DSA e riflessione linguistica a scuola

L’ora di grammatica e i DSA

Le ricerche degli ultimi trent’anni hanno permesso di conoscere in maniera più approfondita i Disturbi Specifici dell’Apprendimento e le ricadute che comportano nell’ambito didattico. Si è compreso il bisogno di strutturare percorsi di apprendimento personalizzati ed è stata messa al centro dell’attenzione la necessità di applicare una didattica inclusiva, che permetta di sperimentare modalità di insegnamento e apprendimento di tipo diverso. Come riportato nelle Linee Guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento:

«Per consentire […] agli alunni con DSA di raggiungere gli obiettivi di apprendimento, devono essere riarticolate le modalità didattiche e le strategie di insegnamento sulla base dei bisogni educativi specifici, in tutti gli ordini e gradi di scuola».

Tuttavia la comprensione di questa necessità non trova facilmente la possibilità di attuazione in ambito scolastico, dove ancora si ricorre, spesso, ad un tipo di insegnamento trasmissivo, che forza l’allievo ad apprendimenti passivi e non partecipi. La riflessione sulla “grammatica”, ancora nella maggior parte dei casi, viene imposta attraverso una serie di regole da ricordare, senza la possibilità di sperimentare un apprendimento attivo e di riflettere in prima persona sul funzionamento del linguaggio.

I bambini e i ragazzi con DSA tendono a vivere l’ora di grammatica come un fallimento e si limitano all’applicazione di schemi senza mettere in gioco competenze metalinguistiche. È opportuno sottolineare come, in caso di DSA, la riflessione metalinguistica sia faticosa quando questa si basi su competenze di automatismo e sul recupero di etichette verbali. Gli alunni con DSA cadono principalmente nelle competenze metafonologiche, nella memoria di lavoro e nella memoria a lungo termine, con perdita di informazioni, calo dell’attenzione e grande quantità di errori.

Le potenzialità del modello valenziale

Il Modello valenziale di descrizione della lingua, che nasce con Lucien Tesnière nel 1959, si basa sul ruolo del verbo nella rappresentazione semantica dell’evento e nella strutturazione sintattica della frase. Secondo tale modello ogni verbo, grazie alla sua valenza, alle sue caratteristiche semantico-sintattiche, seleziona dei partecipanti all’evento e degli argomenti nella strutturazione della frase. Il verbo può essere zerovalente (verbi impersonali: es. piovere in Piove); monovalente (es. camminare in Martino cammina); bivalente (es. trovare in Martino trova un tesoro, oppure arrivare in Martino arriva al castello); trivalente (es. dare in La signora del castello dà i tesori a Martino); tetravalente (es. tradurre in Martino traduce la lettera dall’italiano all’inglese). La frase risulta così costituita a partire dal verbo, regista di questa strutturazione, cioè dalla sua capacità di attrarre elementi intorno a sé. L’immagine della valenza richiama infatti apertamente l’ambito della chimica delle particelle atomiche.

Il nuovo approccio alla frase non prevede soggetto, predicato verbale e complementi (una poco rigorosa e lunga lista su base semantica), ma verbo e suoi argomenti (elementi necessari a completarne il senso, come soggetto, oggetto diretto, oggetto indiretto) per la frase minima o nuclearecircostanti della frase minima ed espansioni, informazioni di sfondo non collegate direttamente agli elementi della frase minima o nucleare.

I vantaggi del modello valenziale

Quali sono i vantaggi dell’impiego della grammatica valenziale a scuola?

  1. Il modello valenziale è rigoroso a livello scientifico.
  2. Se l’insegnamento trasmissivo della grammatica tradizionale non facilita l’apprendimento di competenze metalinguistiche, generando ulteriori difficoltà agli alunni con DSA, la grammatica valenziale favorisce un approccio di tipo induttivo, supportando la riflessione metalinguistica e la scoperta attraverso l’esperienza. Non si applicano regole mnemoniche, ma si costruisce attivamente il sapere.
  3. Il modello della grammatica valenziale stimola all’impiego del canale visuo-percettivo, permettendo una più facile memorizzazione in chi ha difficoltà di carattere verbale.
  4. La possibilità di ricorrere a diversi canali e modalità di apprendimento (attraverso l’uso di schemi radiali, la rappresentazione delle scene attivate dai verbi, l’uso di immagini transcodificabili in frasi minime etc.) favorisce una didattica motivante per gli alunni con DSA, che riescono meglio a comprendere la grammatica ottenendo risultati positivi.
  5. L’applicazione della grammatica valenziale a scuola permette un’implementazione del lessico mentale, di solito non adeguato negli alunni con DSA, attraverso la focalizzazione sul ruolo del verbo.
  6. Il modello valenziale permette di avere sempre un punto di partenza prestabilito – il verbo – che diventa un’ancora sicura da dove iniziare per pianificare una riflessione metalinguistica, aspetto maggiormente complesso per alunni con DSA.

Una grammatica inclusiva?

Questo fare grammatica è: motivante e cognitivamente stimolante, perché prevede attività di problem solving nell’individuazione dei partecipanti all’evento, nella costruzione della frase e nel lavoro sugli schemi valenziali; inclusivo per tutti i bambini, perché permette di “vedere” la grammatica attraverso schemi chiari e semplici sulle dipendenze gerarchiche; un efficace e rigoroso supporto al lavoro di pedagogia linguistica nella scuola, in linea con l’INVALSI e con i traguardi per lo sviluppo delle competenze delle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione.