanziamenti, oltre ad essersi ridotti notevolmente rispetto all’età dell’oro dell’autonomia scolastica (a scavalco del 2000), si sono spesso dispersi in mille rivoli, con la difficoltà per le scuole a districarsi tra le decine di avvisi pubblici, bandi, circolari, progetti, necessari per accedere a questo o a quel finanziamento. Ora, almeno, un quadro certo c’è, ed è pubblicato in calce alla nota del Capo Dipartimento e consente di avere una visione d’insieme sulle molteplici “linee finanziarie” che fanno capo alla legge 440/1997, che rimane una delle poche fonti di finanziamento “non vincolato” per incentivare l’iniziativa delle scuole. Il fatto è che nel corso degli anni il fondo 440, istituito in occasione dell’avvio dell’autonomia scolastica, è diventato una sorta di fondo di riserva cui il Governo affidava di volta in volta il compito di indicare alle scuole alcune priorità meritevoli di essere perseguite, magari connesse alle “riforme” del momento o alle istanze dell’opinione pubblica (ad esempio quest’anno si sente l’effetto d’alone delle Olimpiadi di Rio (ma anche delle Paralimpiadi…), oppure dell’emergenza bullismo, o di altre domande sociali.

Come si legge il DM 633/2016

La nota 2998 cit. ha il pregio di presentare una tavola sinottica dei potenziali finanziamenti a cui le scuole possono attingere, sulla base del DM 633 del 1° settembre 2016 che ne prevede una minuziosa descrizione in ben 38 articoli, ognuno dei quali può rimandare anche ad una pluralità di sotto-progetti.

La nota sintetica va letta con attenzione, tenendo presente che per ogni area tematica/progettuale:

– viene richiamato l’articolo del decreto, con l’importo finanziario complessivo assegnato ad ogni tema;

– viene presentato uno stringato abstract che descrive le caratteristiche dell’azione progettuale proposta;

– viene prefigurato il soggetto destinatario, che può essere di volta in volta o una scuola capo-fila o, per particolari azioni massive, anche tutte le scuole interessate ad un certo fenomeno (ad es. gli allievi ospedalizzati) oppure solo alcuni istituti individuati con avvisi pubblici;

– si indica il soggetto che valuterà le candidature delle scuole. In linea di massima molti dei finanziamenti saranno decisi direttamente dal Miur (da appositi comitati), altri vedranno una sede decisionale regionale (in tal caso viene citato l’USR: es.: alternanza, apprendistato, sistema di valutazione e miglioramento, debate e service learning);

– viene indicata la tempistica per la pubblicazione degli avvisi, la presentazione delle candidature, la conclusione della valutazione, la comunicazione alle scuole.

Si tratta di un procedimento assai complesso, che va studiato con attenzione (perché certe azioni sono riservate a poche scuole sul territorio nazionale, in quanto azioni ministeriali a supporto di tutto il sistema), concentrando l’attenzione sui progetti rispondenti alle effettive esigenze scaturite dai RAV, PTOF, PdM. Per evitare inutili rincorse, la nota 2998 cit. precisa che ogni scuola non potrà presentare più di tre candidature per i progetti predisposti dalla Direzione Generale per lo Studente (per intenderci quelli relativi a disabilità, integrazione, attività sportive, salute, legalità, bullismo, ecc.). Restano aperti, invece, i bandi emanati dalla Direzione Ordinamenti e Direzione del Personale (per la formazione).

Mi passi quel “progetto”?

L’impressione, a prima vista, è quella di un repertorio di offerte assai rigido e “spezzettato”. All’inizio di questa vicenda, tuttavia, il finanziamento per l’autonomia veniva quasi interamente versato alle singole istituzioni scolastiche, come “budget” indistinto e non vincolato, se non per l’ampliamento e l’arricchimento dell’offerta formativa. Certamente si tratta di due termini non facili da interpretare, perché sembrano collegati all’aumento quantitativo delle iniziative (un progetto aggiuntivo, un’attività pomeridiana, un corso integrativo), che però assume anche una possibile valenza qualitativa (un intervento “specialistico”, un’innovazione didattica, un’esperienza innovativa in orario curricolare, ecc.). È questa la vera autonomia? In effetti, se si osserva il funzionamento di una scuola (e oggi è più frequente farlo con i dati messi a disposizione dal Sistema Nazionale di Valutazione), si nota una forte enfasi sui cosiddetti “progetti”. È di questi giorni la pubblicazione del Rapporto INVALSI sugli esiti delle rilevazioni compiute con i questionari scuola 2014-15, nell’ambito del SNV (Sistema Nazionale di Valutazione): http://www.invalsi.it/snv/docs/141016/Appendice_I.pdf e http://www.invalsi.it/snv/docs/141016/Appendice_II.pdf .

In relazione all’area “progetti”, documentata nei RAV, risulta che le scuole del primo ciclo mediamente promuovono circa 10 progetti all’anno (13 per il secondo ciclo), che l’investimento medio oscilla sui 7.800 euro a progetto (che diventano 11.700 nel secondo ciclo), di cui il 15% ritorna agli insegnanti “interni” alla scuola (27% nel secondo ciclo). Mediamente ogni alunno è destinatario di un “investimento” di circa 80 euro (150 nel secondo ciclo), la durata oscilla sui due anni e mezzo (più lunghi al Nord più brevi al Sud), circa il 40% delle risorse va ai 3 progetti ritenuti strategici per l’istituto. I temi più gettonati sono la prevenzione del disagio e l’inclusione (nel primo ciclo) e le lingue straniere (nel secondo ciclo).

Alla ricerca delle priorità

Sono molte le aree progettuali perseguite dalle scuole. Basta scorrere i dati resi disponibili dall’Invalsi per cogliere la varietà dell’offerta formativa promossa dalle scuole, con evidenti differenze tra il primo e il secondo ciclo.

Area tematica Primo ciclo Secondo ciclo
1. Prevenzione del disagio – inclusione 48,5 31,3 (4°)
2. Attività artistico-espressive 36,6 16,6 (8°)
3. Lingue straniere 28,4 37,8 (1°)
4. Educazione alla convivenza civile 27,4 17,6 (7°)
5. Sport 20,6 9,2 (12°)
6. Altri argomenti 17,2 37,4 (2°)
7. Progetto trasversale di istituto 17,0 20,6 (6°)
8. Formazione e aggiornamento del personale 15,5 9,5 (10°)
9. Orientamento, accoglienza, continuità 14,9 35,6 (3°)
10. Abilità linguistiche, lettura, biblioteca 13,3 9,5 (11°)
11. Tecnologie informatiche (TIC) 11,6 21,7 (5°)
12. Abilità logico matematiche e scientifiche 9,4 14,5 (9°)

Sembra di scorrere l’elenco delle 17 priorità proposte dal legislatore nel comma 7 dell’articolo unico della legge 107/2015. Anche quello è un lungo elenco che comprende praticamente tutte le opportunità che sarebbe utile proporre agli allievi, ma in cui è difficile scorgere un ordine di priorità. Spesso l’aumento quantitativo delle attività offerte, se non ben congegnato, ha determinato l’emergere di un curricolo parallelo di tipo integrativo che si affianca al vero e proprio “core” curricolo delle discipline fondamentali. È emblematico che i possibili approfondimenti sulle discipline fondamentali (la lingua, la matematica, le scienze) veleggino verso gli ultimi posti della graduatoria, a testimonianza di una difficoltà a rimettere in discussione il modo di essere delle “materie” importanti, quelle ove sono più alti i tassi di insuccesso. È pur vero che oggi i profili formativi dei diversi gradi scolastici sono caratterizzati dal concetto di “competenza” e che questo costrutto va molto al di là della semplice acquisizione di contenuti di conoscenza nei diversi settori disciplinari. Dunque, il valore dei progetti potrebbe essere ricondotto all’esigenza di mettere a fuoco le “competenze chiave e di cittadinanza” che implicano contesti didattici più articolati della semplice successione di ore di lezione frontale.

Dare unitarietà all’offerta formativa

Ci aspettiamo allora che l’ampia presenza di progetti a scuola possa effettivamente sostenere l’arricchimento dell’offerta formativa, intesa non come quantità o abbellimento di superficie, ma come qualità della didattica (individualizzazione, apprendimento cooperativo, gruppi e laboratori, esperienze operative, rapporti con l’esterno, sviluppo di attività opzionali). I fondi della legge 440, nelle diverse opportunità, dovrebbero essere ricondotti alle scelte effettuate da ogni scuola per caratterizzare il proprio curricolo (il POF triennale, se assumiamo il nuovo dispositivo della legge 107/2015) con l’obiettivo di una didattica capace di coinvolgere gli allievi, di spronarli verso il successo formativo, anche attraverso una maggiore personalizzazione dei curricoli. Questa è la motivazione forte dell’organico di potenziamento, di cui appare urgente una verifica in progress delle effettive modalità di utilizzazione (corrispondenza rispetto ai bisogni rilevati nei piani di miglioramento, competenze e motivazioni del personale incaricato, incidenza delle supplenze).

L’offerta formativa si qualifica non solo perché si arricchisce con qualche progetto “aggiuntivo” che magari usufruisce dei fondi della legge 440 (oppure di altri cespiti come i Fondi Europei o i fondi degli enti locali, dei genitori o di partner privati: un pianeta sconosciuto tutto da esplorare), ma soprattutto perché si dà coesione ad un progetto di scuola: coerenza di curricoli aggiornati (non solo Indicazioni), sistema di valutazione e monitoraggio permanente dei risultati (non solo RAV), piano di formazione in servizio permanente, come training guidato (non solo corsi di aggiornamento una tantum), stimolo al lavoro collaborativo tra i docenti (non solo bonus “random” per il merito).

Ogni scuola, dunque, nel leggere la mappa delle opportunità della legge 440/1997 di cui alla nota 2998 cit., dovrà saperla ricondurre ad un quadro unitario, alle ragioni profonde del suo modo di essere e non come superficiale “vetrinetta” di mille progetti.