Riscoprire le competenze digitali

La competenza digitale: da Cenerentola a Principessa

Il repentino quanto inatteso mutamento di scenari provocato dall’emergenza Covid 19, ha generato nel mondo della scuola una rivoluzione nel passaggio dalla didattica in presenza alla didattica a distanza.

Il tradizionale paradigma di insegnamento-apprendimento basato sulla lezione frontale, su un modello di scuola trasmissiva, sulla relazione asimmetrica docente/discente, sulle attività d’aula in presenza, da un giorno all’altro ha lasciato il posto ad una modalità mai sperimentata prima, in cui la didattica a distanza e il digitale sono diventati protagonisti assoluti.

Siamo in presenza di una svolta radicale, se si pensa alle forti resistenze al cambiamento che i docenti italiani hanno da sempre mostrato in riferimento all’introduzione delle nuove tecnologie nella pratica didattica e ancor più all’acquisizione di competenze professionali in ambito tecnologico.

Il digitale a scuola: di tutti e di nessuno?

E se è vero che in tutte le guerre tra tanti sconfitti c’è sempre un vincitore, alla fine, nella guerra contro il Coronavirus, i vincitori saranno più di uno e tra questi di sicuro potremo annoverare quella che fino a ieri poteva considerarsi la cenerentola delle competenze, la competenza digitale.

Quella che in tutti i Consigli di classe spetta a tutti e a nessuno sviluppare e valutare, quella che da sempre, tra i professionisti della scuola, è stata vissuta come un peso ingombrante, un intralcio al processo di insegnamento-apprendimento nella tensione fra tradizione e innovazione.

Quello dell’introduzione delle nuove tecnologie nella pratica didattica è un cammino tutto in salita, caratterizzato da un atteggiamento di rifiuto più o meno agito e dichiarato che ha provocato ritardi incommensurabili e sprechi di investimenti nazionali ed europei.

(Cfr. G.Benassi, La DAD (didattica a distanza): tutti a casa, tutti a scuola, in www.scuola7.it n. 176)

Le politiche a sostegno del digitale

Il primo investimento nazionale risale agli inizi degli anni novanta con l’avvio del Programma di Sviluppo delle Tecnologie Didattiche (PSTD), finalizzato alla diffusione nelle scuole di postazioni e laboratori multimediali per gli studenti con una fase di formazione del personale docente, orientata non solo alla conoscenza tecnica degli strumenti, ma anche ai contenuti dell’attività oggetto di insegnamento.

Trascorsi dieci anni, con il successivo Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD), avviato nel 2007, si sono incrementate le dotazioni tecnologiche delle scuole (dotazione di LIM nelle classi) e circa 70.000 docenti sono stati coinvolti nella formazione sull’uso delle nuove tecnologie nella pratica didattica.

Un ulteriore impulso è arrivato c.d. dalla Buona scuola (Legge 107/2015) che ha promosso un nuovo PNSD, in sinergia con la programmazione europea, finalizzato a diffondere le nuove tecnologie nelle scuole attraverso interventi a supporto della didattica, degli studenti e dei docenti: particolare importanza ha assunto la formazione del personale ed è stata introdotta la figura dell’animatore digitale per la creazione di ambienti di apprendimento innovativi e la condivisione della cultura digitale nella scuola.

Il rinnovato PNSD rappresenta concretamente “la sfida dell’innovazione della scuola” e si propone di “scrivere tutti insieme una “via italiana” alla scuola digitale”.

Anche a livello comunitario tra le tante iniziative intraprese per favorire innovazione, crescita economica e progresso Agenda Digitale ha fissato una serie di obiettivi che ciascun paese europeo dovrebbe raggiungere entro il 2020: l’indice DESI (Digital Economy and Society Index), a cui spetta la funzione di monitoraggio, ha fotografato nel 2018 una situazione che vede l’Italia collocata al 25esimo posto su 28 paesi[1], con un gap digitale notevole rispetto ad altre nazioni europee.

https://www.istruzione.it/scuola_digitale/allegati/Materiali/pnsd-layout-30.10-WEB.pdf

La rivoluzione digitale e le competenze dei docenti

Nonostante gli sforzi e gli interventi messi in campo dai decisori politici, la tanto auspicata rivoluzione digitale stenta a decollare.

La “frattura tecnologica” generazionale tra nativi digitali immersi in un contesto informale iperconnesso caratterizzato dall’uso incontrollato del web, e quello formale del sistema scuola in cui i metodi di insegnamento e le pratiche didattiche tradizionali regnano sovrani, è evidente, nonostante la presenza di laboratori multimediali adeguatamente attrezzati.

Come emerge dal Rapporto di ricerca “FSE Competenze per lo Sviluppo Competenze digitali e fabbisogni formativi degli studenti[2] nel 17,6% delle scuole italiane l’attività didattica è svolta con tecnologie digitali dall’intero corpo docente quotidianamente, e le competenze digitali del corpo docente, non risultano uniformemente distribuite; in media, solo il 47% dei docenti delle scuole italiane utilizza con frequenza quotidiana strumenti digitali.

Appare evidente la dicotomia esistente nelle scuole italiane in cui una metà dei docenti utilizza quotidianamente il digitale nella didattica e un’altra metà che, invece, lo utilizza in maniera sporadica.

A fronte degli innumerevoli percorsi formativi attivati i docenti non sempre riescono a cogliere le innumerevoli opportunità offerte dal mondo digitale e la tanta decantata acquisizione di competenze digitali per i cittadini (framework DigComp) e per gli educatori e gli insegnanti (DigCompEdu) appare più un miraggio riservato a pochi che un diritto garantito a tutti.

Il digitale nella vita quotidiana della classe

Il risultato più tangibile è che le insufficienti competenze digitali del corpo docente si traducono in un inefficace utilizzo delle tecnologie digitali nello svolgimento quotidiano dell’attività di formazione degli studenti e “gran parte del lavoro scolastico con le tecnologie rimane di scarsa significatività sul piano cognitivo e culturale, circondato da un alone diffuso che spinge a proiettare sulle tecnologie valenze formative che raramente riescono a venire alla luce”.[3]

Si resta ancorati al tradizionale approccio al sapere di tipo analogico, frontale e sequenziale nella solitudine collettiva in cui ogni docente si trincera per evitare di mostrare il lato più vulnerabile della propria professionalità.

Lo stretto legame con la propria competenza disciplinare impedisce ai docenti di uscire da quella zona di comfort in cui si muovono con sicurezza e la didattica integrata resta appannaggio di pochi isolati docenti innovatori talvolta malvisti dagli stessi colleghi.

La competenza digitale aleggia ma resta ai margini di un sistema formativo in cui la didattica integrata è più dichiarata che agita.

(Cfr. M.Sale “Le competenze digitali (e non solo) di un insegnante ideale: ecco quali” Agenda digitale https://www.agendadigitale.eu/scuola-digitale/le-competenze-digitali-e-non-solo-di-un-insegnante-ideale-ecco-quali/ )

(Cfr. AGCOM Servizio economico statistico “ Educare digitale. Lo stato di sviluppo della scuola digitale un sistema complesso ed integrato di risorse digitali abilitanti)

L’emergenza e il digitale

In questo stato di oblio in cui la competenza digitale giace “quasi immobile” tra le pagine di tanti PTOF, un fulmine a ciel sereno scuote l’universo del mondo scolastico: l’emergenza Covid e il derivato distacco sociale.

Mai nessuno avrebbe potuto immaginare quale stretta relazione di necessità avrebbe legato lo stato di emergenza alla competenza digitale finché la didattica a distanza non è apparsa all’orizzonte!

Il drastico cambiamento nella vita professionale di tutti, ha costretto anche i docenti, da un giorno all’altro, ad affrontare due sfide inattese:

– lo smartworking, non come una scelta ma come un obbligo, e per un periodo che si prefigura di non breve durata;

– la didattica a distanza, che presuppone una modifica radicale del modo di fare scuola oltre che il possesso di adeguate competenze digitali.

Trascorso il primo periodo di confusione generale che ha visto il riprodursi di modalità di approccio all’apprendere in presenza nelle modalità a distanza, con sovraccarico cognitivo provocato da bulimica trasmissione di compiti ed esercizi da fare a casa e con l’utilizzo disorientante di chat, registro elettronico e piattaforme virtuali, tutta la comunità educante ha preso coscienza della necessità di pianificare ed ben organizzare le iniziative da mettere in campo.

Anche la DAD per garantire il diritto allo studio

Ed è proprio in questa fase che il problema reale del “non fatto” in ambito digitale emerge in tutta la sua drammaticità evidenziando una serie di ataviche criticità che vanno dalle insufficienti competenze dei docenti, alla connettività precaria, all’inadeguatezza degli strumenti a disposizione delle famiglie, alla scarsa dimestichezza nell’utilizzo di ambienti virtuali di apprendimento. Problemi inizialmente insormontabili che hanno generato disorientamento e sconforto, ma che sono stati affrontati uscendo fuori dall’isolamento e attivando forme di collaborazione e di sinergia tra gli attori coinvolti, nessuno escluso: Amministrazione centrale, dirigenti, docenti, famiglie e studenti.

Appare da subito evidente che la necessità di garantire il diritto allo studio e il bisogno di mantenere vivo il contatto e la relazione con gli studenti non siano realizzabili senza l’ausilio di strumenti e competenze digitali, indispensabili per l’accesso alla rete e la fruizione della DAD.

La resilienza dei docenti: nuove opportunità

Superato il disorientamento iniziale, e preso atto di quanto previsto dalle successive note ministeriali[4], abbiamo assistito alla corsa spasmodica di docenti e dirigenti nel recupero del tempo perduto e dei ritardi accumulati, con il concreto realizzarsi di progressi repentini, prima impensabili, nello sviluppo delle competenze digitali.

Attivazione di piattaforme, utilizzo di ambienti virtuali, rimodulazione di progettazioni, avvio di attività sincrone ed asincrone, blog, padlet, storytelling e flipped classroom, come per magia sostituiscono le attività didattiche in presenza investendo non solo gli studenti ma anche le famiglie: si assiste, attoniti, ad un’accelerazione improvvisa nello sviluppo sociale delle competenze digitali.

Facendo di necessità virtù, i docenti italiani, e a loro va un plauso meritato, stanno dimostrando come in un momento di crisi e di discontinuità, tutte le criticità si possono trasformare in opportunità di crescita anche professionale.

Una formazione in servizio sul campo e dal basso

Appropriarsi delle competenze digitali accrescendo il lavoro di gruppo e il peer learning e potenziando lo scambio professionale, ha permesso di ribaltare il loro punto di vista e colmare il divario digitale, grazie anche al supporto dei docenti con avanzate esperienze, nella consapevolezza che solo la tecnologia e il digitale possono fare da ponte per veicolare, con modalità a distanza, contenuti e competenze disciplinari e trasversali.

I primi numeri ufficiali del monitoraggio avviato dal MIUR con nota n. 318 dell’11 marzo è emerso che dei 7.340 istituti che hanno risposto (90% del totale) sono 6.023 ad aver praticato le lezioni online in emergenza coronavirus. Di queste, solo il 17% erano già attrezzate e pronte, a dimostrazione che il 90% degli alunni, risulta avere la possibilità di studiare in remoto e che la stragrande maggioranza di docenti si sta adoperando per allestire ambienti di apprendimento virtuali quali luoghi di incontro a distanza in cui imparare facendo.

La scuola e l’educazione alla cittadinanza digitale

E così, il merito dell’exploit della competenza digitale spetta all’emergenza Covid, che paradossalmente, sta offrendo al mondo della scuola un’occasione unica: un trampolino di lancio per lo sviluppo delle competenze digitali, così come declinate nelle ultime raccomandazioni a livello europeo e nel framework Europeo delle competenze digitali dei formatori (DigCompEdu), nella duplice prospettiva dell’innalzamento delle competenze di studenti e docenti.

Il momento di crisi ha impresso un’accelerazione al processo di digitalizzazione della scuola moltiplicandone gli effetti anche in termini di vantaggio sociale: una sfida all’innovazione in cui le tecnologie si mettono al servizio dell’attività scolastica, favorendo una frequentazione sicura e competente dell’ambiente digitale con ricadute estese nel territorio.

Vogliamo pensare che il ritorno alla normalità possa avvenire facendo tesoro dell’esperienza fatta in questo tempo di digitalizzazione forzata e di frenetica improvvisazione, con un approccio più consapevole alla formazione.

Il ripensamento significativo della relazione educativa nella nuova dimensione a distanza unito ad un uso consapevole e competente della digitalità potrà tradursi in agente attivo di cambiamento sociale che vedrà la scuola riprendersi il suo ruolo di agenzia educativa per la formazione dei cittadini digitali del terzo millennio.

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[1] https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/desi. L’Italia ha ottenuto, per il 2018, un punteggio pari a 44,3 (in crescita rispetto al 41,4 del 2017) e risulta distante dal primo posto della classifica di quasi 30 punti (Danimarca con un punteggio di 73,7).

[2] (Report sintetico di monitoraggio e analisi delle competenze digitali e dei nuovi fabbisogni formativi degli studenti che hanno partecipato alle azioni del PON 2007-2013 nelle Regioni “Obiettivo Convergenza” (Campania, Sicilia, Puglia, Calabria)” Indire (2016)

[3] Calvani A., Fini A., Ranieri M. (2009). “Valutare la competenza digitale. Modelli teorici e strumenti applicativi”. TD-Tecnologie Didattiche, 48

[4] Cfr. Nota MIUR 278 del 6 marzo 2020 particolari disposizioni applicative della direttiva del Ministro per la Pubblica Amministrazione del 25 febbraio 2020, n. 1 (Direttiva 1/2020), “Prime indicazioni in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019 nelle pubbliche amministrazioni al di fuori delle aree di cui all’articolo 1 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6”. Nota MIUR 388 del 17 marzo 2020 emergenza sanitaria da nuovo Coronavirus. Prime indicazioni operative per le attività didattiche a distanza.