La prova scritta del concorso a DS: cosa dicono i candidati

Un sondaggio per capire meglio

All’indomani della prova scritta, la casa editrice Tecnodid ha lanciato un sondaggio rivolto ai partecipanti, ma aperto anche ad altri interlocutori, con alcune semplici domande a risposta chiuse ed una domanda a risposta aperta. Lo scopo era quello di sapere come i candidati hanno vissuto la prova, e di raccogliere le loro opinioni in merito alle modalità più efficaci di reclutamento dei futuri dirigenti scolastici.

Ci sono state ben 1808 risposte, di cui solo 141 di persone che non hanno partecipato e 1667 di testimoni diretti. Ricordiamo che hanno superato la prova preselettiva in 8736, a cui vanno aggiunti quelli ammessi per effetto della sentenza del TAR (circa 80) ed altre centinaia ammessi con riserva per effetto della sospensiva del Consiglio di Stato.

La strada per la dirigenza sempre più impervia

Qualsiasi osservatore può facilmente rilevare che la scuola, seppur lentamente, si sta modificando, se non altro per l’effetto dell’influenza dei nuovi sistemi digitali. Ma per il docente che vuole “fare carriera” esiste ancora una sola strada: quella di provare a diventare dirigente scolastico. Lo può fare attraverso un “regolare” concorso. Così dicono le norme, ma la realtà è assai più complessa. Il primo problema è che i concorsi sono molto rari e non incentivano, quindi, la voglia di mettersi alla prova. Il secondo è che sono accompagnati da una pletora di ricorsi, tanto che più volte hanno permesso di accedere all’incarico dirigenziale senza neanche superare una prova concorsuale.

È un po’ questa la situazione ben chiara ai candidati che il 18 ottobre scorso si sono presentati nelle sedi loro assegnate per sostenere la prova scritta: pochi giorni prima il TAR aveva accettato il ricorso di poche decine di docenti che, per problemi di blackout, erano stati costretti ad interrompere più volte la prova preselettiva; poche ore prima arriva la notizia che il Consiglio di Stato aveva dato la sospensiva ad altri ricorrenti, permettendo loro di partecipare alla prova scritta; contestualmente dalla Sardegna giunge la comunicazione del differimento della prova nella regione per allerta meteo.

Molti temono che anche questa volta si possa diventare dirigente scolastico “per ricorso” e non “per concorso”. È un timore che rafforza la tesi di coloro che vorrebbero rinunciare a questa pratica democratica, preferendo altre forme di reclutamento più dirette e meno complicate.

Noi speriamo che ciò non accada, ma vorremmo che, proprio sulla base di quanto avviene oramai in maniera ricorrente e diffusa, si mettesse mano sulle procedure, modificandole in maniera sensata: non è così difficile, basterebbe anche riflettere su tutti i suggerimenti che 1808 candidati hanno espresso attraverso il sondaggio della Tecnodid (cfr. articolo di G. Cerini).

La delusione annunciata

Non abbiamo dovuto aspettare il giorno dopo, e neanche i risultati del sondaggio, per renderci conto del comune sentire dei candidati: “amarezza di non essere riusciti ad esprimere nel tempo previsto quanto avrebbero voluto”. Lo sapevano già che potevano contare su 20 minuti circa per rispondere ad ogni quesito. Ma quando si sono trovati in situazione hanno sperimentato “drammaticamente” quanto sia difficile mettere insieme idee sensate, malgrado il lungo training, la concentrazione e la voglia di riuscire.

Questa scelta ministeriale appare assai punitiva: in primo luogo nei confronti di persone che da anni si stanno preparando per superare con dignità la prova, ma anche nei confronti della stessa amministrazione, che si è preclusa in tal modo l’opportunità di selezionare con maggiore avvedutezza i candidati più adeguati alla funzione. Certo, nessuna prova può garantire la bontà dei comportamenti professionali del futuro dirigente. A maggior ragione non la garantirà una prova che, a priori, non permette di riflettere, di dimostrare di saper ragionare, di saper utilizzare le proprie conoscenze in maniera puntuale, come giustamente evidenziano i quadri di riferimento resi noti, purtroppo, solo il giorno prima della prova.

Il 64,6% è un dato assai significativo. Non può essere ignorato. A questo item hanno risposto 1778 persone e ben 1148 hanno sottolineato il problema tempo. Dal momento, però, che il sondaggio prevedeva una sola risposta, la percentuale potrebbe essere ancora più alta, considerando l’11,6% delle risposte che hanno evidenziato problemi relativi alla struttura informatica e l’8,2% problemi attinenti all’organizzazione del lavoro.

Non va sottovalutato il condizionamento della modalità Computer Based. Non si tratta di semplificare l’analisi addossando le responsabilità ai candidati ancora poco alfabetizzati sul piano digitale. Si tratta soprattutto di capire il livello di fruibilità dello strumento informatico messo a disposizione: dalla tastiera troppo rumorosa al mouse poco maneggevole, ma soprattutto allo stesso software utilizzato; possibilità di avere sia una visione organica della prova sia una visione parcellizzata; uso delle funzioni essenziali (taglia, copia e incolla, righelli, spaziature…).

Una percentuale, seppure non altissima, ha messo in evidenza la difficoltà ad organizzare il lavoro e a pianificare le risposte. È pur vero che la capacità organizzativa è alla base delle competenze richieste al dirigente, ma qui il candidato ha dovuto gestire due input contraddittori: da un lato il tempo assai limitato, dall’altro uno spazio illimitato. Chi ha deciso che in 20 minuti circa si poteva costruire una risposta ben articolata, chiara e leggibile (ammesso che sia possibile), avrebbe dovuto anche ipotizzare un formato sostenibile rispetto al tempo disponibile: 1000 caratteri? Di 2000, 3000, 4000? Se ci fosse stato uno spazio bloccato (e non libero), il candidato avrebbe avuto un aiuto tecnico nel gestire meglio la prova. Ma così non è stato.

Un dubbio sul senso della scelta

La domanda che un osservatore esterno si pone riguarda il senso della scelta ministeriale, e da quale idea di dirigente sia scaturita. È noto che fare sintesi è una qualità necessaria per qualsiasi tipo di professionalità, ma tutti sanno che il processo non è automatico: richiede, oltre al possesso di specifiche conoscenze, anche un tempo congruo per poter fare connessioni, selezionare le informazioni essenziali, eliminare il superfluo, scegliere la forma comunicativa più efficace. È pur vero che oggi i dirigenti scolastici sono sottoposti a sollecitazioni continue e devono trovare velocemente le soluzioni. Non si può però confondere la realtà con la sua simulazione. Il dirigente opera in un contesto di lavoro, accede ai dati, può contare su collaboratori, conosce la sua scuola, può fare riferimento ad esperienze del passato, ha reti territoriali e supporti istituzionali. Ben diversa è la situazione di un candidato che si trova da solo di fronte ad un desktop vuoto, e privo perfino di quelle tecnicalità di base di cui oggi tutti sono abituati a fruire, utili anche ad ottimizzare il tempo.

Eppure le domande erano ben poste

È un vero peccato che il fattore tempo abbia così condizionato la possibilità di esprimersi su questioni di fatto ben poste.

Il candidato evidenzi, in relazione al quadro normativo di riferimento ed alle responsabilità dirigenziali, le principali azioni del dirigente scolastico nella situazione e nel contesto professionale di seguito descritti:
1. Coordinamento delle attività degli Organi Collegiali nell’elaborazione, attuazione e Monitoraggio del PTOF
2. In un istituto superiore caratterizzato da elevato tasso di assenteismo e ritardi degli alunni, nonostante i ripetuti richiami alle famiglie, quali strumenti può utilizzare il dirigente scolastico?
3. Procedure per l’individuazione di personale esperto sia interno che esterno all’istituto per la realizzazione di progetti di ampliamento dell’offerta formativa
4. Attivazione di specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione, rilevati nell’ambito del processo di Valutazione degli alunni del primo ciclo
5. Raccordo tra attuazione PTOF e gestione amministrativo-contabile dell’istituzione scolastica autonoma

I quesiti in realtà disegnavano una funzione dirigenziale abbastanza rispondente a quell’idea di dirigente attento ai valori della scuola, buon organizzatore del contesto e guida della comunità professionale. Su quest’idea si sono state 1775 risposte positive. Il 52,3% (918) ha ritenuto infatti che i 5 quesiti fossero esemplificativi dei compiti e del profilo del dirigente.

È interessante notare come una fascia abbastanza consistente (28,4%) abbia rinvenuto invece un eccessivo sbilanciamento verso dimensioni operative e gestionali. È pur vero che dirigente si diventa, ma qui l’amministrazione ha fatto bene a chiedere di immaginare situazioni reali, a non limitarsi quindi a verificare solo conoscenze teoriche di tipo normativo (come avrebbe preferito l’8,9% dei candidati) o a centrare l’attenzione solo (o prevalentemente) sulle dimensioni pedagogiche (come avrebbe voluto il 10,4% dei partecipanti).

Su questo tema è interessante però entrare nel merito delle risposte aperte del nostro sondaggio (cfr. articolo di G. Cerini). Molte risposte dipendono sicuramente dai percorsi di preparazione effettuati. C’è senz’altro una diversità di aspettative tra i candidati che hanno, per esempio, frequentato master di tipo giuridico, quelli che hanno fatto un percorso centrato soprattutto sugli aspetti amministrativi e gestionali, o quelli che invece sono partiti dalle proprie esperienze e conoscenze come docenti.

… e la figura dirigenziale ben equilibrata

È importante capire qual è il vissuto esperienziale dei 508 candidati (29,2%) che hanno percepito, dai 5 quesiti aperti, un profilo dirigenziale molto lontano dalla realtà. Qui il sondaggio non ci permette di approfondire. Per esempio, sono gli stessi candidati che avrebbero preferito una maggiore attenzione alla normativa (8,9% del precedente item), pensando che solo tale competenza possa favorire la soluzione dei problemi? Sono i candidati che invece hanno lamentato la carenza nei quesiti di richiami pedagogici (10,4% del precedente item), pensando ad una figura dirigenziale prevalentemente come leader educativo? Resta comunque interessante che un’alta percentuale abbia ritenuto che il profilo che emerge dai quesiti sia ben equilibrato nelle sue diverse funzioni (51,8%).

La prova di lingua

La preoccupazione assai generalizzata per la prova di lingua non è stata smentita dai fatti. Tranne che dai docenti esperti in materia (purtroppo ancora in numero assai limitato nel nostro Paese), la prova era molto temuta ed assai osteggiata. Non erano state fornite indicazioni particolari sui documenti che sarebbero stati utilizzati, e neanche sulla tipologia di risposta chiusa adottata (vero o falso; scelta multipla; corrispondenza; completamento; sequenza logica…). Tant’è che il 46,4% ha dichiarato che le prove di lingua hanno comportato più tempo del previsto, e ben il 24,2% ha ritenuto troppo complessa la struttura linguistica. Soltanto al 10% (circa) i quesiti sono sembrati facili da affrontare. Si può da questo sondaggio dedurre che solo il 10% dei docenti abbia una competenza linguistica adeguata? Forse è un’inferenza un po’ ardita, ma abbastanza verosimile se confrontiamo questo dato con altri a carattere generale, e con le stesse risposte aperte dei 1808 partecipanti (cfr. articolo di G. Cerini).

Che cosa fare allora di fronte a questa difficoltà? Rinunciamo ad avere un dirigente capace di muoversi con facilità negli scenari europei ed internazionali, potendo usufruire di una buona conoscenza di almeno una lingua straniera? È una prospettiva di fatto inopportuna, ma per molti l’unica percorribile (qualcuno sostiene che la competenza linguistica non serve a dirigere bene una scuola).

Oppure si potrebbe ipotizzare che per diventare dirigente bisogna avere già in partenza una competenza linguistica certificata, almeno del livello B2. Questa seconda ipotesi forse potrebbe eliminare le tante criticità rilevate.