Diventare educatore negli asili nido

La formazione degli educatori nel sistema integrato 0-6 anni

Il D.Lgs. 65/2017, emanato nel mese di maggio 2017, per quanto riguarda i titoli di studio necessari per i servizi educativi da 0 a 3 anni definiva una prospettiva che aveva bisogno di un ulteriore provvedimento attuativo specifico.

Successivamente, a dicembre 2017, con l’approvazione dei commi da 594 a 601 nella legge finanziaria per il 2018 (ex disegno di legge Iori-Binetti-Santerini, ora legge 27-12-2017, n. 205) è stato ridefinito il percorso formativo di base per gli educatori sociali (ora educatori professionali socio-pedagogici) che operano nel campo socio-educativo e socio-assistenziale, prevedendo l’istituzione di un nuovo corso di laurea triennale, valido in verticale per gli educatori impegnati in servizi relativi a diverse fasce di età e contesti lavorativi. 

Si riproponeva quindi la necessità di un ulteriore provvedimento finalizzato a definire i contenuti, nonché tempi e modi di attivazione di un ulteriore percorso formativo specifico per svolgere adeguatamente il ruolo di educatore nei servizi educativi da 0 a 3 anni (in applicazione dell’art. 4, comma 1, lett. e), D.Lgs. 65/2017).

Dagli indirizzi del D.Lgs. 65/2017 alle indicazioni attuative del DM 378/2018

Il DM 9 maggio 2018, n. 378, pubblicato nel mese di agosto 2018, risolve questa lacuna, definendo le caratteristiche di un corso di specializzazione (60 cfu) per gli educatori laureati triennali della classe L19, e per i laureati in Scienze della Formazione primaria che intendono lavorare anche nei servizi per la prima infanzia da 0 a 3 anni.

L’istituzione dei nuovi corsi di laurea triennali e dei corsi di specializzazione annuali è demandata agli atenei, con decorrenza a partire dall’a.s. 2019/2020.

Continueranno a essere validi i titoli di laurea triennale in Scienze della formazione primaria a indirizzo nido conseguiti prima dell’approvazione delle nuove norme, posto che questi corsi di laurea già esistevano in alcune università e in alcune regioni (Emilia-Romagna, Toscana e Lombardia).

È anche prevista nel decreto la possibilità di iscrizione al terzo anno del corso di laurea in Scienze della formazione primaria per coloro che conseguiranno in futuro la laurea triennale ad indirizzo nido.

Per chi intende lavorare anche nel sistema 0-6

In modo analogo veniva previsto dal D.Lgs. 65/2017 un percorso formativo integrativo per i laureati in scienze della formazione primaria che intendono lavorare anche nei servizi educativi da 0 a 3 anni.

Le università dovranno provvedere a organizzare due distinti percorsi di specializzazione a carattere specifico per i servizi educativi per la prima infanzia: uno per i laureati in Scienze dell’educazione e uno per gli insegnanti di scuola dell’infanzia e primaria.

I 60 cfu aggiuntivi alla laurea quinquennale in Scienze della Formazione Primaria (caratterizzata da un curricolo prevalemente basato sulle discipline) sono finalizzati a fornire quelle competenze di carattere educativo centrate sulla cura e sulla promozione di livelli graduali di autonomia e di abilità comunicative verbali e non verbali a chi, dalla scuola d’infanzia, intende transitare nel nido e/o nel più ampio panorama dei servizi educativi da 0 a 3 anni.

Titoli validi nella fase transitoria

Tutto ciò non riguarda in linea di principio chi già lavora ad oggi a tempo indeterminato nei servizi educativi 0-3 anni, avendo conseguito un diploma di scuola secondaria e/o una laurea triennale in Scienze dell’educazione prima della decorrenza delle nuove norme (31 maggio 2017), titoli riconosciuti come validi per i servizi educativi da 0 a 3 anni nell’ambito delle normative regionali vigenti (art. 14, comma 3).

La circolare ministeriale che accompagna la pubblicazione del decreto si sofferma ampiamente su aspetti interpretativi delle norme approvate, in risposta a vari tipi di quesiti, pervenuti nel periodo antecedente all’emanazione, da parte di Regioni, Anci e organizzazioni sindacali di categoria, chiarendo la prospettiva con decorrenza dall’a.s. 2019/20, e precisando le condizioni della gestione transitoria che si proietta fino alla piena applicaizone della nuove norme.

Il profilo professionale dell’educatore dei servizi per la prima infanzia

Interessante sottolineare che il DM 378/2018 introduce per la prima volta sul piano normativo una definizione puntuale del profilo professionale dell’educatore dei servizi per l’infanzia, omogeneo su scala nazionale. L’art. 1 infatti definisce il contesto di svolgimento delle attività, il metodo di lavoro di natura collegiale, e stabilisce un elenco di competenze di base, che vengono poi riprese nell’indicazione degli argomenti relativi agli ambiti disciplinari e alla quantificazione dei relativi crediti formativi, che sono previsti in modo prescrittivo per l’attivazione del corso di specializzazione.

Tutti gli articoli successivi al primo riguardano il corso di specializzazione, e ne definiscono i dettagli in ordine all’accesso e al riconoscimento di crediti maturati nell’ambito delle attività pregresse nei servizi educativi, o nell’ambito di altri corsi universitari.

Fa parte integrante del corso di specializzazione lo svolgimento di un tirocinio attivo, con l’assistenza di figure tutoriali e il superamento di una prova finale.

Sviluppi sul piano delle opportunità lavorative (al Sud… al Nord…)

Il percorso formativo integrativo previsto per coloro che, essendo laureati in Scienze della formazione primaria, intendano trovare opportunità di lavoro nei servizi educativi al di sotto dei 3 anni, parrebbe risultare appetibile dal punto di vista delle opportunità lavorative soprattutto nelle regioni meridionali, laddove la dinamica demografica decrescente determina già ora una riduzione delle disponibilità di posti nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, mentre risultano cronicamente carenti i servizi educativi per la prima infanzia da 0 a 3 anni.

Diverso è il caso delle regioni del centro-nord, dove per effetto combinato di fattori diversi (minore calo demografico, maggiore diffusione di servizi educativi da 0 a 3 anni e carente programmazione dei posti relativi ai corsi di laurea in Scienze della formazione primaria)[1] il dato più rilevante ad oggi è la carenza strutturale di insegnanti di scuola d’infanzia.

Per operare nei percorsi di continuità educativa 0-6 anni

È da guardare con favore la possibile diffusione, in un arco di tempo pluriennale, di un numero crescente di laureati in possesso contemporaneamente dei requisiti necessari per insegnare sia nei servizi educativi da 0 a 3 anni che nella scuola d’infanzia.

Questa condizione infatti consentirebbe di pensare ad una gestione coerente di poli scolastici 0-6, anche dal punto di vista dell’impiego del personale, per tutti i soggetti gestori (pubblici – amministrazione scolastica compresa – e/o privati accreditati e/o paritari) che siano interessati a sviluppare questa opzione, senza mettere in discussione il quadro ordinamentale, che mantiene tuttora una distinzione fra servizi educativi afferenti al sistema nazionale di educazione e istruzione (comprensivo dei servizi educativi 0-3 anni) e sistema nazionale di istruzione (nell’ambito del quale il punto di partenza resta individuato nella scuola d’infanzia).

A che punto siamo con i “poli per l’infanzia”

Saranno da monitare anche in questo senso l’avvio e lo sviluppo della sperimentazione istituita dal decreto ministeriale n. 637 del 23 agosto 2017 sui poli scolastici 0/6, per la quale si attendono ancora ulteriori passi attuativi sul piano operativo, dopo la conclusione dell’istruttoria relativa all’individuazione da parte delle regioni dei progetti di massima e delle localizzazioni per l’attuazione dei medesimi.

L’unico impegno amministrativo, al momento, è rappresentato dalle caute indicazioni contenute nella nota Miur n. 404 del 19 febbraio 2018, sull’avvio del sistema educativo integrato dalla nascita fino a 6 anni.

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[1] La programmazione dei posti si basa irrazionalmente solo sul fabbisogno relativo alla scuola d’infanzia statale, laddove, per quanto riguarda le scuole d’infanzia, questa rappresenta solo il 60% dell’offerta di servizio complessiva nel sistema nazionale di istruzione.