I “nuovi” insegnanti di sostegno

Al via i corsi di specializzazione

Il decreto 92/2019

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e Ricerca in data 8 febbraio 2019 ha firmato il decreto n. 92, dal titolo “Disposizioni concernenti le procedure di specializzazione sul sostegno“. Prende dunque il via l’atteso iter riguardante la specializzazione degli insegnanti di sostegno per le scuole di ogni ordine e grado.

Nel decreto si comunica che i corsi di specializzazione saranno attivati presso le università, previa autorizzazione dei posti e ripartizione di contingenti che lo stesso Ministero definirà in un provvedimento successivo.

In ogni caso verranno definite date uniche per i test preliminari di accesso al percorsi.

I requisiti di accesso ai corsi di specializzazione

Per la scuola dell’infanzia e primaria potranno partecipare i docenti in possesso di:

– laurea in scienze della formazione primaria; oppure

– diploma magistrale, ivi compreso il diploma sperimentale a indirizzo psicopedagogico, con valore di abilitazione e diploma sperimentale a indirizzo linguistico, conseguiti presso gli istituti magistrali; oppure

– un titolo analogo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia.

Per la scuola secondaria di primo e secondo grado, i candidati in possesso:

– dei requisiti previsti al comma 1 o al comma 2 dell’articolo 5 del d.lgs. n. 59/2017, con riferimento alle procedure distinte per la scuola secondaria di primo o secondo grado (quindi: abilitazione oppure titolo di laurea + 24 CFU);

– di analoghi titoli di abilitazione conseguiti all’estero e riconosciuti in Italia ai sensi della normativa vigente.

Potrà accedere ai corsi di specializzazione anche chi  ha  conseguito un titolo di laurea e  portato a termine almeno tre annualità di servizio nel corso degli otto anni scolastici precedenti, anche su posto comune o di sostegno, presso le istituzioni del sistema educativo di istruzione e formazione.

Relativamente alla tempistica, nel decreto n. 92 si sottolinea che “i corsi si concludono, di norma, entro il 30 giugno dell’anno accademico di riferimento“.

Il test di accesso

Le prove di accesso sono organizzate dagli atenei con riferimento a quanto contenuto nella legge-quadro 5 febbraio 1992, n. 104 e nella legge 8 ottobre 2010, n. 170. Riguarderanno, pertanto, sia la materia relativa agli alunni con disabilità (legge 104/1992), sia quella riguardante gli alunni con disturbi specifici di apprendimento (legge 170/2010).

Il test preliminare è costituito da 60 quesiti formulati con cinque opzioni di risposta, fra le quali il candidato ne individua una soltanto. Almeno 20 dei predetti quesiti saranno volti a verificare le competenze linguistiche e la comprensione dei testi in lingua italiana. La risposta corretta a ogni domanda vale 0,5 punti, la mancata risposta e la risposta errata valgono 0 (zero) punti. Il test ha la durata di due ore.

Il profilo professionale del docente specializzato

L’insegnante di sostegno deve dimostrare di possedere conoscenze e competenze che facilitino un sistema inclusivo, in cui l’alunno con disabilità sia protagonista del proprio percorso formativo. A tal fine dovrà padroneggiare capacità di progettazione educativa individualizzata e personalizzata, in grado di promuovere interventi equilibrati fra apprendimento e socializzazione.

Il candidato, in relazione al settore per cui concorre, deve dimostrare di possedere adeguate conoscenze e competenze con riferimento a svariati ambiti:

normativo: legge 104/1992, ICF (O.M.S.2001, legge di ratifica della Convenzione dell’ONU – L. 18/2009), legge 170/2010 (alunni con DSA), Linee guida per il diritto allo studio degli alunni con DSA (2011), Linee guida sull’integrazione degli alunni con disabilità del 2014, D.Lgs n. 66/2017, …;

psicopedagogico e didattico: conoscenza dei fondamenti generali di pedagogia speciale e didattica speciale, di psicologia dell’età evolutiva e dell’apprendimento scolastico, finalizzati ad una didattica inclusiva;

progettuale: capacità di progettare e realizzare forme efficaci di individualizzazione e di personalizzazione dei percorsi formativi in classi eterogenee, per una gestione integrata del gruppo; utilizzare strumenti di osservazione e di valutazione; attivare positive relazioni scuola-famiglia per la costruzione di percorsi educativi condivisi e per la definizione del patto di corresponsabilità educativa.

organizzativo: l’insegnante deve padroneggiare strategie inclusive di gestione della classe, con particolare riferimento a didattiche cooperative (educazione tra pari, attività di piccolo gruppo, di coppia, di peer teaching, …);

conoscenza della disabilità e degli altri bisogni educativi speciali in una logica bio-psico-sociale: il docente deve dimostrare di saper lavorare in ambienti scolastici inclusivi, tenendo conto di tutte le forme di diversità, in modo da osservare e valutare il funzionamento umano secondo l’approccio ICF dell’OMS (versione «ICF Children and Youth Version»).

Si tratta solo di alcuni sintetici riferimenti: le richieste complessive sono molto più articolate e differenziate, anche in relazione ai diversi gradi di scuola.

Qual è la situazione attuale dell’inclusione?

Un recente rapporto (L’inclusione degli alunni con disabilità nelle scuole) dell’associazione “Con i bambini” e della Fondazione “Open Polis” ha evidenziato alcuni significativi aspetti dell’inclusione scolastica italiana.

Nell’a.s. 2018-2019 sono 272.167 i bambini e studenti con disabilità presenti nella scuola italiana (dall’infanzia all’istruzione di secondo grado), corrispondenti a circa il 3%, con punte che arrivano al 4,1% nella secondaria di 1° grado e al 3,4% nella scuola primaria.

Il percorso formativo di queste/i alunne/i è affidato agli insegnanti di sostegno, assicurati dallo Stato, e agli assistenti all’autonomia e alla comunicazione, nominati dagli enti locali.

Rispetto alla presenza nelle istituzioni scolastiche di queste due figure, emergono rilevanti differenze fra i territori.

Il rapporto evidenzia come la presenza del sostegno sia relativamente più diffusa nelle regioni del Sud (ad esempio, in Molise 1 docente ogni 1,1, alunni); si conferma pertanto che, laddove sono carenti le figure di supporto degli enti locali, le scuole sopperiscono aumentando la presenza del sostegno.

Il corto circuito sostegno-curricolare

I dati forniti dall’Istat, cui il rapporto si riferisce, indicano come gli insegnanti di sostegno specializzati siano meno di 2/3 del totale. Si può calcolare che circa 60.000 (su un totale di 150.000) insegnanti di sostegno, operanti nel corso di questo anno scolastico, siano privi del titolo di specializzazione.

Il percorso che si apre nei prossimi mesi risponde dunque ad un’esigenza formativa molto diffusa, tenuto conto che le carenze più significative si riscontrano nelle regioni del Nord, dove si concentra il numero maggiore di studenti con disabilità.

Sarà possibile garantire la specializzazione nei prossimo triennio ad almeno 40.000 insegnanti non specializzati?

Alla base del problema sussiste un dispositivo – a nostro parere assurdo – che permette ai docenti, dopo cinque anni di servizio sul sostegno, di rientrare nei percorsi curricolari, dando vita ad un circolo vizioso che alimenta continuamente la necessità di ulteriori figure specializzate. Si tratta di una norma priva di senso: gli attuali cinque anni dovrebbero essere, come minimo, raddoppiati!

Il tema vero però rimane quello dell’effettiva corresponsabilità educativa di tutti i docenti della classe (curricolari e non). Purtroppo su questo versante la situazione complessiva risulta tuttora molto critica.