In materia di annullamento delle sanzioni disciplinari

Caratteristiche dell’azione disciplinare

L’art. 55 sexies comma 3 D.lgs. 165/2001 prevede che “il mancato esercizio o la decadenza dall’azione disciplinare, dovuti all’omissione o al ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del procedimento disciplinare, … comporta, per i soggetti responsabili” l’adozione dei previsti provvedimenti disciplinari, e tale condotta è valutata anche ai fini della responsabilità dirigenziale di cui all’articolo 21 del decreto. Ma all’irrogazione della sanzione nei confronti del personale scolastico, esercitati i rimedi previsti a tutela del contraddittorio dal D.lgs. 165/2001, frequentemente può seguire il contraddittorio innanzi al giudice del lavoro, che può anche, come accade, decidere per il suo annullamento.

Non c’è legittimazione passiva del singolo istituto scolastico

Occorre premettere che, come ribadito dalla sentenza del Tribunale di Pavia – Sezione Lavoro n. 221/2016, per la Suprema Corte “anche dopo l’estensione della personalità giuridica, per effetto della legge delega n. 59/1997 e dei successivi provvedimenti di attuazione, ai circoli didattici, alle scuole medie e agli Istituti di istruzione secondaria, il personale ATA e docente della scuola si trova in rapporto organico con l’Amministrazione della Pubblica Istruzione dello Stato, a cui l’art. 15 del D.P.R. n. 275/1999 ha riservato le funzioni relative al reclutamento del personale, e non con i singoli Istituti, che sono dotati nella materia di mera autonomia amministrativa. Ne consegue che, nelle controversie relative ai rapporti di lavoro, sussiste la legittimazione passiva del Ministero, mentre difetta la legittimazione passiva del singolo Istituto” (Cass. 21.3.2011 n. 6372; Cass. 15.10.2010 n. 21276; Cass. 28.7.2008 n. 20521; Cass. 10.5.2005 n. 9752; App. Torino n. 61/2012; App. Torino n. 940/12).

Quando le sanzioni possono essere annullate

Molteplici sono le ragioni che possono condurre all’annullamento della sanzione da parte del Giudice del lavoro, persino il mancato rispetto di adempimenti prodromici quali l’omessa affissione del codice disciplinare in luogo accessibile a tutti, come disposto dall’art. 7 L. 300/1970 per il quale non sono ammissibili mezzi equivalenti, in quanto la funzione della pubblica affissione è quella di fornire un elemento incontrovertibile e obiettivo dell’effettiva conoscibilità della normativa disciplinare aziendale; pertanto, qualora fosse consentita, ad esempio, la consegna a ogni singolo dipendente del codice disciplinare, teoricamente ogni trasgressore potrebbe contestarne la conoscenza e frustrarne così le possibili applicazioni del potere disciplinare. In sostanza le modalità di pubblicità indicate dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori sono le uniche consentite affinché il codice disciplinare acquisti efficacia (cfr. ex multis Trib. Milano 30.5.2003; Trib. Milano 10.12.2002; Trib. Monza 9.10.2002).

Fin dove può spingersi il dirigente scolastico?

Provvedimenti possono conseguire alla mancanza di rispetto della procedura disciplinare prevista dalla legge, in particolare allorquando non sia assicurato il contraddittorio ed il docente non abbia avuto la piena possibilità di difendersi, ovvero all’adozione di una sanzione che non rientri nella competenza del dirigente scolastico, in virtù del combinato disposto dell’art. 55 bis D.Lgs. n. 165/2001, introdotto dall’art. 69 d.lgs. 150/2009, e dell’art. 492 d.lgs. n. 297/1994. Il dirigente scolastico, per valutare la propria competenza, deve limitarsi a inquadrare la fattispecie in relazione alla sanzione edittale astrattamente irrogabile sulla base della disciplina sanzionatoria normativamente prevista e non di una valutazione ex ante … della gravità della violazione contestata e della sanzione in concreto erogabile tra il minimo e il massimo previsti.

Ancora può accadere che il giudice, sindacando anche il merito della vicenda, ritenga che il fatto non sussista o non costituisca infrazione disciplinare, anche a causa di un’inadeguata istruttoria o un’insufficiente allegazione probatoria.

Accertata la responsabilità, nell’irrogazione della sanzione la scelta del dirigente dev’essere operata con riferimento alle specifiche circostanze del caso e alla sua gravità, nell’adeguatezza alla concreta fattispecie, valutando altresì l’elemento psicologico del comportamento contestato e l’animus del pubblico impiegato.

Motivazioni e istruttoria

Le motivazioni che hanno condotto all’adozione della sanzione, come la necessaria istruttoria operata, devono essere esplicate nel provvedimento (anche in considerazione della necessità di motivazione che accompagna l’azione amministrativa ai sensi della L 241/1990), affinché non si rilevi la genericità della contestazione, l’infondatezza per travisamento dei fatti, la sproporzione e manifesta illogicità della sanzione, anche con possibile condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno.

Infatti l’onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro ai sensi dell’art. 5 Legge n. 604/1966, “Norme sui licenziamenti individuali”. Per l’effetto il dirigente dovrà adeguatamente documentare i presupposti di fatto, oggettivi e soggettivi, che hanno determinato l’irrogazione della sanzione disciplinare (ex plurimis Cass. Sez. Lav. 17.8.2002 n. 11153 – Tribunale di Trani sez. Lav. Sentenza del 23.09.2013).

Non solo l’irrogazione della sanzione va preceduta da un’adeguata istruttoria, ma il supporto probatorio predisposto dal dirigente scolastico dev’essere inserito immediatamente nel fascicolo del procedimento disciplinare, accessibile all’incolpato affinché possa difendersi e controdedurre, e quindi allegato alla produzione di parte versata agli atti del giudizio. Le prove devono essere adeguate e non limitate ad una “relazione” di presunti accadimenti non supportati almeno da testimoni attendibili.

Solo così le prove possono essere considerate valide, altrimenti devono essere considerate tamquam non esset ed inutilizzabili, affinché non sia compromesso il diritto di difesa e contraddittorio.

La difesa in giudizio

Certamente la ricostruzione della vicenda nella relazione con la quale viene irrogato il provvedimento disciplinare dev’essere descritta e motivata accuratamente, in quanto la sua genericità non consente di individuare esattamente il comportamento scorretto, con conseguente impossibilità di esercizio del diritto di difesa (Giudice del Lavoro del Tribunale di Napoli,  sentenza n. 15091 dell’11/7/2013). Ma altrettanto importante è la difesa in giudizio: infatti, nonostante l’adeguatezza della contestazione, essa può essere considerata priva di riscontro probatorio, se l’Istituto scolastico, in sede giudiziale, non articoli istanze istruttorie ove sia riconosciuta efficacia probatoria alle dichiarazioni contenute nelle relazioni depositate in atti, allorquando, contestate dal ricorrente, non siano confermate in contraddittorio nel corso del giudizio.