Formazione in servizio: le novità del secondo anno

Nuovi finanziamenti per il 2017-18

Sono stati comunicati con la nota 47777 dell’8 novembre 2017 gli importi dei finanziamenti disponibili per realizzare attività di formazione in servizio per i docenti per l’anno 2018. Si tratta della ragguardevole cifra di 29,6 milioni di euro, destinati a questo obiettivo dalla legge 107/2015 che ha reso “obbligatoria, permanente, strutturale” la formazione per gli insegnanti (innovando dunque quanto previsto dal Contratto Nazionale di Lavoro 2006-2009 che si limitava ad un più blando “diritto-dovere” all’aggiornamento). I finanziamenti saranno erogati direttamente alle scuole capo-fila per la formazione, 319 in tutta Italia, una per ogni ambito territoriale (di norma sub-provinciale), che dovranno poi programmare le attività di aggiornamento in favore delle scuole del proprio territorio. L’anticipazione della comunicazione dei fondi rispetto allo scorso anno dovrebbe garantire una migliore gestione dei piani di formazione, superando talune forzature e criticità delle attività appena concluse nel 2017. La stessa nota contiene anche le erogazioni finanziarie necessarie per l’anno di formazione dei docenti neo-assunti (circa 1,6 milioni di euro), per cui erano già state emanate apposite indicazioni per questo anno scolastico nell’agosto scorso (nota 33989 del 2-8-2017). Completa il pacchetto anche uno stanziamento di circa un milione di euro per attività di formazione nel campo della disabilità, attivando un cespite finanziario ad hoc. Una volta conosciute le risorse “parallele” ma aggiuntive della legge 440 (il cui DM 751 del 2017 è in fase di registrazione) si avrà un quadro organico delle risorse finanziarie complessive rivolte all’aggiornamento, che sono stimabili in 5 volte superiori a quelle disponibili fino a due anni fa. Ma i soldi sono solo un presupposto, perché sarà importante la concreta organizzazione delle attività.

Cosa ci dice l’esperienza

Siamo, dunque, al secondo anno del Piano Nazionale di Formazione Docenti (PNFD), e la circolare riepiloga alcuni punti che si vorrebbero migliorare (come una maggiore attenzione ai bisogni delle scuole e alle specifiche esigenze di settori disciplinari, la correttezza delle metodologie, evitando generiche successioni di lezioni frontali, un maggior coinvolgimento di partner scientifici). Si tratta di indispensabili fattori di qualità, peraltro già contenuti all’interno del PNFD approvato con il DM 797/2016, che non sempre hanno caratterizzato le attività svoltesi, in tempi troppo ristretti, nei mesi scorsi. Una continuità pluriennale delle azioni formative, come riconosce la nota, è certamente un sicuro indizio di iniziative non estemporanee e non superficiali. Spesso i tempi capestro delle scadenze amministrative (bandi, scelta dai formatori, erogazioni finanziarie) hanno offuscato anche le migliori intenzioni. Non è un caso che la nota preannunci delle novità e delle semplificazioni  nelle modalità di rendicontazione amministrativa e contabile, per evitare che una faticosa gestione organizzativa ostacoli la “buona formazione”.

A tal fine la nota Miur preannuncia momenti di monitoraggio di quanto è finora avvenuto, attraverso approfondimenti qualitativi in alcuni ambiti territoriali per ogni regione, per analizzare le dinamiche che si sono messe in movimento (che tipo di analisi dei bisogni, quali le metodologie utilizzate, quali possibili ricadute nelle scuole, grado di soddisfazione dei partecipanti, accordi di rete e collaborazioni scientifiche).

Le novità di quest’anno

Emerge dalla nota un più forte richiamo al valore delle priorità del Piano nazionale, da interpretare non come gabbie obbligatorie verso cui convogliare gli insegnanti, ma come aree culturali che cercano di rispondere a effettive esigenze di sviluppo del sistema. Si ricorda che per molte delle 9 priorità operano gruppi nazionali di riferimento presso il Miur  (ad esempio il Comitato Scientifico Nazionale per le Indicazioni, l’Osservatorio contro la dispersione, ecc.), e che tali priorità dovranno essere aggiornate alla luce dell’operatività dei decreti legislativi di attuazione della legge 107/2015: si pensi al forte impatto delle novità in materia di valutazione degli allievi, della controversa innovazione dell’alternanza scuola-lavoro, delle nuove metodologie sull’inclusione scolastica, della valorizzazione della cultura umanistica, dei temi emergenti della cittadinanza globale e della sostenibilità (Agenda 2030), delle modalità di utilizzo dell’organico di potenziamento. Molti di questi temi sono al centro anche dei possibili finanziamenti della legge 440 (in arrivo), e diventa pertanto indispensabile coordinare l’informazione e la progettazione, sia a livello regionale (USR), sia a livello territoriale (rete di ambito), ma anche a livello di scuola (Collegio dei docenti): sarà sempre più importante che la formazione in servizio sia personalizzata, cioè offra risposte ad hoc alle diverse esigenze, da ricondurre ad una visione unitaria dentro la scuola.

Emerge infine una “decima” priorità, che si aggiunge alle altre nove previste dal PNFD: molto opportunamente la nota del Miur suggerisce di dedicare almeno due iniziative in ogni ambito (quindi oltre 600 “corsi”) alla scuola dell’infanzia, in relazione agli sviluppi del sistema “zerosei” (D.lgs. 65/2017): una dovrebbe esplorare le potenzialità generative dello zerosei, una seconda dovrebbe stimolare l’emergere di nuove professionalità tra i docenti, per costruire forme di coordinamento pedagogico.

Migliorare la qualità della formazione

Il secondo anno del Piano triennale dovrà consolidare gli elementi di qualità di una buona formazione in servizio, affinché non si trasformi in un generico adempimento. Il Miur ha istituito tre gruppi di lavoro (con insegnanti, dirigenti, esperti, rappresentanti di fondazioni e dell’amministrazione) proprio con il compito di elaborare un catalogo delle buone idee: si stanno definendo indicatori di qualità dei percorsi formativi, il sistema dei crediti certificati, la descrizione di standard professionali su cui “appoggiare” lo sviluppo professionale, la messa a punto di strumenti, come il portfolio (o dossier o curriculum: il dibattito è aperto), attraverso i quali i docenti possono liberamente documentare e farsi riconoscere le competenze acquisite con la formazione e con l’esperienza. Si aspetta a breve la pubblicazione dei primi materiali, mentre a Verona Job (2 dicembre) saranno “premiate”, a cura della Direzione Generale del Personale, le migliori pratiche di formazione in servizio censite in ogni regione dai rispettivi UU.SS.RR. (cfr. nota 40347 del 21-9-2017).

Cosa resta da fare: tanto!

I problemi da affrontare per rendere più efficace la formazione in servizio sono numerosi, e ne facciamo una sommaria ricognizione:

  • come conciliare i bisogni di una singola scuola (che magari vorrebbe gestire un corso in casa sua) e le programmazioni di scala e di rete;
  • come rispondere ai bisogni formativi dei docenti (che non possono tradursi in un referendum sui desiderata, a prescindere da un veritiero bilancio delle proprie competenze);
  • che ruolo dare alla card (500 euro) per curvarla in funzione della formazione e non di acquisti vari, e prima che emerga la tendenza ad assorbirla genericamente dentro la busta paga;
  • come profilare diritti, doveri, obblighi e opportunità connessi alla formazione (si rende necessario descrivere crediti formativi, validarli ed inserirli con un “peso” nel curriculum professionale);
  • come garantire la possibilità dei docenti di partecipare alle attività di formazione (In quali orari? Con quali rimborsi? Con quali permessi? ecc.)
  • come individuare buoni formatori (non bastano bandi, graduatorie, punteggi) per arricchire la qualità della formazione;
  • che differenza c’è tra relatore-esperto, formatore, tutor, facilitatore e mentor? Quali ruoli e come formarli? Come riconoscere il lavoro svolto nella formazione (modificando le vecchie tabelle dei compensi)?;
  • come qualificare le attività on line (Chi anima il web? Chi valida i materiali?), in modo che non diventino una scorciatoia per abbonare un po’ di tempo alla durata della formazione;
  • come far sì che docenti formati, figure di supporto, competenze acquisite, siano ben valorizzati a scuola, e che le innovazioni didattiche siano effettivamente accompagnate con competenza e passione.

La speranza è che la seconda annualità del piano di formazione possa offrire risposte ad alcune di queste domande e aiutare tutti i soggetti (dal Miur agli UU.SS.RR., dalle scuole polo ai formatori) a “dare il meglio di sé”.