Ma cosa ha detto l’INVALSI?

Il Rapporto 2019 sulle prove INVALSI

La presentazione del Rapporto nazionale Invalsi 2019 (Roma, 10 luglio Aula dei Gruppi parlamentari della Camera dei deputati,) sembra, per quest’anno, avere assunto un significato particolarmente rilevante nel dibattito pubblico dal momento che ha suscitato una sequenza di interventi sulla stampa nazionale (La Repubblica, Corriere della Sera, Internazionale) come non accadeva da tempo, quasi che il report delle rilevazioni sugli apprendimenti degli studenti italiani abbia costituito, ci si perdoni il gioco di parole, una rivelazione su temi fondamentali della società italiana. La “fotografia articolata e dettagliata” del lavoro di docenti e dirigenti della scuola italiana, come l’ha definita il Ministro Bussetti, ha restituito una situazione molto chiara.

Restano le criticità per la scuola secondaria di I e II grado

Dovendo sintetizzare, ecco alcune questioni segnalate dal Rapporto 2019 (quasi 120 pagine, di anno in anno più chiare e divulgative e meno astrusamente specialistiche (https://invalsi-areaprove.cineca.it/docs/2019/Rapporto_prove_INVALSI_2019.pdf) :

– La presenza di risultati medi assai simili in II primaria nelle diverse aree del paese, con una tendenza a “forbice” che inizia ad allargarsi già in V primaria, quando comincia ad evidenziarsi una polarizzazione di risultati fra gli esiti delle regioni centro-settentrionali e quelle del Mezzogiorno.

– Un apprezzabile miglioramento anche nelle regioni del Mezzogiorno, per l’inglese in V primaria.

– Il fatto che i risultati in inglese siano migliori in reading che in listening, già dalla scuola secondaria di I grado.

– Una diffusa criticità rispetto al raggiungimento del livello B2 in inglese al termine della scuola secondaria di II grado; al termine della secondaria di II grado nella prova di ascolto solo il 35% degli studenti raggiunge il livello B2, e il 25% cioè 1 su 4 non raggiunge il livello B1, situazione che, come ha osservato il Capo Dipartimento del MIUR, la dott.ssa Carmela Palumbo, segnala una questione che va affrontata a livello didattico (vale la pena chiederci, a questo punto, se le ore assegnate alla lingua inglese possano reggere l’apprendimento di cultura e letteratura e di una lingua ad un livello già elevato come il B2).

– La percentuale nell’ordine del 35% in ITA e 39% in MAT di studenti che non raggiungono “risultati adeguati o più elevati”, al termine della scuola secondaria di I grado.

– Una percentuale che si attesta ancora al 35% in ITA, ma che supera il 40% in MAT di studenti che dopo 13 anni di scuola, al termine della scuola secondaria di II grado, non raggiungono “risultati adeguati o più elevati”.

Un problema di qualità e di equità

Su questo 35% hanno posto la loro attenzione per molti giorni commentatori e titolisti, in relazione alla padronanza linguistica degli studenti italiani. Tuttavia i dati, al di là di ciò che avviene per le singole discipline, segnalano un’altra questione quando osserviamo che, analogamente alla seconda primaria, in Italiano e ancora di più in Matematica, si riscontra una differenza dei risultati tra scuole e tra classi nelle regioni meridionali, che evidenzia un problema di equità del sistema educativo già dall’inizio della primaria: “Il sistema scolastico nell’Italia meridionale e insulare non solo continua ad essere meno efficace in termini di risultati conseguiti rispetto all’Italia centrale e soprattutto settentrionale, ma appare anche meno equo: la variabilità dei risultati tra scuole e tra classi nel primo ciclo d’istruzione è consistente e in ogni caso più alta che al nord e al centro, così come sono più alte le percentuali di alunni con status socio-economico basso che non raggiungono livelli adeguati nelle prove. In particolare, destano forti preoccupazioni gli esiti di alcune regioni: Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna. Tuttavia, rispetto al 2018, alcune variazioni in positivo si osservano nelle quote di alunni che raggiungono i traguardi previsti al termine del primo ciclo d’istruzione e del biennio del secondo ciclo, in particolare nella macro-area Sud.” (Rapporto, p.10).

C’è quindi un problema di qualità degli apprendimenti, ma anche e soprattutto di equità all’interno di intere macroaree del paese fra scuole e classi, prima ancora che nel confronto fra zone del paese stesso.

Quella sottile linea rossa

È la sottile linea rossa che attraversa i grafici presentati da Roberto Ricci, Responsabile dell’Area prove INVALSI, che segnala – non il raggruppamento di eroici soldati del film di Terrence Malick – bensì una linea di demarcazione sotto la quale uno studente al termine di un corso di studi raggiunge livelli di apprendimento del ciclo precedente, cioè, appunto, risultati “non adeguati” al proprio livello di istruzione certificato (Rapporto INVALSI, pp. 47, 51 e 56 per ITA e 67, 71 e 76 per MAT).

Ed è qui che il discorso diviene politico, sulla necessità di colmare quello che la dott.ssa Palumbo ha definito “uno spread di opportunità” da abbattere attraverso una nuova strategia di dialogo e interazione con le regioni in maggiore difficoltà, per delineare interventi ritagliati sulla specificità delle situazioni a partire da un confronto diretto con tutti gli attori dei territori in grado di offrire un contributo fattivo per il superamento di questa situazione.

Non solo nelle parole del Rapporto, ma anche nell’intervento della presidente dell’INVALSI Prof.ssa Anna Maria Ajello e in quelle della dott.ssa Palumbo è risuonato il binomio “equità e qualità”, per superare quello “spread di opportunità” che, sulla stampa, ha lasciato sgomenti molti commentatori (è di Silvia Ronchey su Repubblica del 12 luglio, uno degli interventi più equilibrati), perché interpella la classe dirigente del paese su uno dei tratti fondativi delle liberal democrazie così come si sono venute sviluppando nel corso del XX secolo (con buona pace del presidente Putin, che del liberalismo ha recentemente dichiarato il definitivo tramonto).

Le competenze per il XXI secolo

Il dato sulla autonoma e consapevole padronanza della lingua italiana da parte di un giovane che lascia il sistema scolastico dopo 13 anni, non lascia turbati solamente perché sotto la soglia della sottile linea rossa c’è un cittadino dimezzato e depotenziato (un low performer che non sappiamo se e quando potrà recuperare) ma anche perché – rispetto ai due pilastri della liberal-democrazie occidentali e cioè uguaglianza e democrazia – la società italiana del XXI secolo fa fatica a garantire equità di opportunità formative. Il che nella società della conoscenza digitale e della partecipazione politica post-moderna che vede sempre più assenti i corpi intermedi, sollecita riflessioni di significato non solo didattico-pedagogico in merito all’adeguatezza del nostro sistema scolastico che occorre affrontare partendo da un’analisi affidabile, come oramai il Rapporto INVALSI ci ha abituato.

Segnaliamo infine che, dal 23 luglio, saranno disponibili sul sito dell’INVALSI i risultati delle prove sostenute dagli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori in italiano, matematica e inglese.