La povertà educativa in Italia (I)

Infanzia e adolescenza a rischio

Il Rapporto di Save The Children

È stata pubblicata da pochi giorni la decima edizione del rapporto sull’infanzia a rischio curato da Save the Children[1]. Da dieci anni a questa parte, la più grande organizzazione internazionale indipendente, che lotta da cent’anni per migliorare la vita dei bambini e degli adolescenti, contribuisce a riflettere su tutto ciò che riguarda la realtà dell’infanzia e dell’adolescenza. Data la sua articolazione e complessità, dedicheremo due articoli alla presentazione del Rapporto.

Una condizione narrata nell’“Atlante dell’Infanzia a rischio”

Ricco di immagini, dati e tabelle, pensato come “una mappa delle mappe”, progettato per connotarsi come un manuale immediato e, al contempo, denso di contenuti e riferimenti culturali, l’Atlante[2] – sapientemente curato da Giulio Cederna – si caratterizza da sempre come una narrazione sull’Italia dei bambini. Con la consapevolezza che le mappe forniscono «una rappresentazione piana, ridotta e approssimata del territorio» (p.10), ma anche con il convincimento che l’eterogeneo corpus di informazioni, statistiche e non, può contribuire nella comprensione delle «tante Italie» dei bambini e delle bambine, realizzando confronti e “zoom territoriali” per individuare problemi, priorità e risorse.

«L’analisi informata e multidisciplinare dei territori – si legge nel prologo all’ultima edizione – può aiutarci a elaborare progetti, sperimentare metodologie e strategie di intervento per migliorare le condizioni di vita dei nostri figli, in particolare dei bambini e delle bambine che vivono nei contesti più fragili». (p.10)

Non a caso l’Atlante dell’Infanzia a rischio ha ricevuto il Premio Andersen 2019: per il rigore e la puntualità delle indagini sull’infanzia e le difficoltà di crescita e per l’impegno ed il coraggio nell’aver acceso i riflettori sulle condizioni economiche, sociali, culturali e educative di territori spesso dimenticati, mettendo anche in luce tante “buone pratiche” e il lavoro misconosciuto di scuole, istituzioni e associazioni nel contrasto precoce al disagio sociale.[3]

Il focus dell’edizione dell’Atlante dell’infanzia 2019

Anche l’Atlante 2019 si presenta, a dirla con Roberto Saviano[4], come un «romanzo drammatico» ed è stato presentato lo scorso 21 ottobre contemporaneamente in dieci città italiane (Ancona, Bari, Catania, Milano, Napoli, Reggio Calabria, Roma, Sassari, Torino e Udine), in occasione del lancio della campagna “Illuminiamo il futuro” per il contrasto alla povertà educativa.[5]

In questa edizione viene tracciato un quadro dettagliato ed impietoso della condizione infantile e adolescenziale in Italia: in dieci anni è triplicato il numero dei minori in povertà assoluta, passando dal 3,7% del 2008 al 12,5 % del 2018.

È uno dato che lascia sullo sfondo quello che riguarda la condizione di povertà degli adulti, che si attesta intorno ai 5 milioni secondo l’Istat.

È un dato raccapricciante e purtroppo reale! Alle soglie del 2020, ci sono in Italia 1,2 milioni di bambini e bambine che non hanno i beni indispensabili per condurre una vita dignitosa.

Un Paese vietato ai minori

La nostra nazione sembra avere abbandonato «il suo tesoro più grande: i bambini». In questo ultimo Atlante dell’Infanzia a rischio, dal titolo “Il tempo dei bambini”, emerge una situazione di aumento esponenziale di disuguaglianze intergenerazionali, geografiche, economiche e sociali. Le condizioni sono molto diverse tra i bambini e le bambine che vivono nel nord, nel centro e nel sud dello stivale; tra coloro che abitano nelle aree centrali e nelle aree periferiche; tra coloro che sono di nazionalità italiana o straniera; tra quelli che sono figli di “scuole bene” e quelli relegati in “classi ghetto”. L’Italia continua a non preoccuparsi di chi dovrà garantire il suo stesso futuro. Ancora manca un “Piano strategico per l’infanzia e l’adolescenza” e la spesa sociale per l’infanzia resta tra le più basse in Europa, con differenze notevoli tra le regioni nell’accesso ai servizi per i bambini e le loro famiglie. È evidente che si tratti di un divario che penalizza tutte le aree del paese colpite dalla mancata definizione dei Livelli essenziali di prestazione (LEP) relativi ai diritti all’istruzione, alla salute e all’assistenza sociale, previsti dalla riforma del Titolo V della Costituzione. Tale monca applicazione della riforma federalista ha alimentato, nel corso del decennio, gli squilibri già esistenti a livello di prestazioni e servizi per l’infanzia e le famiglie più in difficoltà hanno affrontato da sole gli effetti della crisi.

Infanzia, tema negletto della politica e dei media

È Valerio Neri, in qualità di Direttore Generale di Save the Children Italia, a denunciarlo nella prefazione all’Atlante dell’Infanzia 2019: «Ci sono due temi tradizionalmente negletti dalla politica e dai media: il primo è la questione ambientale, ovvero le condizioni di salute della nostra casa comune, il secondo è l’infanzia, ovvero le fondamenta stessa della nostra società … Per quanto riguarda l’infanzia in Italia, le mappe e le pagine di quest’ultima edizione dell’Atlante mostrano con abbondanza di dati e di riferimenti puntuali i danni provocati in quest’ultimo decennio dall’inerzia della politica, dai mancati investimenti nei servizi per la prima infanzia, nella scuola, nelle politiche sociali, dall’incapacità di varare una norma per riconoscere la cittadinanza ai bambini di seconda generazione» (p. 6).

Il disinteresse conclamato per la condizione dell’infanzia ha, dunque, conseguenze scandalose ed estremamente preoccupanti, in relazione sia ad una prospettiva che concerne un futuro al momento a tratti funesti, sia ad una situazione del tempo presente, caratterizzata dalla negazione di diritti fondamentali.

In dieci anni sono passati, come viene sottolineato nel prologo della pubblicazione, ben sette governi e tre legislature ed insieme ad essi anche le «macerie sociali» di una delle più profonde crisi economiche della storia repubblicana.

La povertà è una costruzione politica

Le conseguenze della crisi iniziata più di dieci anni fa sono sotto gli occhi di tutti. Oggi i numeri dicono, come ha sottolineato il giornalista Roberto Ciccarelli, che è «una condizione ancora più dura rispetto agli anni più duri della crisi, tra il 2011 e il 2014. In quel triennio il tasso di povertà infantile duplicò, passando da eccezione a emergenza. Oggi è diventata strutturale e interessa molte dimensioni della vita personale e associata dove si trovano i minori, insieme alle loro famiglie»[6].

L’infanzia e l’adolescenza in Italia pagano lo scotto di decisioni politiche ed economiche che hanno rafforzato le disuguaglianze territoriali, rendendole ormai storiche. I dati dell’ISTAT degli ultimi dieci anni sugli indicatori della povertà restituiscono un quadro molto preoccupante della situazione nel nostro Paese e sono emblematici del tempo perso dalla politica sul fronte della tutela dell’infanzia. 

Quale tempo è dei bambini?

È questa la domanda sottesa all’ultimo certosino lavoro di indagine di Save the Children Italia. E la scelta di raccontare l’attuale condizione infantile riannodando il filo del Tempo in una triplice accezione, va in questa direzione.

L’Atlante 2019, invero, si configura come un viaggio nel tempo dei bambini ed è suddiviso in tre parti: il tempo nuovo; il tempo perduto; il tempo ritrovato.

Ogni parte è stata sviluppata con l’intento di una disamina accurata di tutte le dimensioni riguardanti la situazione in cui si trova l’infanzia e l’adolescenza del nostro paese, tracciando una fotografia di un hic et nunc magistralmente descritto attraverso l’analisi puntuale di alcuni indicatori topici.

Bambini nel tempo nuovo

È il tempo attuale che vede “i figli dell’Antropocene” mobilitarsi – con a capo la sedicenne svedese Greta Thunberg – per riaccendere l’attenzione ed il dibattito sul tempo in senso fisico e atmosferico, per le minacce e i possibili effetti negativi del riscaldamento globale e i conseguenti cambiamenti climatici già in atto.

Sono ormai “giovani inarrestabili”, consapevoli di essere una generazione che deve crescere in fretta, per difendere un futuro che gli è stato sottratto. Sono giovani determinati, convinti che le «le parole insegnano ma gli esempi trascinano»: così si esprime, difatti, la ventiquattrenne Federica Gasbarro, portavoce Friday for Future Roma, che dichiara di voler essere il cambiamento che avrebbe voluto vedere nel mondo. Sono giovani che scendono “in piazza in nome del sapere”, proponendosi «di essere il mezzo per favorire la divulgazione della conoscenza, un megafono che amplifica la voce degli scienziati sistematicamente ignorati dalla politica e dai media» (p. 26).

Figli dell’antropocene

Antropocene (Treccani): Termine divulgato dal premio Nobel per la chimica atmosferica Paul Crutzen, per definire l’epoca geologica in cui l’ambiente terrestre, inteso come l’insieme delle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche in cui si svolge ed evolve la vita, è fortemente condizionato a scala sia locale sia globale dagli effetti dell’azione umana. Non essendo un periodo accolto nella scala cronostratigrafica internazionale del tempo geologico (secondo i dettami dell’ICS, International commission of stratigraphy), l’A. si può far coincidere con l’intervallo di tempo che arriva al presente a partire dalla rivoluzione industriale del 18° sec., ossia da quando è iniziato l’ultimo consistente aumento delle concentrazioni di CO2 e CH4 in atmosfera. In questo periodo l’impatto dell’uomo sugli ecosistemi si è progressivamente incrementato, veicolato anche da un aumento di 10 volte della popolazione mondiale, traducendosi in alterazioni sostanziali degli equilibri naturali (scomparsa delle foreste tropicali e riduzione della biodiversità.

Povertà educative e crisi climatica

È uno scenario che, però, mette a nudo anche quanto fino ad oggi non è stato realizzato efficacemente tra i banchi di scuola, visti i risultati insoddisfacenti dei quindicenni italiani in scienze nei test OCSE PISA del 2015 ed i risultati delle prove Invalsi che mostrano scarse competenze anche in lingua italiana. L’analisi dei dati raccolti rileva che «l’estrema variabilità dei risultati mostra, in filigrana l’ampia trama delle povertà educative dei ragazzi e a diversi livelli: familiari, sociali, geografici, inerenti al sistema scolastico» (p. 31).

Il primo fattore di disparità resta di carattere geografico. È determinante, ancora oggi, dove si nasce e si cresce.

È un circolo vizioso e perverso; le condizioni di svantaggio socio-economico, nel restringere le possibilità di accesso alla conoscenza dei fenomeni naturali e scientifici fuori e dentro la scuola, favoriscono l’eventuale esposizione di bambini e ragazzi ai rischi prodotti dalle crisi ambientali. D’altra parte, vi è un nesso incredibilmente diabolico tra il clima e le disuguaglianze sociali ed economiche: gli effetti del riscaldamento globale colpiscono soprattutto chi ha meno contribuito a creare il problema.

Oggi si cresce, dunque, in un pianeta sempre più instabile e la generazione dei millennials deve fare i conti con le ondate di calore, con la consapevolezza che proprio le città sono, allo stesso tempo, le principali responsabili dei cambiamenti climatici e le prime vittime degli effetti di tali modificazioni del clima.

Crescere in contesti urbani inquinati

L’innovativo rapporto del 2018 a cura dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA), inoltre, mostra una correlazione statistica rilevante tra inquinanti e contesti urbani con elevata presenza di alloggi popolari, basso tasso di istruzione universitaria e mancanza di spazi verdi.

L’Italia risulta essere campione d’Europa per numero di auto (637) ogni mille abitanti. Con tutte le conseguenze annesse e connesse! Basti pensare, in merito, quanto abbiano influito anche i tagli al servizio scuolabus operato dai comuni durante la crisi, che hanno penalizzato maggiormente il Centro ed il Sud del paese.

Di certo l’effetto più deleterio dell’inquinamento atmosferico delle città si misura sui danni al sistema respiratorio specie dei più piccoli, ma è già da tempo che si stanno indagando anche altri tipi di conseguenze da parte degli agenti inquinanti e che riguardano lo sviluppo neurale e cognitivo. Sebbene il tema sia ancora molto dibattuto, diverse ricerche hanno messo in relazione inquinamento, ritardi cognitivi e disturbi dell’apprendimento.

Da questa prospettiva la questione ambientale e la relativa “ingiustizia” si salda alla questione/ingiustizia sociale, costituendo le due facce della stessa medaglia.

Crescere in un paese fragile

Non poteva mancare nell’Atlante dell’Infanzia a rischio 2019 una riflessione su “Terremoti, frane e scuole a rischio”, partendo dal presupposto che «La sicurezza scolastica va tutelata e garantita in quanto diritto che trova fondamento nella Costituzione, nella Convenzione Onu sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza e nella legislazione nazionale a tutela dei minori e della sicurezza nei luoghi di lavoro»[7] ed esaminando la situazione reale di un numero rilevante di scuole prive di progettazione antisismica e di certificato di agibilità.

È un dato che non può essere ignorato e che mette in evidenza come, di fronte alla fragilità crescente della nostra penisola – sempre più soggetta a terremoti, frane e alluvioni – proprio la più importante infrastruttura educativa del Paese, qual è la scuola, appare completamente inadeguata sul piano strutturale.

Ma la scuola è anche impreparata ai temi della sicurezza. Nonostante sia il luogo in cui i bambini trascorrano gran parte della loro infanzia e adolescenza e dovrebbe essere, per suo mandato, il luogo centrale di promozione culturale della prevenzione e della sicurezza, con un coinvolgimento diretto degli stessi studenti ai processi legati al tema della sicurezza.

Crescere in un mondo diseguale

Tra gli ultimi capitoli della prima parte dell’Atlante meritano un riferimento quelli dedicati alle disuguaglianze che riguardano:

  • una diversa distribuzione delle risorse alimentari, tra alto tasso di spreco alimentare in campo domestico; tassi elevati di obesità, in percentuale più elevata in contesti familiari meno abbienti e meno istruiti; una presenza di bambini e ragazzi deprivati che crescono in famiglie dove non si consumano regolarmente alimenti importanti come carne, pollo, pesce, frutta e verdura;
  • una diversa distribuzione delle risorse naturali, con il paradosso che anche in Italia il livello dei consumi eccede abbondantemente la capacità degli ecosistemi di rigenerarsi.

È una disamina che mette di fronte alla responsabilità di dover agire, cambiando rotta: «investendo nella società della conoscenza, nella lotta senza quartiere alle povertà educative, nella promozione di una istruzione rinnovata e al passo coi tempi… (e in scuole possibilmente rinnovate, potenziate, messe in sicurezza)» (p. 77)

[1] https://www.savethechildren.it

[2] https://atlante.savethechildren.it/index.html

[3] https://www.savethechildren.it/blog-notizie/premio-andersen-2019-al-nostro-atlante-infanzia-a-rischio

[4] www.treccani.it/catalogo/catalogo_prodotti/annuari/Atlante_dell_infanzia_a_rischio.html

[5] https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/campagne/illuminiamo-il-futuro

[6] https://ilmanifesto.it/scandalosa-poverta-tra-i-minori-e-triplicata-in-dieci-anni/

[7] Cittadinanzattiva e Save the Children, aprile 2019