Cittadinanza e Costituzione nel nuovo esame di Stato

Le indicazioni per le prove scritte

Come è noto, in questi giorni le novità degli esami di Stato[1] hanno assunto una fisionomia ben definita, con la pubblicazione dei quadri di riferimento sia per la prima che per la seconda prova, entrambe a carattere nazionale, riferibili  per quest’ultima ad ogni ordine di scuola: licei, tecnici, professionali, tenuto conto dei rispettivi indirizzi ed articolazioni[2].

Dunque per le prove scritte siamo ad una prima cesellatura, che viene ad essere sottoposta al varo degli esami di maturità 2019, ma rimane aperta la definizione del colloquio d’esame.

Il colloquio come “dialogos”

Il colloquio ancora oggi mette a dura prova la gestione dell’ansia da parte degli studenti, e rimane ancorato a modalità di gestione molto spesso lontane da quell’interdisciplinarietà che fin dalla riforma del 1999[3] si sarebbe voluta. Eppure il colloquio può essere la grande occasione per mobilitare le conoscenze dello studente, che, coniugate con le abilità acquisite, possano addivenire ad una prova di competenza, in cui discutere e dissertare in un ragionamento coordinato e correlato, così da consentire un piacevole quanto sensato   διάλογος.

Sembrerebbe che per quest’anno una fiamma vivificatrice del colloquio possa riaccendersi non tanto e non solo per il resoconto delle attività formative di alternanza scuola-lavoro (ASL), quanto per i rimandi alle conoscenze  e  competenze maturate  dal  candidato  nell’ambito  delle  attività  relative a Cittadinanza e Costituzione[4].

L’inciso su educazione alla cittadinanza

Cittadinanza e Costituzione è una navicella atterrata nella galassia della legislazione scolastica nel lontano 2009[5], fortemente voluta dal suo mentore, il prof. L. Corradini, che l’ha pensata come trasversale in quanto “polvere d’oro” di ogni disciplina. Non si può immaginare di insegnare alcunché senza ispirarsi a determinati principi e valori che, se per i cattolici si identificano nelle virtù cristiane, in uno Stato laico non possono che identificarsi nella norma fondante la convivenza civile, la Costituzione della Repubblica, la nostra “Bibbia laica” come ebbe a definirla C.A. Ciampi[6]. È certo che la valorizzazione dei principi e dei valori costituzionali ne presuppone la conoscenza e la pratica, al pari del credo religioso.

Non può dirsi questo un patrimonio comune, non solo e non tanto perché non tutti i docenti laureati l’hanno studiata nel loro corso formale di studi, quanto perché la Costituzione è vitale e diventa Costituzione materiale, come scriveva il Mortati[7], solo quando permea gli usi e costumi, nella riflessione condivisa e praticata di ognuno di noi.

Chi insegna la Costituzione?

Per questo non è indispensabile che siano i docenti di diritto ad insegnare la Costituzione, perché non è il tecnicismo della norma che serve conoscere, né tantomeno occorre che siano solo i laureati in giurisprudenza ad avere il titolo per insegnarla[8], né è questione di trovare collocazione agli abbondanti soprannumerari della classe di concorso A019:

In Italia sono presenti e regolarmente pagati 15.847 insegnanti abilitati in Scienze giuridiche ed economiche (classe di concorso A046) che l’Amministrazione utilizza spesso in modo improprio o senza precisi compiti didattici. Soltanto 11.362 di loro risultano “titolari” di posto comune, taluni insegnano, altri molto spesso vengono distribuiti dai responsabili scolastici, in totale discrezionalità, a svolgere attività di “potenziamento dell’organico dell’autonomia delle scuole”, supplenze brevi in primis. Molti di loro invece, ormai in posizione di soprannumerarietà, sono stati indotti a studiare nuove discipline per essere utilizzati nelle attività di sostegno degli alunni con disabilità: più esattamente 4.485 docenti abilitati in Scienze giuridiche ed economiche, è oggi impiegato in attività di sostegno nelle scuole. In Italia dunque un insegnante di diritto su 3 non insegna la disciplina per cui è stato assunto”[9].

La sfida è quella di riuscire ad improntare la didattica su canali di coinvolgimento sociale e partecipativo degli studenti. Non tutti i docenti possono esercitare questa fascinazione: se si pensa a discipline tecnico-scientifiche certo risulta più difficile, ma in realtà nessuna disciplina dovrebbe essere insegnata solo per quel nucleo di conoscenze indispensabili, bensì anche e soprattutto perché si cerca sempre di individuare, all’interno di ciò che viene trasmesso, il senso ultimo degli insegnamenti/apprendimenti in vista della formazione di una persona responsabile e orientata alla comprensione degli accadimenti sociali ed economici in cui si troverà immerso come cittadino del mondo.

Cittadinanza come educazione tout court

Vista in questo modo, è del tutto inutile precisare se Cittadinanza e Costituzione debba essere un’educazione trasversale o disciplinare, in quanto è educazione tout court ad un pensiero che sia complesso e non banale. A questo dovrebbe concorrere la scuola nel suo insieme, perché questa è la sua funzione sociale. Gli apprendimenti si possono certo parcellizzare e misurare, persino curvare sulle competenze, ma i risultati a lungo termine sono solo nella coscienza di ognuno, chiamato a concorrere al benessere del nostro pianeta e quindi a comprendere e condividere le regole del vivere civile.

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[1] L’esame di Stato nasce con la Riforma Gentile (1923). Era il cosiddetto esame di maturità perché accertava la maturità complessiva del candidato, secondo una concezione un po’ astratta e neo-idealistica.

[2] A titolo di esempio: per i licei, basti citare il quadro di riferimento messo a punto per il liceo artistico, indirizzo architettura e ambiente (codice LI05); per i professionali, settore servizi, codice IP07, servizi per l’enogastronomia e  l’ospitalità alberghiera, articolazione accoglienza turistica; per i tecnici, settore tecnologico, codice  ITBS, indirizzo Chimica, materiali e biotecnologie, articolazione biotecnologie sanitarie.   

[3] Ministro Berlinguer, legge 425 del dicembre 1997: stabiliva che i commissari (da 4 a 8) fossero per metà interni e per metà esterni e che ci fosse un presidente esterno, che le prove scritte salissero a tre, di cui una riguardante la totalità delle discipline, mentre la prova orale era un colloquio su tutto l’insieme delle discipline.

[4] Secondo quanto prescritto dall’art. 17 del d.lgs.62/17, fonte formale di riforma  degli esami di Stato, ritoccata dal c.d. “decreto milleproroghe”.

[5] Art. 1 della L. 169/08, di conversione del D.L. 137/08.

[6] https://www.rivoluzione-liberale.it/32472/il-punto/la-costituzione-bibbia-laica-ciampi.html

[7] Cfr. C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Padova, Cedam, 1976;  La Costituzione in senso materiale, ed. Giuffrè, 1998. 

[8] https://www.orizzontescuola.it/apidge-di-educazione-di-genere-potrebbero-occuparsi-i-docenti-di-diritto/: “Chi, dunque, più di un docente laureato in giurisprudenza, può fornire ai nostri studenti solide basi sui concetti essenziali di diritto, che sono precondizione necessaria e imprescindibile per introdurre l’insegnamento dell’educazione di genere? (…)” .

[9] https://www.orizzontescuola.it/apidge-assicurare-un-insegnante-di-diritto-in-ogni-scuola-serve-ai-nostri-studenti/