Esame di Stato 2018: passaggio di testimone

La maturità: solo un rito di passaggio?

Questo articolo esce su Scuola7 lo stesso giorno in cui si insediano le 12.865 commissioni dell’Esame di Stato conclusivo dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore[1], per 509.307 studenti scrutinati e presumibilmente ammessi, distribuiti in 25.606 classi.

È questo l’ultimo anno della formula di esame di Stato introdotta nel lontano 1997 dal Ministro Berlinguer, che sarà sostituita da quella del decreto legislativo 13 aprile 2017 n. 62: “Revisione delle modalità di svolgimento degli esami di Stato relativi ai percorsi di studio della scuola secondaria di secondo grado in coerenza con quanto previsto dai Regolamenti di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, nn. 87, 88, 89”.

Riflettere sulle ragioni del cambiamento può:

  • aiutare gli insegnanti ad accompagnare i giovani diplomandi nello svolgimento di un esame congruente con la certificazione del profilo di uscita;
  • aiutare gli studenti a ricollocare l’esame nel loro progetto di vita, per un orientamento e una motivazione più saldi tra lavoro e università.

Il silenzio, o comunque la scarsa rilevanza riservata in questi giorni all’evento da parte dei media in generale, potrebbero essere interpretati come una imperdonabile sottovalutazione della risorsa culturale, sociale ed economica, rappresentata da mezzo milione di giovani neodiplomati.

Un punto fermo: il valore del diploma nei risultati di apprendimento

L’ottica dell’apprendimento permanente dei sistemi di istruzione e formazione fa sì che la riforma dell’esame di Stato tenga conto del valore assegnato ai diplomi all’interno delle qualifiche[2]: far dialogare i sistemi stessi, aumentarne la trasparenza, innalzare la qualità, favorire la mobilità, l’occupazione e l’orientamento all’istruzione terziaria.

Ben due Raccomandazioni nell’ultimo decennio intervengono in tal senso: la prima del Parlamento e del Consiglio Europeo del 23 aprile 2008, con la quale nasce il Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF); la seconda, quella del Consiglio del 22 maggio 2017, in cui si rivisita l’EQF e si invitano e sollecitano gli Stati Membri a procedere alla costituzione di propri Quadri Nazionali. “Gli Stati membri hanno elaborato o stanno elaborando quadri nazionali delle qualifiche basati sui risultati dell’apprendimento e li rapportano all’EQF mediante un processo di referenziazione. I livelli dell’EQF e i descrittori dei risultati dell’apprendimento contribuiscono a migliorare la trasparenza e la comparabilità delle qualifiche di sistemi nazionali differenti. Essi contribuiscono inoltre a spostare l’orientamento generale dell’istruzione e della formazione verso i risultati dell’apprendimento”.[3]

Il Quadro Nazionale delle Qualifiche

L’Italia istituisce il suo Quadro Nazionale delle Qualifiche (QNQ) con Decreto Interministeriale MPLS e Miur l’8 gennaio 2018, adottando e ampliando i criteri europei.

Ogni qualifica del Quadro Nazionale, oltre ad esplicitare il livello EQF a cui fa riferimento, dev’essere contrassegnata dal codice statistico di riferimento delle attività economiche (ATECO) e della classificazione delle professioni (CP ISTAT) o, come nel caso dei diplomi liceali, essere inserita nel Repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali con la dicitura «Qualificazioni di istruzione e formazione generale», e associata a più settori economico-professionali.

Anche in presenza di un esame non riformato, il diploma, Livello IV EQF, va a rappresentare e a dare conto della valutazione da parte della commissione dei risultati di apprendimento connessi al profilo di uscita in coerenza con quanto previsto dai Regolamenti di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, nn. 87, 88, 89.

La stessa Commissione d’esame, infatti, non potrà non tener conto del contributo, in assenza di prove standardizzate e di griglie di valutazione omogenee, dei Quadri di riferimento già varati per le competenze linguistiche (QCER) e per le competenze digitali (DigComp2 dell’Agenzia per l’Italia Digitale), ampiamente utilizzati nei processi di insegnamento-apprendimento in tutti gli indirizzi di studio.

Avvicinarsi all’obiettivo ET 2020: l’istruzione volano di sviluppo dei Paesi

Gli studenti che affrontano l’esame quest’anno devono sapere di essere determinanti per le tappe di avvicinamento all’obiettivo fissato nell’Agenda Europa 2020: assicurare che l’85% dei giovani tra i 20 e i 24 anni sia in possesso di diploma.

L’Italia, ferma al 76,3% contro la media europea del 78,6%, si accredita per un’ottima percentuale di diplomati sul totale degli studenti (99,5%), ma deve fare i conti con un tasso di abbandono ancora molto alto, e soprattutto con risultati a distanza poco soddisfacenti, se poco più del 21% degli studenti diplomati completa il percorso universitario, percorso ancora prevalente (2 su 3) nella scelta post diploma.

Se poi, dopo tre anni dal conseguimento del diploma, lavora solo il 47% dei nostri giovani, che vanno a collocarsi in occupazioni poco attinenti al curricolo scolastico, si comprende come il Paese Italia debba a maggior ragione riconsiderare come il corredo di competenze chiave necessarie per la realizzazione personale, la salute, l’occupabilità e l’inclusione sociale[4]possa essere costruito per non disperdere il capitale umano affidato ai sistemi di istruzione e formazione.

Verso il curriculum dello studente

La riforma dello svolgimento dell’esame di Stato evidenzia che, dando per scontata la senescenza rapida dei regolamenti di riforma della scuola secondaria di secondo grado, è indispensabile dotarsi di uno strumento condiviso e aggiornabile di validazione e certificazione dei risultati di apprendimento, che non isoli il percorso formale dagli altri percorsi, sia funzionale all’orientamento del discente, dialoghi con gli altri sistemi nazionali per la mobilità dello studente e/o del lavoratore. In questo senso diventa fondamentale far confluire le informazioni nel curriculum dello studente, associato alla sua identità digitale[5], con lo scopo di consentire una comunicazione agevole e trasparente delle competenze maturate agli interlocutori del mondo del lavoro e delle università.

Europass e Youthpass (riconoscimento dell’educazione non formale) diventano i supplementi organici per un passaporto sempre più articolato da mettere a disposizione dei nostri giovani.

Dentro il nuovo formato dell’esame

Per rendere più affidabili i risultati di apprendimento testati dall’esame, il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62 prevede:

  • l’introduzione di prove scritte standardizzate a carattere nazionale, non contestuali alle prove d’esame ma obbligatorie per l’ammissione allo stesso, predisposte dall’Invalsi sulle competenze di italiano, matematica e inglese, i cui risultati vengono riportati nel curricolo dello studente in allegato al diploma;
  • un progressivo affinamento delle prove scritte in congruenza con le competenze dei profili di uscita;
  • la scomparsa della terza prova scritta predisposta dalla commissione d’esame;
  • la messa a punto di griglie valutative nazionali delle due prove scritte;
  • la documentazione delle competenze acquisite nelle attività di alternanza scuola-lavoro;
  • l’aumento del peso del credito scolastico.

Documentarsi in tempo utile

Per comprendere il rinvio al prossimo anno dell’applicazione del nuovo formato, occorre leggere con attenzione due articoli del Capo III del decreto citato.

L’art. 17, Prove d’esame, al comma 5 rinvia ad un decreto attuativo del Miur in cui siano definiti i quadri di riferimento per la redazione e lo svolgimento delle prove in modo da privilegiare i nuclei tematici fondamentali per ciascuna disciplina; al comma 6 rinvia sempre ad un decreto Miur sulla definizione delle griglie di valutazione per l’attribuzione dei punteggi.

L’art. 21, Diploma finale e curriculum dello studente, al comma 3 rinvia ad un decreto attuativo del Miur per l’adozione dei modelli di diploma e di curriculum.

In attesa dei decreti attuativi del Miur, può essere interessante leggere e approfondire gli allegati alla Raccomandazione del Consiglio Europeo del 22 maggio 2017: l’Allegato IV “Principi di qualità per le qualifiche referenziate all’EQF”, e l’Allegato V “Principi per i sistemi dei crediti nei quadri referenziati all’EQF”.

Una lettura analitica delle novità introdotte dal decreto legislativo 13 aprile 2017 si trova in Nilde Maloni, “Esame di Stato secondo ciclo di istruzione”, in Un’ancora per la valutazione, a cura di G. Cerini – M. Spinosi, pag.45 e seguenti, Tecnodid, Napoli, 2018.

Per una conoscenza analitica delle diverse fasi in cui si articola l’esame di Stato per il secondo ciclo 2018, si suggerisce di consultare il fascicolo monografico di Notizie della Scuola, Esame di Stato 2018, n. 18-19, 1-30 giugno 2018, Tecnodid, Napoli.

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[1] Cfr. legge 10 dicembre 1997 n. 425.

[2] Le qualifiche sono il risultato formale di un processo di valutazione e convalida da parte di un’autorità competente, e di norma sono rilasciate sotto forma di documenti quali certificati o diplomi. Esse indicano che i risultati dell’apprendimento conseguiti corrispondono a standard definiti. Detti risultati possono essere conseguiti mediante una serie di percorsi in contesti formali, non formali o informali, in un ambito nazionale o internazionale. Le informazioni sui risultati dell’apprendimento dovrebbero essere facilmente accessibili e trasparenti. Cfr. Raccomandazione del Consiglio Europeo del 22 maggio 2017.

[3] Cfr. Premessa, Raccomandazione del Consiglio Europeo del 22 maggio 2017.

[4] Cfr. Raccomandazione del Consiglio Europeo 22 maggio 2018, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente.

[5] Cfr. art. 1, comma 28, legge 13 luglio 2015, n. 107.