Dopo il Covid-19: un’agenda per settembre

“Nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa a quale porto vuol approdare” (Seneca)

Ad oggi non conosciamo le decisioni che il governo prenderà in via definitiva in merito ai vincoli da dare alle scuole per il rientro. Più saranno precettive, più difficile sarà applicarle e non fare errori. Se invece saranno presentate diverse opzioni dando alle scuole, nella loro autonomia, il compito di trovare le soluzioni più adatte al contesto di ogni istituto, come suggeriscono anche le Linee guida del CTS (28 maggio 2020), sarà più facile per ciascuna realtà predisporre un piano gestibile e di qualità.

I vincoli di distanziamento richiederanno in qualsiasi caso una radicale modifica dei setting che influirà in modo significativo sul modo di fare scuola. Non sarà sufficiente un semplice accomodamento organizzativo, soprattutto se malauguratamente il governo decidesse di ridurre il monte ore annuale e di sfoltire gli impianti curricolari, invece di aumentare il numero dei docenti concedendo finalmente il vero organico dell’autonomia. Sarà quindi necessario che gli istituti, prima di decidere come organizzare gli spazi e i gruppi, definiscano un’idea precisa sulla “forma” pedagogica e didattica da fare assumere alla propria scuola e su come articolare conseguentemente una nuova offerta formativa.

Quale strategia per affrontare il cambiamento?

È necessario che il dirigente e gli organi collegiali si dotino di una strategia che esprima una vision chiara di come si intende procedere in questo ri-modellamento. La strategia va formalizzata e condivisa come rito ufficiale di avvio non solo di un nuovo anno, ma di una nuova e diversa modalità di fare scuola, perché di questo si tratta.

È un segnale forte da dare al territorio, per dire che la comunità scolastica è presente con i suoi organismi e si prende carico in prima persona del problema di progettare il nuovo anno, trovando un modo efficace ed efficiente di fare scuola “in diversa presenza”. Questa è l’efficace espressione coniata da R.Maragliano al posto di “didattica a distanza” (DAD) e che ben calza anche per questa nuova fase che pone problematiche simili a quelle dalla DAD rispetto alle relazioni.

Serve una strategia improntata al pragmatismo (si farà quel che si deve fare), ma che rivendichi e pratichi tutti i margini di flessibilità e procedurali che rimarranno all’autonomia scolastica. Un piano per mantenere la centralità della comunità scolastica e tenere viva l’autonomia e la professionalità delle scuole potrebbe articolarsi in cinque passaggi.

Primo: recuperare l’esperienza. La DAD come risorsa per la riprogettazione

Il recupero dell’esperienza vissuta non è rimandabile ad un futuro perché ora non c’è tempo, ma deve essere fatto al più presto per trasformare l’esperienza in una risorsa più che mai utile per la riprogettazione e l’avvio del prossimo anno. Non è il caso di suggerire strumenti e procedure per il recupero e l’elaborazione dell’esperienza quando ci sono già quelli in uso.

Aggiornare il RAV

Sul piano professionale va usata la procedura di autovalutazione di istituito predisponendo al più presto la Relazione di Auto Valutazione (RAV) dell’anno appena trascorsoin cui troverà posto una sezione dedicata alla DAD. Si possono recuperare i dati già raccolti o predisporre strumenti online di raccolta rapida delle informazioni mancanti, come prevede la normativa stessa, delineando così un quadro completo di ciò che è avvenuto e di tutte le problematiche emerse. Considerare questi mesi una parentesi anomala non degna di essere ricondotta in una RAV sarebbe un grave errore.

Valorizzare la DAD

Sul piano emotivo della raccolta degli stati d’animo, delle riflessioni ed emozioni, delle scoperte sulla relazione educativa e la comunicazione a distanza, si potrebbe utilizzare l’autobiografia coinvolgendo in modo volontario studenti e genitori oltre agli stessi docenti, con la richiesta di raccontare con una scrittura per vincoli la propria esperienza. I testi potrebbero alimentare un Blog con un titolo del tipo “Ti racconto la mia DAD”, diventare una raccolta in digitale da pubblicare sul sito della scuola oppure l’esperienza potrebbe essere raccolta sotto forma di interviste e montata in un video. Potrebbe costituire un materiale consultabile da tutti e da utilizzare nelle classi nella fase di avvio dell’anno scolastico con gli studenti per condividere emozioni e stati d’animo e metabolizzare insieme quanto accaduto. La raccolta delle testimonianze potrebbe essere un compito di realtà redazionale assegnato agli studenti di una o più classi o di un gruppo. Per gli studenti più piccoli il lavoro potrebbe essere svolto in modalità meno strutturate e con diversi linguaggi espressivi.

Le nuove competenze dei docenti

Sul piano della formazione si potrebbe richiedere la compilazione da parte di tutti i docenti di un “Bilancio delle competenze acquisite” nella DAD che può costituire uno strumento di autovalutazione e di riflessione individuale, ma anche uno strumento per permettere alla scuola di fare un “inventario” delle nuove competenze ora presenti nella comunità scolastica come nuova risorsa collettiva per la progettazione del prossimo anno scolastico (anche per gli assistenti amministrativi e forse anche per i collaboratori scolastici nel caso abbiano lavorato in smart-working).

Secondo: un Piano di Emergenza per la DAD

Passata la festa gabbatu lu santu

La DAD non va archiviata con i dovuti onori, ma deve essere da ora in avanti una modalità attivabile sempre e rapidamente in ciascuna scuola. È bene quindi predisporre un Piano di Emergenza per la DAD questa volta come misura di Prevenzione e Protezione della didattica ponendo rimedio congiuntamente con le famiglie a tutte le carenze tecniche e non che si sono rilevate nella fase di emergenza. Il poter finalmente dichiarare di essere in grado di erogare il servizio scolastico a distanza per tutti nel proprio istituto in modo che tutti possano accedervi, darebbe immediatamente agli utenti un messaggio forte della volontà della comunità scolastica di farsi carico dei disagi. La scuola si impegna a garantire un servizio migliore nel caso ce ne fosse bisogno o nel caso che la DAD dovesse essere in alcune situazioni integrata con la didattica “in diversa presenza” (in modalità tutta da progettare). In questi casi la scuola non può farsi trovare impreparata.

Terzo: realizzare un nuovo Piano dell’Offerta Formativa per la scuola “in diversa presenza”

I nuovi contesti di apprendimento

Elaborare un nuovoPiano dell’Offerta educativa per il 2020/21 e pubblicarlo, piuttosto che predisporre un documento tecnico su come suddividere gli alunni ad integrazione del PTOF in vigore, è una scelta strategica di forte impatto in quanto manifesta la volontà di non porre la progettazione didattica in secondo piano rispetto alla sicurezza sanitaria. Cambiando il modo di raggruppare gli studenti, il setting dove si svolge l’attività, la durata della lezione, noi in realtà cambiamo forzatamente i contesti di apprendimento a suo tempo progettati. Di conseguenza sarà necessario ridare una nuova finalizzazione formativa al nostro progetto.

La scuola non è un ristorante, dove gli studenti entrano per consumare qualcosa per cui basta distanziarli, ma di “produzione”. Si producono conoscenze e competenze, esperienza dopo esperienza, e questo dipende dal contesto e dal tipo di interazione tra gli studenti. Sia nel caso in cui alla scuola sarà possibile avere delle opzioni tra cui scegliere, sia se sfortunatamente vi saranno vincoli prescrittivi uguali per tutti, in entrambi i casi è bene che la forma organizzativa di ciascun istituto trovi una solida motivazione e una coerenza sul piano didattico e formativo con gli obiettivi espressi nel PTOF, attraverso una completa riprogettazione dell’offerta.

Il lavoro di gruppo, in presenza o a distanza

Particolare attenzione dovrà destinarsi all’interazione tra gli studenti, che non è stata ben considerata nel dibattito attuale. Il distanziamento così come previsto porta automaticamente una limitazione, se non all’impossibilità di un’interazione così come si realizzava prima. Vanno pertanto pensate forme di interazione e di cooperative learning in diversa presenza che permettano comunque il lavoro di gruppo. Essere in piccolo gruppo non vuol dire poter fare lavoro di gruppo. Paradossalmente un’attività su una piattaforma di comunicazione a ben vedere permette un’interazione diretta visiva e operativa su un compito tra studenti e con il docente, al contrario di un’attività in presenza con 10 alunni con la mascherina messi in fila o a scacchiera distanti un metro con l’impossibilità di muoversi.

A fronte dei rigidi vincoli nei movimenti e delle difficoltà di interazione e di gestione dei comportamenti degli studenti in aula, non mi meraviglierei che gli studenti e gli stessi docenti ad un certo punto dovessero rimpiangere la DAD! Ecco perché è importante capire non solo e non tanto come suddividere gli studenti in gruppi, su cui abbondano gli esempi, ma soprattutto come gestire l’interazione in presenza e quale contributo in tal senso possono dare, contrariamente ai pregiudizi, gli strumenti della DAD.

La didattica blended

Solo un esempio. La possibilità di avere metà classe a scuola e metà a casa, se progettata in modo intelligente, può permettere agli studenti, tutti con un device davanti, di poter lavorare durante la stessa ora in piccoli gruppi ( es. due a scuola e due a casa) scrivendo sullo stesso foglio digitale e poi in plenaria interagire tutti tra loro come classe e con il docente. Viceversa una lezione in piccolo gruppo senza interazione può diventare una semplice lezione frontale trasmissiva. Un altro aspetto su cui riflettere è l’identità della classe come gruppo. È importante trovare il modo di alimentare il sentimento di appartenenza al gruppo per le classi intermedie anche se saranno suddivise in sottogruppi, spero non fissi. Un problema invece sarà come promuovere e gestire l’appartenenza alla classe per i piccoli gruppi che si formeranno.

Riprogettare la DAD e il recupero

Riprogettare il Piano dell’Offerta non è quindi un adempimento formale, né facile, ma una necessità professionale che richiede di mettere in gioco tutte le competenze e la creatività progettuale dei docenti utilizzando anche l’esperienza della DAD. Questa va innestata in forme flessibili e articolate nella nuova offerta formativa che comunque deve porsi in continuità con quanto fatto nei mesi scorsi. Infatti si tratta di un fare lezione sempre, in diversa presenza a scuola come da remoto.

La DAD può offrire anche un valido aiuto per le attività di recupero delle competenze dell’anno precedente che andranno spalmate durante il quadrimestre o l’intero anno come prevede la norma e non concentrate, come erroneamente si pensa pensando ai corsi di recupero tradizionali, nel mese di settembre creando ulteriori problemi organizzativi all’avvio dell’anno.

Quarto: dare centralità alla comunità scolastica nella gestione della nuova fase

Una gestione democratica della scuola

Determinante sarà riattivare le procedure di gestione democratica della comunità scolastica. La tenuta e il clima delle scuole nell’affrontare il difficile percorso del prossimo anno scolastico non dipenderà tanto dal numero delle circolari e dalla puntuale organizzazione logistica, bensì dal livello di coesione della comunità scolastica e dalla disponibilità delle sue componenti a collaborare responsabilmente allo svolgimento delle attività, contribuendo ad affrontare insieme i problemi pratici che via via si presenteranno nella quotidianità e che richiederanno decisioni collegiali rapide. E la coesione può rafforzarsi solo mediante un reale coinvolgimento di tutti.

Il funzionamento degli organi collegiali

Per questo motivo è una priorità riattivare al più presto nelle loro funzioni, non tanto il Collegio e i gruppi di lavoro dei docenti che sono già attivi, ma gli organismi in cui sono presenti genitori e studenti in modo che possano evidenziare bisogni, criticità e proposte e possano essere messi formalmente a conoscenza dei vincoli normativi, della strategia che si vuole adottare con le relative priorità, delle possibili alternative organizzative, coinvolgendoli nella riscrittura del nuovo POF e nella gestione.

Riattivare la partecipazione nella comunità non vuol dire semplicemente convocare gli organismi. È importante che i rappresentanti riescano a svolgere il loro ruolo nonostante il distanziamento con modalità compensative raccogliendo e filtrando perplessità, dubbi, suggerimenti in modo che la mancanza del tradizionale passaparola in presenza generi ansia o favorisca le fake-news su quanto accade dentro la scuola, alimentando tensioni. Le famiglie rappresentano anche in tempi normali un universo sommerso i cui problemi vengono rappresentati al dirigente o al coordinatore di classe spesso solo quando assumono la dimensione di conflitto. Non può accadere in questa situazione dominata dall’incertezza e in cui è in gioco la sicurezza.

Il coinvolgimento dei genitori

È necessario quindi attivarsi affinché:

– vengano individuati fin dal primo giorno di scuola per ciascuna classe, anche se poi sarà suddivisa in sottogruppi, almeno un referente provvisorio dei genitori ed uno per gli studenti nella secondaria di secondo grado, in attesa delle elezioni ufficiali dei rappresentanti la cui data dovrà essere comunicata dal Ministero. Sarà poi opportuno che questi rappresentati si costituiscano rispettivamente in Comitato dei genitori e in Comitato degli studenti con delle figure di coordinamento in modo che il dirigente abbia degli interlocutori ufficiali con cui confrontarsi. Potrà essere interessante anche dal punto di vista formativo sperimentare delle forme di rappresentanza degli studenti del primo ciclo come il Consiglio dei delegati di classe, come fanno da tempo la scuola Rinascita di Milano e Scuola Città di Firenze;

– le riunioni possano effettivamente avvenire fin da subito con tutti i componenti in presenza con le misure di distanziamento e di protezione oppure online anche in forma mista;

– i rappresentanti o i referenti negli organismi siano messi in grado di raccogliere osservazioni, domande critiche da chi rappresentano attraverso chat ufficiali e email dedicate da loro stessi gestite;

– vengano accolte coordinate e valorizzate tutte quelle iniziative di volontariato che spesso i genitori mettono a disposizione della scuola come l’aiuto nella sorveglianza all’ingresso e all’uscita o durante la refezione per il primo ciclo, ecc.. Attività specifiche in questa fase possono essere la consulenza informatica alle famiglie oppure iniziative di informazione e testimonianza proprio sulle tematiche di prevenzione, come il CTS stesso suggerisce di far fare anche agli studenti.

Gruppi di lavoro per l’inclusione

Per quanto riguarda gli studenti disabili e con difficoltà, il GLI (Gruppo di Lavoro per l’Inclusione) con la presenza dei genitori, dei servizi e dei docenti è l’organismo di raccordo che meglio può occuparsi di questi studenti che rappresentano, come nella prima fase, l’anello debole della didattica in diversa presenza. Può raccogliere le richieste delle famiglie, individuare le problematiche e proporre delle soluzioni relativamente all’applicazione delle disposizioni di sicurezza e a come facilitare i ragazzi nel lavoro a casa e negli spostamenti dentro l’istituto. Può inoltre progettare modalità individualizzate di utilizzo degli educatori. Il delegare ad un organismo come il GLI la progettazione di questa delicata materia, oltre ad essere funzionale ad una gestione partecipata da parte del dirigente, rappresenta un segnale molto significativo di attenzione nei confronti dei genitori e degli specialisti.

Le relazioni sindacali

Anche il piano dei rapporti sindacali nella comunità va presidiato. Probabilmente vi sarà una contrattazione nazionale sulla nuova organizzazione del lavoro, che dovrà ovviamente essere recepita a livello di Istituto secondo le modalità abituali. Qui vorrei soffermarmi però su come affrontare quanto non sarà previsto o su cosa fare in attesa della stipula di un accordo nazionale. La collaborazione di un organismo come la RSU è importante per creare un clima di collaborazione con il personale, pertanto ricordo che si può utilizzare sempre lo strumento dell’“esame congiunto” con il quale è possibile un confronto con la RSU in cui si possono mettere a fuoco i problemi, ascoltare le considerazioni reciproche ed anche redigere un documento di sintesi senza dover negoziare un accordo formale.

Cinque: il patto di corresponsabilità come suggello di un’assunzione di responsabilità collettiva

Dal Regolamento di Istituto all’assunzione di responsabilità

Durante la prima fase della pandemia abbiamo potuto constatare che l’assunzione di responsabilità individuale da parte dei cittadini ha fatto la differenza rispetto al solo controllo delle forze dell’ordine. Nella scuola tutte le disposizioni di prevenzione dovranno naturalmente confluire nel Regolamento di istituto che dovrà essere aggiornato velocemente entro l’inizio dell’anno scolastico con le procedure di controllo e le sanzioni, ma questa operazione da sola non è in grado di permettere una assunzione di responsabilità soprattutto da parte degli studenti se non vi è una reale e condivisa motivazione, come tutti ben sappiamo quando parliamo di regole.

Un patto di corresponsabilità

Una situazione del tipo “guardie e ladri” con il personale nel ruolo di sceriffo non è auspicabile di fronte a questo tipo di rischio: non impedirebbe le trasgressioni e l’ansia del personale responsabile della sorveglianza creerebbe subito un clima di tensione. Il Patto pertanto può essere lo strumento migliore in grado di porre le basi di una condivisione consapevole della necessità di assumere certi comportamenti non tanto come rispetto formale delle regole, non tanto per se stessi, ma come attenzione e cura verso gli altri membri della comunità in cui si studia e che è stata tanto desiderata nei mesi di lontananza.

Il testo dovrà essere sfoltito da tutte quelle dichiarazioni di principio vagamente retoriche sul “dover essere” e puntare in modo più diretto sul valore dell’impegno personale nell’affrontare insieme il problema che non è individuale, ma di tutta la comunità scolastica a cui si appartiene. La sottoscrizione del Patto, come richiesto dalla stessa normativa, prevede un lavoro con gli studenti che in questo caso può essere finalizzato ad approfondire le conoscenze sulla pandemia in atto e a comprendere lo scopo specifico di ciascuno dei comportamenti richiesti che dovranno essere rispettati a scuola per la tutela della salute dei propri compagni e di tutta la collettività compresi i genitori.

Prendersi cura

Il tasto su cui insistere non sarà quello né della paura della morte (i ragazzi non la temono) né sulla paura della punizione (sanno che gli adulti non possono controllare tutto) ma quello del valore del prendersi cura degli altri e del rispetto reciproco su cui sono molto sensibili. È un lavoro di educazione civica sulle competenze sociali che potrebbe essere ampliato con specifici compiti di realtà come progetti “per la prevenzione e la protezione (es. realizzazione di cartellonistica, valorizzazione degli spazi, condivisione di idee, etc.) anche proponendo campagne informative interne all’istituto con la partecipazione proattiva di studenti e famiglie” come suggerisce lo stesso CTS per rendere gli studenti protagonisti e corresponsabili e non semplici esecutori passivi .