Il nuovo volto dell’istruzione professionale

Documenti che anticipano i decreti attuativi

Sebbene non codificato in norma, il documento Miur del 24 gennaio scorso, che ha evidentemente tentato di alleviare – in tempi di iscrizioni e di scelte ponderate da parte delle famiglie – la sete di informazioni sulle caratteristiche e sulle attività dei Nuovi Professionali, fornisce l’idea concreta del volto che assumeranno gli istituti professionali nella nuova dimensione della riforma tratteggiata dal d.lgs. 61/2017.

La pubblicazione, mediante la declinazione del Profilo Educativo, culturale e professionale (P.E.Cu.P.) degli undici indirizzi che compongono il nuovo assetto dell’Istruzione Professionale (IP), viene presentata dopo che sono stati raccolti i contributi degli stakeholder della scuola, rappresentati dalle associazioni di categoria, dalle grandi imprese, dai soggetti istituzionali e dalle reti di scuole. Questi, sulla base delle programmazioni a medio termine, hanno dato indicazione delle competenze che si prevede saranno richieste dal mondo del lavoro all’uscita dei primi diplomati dai nuovi percorsi di istruzione professionale.  Forse è la prima volta che il Miur utilizza in maniera così esplicita il canale divulgativo informale per erogare una (necessaria e indispensabile) sequela di notizie sul sistema IP, appena riformato e ciononostante ancora fortemente compromesso sul piano del numero di iscrizioni degli studenti.

Notizie importanti e piuttosto incoraggianti

Oggi sappiamo qualcosa in più quanto ad assetti organizzativi e didattici, soprattutto in termini di competenze in uscita con relative abilità e conoscenze.

La scelta operata è stata quella di valorizzare l’autonomia delle scuole, in maniera tale da lasciare loro la possibilità di definire “Percorsi” di istruzione professionale, a partire dai Profili di uscita “snelli, asciutti, essenziali” nelle competenze, abilità e conoscenze da acquisire. Tali profili sono allegati al documento e descrivono un modello alquanto innovativo, lasciato libero di utilizzare autonomia e flessibilità, solo tenendo conto delle priorità indicate dalle Regioni nella propria programmazione.

Tale opzione consentirà di declinare “Percorsi” altamente funzionali ai bisogni e alle esigenze del territorio, sia innovando gli indirizzi in funzione di specifici bisogni di filiera produttiva o di struttura organizzativa dei servizi, sia lasciando invariati percorsi che hanno mostrato una buona risposta in termini di occupabilità.

I contenuti dei Profili di uscita dei vari indirizzi di studio vengono ampiamente illustrati nel documento, facendo riferimento alle relative competenze, abilità e conoscenze, ed ai riferimenti ai codici ATECO e ai settori economico-professionali che ad essi sono stati associati.

Un documento atteso, anche se in altre modalità

In realtà le scuole aspettavano da tempo questo documento e, se è pur vero che esso preannuncia la pubblicazione di un decreto attuativo ad hoc, di cui ormai conosciamo praticamente l’ossatura, è anche innegabile che la disinformazione è la vera avversaria dell’istruzione professionale. Il calo appena registrato nelle iscrizioni, che sfiorano per l’anno scolastico 2018/19 appena il 14% del totale, non solo è inspiegabile ma registra una vera e propria disfatta. Immaginiamo cosa sarebbe capitato senza la recente riforma, e lasciando la struttura ferma a 6 indirizzi piuttosto che 11.

Nell’Allegato 1 il documento chiarisce che tale carenza di iscrizioni è dovuta, tra l’altro, anche ad una parziale o mancata innovazione nella metodologia di approccio al processo di insegnamento/apprendimento.

La soluzione prospettata è quella proposta dell’accorpamento delle discipline in assi culturali, previsto nel biennio per tutte le attività ed insegnamenti, e nel terzo, quarto e quinto anno per le attività ed insegnamenti di area generale. Questo impone un ripensamento della declinazione in abilità e conoscenze, delle competenze già inserite nell’Allegato A al d.lgs. 61/2017.

Curricoli e metodologie innovative

Il documento del Miur, in merito ai nuovi assetti curricolari, precisa che:

“…alcune competenze di uscita possono essere declinate in abilità e conoscenze riferibili agli assi culturali e alle discipline di studio, mentre altre sono da considerare assolutamente trasversali, per cui la loro acquisizione si ottiene attraverso l’interazione tra tutte le attività didattico-formative, e non può essere declinabile all’interno di un singolo asse culturale”.

Leggendo l’Allegato 1  si scorge la consapevolezza che per alcune competenze del P.E.Cu.P. dovranno essere condivisi strategie, metodi e strumenti caratterizzanti i percorsi di Istruzione Professionale, che, nel medio e lungo periodo, potranno “fare la differenza” per garantire o quantomeno sostenere il successo formativo di tutte le studentesse e di tutti gli studenti,

Non si può fare a meno, a questo proposito, di sottolineare come il d.lgs. 61/2017 faccia riferimento a metodologie di apprendimento di tipo induttivo e ad un’organizzazione del progetto curricolare per unità di apprendimento. Tale assetto didattico si completa con la didattica laboratoriale, l’alternanza scuola-lavoro, la progettazione interdisciplinare, la costruzione del progetto formativo individuale. Sono proprio questi elementi caratterizzanti che devono contribuire al raggiungimento delle competenze trasversali.

Trasversalità, ma con la dovuta attenzione

Il documento è stato elaborato tenendo in conto l’opportunità di prevedere obiettivi di apprendimento in termini di competenze distinti per ciascuna disciplina, partendo dalle competenze del P.E.Cu.P. dei percorsi di istruzione professionale, e facendo riferimento agli assi culturali di cui alla Legge 296/2006 per proporre una loro declinazione.

Tale impostazione implica che una declinazione riguardante tutti e quattro gli assi culturali per ciascuna disciplina proporrebbe collegamenti forzati e strumentali, nonché lontani dalla reale pratica didattica.

È chiaro, altresì, che il documento va letto in stretta correlazione con quello concernente le competenze di uscita e la declinazione in abilità e conoscenze delle discipline di indirizzo.

Un curricolo di non facile impostazione e gestione

L’Allegato 2, coerentemente con l’impostazione generale, non propone elenchi esaustivi di contenuti, ma indicazioni sulle conoscenze fondamentali. È un ulteriore riconoscimento alla competenza progettuale delle scuole che, soprattutto per le attività e per gli indirizzi di area generale, devono riappropriarsi dell’onere e della prerogativa di selezionare attentamente i contenuti dell’apprendimento.

Infatti non ci sono accorpamenti di abilità e conoscenze in discipline, ma essi articolano le competenze di riferimento, che costituiscono la caratterizzazione per indirizzo di ogni profilo educativo culturale e professionale, in stretta relazione con i codici ATECO di riferimento.

Resta solo un dubbio che ormai è ricorrente: riusciranno le comunità professionali delle scuole a gestire, in maniera adeguata alle attese, l’enorme portata del cambiamento prospettato? Oppure i Professionali cadranno in una rovinosa e definitiva crisi di identità, che avrà inizio proprio dalla difficile gestione del curricolo?

Bisogno di formazione in servizio

Ben pochi finora si sono posti il problema di una formazione del personale adeguata ad un contesto in mutamento radicale. Peraltro, negli ambiti territoriali per la formazione, i Professionali sono ovviamente in minoranza numerica, e la gestione delle poche risorse, fatta salva la possibilità di sostenere progetti per bisogni specifici, non consente operazioni di grande portata. Lasciamo ai posteri, speriamo di non troppo lunga posterità, la conclusione del ragionamento.