Maestre e professoresse d’Italia

Una questione di “genere”

Carenza di figure maschili a scuola?

Recentemente si è tornato a parlare della femminilizzazione del ruolo docente in Italia e nei paesi dell’Ocse, l’Organizzazione per lo sviluppo economico. La rivista specializzata “Tuttoscuola” ha rilanciato la questione, citando le analisi di Gender imbalances in the teaching profession (“Squilibri di genere nella professione docente”). Da questi dati apprendiamo che la percentuale dei docenti maschi alla scuola dell’infanzia si è stabilizzata negli ultimi due anni allo 0,7%; alla scuola primaria sono scesi dal 3,7% al 3,6% e stanno lentamente scomparendo; alla scuola secondaria di I grado nel 2015 erano il 22% ma oggi sono il 21%. Nella scuola secondaria di II grado invece la flessione sembra arrestata al 34%. A prescindere dalle statistiche precise, con distribuzione diversa nei vari ordini di scuola, il problema esiste e diventa preoccupante alla luce di alcune considerazioni che attengono al tema dell’identità di genere, apparentemente privilegiata per le ragazze, molto deficitaria per i ragazzi. Sappiamo anche che “l’identità” è un costrutto che avviene per “identificazione” con persone dello stesso genere, ma anche per “differenziazione” dell’altro per cui la carenza di figure maschili a scuola nuoce ad entrambi i generi.

Il compito di “crescere”

Noi tutti sappiamo che femmine e maschi si nasce, ma che donne e uomini si diventa. A tale proposito è pure risaputo che la famiglia, luogo delle identificazioni primarie, è di per sé generalmente uno spazio di conservazione. Sappiamo anche che i modelli circolanti, provenienti da trasmissioni o sollecitazioni pubblicitarie, sono intrisi di stereotipi della peggior specie (veline, tronisti, ecc.). Non rimane che la Scuola, fra l’altro stimolata dal comma 16 della L.107/2015, che richiede espressamente che venga “assicurata” l’educazione all’identità di genere e alle pari opportunità. Forse è opportuno rispolverare tale comma perché ho riscontrato spesso che non è noto, oppure viene trascurato, dalla maggior parte dei docenti ma anche perfino dai dirigenti scolastici che dovrebbero garantirne l’osservanza. Ricordiamoci che bambine e bambini, studentesse e studenti hanno sempre contemporaneamente due compiti da assolvere: apprendere e crescere.

Stereotipi maschili e femminili

Superare il vuoto di figure maschili nella scuola potrebbe certamente migliorare i rendimenti scolastici dei maschi ed appassionarli di più. Lo psicologo A.Pellai afferma che la presenza di più modelli maschili nella scuola aiuterebbero a scardinare cliché che vedono uomini rinchiusi dentro un mondo di “azione” e le donne dentro un mondo di “narrazione”.

Sorge però una domanda cruciale ed altamente intrigante: la scuola femminilizzata potrebbe trasmettere lo stereotipo che l’adattamento e l’acquiescenza sono valori ineludibili per eccellere? La trasgressione a ciò, che oggi sfocia qualche volta nel “bullismo”, potrebbe essere in qualche modo anche un po’ una conseguenza?

Le cause della femminilizzazione del personale

Sarebbe interessante, prima di provare ad investigare le conseguenze di questa femminilizzazione del ruolo docente, provare velocemente a dare un colpo di sonda- per quanto possibile in questa sede e per quanto attendibile – dentro all’analisi sociologica per cercare non di scandagliare ma almeno accennare ad alcune possibili cause che hanno indotto tale fenomeno. Le cause probabili sono la bassa remunerazione e la caduta del prestigio sociale accompagnate però dallo speculare “mito della congenialità” per la donna ad essere anche docente. Questo mito andrebbe però sfatato perché comporta automaticamente che le competenze relazionali, così importanti per la professione docente, vengano date per scontate e già acquisite, e non siano considerate invece necessariamente un obiettivo da raggiungere attraverso una formazione adeguata.

Quote azzurre in Europa?

Dall’agenzia EURIYCE veniamo a sapere che in altri paesi europei le assunzioni di insegnanti di genere maschile stanno aumentando grazie a politiche statali studiate “ad hoc” per incentivare gli uomini a diventare insegnanti. Servirebbe un piano simile anche in Italia e ci si augura che per il futuro possa essere messo a punto.

Tale piano sarebbe fra l’altro auspicabile alla luce anche dei risultati rispetto all’orientamento per cui sembra che avere insegnanti uomini aiuti a scegliere percorsi scientifici (STEM), così ancora trascurati da parte delle ragazze.

Educazione, cultura e cura: al maschile e al femminile

Corrisponde a verità che i maschi hanno sempre bisogno del fascino del leader, dell’allenatore o dell’eroe sportivo? E più tardi del leader politico un po’ pifferaio magico e un po’ leader carismatico forte, in altre parole “uomo solo al comando”?

Vedere un insegnante maschio li aiuterebbe a capire, contrariamente alle derive sociali dominanti, intrise di indifferenza, superficialità, ignoranza, che la cultura non è fuori moda e che ci si può appassionare a questa senza perdere la propria mascolinità e il proprio fascino.

Servirebbero interventi nelle scuole superiori di giovani universitari o ricercatori che parlino delle loro scelte, di quei lavori cha sanno affrontare con competenze di cura al maschile.

Mi sembra però di sentire già chi sottolinea che Il problema semmai è ancora una volta verificare come nei nostri tempi di “passioni tristi” i ricercatori universitari siano pochi e remunerati malissimo.

Le prospettive di occupazione nella scuola

Susanna Mantovani, dell’Università Bicocca di Milano, osserva che c’è una nuova generazione più consapevole e più giovane rappresentata da qualche ragazzo che comincia a capire che i posti di lavoro ci sono per chi esce da facoltà di Scienze della Formazione.

Il tasso di occupazione in questo momento è infatti alto. Si tratta di un mercato del lavoro che funziona al contrario: sono più le richieste che le offerte…

Le ragazze però continuano a scegliere preferibilmente studi umanistici e i ragazzi preferiscono invece quelli tecnico-scientifici. Abbiamo visto come gli stereotipi siano duri a morire, anche in questo settore della prospettiva lavorativa.

Scuola luogo desiderante

Se vogliamo provare a scommettere ancora sulla scuola con tenacia e coraggio, a prescindere che sia femminilizzata, quale auspicio maggiore può esserci se non quello di continuare ad attivarci perché essa diventi il luogo della passione? Passione per:

– la conoscenza, per il sapere,

– per la comprensione profonda delle idee che hanno fatto crescere il mondo,

– per la cura della mente che sa collegarsi con il cuore,

– per la scoperta di nessi e relazioni che ci rendono improvvisamente chiaro ed interpretabile il mondo e i suoi paradossi come quello che stiamo affrontando,

– per l’intrecciarsi di relazioni interpersonali autentiche e significative di cui conserveremo il ricordo per tutta la vita,

– per l’incontro con docenti (donne e auguriamoci uomini) che ci hanno fatto provare brividi intellettuali da continuare a desiderare di riprovare per tutta la vita.