Povertà materiale e povertà educativa

Un minore su tre in Italia a rischio di povertà ed esclusione sociale

È stato presentato il 16 novembre 2016, da parte di Save the children e Istituto Treccani,  il 7° Atlante dell’infanzia a rischio “Bambini, supereroi”, una mappatura puntuale e puntigliosa sul rischio di povertà ed esclusione sociale dei minori che vivono nel nostro Paese. Sin dalla nascita, un terzo dei nostri bambini cresce in condizioni di svantaggio e deprivazione e incontra barriere e ostacoli che lo separano da opportunità educative e formative, mentre 1 bambino su 10 vive in situazione di povertà assoluta.

Grazie a Save the Children, a maggio 2014 è stata lanciata la campagna “Illuminiamo il Futuro” per contrastare la povertà educativa in Italia e sostenere i Punti Luce, spazi dove bambini e adolescenti possono seguire gratuitamente attività educative, ricreative e culturali.

È la fotografia impietosa di un Paese in cui l’impatto della povertà materiale si ripercuote sulla povertà educativa e dove il basso livello d’istruzione dei genitori rappresenta un forte fattore di rischio per il futuro dei figli.

Siamo in presenza di un circolo vizioso le cui catene potrebbero e devono essere spezzate attraverso un’offerta educativa integrata e di qualità a partire da una scuola dell’infanzia generalizzata, attraverso il potenziamento delle scuole a tempo pieno e a tempo prolungato, l’innovazione tecnologica e didattica, le provvidenze agli studenti privi di mezzi (contributi libri di testo e comodato uso gratuito, borse di studio, esenzioni per il pasto gratuito alla mensa scolastica, facilitazioni di viaggio, interventi e risorse, affidate alle singole Regioni, molto scarse nel nostro Paese) per rendere effettivo e sostanziale il diritto allo studio e all’istruzione, per tutti e ciascuno, sancito dalla nostra Costituzione.

Le conseguenze della povertà: i “bambini senza”

Dalla mappa dei “Bambini Senza” emerge che in Italia più del 13% dei bambini non ha uno spazio adeguato a casa dove fare i compiti e non può permettersi di praticare sport o frequentare corsi extrascolastici. Quasi 1 bambino su 10 non può indossare abiti nuovi o partecipare alle gite scolastiche.

Oltre a descrivere una condizione di deprivazione materiale, molti di questi indicatori hanno il merito di svelare un aspetto decisivo delle povertà minorili. Il bambino povero è spesso un bambino più solo perché ha meno occasioni di svago e di socializzazione dei suoi pari: non può festeggiare il suo compleanno e di frequente non partecipa a quelli degli altri, né alle gite scolastiche. Spesso finisce per essere percepito come ‘altro’, ‘diverso’ dai suoi stessi amici, per essere emarginato e in qualche caso perfino “bullizzato” in classe.

L’impatto della povertà sulla riuscita scolastica dei bambini

Il basso livello d’istruzione dei genitori rappresenta un forte fattore di rischio per il futuro dei figli. L’assenza di opportunità e stimoli ha forti ripercussioni anche sulla riuscita scolastica di bambini e ragazzi. In Italia 1 alunno di 15 anni su 4 non raggiunge le competenze minime in matematica, e 1 su 5 in lettura. La percentuale di giovani tra i 18 e i 24 anni che abbandonano precocemente gli studi, fermandosi alla licenza media, supera la media europea (14,7% contro 11%), con livelli di abbandono scolastico molto preoccupanti nelle regioni del Sud, in particolare in Sicilia e Sardegna, ove si supera la soglia del 20%.

Un forte fattore di rischio per il futuro dei bambini è anche il basso livello di istruzione dei genitori: in Italia quasi 6 bambini su 10 (58,3%) – tra 0 e 17 anni – i cui genitori hanno un titolo di studio che non supera la licenza media, sono a rischio di povertà ed esclusione sociale, contro il 13% dei figli di genitori laureati. Si tratta di un dato molto preoccupante, se si considera che l’Italia presenta una percentuale molto alta di adulti tra 18 e 64 anni (42,3%) con livelli di scolarizzazione bassi, ben al di sopra della media europea del 27,5%.

Tra i fattori ricorrenti correlati alla dispersione scolastica, i rapporti internazionali segnalano la disoccupazione, il basso reddito e livello d’istruzione dei genitori, e il disagio sociale dei territori in cui si va ad abitare. Più in generale, si è riscontrato che i genitori con un basso livello di istruzione sono meno efficaci nello sviluppare il capitale culturale dei figli (Eurydice 2014).

L’analisi delle carriere scolastiche compiuta da Istat mostra come in Italia «il titolo di studio dei genitori è elemento fondamentale nel percorso di istruzione dei figli per tutte le classi sociali: solo il 16,7% di soggetti il cui padre ha un titolo di studio non superiore alla licenza media consegue un titolo universitario, contro il 51,9% di quelli che discendono da chi ha un titolo di scuola superiore o la laurea» (Istat 2012).

Povertà e istruzione: un circolo vizioso

Una vasta letteratura mostra il legame stringente tra il fallimento scolastico nella sua accezione più ampia (bassi apprendimenti, abbandono, ecc.) e la povertà.

«Sia nel mondo in generale, sia in Italia c’è una forte correlazione tra tassi di scolarità bassi e tutte le diverse manifestazioni della povertà. Un’elaborazione originale realizzata da Istat per Save the Children mostra come le diseguaglianze di reddito contribuiscano a circoscrivere le possibilità di formazione e di crescita di tanti ragazzi, limitando la loro partecipazione alle attività ricreative e culturali.

Ipoteche analoghe gravano sull’istruzione, dove le famiglie più povere si devono accontentare di un budget (7 euro) inadeguato a garantire l’acquisto dei libri di testo e materiali didattici per i propri figli o a pagare le rette per attività e servizi (mense, gite, corsi) in assenza di esenzioni e sistemi funzionanti di tutela per le fasce più deboli (Istat 2016).

Povertà educative e materiali si alimentano quindi come in un circolo vizioso: la povertà materiale di una generazione si traduce spesso nella privazione di possibilità educative per quella successiva, determinando nuova povertà materiale e di rimando altra povertà educativa.

D’altra parte proprio l’aumento della diseguaglianza di reddito delle famiglie – ha sottolineato un recente rapporto dell’OCSE – alimenta diseguaglianze di opportunità educative tra i giovani, reprime talenti, ingabbia capacità vitali per lo sviluppo economico e sociale del Paese (OCSE 2015).

Spezzare le catene della povertà

Il legame tra condizioni di svantaggio ereditate e la povertà educativa può essere spezzato.

I dati PISA indicano che una maggiore offerta di servizi educativi di qualità è significativamente associata ad una minore povertà educativa.

Un’offerta educativa olistica, integrata e di qualità, capace di sostenere i minori dai primi passi all’adolescenza attraverso la promozione di servizi per la prima infanzia, scuole attrezzate (tempo pieno, mense, sicurezza, accesso alle tecnologie), attività ricreative e culturali (sport, musica, lettura, ecc.), può fare la differenza e contribuire a spezzare le catene intergenerazionali della povertà.