“Il dir-reggente dimezzato”

A.A.A. Dirigente scolastico cercasi

Concorsi a rilento, espletamento delle procedure a singhiozzo, minaccia di ricorsi facili, difficoltà di individuare un sistema blindato di reclutamento, non ultimo il dimensionamento di istituzioni scolastiche che perdono autonomia e attendono una nuova collocazione, con i piani di razionalizzazione che devono superare le prove ad ostacoli dei tavoli di concertazione…

Sono tante le ragioni che determinano posti vacanti di dirigenza scolastica, per ricoprire i quali si ricorre all’affidamento degli istituti scolastici privi di rappresentante legale a dirigenti già in servizio in altre sedi.

È l’istituto della reggenza, nato per ragioni temporanee e per sostituzioni di breve periodo, ma divenuto ormai prassi consolidata e reiterata anche per anni consecutivi, fino a raggiungere cifre che superano le 2000 unità scolastiche come per l’anno in corso, senza riuscire ad immaginare tempi celeri di normalizzazione a fronte di una procedura concorsuale in atto, sulla quale soffia forte il vento disfattista della contestazione a-priori.

Il “dir-reggente, macchinista di fortuna”

Ad inizio anno scolastico, e ancora peggio ad anno scolastico inoltrato, il dirigente-reggente assume in tutta fretta l’incarico e si catapulta in una realtà estranea, quasi come a rincorrere un treno in corsa che è rimasto senza macchinista. Il treno ha una propria tabella di marcia, un ritmo di “crociera” che non ha programmato, e soprattutto tanti vagoni sconosciuti diretti verso una meta ignota. Poco tempo per raggiungere la cabina di comando ed evitare un deragliamento rovinoso. Poco tempo per conoscere i singoli viaggiatori. Poco tempo per immedesimarsi nell’interpretazione del viaggio, espressione di una progettualità che appartiene ad altri.

È la sensazione del dirigente “di passaggio”: sa di assumere un incarico temporaneo, spesso per spirito di servizio, ma che comporta comunque l’assunzione di una responsabilità gestionale piena, secondo i canoni della correttezza e buona fede, di un sistema complesso quale è la scuola, che di tutto ha bisogno tranne che di un “notaio”, esecutore materiale di procedure in corso.

Non solo procedure

Fosse anche… quali procedure?

Anche quelle prettamente amministrative sono sempre espressione di scelte gestionali ispirate da un modello dirigenziale e da una idea di scuola, e come tali non derubricabili a meri atti esecutori.

Ogni istituzione scolastica è tale se pensata come un organismo poliedrico e multifunzionale, in cui professionalità e competenza tessono giorno dopo giorno la trama di relazioni speciali, che si radicano in un contesto di cui è espressione quella progettualità condivisa e ragionata che è sintesi di punti di vista differenti, di cui il dirigente scolastico è portavoce formale e sostanziale.

Identità e senso di appartenenza

L’identità si definisce e perfeziona nei tempi lunghi dell’osservazione, elaborazione, riflessione di idee e proposte, ma anche della metabolizzazione di valori e scelte che spesso necessitano di revisioni e aggiustamenti ragionati, prima di tradursi in stili professionali qualificati.

Nel tempo disteso della contezza gestionale le espressioni linguistiche si connotano di quel senso di appartenenza (“la mia scuola”, “i miei alunni”, il “mio staff”, “i miei docenti”) che si sostanzia in una relazione biunivoca tra comunità scolastica e dirigente, per il quale ogni aggettivo possessivo espresso ad alta voce è una dichiarazione di valore e impegno verso ogni nome che accompagna.

Una dirigenza “speciale”

Si tratta della specialità della dirigenza scolastica, tanto nobile quanto vilipesa, ancora in attesa di ridefinizione e di equo riconoscimento sociale, inquadrata  contrattualmente in un’area a sé non per evidenziare la specificità del settore scuola, che pone come “premio di produzione” il successo formativo degli studenti, come tale non quantificabile in percentuali assolute codificate, ma per legittimare una differenziazione economica ingiustificata, che non rende onore alla professione e al ruolo che le scelte politiche in materia scolastica dovrebbero tributare.

Non basta l’algoritmo della qualità

Non è facile descrivere gli indicatori di efficacia ed efficienza dell’organizzazione scolastica e presentarli con grafici esplicativi corredati da legenda, come si conviene per i manager aziendali. Ogni indicatore è espressione di un processo, e dentro ogni numero o percentuale ci sono vissuti e storie che sfuggono agli algoritmi.

Proprio per questo l’enfasi che spesso accompagna la narrazione del dirigente scolastico, nell’esposizione dell’azione gestionale, serve ad inquadrare nella giusta ottica le azioni poste in essere per trovare la giusta armonia nell’allocazione dei “vagoni”, affinché le forze motrici trainanti possano permettere a tutti di intraprendere un viaggio educativo unitario a ritmo graduale, orientato verso mete significative.

Un’alternativa alla reggenza

Se così è, siamo proprio sicuri che l’espediente della reggenza sia la migliore soluzione per la gestione delle sedi vacanti?  Serve, ancora una volta, inseguire la logica del risparmio (un reggente costa allo Stato meno di un quarto di un dirigente scolastico titolare), penalizzando il mondo della scuola?

Concorsi con cadenza periodica e procedure celeri, come nell’intento dei regolamenti puntualmente disattesi, potrebbero arginare ampiamente, se non prevenire, lunghi tempi di vacatio, che potrebbero tuttavia essere colmati dalla designazione di docenti interni alle istituzioni scolastiche che hanno ricoperto ruoli intermedi. Non si tratta di riproporre il bacino di precariato (“i dirigenti incaricati”), anch’esso nebuloso, ma di riconoscere il prezioso servizio di collaborazione reso da chi affianca il dirigente scolastico, come miglior interprete temporaneo di un percorso in fieri.

Sarebbe certamente meno traumatico sia per i “passeggeri” che per il “neo-macchinista”, già pronto in cabina di comando e co-partecipe del viaggio.