Un ancoraggio per la valutazione

La valutazione: una pratica ancora poco gradita

Sì, è vero: alla scuola italiana si può chiedere di tutto. I docenti sono abituati allo stress, alle scommesse, alle mission impossible.

Non si perdono d’animo di fronte alla sfida del curricolo verticale o a quella delle competenze; si entusiasmano, molto spesso, quando si parla cittadinanza e di convivenza democratica, si rimboccano le maniche se devono inventare nuovi ambienti di apprendimento anche di fronte a risorse assai limitate; sono molto sensibili all’integrazione e all’inclusione.

Ma quando si parla di valutazione il clima cambia.

La valutazione non costituisce un sapere condiviso. C’è ancora una profonda paura di sbagliare; c’è una forte ritrosia nei confronti di azioni che possono diventare, per gli studenti, etichette per la vita; c’è resistenza di fronte a qualsiasi atto che rischia di indebolire le azioni verso i più deboli.

Le scelte ondivaghe degli ultimi decenni

Le scelte istituzionali non hanno aiutato a superare tali difficoltà. Non sono state né coraggiose né coerenti. Ricordiamo, per esempio, gli input contrastanti che si sono susseguiti in un arco di tempo limitato: dalla breve storia della scala pentenaria A-B-C-D-E (1993-1996) al ripristino di prassi più rassicuranti, come l’uso degli aggettivi sintetici nel periodo 1996-2008. Ricordiamo anche l’imposizione di modelli poco graditi perché lontani dalla cultura diffusa (esempio il portfolio introdotto ope legis nel periodo 2003-2005). E non dimentichiamo neanche il periodo in cui lo stato ha rinunciato a dare indicazioni istituzionali (2006-2008), né quello della stretta culturale della legge Gelmini (30 ottobre 2008, n. 169), con la reintroduzione dei voti in decimi e della media aritmetica. Sembrava ineludibile il tramonto della stagione della valutazione formativa.

Di non poco rilievo nella querelle è stato anche il ruolo dell’INVALSI e delle sue “prove”: non sempre e non da tutti accettate come possibile contributo al miglioramento della qualità degli esiti formativi degli studenti.

Ciò non vuol dire che, nel merito, le scuole non abbiano realizzato esperienze importanti, ma che tali esperienze non sono state in grado di produrre, fino ad oggi, una cultura riconosciuta da tutti.

La sfida della certificazione delle competenze nel primo ciclo

In realtà la scuola del primo ciclo non resta inerme: nell’anno scolastico 2014-2015 si apre una stagione di sperimentazione. La circolare n. 3 del 13 febbraio 2015 e le linee guida consentono alle istituzioni scolastiche del primo ciclo di mettere alla prova nuovi modelli di certificazione e di riflettere soprattutto sulle conseguenti didattiche per competenze. Gli esiti, che costituiscono la sintesi dei lavori di circa 2600 istituzioni scolastiche, ora puntualmente descritti in rapporti nazionali di monitoraggio, sono stati ripresi nel comma 3 dell’articolo 9 del D.lgs. 62/2017. Qui si trovano istruzioni molto dettagliate per la certificazione delle competenze per il primo ciclo d’istruzione. Ci riferiamo, per esempio, al profilo dello studente, alle competenze chiave europee; all’uso dei livelli di acquisizione delle competenze; alla valorizzazione delle competenze sviluppate in situazioni di apprendimento non formale e informale. Si tratta di stimoli importanti, in grado di rimettere in movimento la ricerca su tutti gli aspetti complessi della valutazione.

Ora qualcosa sta cambiando (forse)

La legge 107/2015 (la c.d. “buona scuola”), al comma 181 lett. i), delegava il Governo ad emanare entro 180 giorni un decreto avente valore di legge per regolamentare valutazione e certificazione delle competenze, ispirando le nuove modalità ad una “funzione formativa e di orientamento”. La delega comprendeva anche la revisione degli esami di Stato, al termine sia del primo che del secondo ciclo, ma non le modalità di valutazione e certificazione nel secondo ciclo.

Questa delega asimmetrica ha prodotto il decreto legislativo 62 del 17 aprile 2017[1], un provvedimento assai articolato che spazia dalle questioni generali sul “senso” del valutare fino a prescrizioni di dettaglio in materia di ammissione alle classi successive e agli esami, di “voto in condotta”, di certificazione delle competenze, di riforma degli esami di Stato.

Per dare compiuta attuazione alle nuove disposizioni si sono resi necessari ulteriori decreti ministeriali, contenenti i criteri particolareggiati per lo svolgimento degli esami di “terza media” (il 741) e i nuovi modelli di certificazione delle competenze (il 742). Per completare il quadro dobbiamo poi annoverare anche la circolare riassuntiva (la 1865 del 10 ottobre 2017), che ha riepilogato e rinforzato l’intero quadro normativo, non aggiungendo tuttavia precisazioni sostanziali. E sono anche preannunciate le immancabili FAQ…

Dunque le carte non mancano, ma è importante non dimenticare la diversa gerarchia delle fonti.

Le fonti giuridiche della “nuova” valutazione degli allievi. Primo ciclo
Natura provvedimento Riferimenti Contenuto
Legge Legge 13 luglio 2015, n. 107 (comma 181, lett. 1 dell’art. 1) Criteri ispiratori della delega in materia di valutazione.
Decreto legislativo D.lgs 13 aprile 2017, n. 62 Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato.
Decreto ministeriale DM 3 ottobre 2017, n. 741 Modalità di svolgimento degli esami di Stato conclusivi del primo ciclo di istruzione.
Decreto ministeriale DM 3 ottobre 2017, n. 742 Modalità per il rilascio delle certificazioni di competenze nel primo ciclo.
Circolare Nota DPIT 10 ottobre 2017, prot. 1865 Indicazioni in merito a valutazione, certificazione delle competenze ed Esame di Stato nelle scuole del primo ciclo di istruzione.

Il nuovo percorso (non semplice) della valutazione

Il decreto 62/2017 esprime un punto di equilibrio tra diverse istanze e modi di interpretare la valutazione, con una forte continuità rispetto al quadro normativo precedente, ma raccomanda di contrastare con più convinzione (e non solo sanzionare) l’insuccesso scolastico, di mettere al centro la promozione di conoscenze, abilità e competenze negli allievi, di accertarle e comunicarle attraverso strumentazioni differenziate.

Il percorso non è semplice e richiede una elevata professionalità nei docenti. Inoltre molte informazioni valutative dovranno essere comunicate ai genitori, anche con modalità diverse. In particolare i risultati scolastici relativi alle discipline di studio previste dalle Indicazioni saranno resi noti utilizzando la consueta scala decimale.

Viceversa i modelli per la certificazione delle competenze per il primo ciclo utilizzeranno una scala letterale a 4 livelli, con descrittori riferiti al profilo dello studente e alle competenze “chiave”. Infine gli esiti delle prove invalsi saranno restituiti attraverso una “descrizione” che utilizzerà una rubrica a 6 livelli per italiano e matematica (i cinque livelli storici delle prove Invalsi, più un livello per il mancato raggiungimento del livello minimo) e una certificazione a 4 livelli per la lingua inglese.

Si tratta di informazioni molto dettagliate, che illustrano diversi aspetti degli apprendimenti (le conoscenze e le abilità disciplinari, le competenze trasversali, alcune abilità fondamentali comparate a standard nazionali), non facili da decodificare nel loro significato profondo neppure dai docenti, senza un’adeguata preparazione.

La necessaria comunicazione (non facile) della valutazione

A maggior ragione non sarà facile coinvolgere i genitori, ma sarà indispensabile farlo per non vanificare il valore formativo dell’intero processo di valutazione.

L’opinione pubblica sembra assai affezionata al voto come codice forte e chiaro per comunicare la valutazione. I voti numerici si presentano come simboli inequivocabili, ma a guardarli in controluce si rivelano poveri di informazioni e carichi di ambiguità. Cosa significa un “sei”? E cosa un “sei” in matematica? E il “sei” dell’insegnante A è identico al “sei” del docente B? I voti finiscono col diventare sintomo di un superficiale appagamento, quando non veicolo di competizione tra i ragazzi o fonte di contenzioso tra genitori e insegnanti (ormai abituati al “grande fratello” dei voti in diretta sul registro di classe telematico…). Il voto (soprattutto quello in condotta) e la bocciatura vengono spesso considerati indici di serietà della scuola e, più prosaicamente, strumenti indispensabili per spronare all’impegno di molti ragazzi.

Tuttavia gli studiosi ci ricordano che un apprendimento duraturo non è quello stimolato dal voto, bensì dalla curiosità per ciò che si studia, dalla percezione di diventare competenti, dalla capacità di padroneggiare con successo un argomento, dalla voglia di andare avanti, dalla sensazione di autoefficacia.

Parlare di competenze tra insegnanti, con i genitori, con gli stessi ragazzi, sottolineare il valore della certificazione, andare oltre l’etichetta del voto numerico, inoltrarsi nella lettura delle rubriche, può aprire uno spiraglio per comprendere le “magie” dell’apprendimento. Come avviene? Cosa fare quando affiorano difficoltà? Come tenere insieme aspetti cognitivi, sociali, motivazionali? Come scoprire talenti, potenzialità, interessi? Come stimolare la collaborazione, la solidarietà, la creatività?

Se saremo capaci di affrontare queste domande, di fare ricerca e formazione sulla “buona valutazione”, di comunicarla in maniera chiara ma non banale ai genitori e agli allievi, allora cambierà profondamente il senso della valutazione e forse della scuola stessa.

Un libro per capire, per orientarsi, per fare

Nel recentissimo libro “Un’ancora per la valutazione” sono analizzate tutte le questioni introdotte dai cambiamenti del D.lgs 62/2017 (attuativo della legge 107/2015) e dei provvedimenti amministrativi. Ci riferiamo sia alla valutazione degli apprendimenti, sia alla certificazione delle competenze, ma anche alle modalità degli esami di Stato, alle prove INVALSI. Sappiamo infatti che esse sono state estese alla lingua inglese e che assumono un significato diverso.

Ma il volume non si limita solo alla loro disamina. Gli argomenti sono commentati con un occhio attento agli impegni dei docenti e delle scuole; sono altresì esaminate le diverse implicazioni operative attraverso esempi, schede di sintesi, riepilogo degli adempimenti.

Il volume costituisce uno strumento di grande utilità sia per approfondire i problemi, sia per capire meglio le procedure. Tuttavia tutti i contributi del libro partono dal presupposto che la valutazione non è solo una procedura che va curata con attenzione, trasparenza e tempestività, ma rappresenta un momento fondamentale della relazione educativa che si viene ad instaurare tra insegnanti, allievi e i genitori. Una valutazione efficace ed utile è anche quella che dà conto del lavoro svolto dalle scuole, che riconosce meriti e impegno degli allievi e che, conseguentemente, qualifica l’insegnamento.

Nel testo sono presenti strumenti che aiutano a mettere alla prova le novità guardando in un’ottica diversa i tradizionali concetti di promozione e bocciatura, voto e giudizio, comportamento e condotta. Come pure sono presenti indicazioni per documentare la progressione degli apprendimenti e lo sviluppo delle competenze chiave di cittadinanza.

Un titolo… un messaggio, una proposta di lavoro

La scelta del titolo (“Un’ancora per la valutazione”) non è casuale. È pur vero che la parola “ancora” potrebbe evocare qualcosa di fermo e di statico, ma è anche un’idea di equilibrio e di sicurezza. Nella cultura della nostra scuola la valutazione crea ancora troppi sospetti e dubbi. Abbiamo bisogno di rassicurarci e rasserenarci per poter “osare” senza troppe paure, andare avanti e migliorare le nostre pratiche.

Ed è proprio questo il messaggio. Non a caso la parola “ancora” è uno degli elementi fondativi che compongono le rubriche di valutazione. L’ancora è ciò che spiega meglio nella comunità professionale i significati da assegnare ad un comportamento da valorizzare. Serve a precisare ulteriormente un indicatore o un descrittore. Può essere un esempio di un prodotto o di una prestazione.

È ciò che abbiamo cercato di realizzare nel volume: trovare punti di equilibrio, fare chiarezza; mettere altresì a disposizione strumenti che servono.

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[1] M. Spinosi, Valutazione, in G. Cerini e M. Spinosi (a cura di), Una bussola per le deleghe, Tecnodid, Napoli, 2017.