Dove va la politica scolastica del nuovo Governo?

Tra Lega e 5 Stelle

La scuola sembra scomparsa dal radar del nuovo Governo. Nel discorso programmatico del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte al Senato, non una parola. Nel discorso alla Camera solo un breve accenno: “non stravolgeremo la Buona scuola, ma affronteremo alcune criticità”. Tutto qui. Nel Contratto per il Governo del cambiamento, il vero programma, neanche due pagine. La cosa lascia perplessi, dopo che i 5S hanno raccolto voti cavalcando qualsiasi malumore contro la Buona scuola. Sembrava che quella legge fosse un’opera del demonio, degna di essere abolita e basta. Invece nel Contratto si parla solo di alcuni punti, e timidamente. Forse l’alleato di Governo, la Lega, ha idee molto diverse sulla cosa, al punto che ha imposto un proprio ministro, contro tutte le previsioni. E forse, anche, ci saranno ben pochi soldi per la scuola, se il Governo deve trovare quelli che servono per la flat tax e il reddito di cittadinanza.

Vediamo quello che si riesce a intuire della futura politica scolastica dal Contratto e da alcune anticipazioni di questi giorni.

Ai sensi del Contratto di Governo

Le due pagine scarse che il Contratto dedica alla scuola sono generiche e poco sistematiche. Fanno un elenco disordinato di problemi da affrontare. Dopo una lamentazione sui tagli alla scuola di “questi anni”, si enunciano altri temi di facile successo come le “classi pollaio” o l’edilizia scolastica. Più precise sono invece le indicazioni sul personale docente. Ovviamente si richiama il problema del precariato; viene citato esplicitamente il problema dei cosiddetti “diplomati magistrali”. Per intervenire in generale sul precariato si propone una “revisione del sistema di reclutamento dei docenti” (Contratto, p. 41). Inoltre si dichiara di voler introdurre “nuovi strumenti che tengano conto del legame dei docenti con il loro territorio, affrontando all’origine il problema dei trasferimenti” (p. 42). Viene poi annunciata l’abolizione della “chiamata diretta” (in realtà chiamata per competenze) dei docenti da parte del dirigente scolastico, introdotta dalla Buona scuola. Si propone infine di garantire a tutti i docenti una “formazione continua” e la presenza nelle scuole di “docenti preparati ai processi educativi e formativi specifici” (p. 42).

Dal punto di vista invece degli studenti, c’è ben poco. Un generico accenno alla lotta alla dispersione scolastica e al diritto allo studio per tutti, e un’indicazione più precisa sui disabili, “ai quali va garantito lo stesso insegnante per l’intero ciclo” (p. 42). Infine l’alternanza scuola-lavoro, cavallo di battaglia delle opposizioni alla Buona scuola: un capoverso molto polemico, che ne condanna l’inefficacia e la mancanza di controlli, ma che finisce senza dire che cosa se ne farà.

Indizi e anticipazioni di politica scolastica

Ci sono altri punti importanti di politica scolastica in altre parti del Contratto.

Nella sezione sul lavoro si fa una proposta interessante: rafforzare la formazione professionale superiore (di terzo livello, post-diploma), favorendo “la nascita di nuove figure professionali idonee alle competenze richieste dalla quarta rivoluzione industriale” (p. 30).

Nella sezione sulle politiche per la famiglia viene proposto “il sostegno per servizi di asili nido in forma gratuita a favore delle famiglie italiane” (p. 33).

Dopo la formazione del Governo alcune anticipazioni hanno confermato i punti citati: si è parlato dell’intenzione di costituire una graduatoria specifica per i diplomati magistrali, ipotesi smentita poi dal Ministro Bussetti, che ha però confermato che il problema è allo studio; si è parlato di una riforma del sistema di reclutamento, che vada incontro alle esigenze dei precari che hanno già una certa anzianità di servizio: si è parlato anche di “regionalizzazione” dei ruoli docenti. Sono comunque tutte voci; è quindi opportuno rifarsi, per il momento, solo al Contratto.

Che valutazioni si possono dare?

Primo check-up alla futura politica scolastica

1. I pochi punti presentati nei documenti ufficiali sono slegati, e non c’è nessuna visione sistematica. L’impressione è che la scuola debba passare in secondo piano; che verranno fatti degli interventi per rispondere al malcontento di alcuni gruppi, in modo disordinato; e che la differenza di visione tra Lega e M5S si paghi con questa indeterminatezza, come mostra bene l’assenza di proposte sull’alternanza scuola-lavoro.

2. La bilancia pende troppo dalla parte dei docenti, e non dalla parte degli studenti e delle famiglie. La maggior parte dei punti riguarda il precariato, il reclutamento, le graduatorie, la “chiamata diretta”. Questo vuol dire che, come è successo troppo spesso in passato, si interverrà prevalentemente dal lato sbagliato.

3. Sul merito, gli interventi sul personale docente sono molto discutibili, se non inaccettabili. La “revisione del sistema di reclutamento dei docenti” è incomprensibile. Il sistema è stato appena riformato, con il D.lgs. 59/2017. È un sistema forse criticabile, ma garantisce un percorso di formazione iniziale di qualità e un reclutamento regolare per concorso. Riformarlo è un grave errore, perché si crea ancora instabilità normativa, mentre è necessario stabilizzare il sistema e farlo funzionare; e perché ci sono tentazioni di fare entrare in ruolo senza concorso gruppi di precari (come i “diplomati magistrali” o i precari di seconda fascia con anzianità di servizio), che vanno respinte con fermezza, perché il reclutamento deve avvenire assolutamente e solo per concorso.

4. L’idea di rafforzare il legame tra docenti e territorio per evitare troppi trasferimenti è ambigua: se vuol dire formare dei ruoli regionali rischia di essere irrealizzabile, per i dubbi di incostituzionalità. Se si tratta di porre dei vincoli ai trasferimenti è una buona idea, ma incontrerà gravi opposizioni dai docenti e dai sindacati. Senza una politica di incentivi è impossibile stabilizzare i docenti, tanto di ruolo quanto precari, nelle loro sedi.

5. Le poche parti che riguardano gli studenti sono così vaghe da non dare appigli a critiche specifiche. Vincolare i docenti di sostegno per garantire continuità didattica agli alunni disabili è una buona idea, già tentata dalla Buona scuola, ma ridimensionata per le opposizioni dei docenti e dei sindacati. Le critiche all’alternanza scuola-lavoro sono dure ma generiche. Va invece respinta con nettezza, come antidemocratica e contraria alla missione inclusiva della scuola, l’idea di limitare alle sole famiglie italiane il sostegno finanziario per la frequenza degli asili nido. L’estensione del servizio dei nido sul territorio nazionale è un’emergenza generale, che non va inquinata con queste proposte discriminatorie.

6. Ottime invece, e da sostenere, le proposte di rafforzamento della formazione professionale e tecnica superiori, di terzo livello oltre il diploma. La carenza di sbocchi post-diploma non universitari è una delle cause più profonde dello scollamento tra formazione e mercato del lavoro. Queste iniziative vanno sostenute, ricollegandole a quanto si è fatto finora (gli Istituti Tecnici Superiori, da rafforzare).