Ripartenza dello “zerosei”: dall’A alla Z

A come Asili Nido

Il sistema integrato zerosei (D.lgs. 65/2017) comprende asili nido e scuole dell’infanzia, frequentati da bambini di età diversa, con esigenze e bisogni diversi. Certamente nell’asilo nido la “corporeità” dei bambini è il canale fondamentale attraverso cui “passano” l’apprendimento e il progressivo consolidamento dell’autonomia personale. Non è un caso che i documenti europei sulla qualità dei servizi 0-6 siano intitolati alla “cura ed educazione” (Raccomandazione Consiglio UE del 22 maggio 2019), per significare l’intima relazione tra questi due momenti, che si richiamano l’un l’altro. L’attenzione ai bisogni di cura (routine, autonomie, funzioni cognitive di base) fa tutt’uno con le scelte di natura didattica: il curricolo esplicito si intreccia con quello implicito. L’organizzazione degli spazi è molto curata, così come la successione ritmata dei tempi, per agevolare le routine (pasto, riposo, igiene personale). Anche i rapporti numerici adulto-bambini, definiti nelle apposite leggi regionali, sono fortemente ridotti: parliamo di 1:4 per i bambini al di sotto di 1 anno di età, di 1:7 mediamente per i bambini sotto i 2 anni, di 1:10 per i bambini al di sopra dei due anni. Anche la presenza di figure professionali adeguate (educatrici, ma anche bambinaie e altri ruoli ausiliari) garantisce un ambiente educativo “protettivo” e sicuro, riconfermato anche nelle linee guida emanate a livello nazionale e regionale (DM 80 del 3-8-2020). Una preoccupazione deriva dal fatto che oltre il 50% dei nidi italiani sono privati e che tanti hanno sofferto della chiusura in tempo di lockdown. Il Parlamento ha stanziato appositi fondi di ristoro al sistema educativo privato (Decreto “Rilancio”: D.L. 19-5-2020, n. 34 convertito in legge 17-7-2020, n. 77).

B come Bolla

Le indicazioni organizzative per lo zerosei (CTS, 28 maggio 2020) non prevedono l’obbligo del distanziamento (regola invece adottata in tutti i restanti gradi di scuola), invitano comunque a valorizzare la dimensione del “gruppo stabile” di bambini, in modo da ridurre al minimo necessario le occasioni di scambio e aggregazione tra i piccoli. Si parla di “bolla” quando si immagina che il gruppo sia autosufficiente, cioè sia formato sempre dagli stessi bambini, abbia gli stessi insegnanti/educatori e ausiliari di riferimento, usufruisca di spazi appositamente riservati sia all’interno che all’esterno della scuola. Ma qual è la dimensione di una “bolla” (una sorta di unità epidemiologica indipendente)? Ed è sempre possibile formarla? Abbiamo visto esperienze all’esterno in cui – in tempo di lockdown – si parlava di piccoli gruppi di 5 bambini, abbiamo letto anche del protocollo dei nostri centri estivi per l’infanzia (con parametri analoghi). Non ci sono indicazioni numeriche, ma si è fatta strada l’idea che la “bolla” possa coincidere con l’intera sezione (la media dei bambini per sezioni è di 21,3 per le materne statali) per ragioni organizzative e di spazio che rendono difficile pensare a bolle di 10-12 bambini, come pure sarebbe auspicabile nelle situazioni ad alto rischio. Ma esistono anche sezioni con 29 bambini. Inoltre, si pone il problema del personale necessario per fare funzionare una bolla (tenendo conto degli orari scolastici, delle compresenze possibili, dei rapporti numerici). I vari protocolli (citiamo il documento DM 80/2020) raccomandano ai diversi gestori (stato, comune, privato) di valutare eventuali rafforzamenti del personale. Questo è uno degli aspetti più problematici dell’intera vicenda.

C come Conciliazione

Con il termine “conciliazione” si intende la funzione sociale che nidi e scuole dell’infanzia svolgono nel garantire ai genitori un servizio educativo di supporto che consenta, appunto, di “conciliare” le esigenze di vita, di relazione, di lavoro e di gestione della genitorialità. Sappiamo come la presenza di una rete di servizi educativi sia una delle condizioni per promuovere lo sviluppo di un territorio, la partecipazione delle donne al mondo del lavoro, una più equa e paritaria distribuzione dei compiti dei genitori. È ovvio che questa esigenza non può spingersi fino a negare il carattere pienamente educativo che le strutture 0-6 sono chiamate a realizzare. E anche il mondo del lavoro dovrebbe considerare maggiormente le esigenze dei genitori. Ad esempio, non è detto che lo “smart-working” abbia effettivamente consentito di migliorare le condizioni di vita di padri e madri. Questo tema ha un impatto diretto nella organizzazione del tempo scuola di nidi e scuole: a volte ci sono richieste di tempi di funzionamento assai estesi, ma in altri casi si registra una riduzione del servizio al solo turno antimeridiano. Le indicazioni (DM 80/2020) prevedono la salvaguardia degli attuali tempi di erogazione del servizio (e questo rende necessario anche una dotazione coerente di personale).

D come Distanziamento

In base alle indicazioni più volte fornite nei documenti del CTS Sanità (28 maggio 2020) e riconfermate dal Ministero nei documenti ufficiali (Piano Scuola 2020-21 e Documento di indirizzo e orientamento, allegato al DM 80 del 3 agosto 2020) non è previsto il rispetto del “distanziamento fisico” tra i bambini che frequentano i servizi educativi e le scuole dell’infanzia (0-6). Si fa giustamente notare che in questa fascia di età le relazioni, gli apprendimenti, il gioco, le routine si sviluppano attraverso modalità dirette, immersive, di contatto corporeo. Né è possibile adottare regole rigide (come imporre il distanziamento) perché questo snaturerebbe le modalità tipiche della relazione educativa, la naturalezza e la gioiosità dei comportamenti. Il CTS, tuttavia, raccomanda di evitare situazioni di sovraffollamento nelle sezioni e di adottare cautele superiori a quelle vigenti negli altri gradi scolastici. In alcuni protocolli si fa riferimento, ad esempio, al mq 1,80 che dovrebbe essere a disposizione di ogni bambino, in base alle norme sull’edilizia scolastica (DM 1975). Una particolare cura va messa nelle modalità di accesso e di uscita dalla struttura.

E come Educativi (Patti)

La situazione di fragilità sociale accentuata dalla pandemia richiede una grande capacità di collaborazione e di condivisione di scelte. Per questo vanno rinnovati i patti di corresponsabilità educativa con i genitori (per la condivisione delle regole di prevenzione a casa e a scuola). Ma i patti educativi riguardano anche il rapporto della scuola con i diversi soggetti della comunità. Quando si costruisce un Patto educativo si chiamano in causa non solo gli enti territoriali, per i bisogni immediati di spazi, arredi, servizi, figure educative, ma si chiede a tutti i soggetti (terzo settore, agenzie culturali, associazionismo e volontariato, beni culturali) di arricchire l’offerta formativa e di offrire occasioni di apprendimento sia all’interno delle aule sia nel territorio.

La scuola ha bisogno di aule didattiche decentrate (come direbbe Franco Frabboni) e non tanto di spazi aggiuntivi per l’emergenza distanziamento. Può essere promettente l’idea di integrare la proposta della scuola con una rete di opportunità educative rinvenibili nelle strutture culturali del territorio (musei, teatri, cineteche, biblioteche, ludoteche, scuole di musica, ecc.), secondo una tradizione già diffusa nelle scuole dei piccoli. Appositi finanziamenti agli Enti locali sono stati previsti dal Ministero nel D.L. 104/2020 per agevolare la diffusione dei “Patti educativi”.

La collaborazione di enti esterni, inoltre, può garantire servizi di pre e post scuola. In molte realtà, soprattutto comunali, è invalsa ormai la consuetudine di “esternalizzare” parti delle attività di una scuola a soggetti esterni (in genere cooperative di servizi). Si tratta di un fenomeno che va valutato con attenzione, per salvaguardare la funzione di responsabilità e regia educativa della scuola.

F come Fragilità

La eventuale condizione di fragilità che all’inizio della vicenda COVID-19 era riferito – in senso generale – soprattutto agli allievi con situazioni personali e sociali tali da mettere a rischio la frequenza scolastica oppure a coloro che più risentivano della chiusura delle scuole (ad esempio, allievi disabili o con bisogni educativi speciali) oggi, nel dibattito pubblico, investe in primo luogo il personale scolastico (Protocollo di sicurezza di cui al DM n. 87 del 6 agosto 2020). La condizione di fragilità, tuttavia, non va riferita solo ad una generica criticità nel poter prestare il proprio servizio (come ad esempio, un’età avanzata che aumenta la possibilità di contrarre il contagio o meglio di averne conseguenze più pesanti), ma va collegata alla presenza di patologie (immunodepressione, infezioni pregresse da Covid, comorbilità, altre patologie) considerate non compatibili con una piena idoneità al lavoro nell’attuale contesto (D.L. 34/2020, art. 83). La richiesta di essere riconosciuto come “lavoratore fragile” va inoltrato al proprio datore di lavoro (es. dirigente scolastico), che richiederà una “sorveglianza sanitaria eccezionale” (D.lgs. 81/2008, art. 41) attraverso il medico competente, o i servizi territoriali dell’INAIL. I lavoratori considerati temporaneamente non idonei alla mansione di insegnamento (attività in presenza) potranno essere utilizzati in altri compiti compatibili con il loro “status” sanitario. Si è in attesa di indicazioni più precise.

G come Genitori

Una ripartenza in sicurezza delle strutture educative 0-6 richiede una piena e convinta collaborazione con i genitori, da formalizzare anche in appositi patti educativi di corresponsabilità. Ma non basterà una firma in calce ad una liberatoria (cfr. Comune di Roma, Proposte e criteri per i servizi educativi e scolastici 0-6, 14 agosto 2020). È emblematico che al momento (ma sono in corso discussioni ed in alcune realtà si procede diversamente) siano affidati ai genitori il controllo della temperatura corporea (che deve essere inferiore ai 37.5°) ed una prima vigilanza sulla stato di salute dei bambini (es.: assenza di sintomatologie respiratorie, ma anche stato di salute di famigliari e conviventi), all’atto dell’ingresso a scuola. Analogamente il protocollo in caso di insorgenza del contagio (Documento ISS del 21 agosto 2020) prevede che i genitori siano chiamati dalla scuola, per prelevare l’alunno e intraprendere il successivo percorso di accertamento con la ASL. Si raccomanda di evitare affollamenti nel momento dell’ingresso, anche opportuni scaglionamenti nella fascia oraria già ora ampia e differenziando gli accessi. Particolari accortezze riguardano il momento del primo inserimento dei bambini (in cui è prevista la permanenza di un solo genitore) e altre situazioni di collaborazione con la scuola, ad esempio la riammissione con certificato dopo 3 giorni di assenza (Documento DM 80/2020).

H come Handicap

L’attuale condizione di incertezza nella ripartenza di servizi educativi e scuole dell’infanzia pone problemi particolari per i bambini più fragili, quelli che presentano forme di disabilità o di handicap o che vivono in un ambiente sociale o culturale a rischio, per i quali potrebbe risultare più problematica la comprensione della nuova situazione. L’interruzione di sei mesi nel funzionamento di nidi e scuole dell’infanzia sta certamente determinando una “perdita” educativa, di cui è ancora difficile quantificare le proporzioni. Mancanza di relazioni sociali con i coetanei, confinamento in ambienti ristretti, assenza di stimoli linguistici e cognitivi, procedure di didattica a distanza quasi impossibili con i piccoli (nonostante generosi tentativi: LEAD), sovraccarico emotivo nei genitori. Sono disagi che hanno riguardato tutti i bambini, ma che si accentuano nel caso dei bambini con disabilità, che traggono benefici da situazioni educative inclusive e dall’intervento di docenti specializzati. Per tali figure è previsto un potenziamento dei dispositivi di protezione. La normativa ha previsto che in caso di lockdown sia possibile garantire forme di educazione “domiciliare”, di supporto presso l’abitazione, ma la strada maestra rimane una piena ripresa della scuola in presenza e delle sue opportunità di socialità, apprendimento, interventi specializzati, attraverso quello che viene definito un “accomodamento ragionevole”.

I come Incertezza

La percezione di incertezza ci accompagna ormai da parecchi mesi. Difficile definire la situazione che si potrà verificare da metà settembre in avanti. Sono possibili recrudescenze della pandemia, con condizioni che potrebbero essere diverse da regione a regione, o limitate a determinati luoghi (lockdown localizzati). La ricerca di una situazione intermedia, valida per tutte le realtà sembra assai riduttiva. Infatti, sarebbe assai più produttivo mettere a fuoco diversi scenari epidemiologici e regolarsi di conseguenza. In alcune simulazioni sono stati ipotizzati tre scenari (l’esemplificazione si riferisce alla scuola dell’infanzia statale):

Lo scenario verde richiede il rafforzamento delle cautele igieniche ed il superamento delle situazioni di eccessivo affollamento (intendiamo quelle che superano i 25 bambini per sezione). Sul piano gestionale, questo implica una dotazione supplementare di docenti per ridurre le sezioni numerose o comunque rafforzare il team docente a disposizione della scuola.

Lo scenario giallo implica una ripresa accentuata del rischio contagio, con la esigenza di introdurre forme più rigorose di prevenzione. Se si considera la bolla-sezione (per esigenze organizzative), sarebbe opportuno non superare la composizione media del gruppo sezione (la media attuale è di 21,3 alunni), assicurare sempre la compresenza dei due docenti per ogni sezione funzionante a tempo pieno (il 90% delle scuole statali italiane). Sarebbe anche auspicabile l’incremento volontario di una ora giornaliera per ogni docente disponibile (portando il turno da 5h a 6h), in modo da ampliare i momenti di compresenza.

Lo scenario rosso implica il lock-down, anche parziale, che richiederà l’adozione di alcune misure non sempre svolte nei mesi scorsi: una più esplicita definizione dei LEAD, l’attivazione di figure di educatori/animatori/mediatori domiciliari, la apertura “rafforzata” (con bolle ulteriormente ridotte) di servizi e scuole per categorie di genitori impegnate nell’emergenza: forze dell’ordine, sanità, logistica, ecc..

L come LEAD (Legami educativi a distanza)

Anche i bambini dei nidi e delle scuole dell’infanzia hanno subito i contraccolpi del lungo periodo di lockdown che ha privato l’infanzia della possibilità di frequentare una struttura educativa, come occasione importante di crescita, di relazione, di apprendimento. Durante la chiusura del servizio (da marzo a tutto giugno 2020) in molte realtà sono state sperimentate forme di rapporti tra insegnanti, bambini e genitori, per poter garantire una qualche continuità alla relazione educativa attraverso l’uso degli strumenti digitali. Non si è trattato di una vera e propria DAD (didattica digitale a distanza), che per altro negli altri livelli scolastici non ha sempre soddisfatto le esigenze dei ragazzi e le aspettative delle famiglie, ma di una modalità in emergenza per garantire momenti di incontro (virtuale), di scambio gioioso, di lettura di fiabe, di ricordi mantenuti, di immaginare insieme nuovi e piccoli compiti di gioco, esplorazione, apprendimento. Ricordiamoci però delle difficili condizioni di vita dei bambini in ambienti chiusi e ristretti e il clima emotivo vissuto. Queste esperienze positive sono state documentate e rilanciate nel documento curato dalla Commissione nazionale infanzia zerosei (D.lgs. 65/2017) dal titolo “Orientamenti pedagogici per i LEAD”, 6 maggio 2020.

M come Mascherine

Le indicazioni più volte emanate prevedono il divieto dell’uso delle mascherine da parte dei bambini al di sotto dei sei anni di età. Questa previsione comporta invece il rafforzamento dei dispositivi di protezione da parte degli operatori che entrano a contatto con i bambini. È obbligatorio l’uso delle mascherine chirurgiche e vengono consigliate ulteriori protezioni, in particolare negli asili nido, come visiere e guanti, in presenza di particolari situazioni operative (cambio, igiene personale, pasti). Suggeriti anche il camice, l’adozione di soprascarpe o calzature dedicate. Anche tutti i soggetti che entrano a scuola (genitori, fornitori, altri operatori) sono tenuti ad indossare le mascherine di protezione. Sono allo studio mascherine trasparenti per i docenti, in modo da consentire una più naturale relazione comunicativa e sociale con i bambini. Anche l’utilizzo di visierine trasparenti si inserisce in questa prospettiva.

N come Non Docenti

L’età dei bambini che frequentano le strutture educative per l’infanzia (nidi e scuole dell’infanzia) implica una forte attenzione ai bisogni “fisici” dei piccoli: l’uso dei servizi igienici, il momento del pasto, il riposo, la pulizia delle mani, ecc. Anche gli ambienti hanno necessità di una continua manutenzione (pulizia degli ambienti, aerazione frequente, igienizzazione, lavaggio di suppellettili e giocattoli). Va definito un vero e proprio cronoprogramma delle pulizie. Indicazioni operative (modalità da seguire, prodotti da usare, tempistica) sono ben indicati nel Documento di indirizzo del 3 agosto 2020 (DM 80). Queste esigenze richiedono una presenza rafforzata di personale ausiliario, che in generale nei servizi educativi e nelle scuole per l’infanzia non si limitano a svolgere le classiche mansioni dei bidelli. Anche le denominazioni di queste figure professionali (assistenti, bambinaie, collaboratori, dade) cercano di prospettare un ruolo più prezioso e di vicinanza alla vita di sezione di questo personale. Il concetto di assistenza, con i bambini più piccoli, sfocia immediatamente in quello di “cura”, di sostegno all’autonomia e alla comunicazione, di mediazione nelle relazioni. L’incremento dell’organico del personale ausiliario e comunque delle ore di ausiliariato rappresenta una delle condizioni per una ripartenza in sicurezza dello zerosei. I decreti legge che assegnano risorse aggiuntive e straordinarie di personale fanno riferimento anche al personale non docente. In tal senso stanno operando anche gli Enti locali, per i servizi educativi e scolastici di loro competenza.

O come Organici

Tra le misure previste per garantire condizioni di sicurezza per la riapertura di servizi educativi e di scuole dell’infanzia è di notevole importanza la possibilità di ridurre la densità dei bambini presenti in una singola sezione. Mentre nelle leggi regionali sui nidi sono previsti parametri rigorosi nel rapporto adulto-bambini (in relazione all’età) per la scuola dell’infanzia tali criteri sono stabiliti dall’ordinamento e oscillano da un minimo di 18 bambini ad un massimo di 26 (DPR 81/2009), senza però sdoppiare le sezioni fino a 29 iscritti. Evidentemente si tratta di una situazione che crea enorme disagio, in presenza di numeri alti (diciamo quelli al di sopra della media di 21,3 per sezione). Deroghe sono ora previste dal D.L. 34/2020 convertito in Legge 77/2020. Il potenziamento dell’organico docente, ipotizzato dal documento di indirizzo del 3 agosto 2020, consentirebbe di far fronte ad una pluralità di problemi:

– Sdoppiare eventuali sezioni numerose, spesso accolte in spazi non adeguati.

– Riorganizzare funzionalmente le sezioni di una scuola per ridurre le dimensioni dei gruppi (bolle).

– Potenziare la compresenza dei docenti a partire dalle sezioni numerose, tenendo conto degli orari di funzionamento (in modo da articolare il gruppo sezione in piccoli gruppi).

– Avere a disposizione personale immediato per sostituzioni in casi di assenze improvvise seppur brevi

Le operazioni di assegnazione del personale aggiuntivo (pur previsto nei decreti legge estivi) sono ancora in corso e spettano agli Uffici Scolastici Regionali (per le scuole statali). Il Ministero ha segnalato nella sua Ordinanza n. 83 del 5 agosto 2020 la priorità delle scuole dell’infanzia per l’assegnazione del personale docente e ATA aggiuntivo, con i finanziamenti straordinari dei Decreti Legge 34 e 104.

P come Protocolli

I protocolli sono documenti, con diverso valore giuridico, che indicano i comportamenti che una organizzazione o un lavoratore sono tenuti ad assumere per far fronte in termini corretti alle situazioni di rischio determinate da un evento, nel nostro caso la diffusione del contagio COVID-19. Possono essere di livello diverso (nazionali, regionali, comunali, o riferiti a singole unità scolastiche), avere come oggetto i criteri per la riorganizzazione dei servizi oppure le misure di sicurezza e di prevenzione per i lavoratori. Alla prima specie possiamo attribuite:

1. Il Piano Scuola 2020-21 emanato dal Ministero dell’istruzione con DM 39 del 26 giugno 2020 che indica complessivamente tutte le operazioni previste per il riavvio dell’anno scolastico. Una parte specifica, di carattere nettamente pedagogico, si riferisce al sistema 0-6 anni. Il Piano Scuola incorpora anche i documenti del CTS-Comitato Tecnico Scientifico della Sanità, in particolare il verbale n. 82 del 28 maggio 2020 che affronta i temi del distanziamento, del sovraffollamento, dei dispositivi di protezione e molto altro.

2. Il Documento di indirizzo e di orientamento per i servizi educativi e scolastici 0-6, sottoscritto anche da Regioni ed Enti locali, ed emanato con DM del Ministero dell’Istruzione n. 80 del 3 agosto 2020. Vengono suggerite misure organizzative specifiche, per l’uso dei locali, la formazione dei gruppi “stabili”, le modalità di triage, le precauzioni igieniche, ecc. Per quanto riguarda i modelli organizzativi adottabili da nidi e scuole si rimanda all’autonoma decisione dei singoli gestori (o scuole) nell’ambito di criteri generali. Per l’eventuale rafforzamento del personale ogni Ente gestore (Stato, Comune, privato, ecc.) potrà decidere di adeguare e incrementare le risorse. È quanto sta avvenendo in molti Comuni ed anche da parte del Ministero dell’istruzione (per il tramite degli Uffici Scolastici Regionali) per le scuole dell’infanzia statali.

3. Il protocollo generale di sicurezza sottoscritto dal Ministero dell’istruzione con le organizzazioni sindacali e formalizzato con DM 87 del 6 agosto 2020, nel quale sono riassunte le procedure ed i comportamenti da adottare da parte degli operatori, sia per il ritorno a scuola, sia in caso di sospetto di contagio. Il documento nazionale è corredato anche di alcuni impegni “politici” circa il miglioramento delle condizioni di lavoro del personale e rafforzamento dei dispositivi. Sono previsti sedi e tavoli, ai diversi livelli per il monitoraggio del protocollo.

4. Il protocollo specifico per la sicurezza nello zerosei, sottoscritto per la parte pubblica da numerosi Ministeri e da sigle sindacali e associative (gestori privati di servizi), a fine agosto 2020, che offre un ombrello interpretativo per i comportamenti da adottare nelle strutture educative (ingresso, uso dei locali, gruppi, bagni, igienizzazioni, spazi esterni, mensa, zone riposo, ecc.) e da parte degli operatori (uso delle mascherine, controllo sanitario, ecc.).

Oltre questi documenti generali sono poi stati elaborati, in molti casi, protocolli di carattere regionale (es. Regione Veneto) o locali (es. Comune di Milano, di Roma, ecc.) per adattare l’organizzazione agli specifici contesti operativi e tenendo conto del pluralismo gestionale delle strutture 0-6. Tali documenti saranno la base per la revisione del Documento di Valutazione dei Rischi di ogni struttura educativa, in modo da includere il rischio da SAR-Cov-2.

Q come Quarantena

L’Istituto Superiore di Sanità ha elaborato un apposito protocollo di comportamento, approvato poi all’unanimità dalla Conferenza Stato-Regioni-Autonomie del 28 agosto 2020, da adottare nel caso della rilevazione di casi sospetti di contagio all’interno delle unità scolastiche. Qualora in una sezione o classe si presenti un caso evidente di morbilità (sintomatologie respiratorie, presenza di febbre, tosse frequente, stato generale di malessere) il bambino deve essere accompagnato al di fuori della sezione, in un luogo separato, con l’assistenza di un adulto (si parla anche di un referente Covid di scuola, ma il suo ruolo non è stato ancora precisato). Viene chiamato il genitore che preleva il figlio e inizia la procedura di accertamento con le strutture sanitarie (pediatra di famiglia, pediatria di comunità, ecc.) che potrebbe portare ad effettuare ulteriori accertamenti (tampone, ma anche test più rapidi, ecc.) e a definire la condizione di contagio. In caso di positività inizia una azione di contact tracing di tutti coloro che sono venuti a contatto con il soggetto, ma non è automatica – con un solo caso – la chiusura della sezione o della scuola, perché la decisione viene rimessa all’autorità sanitaria. Nel caso di sospensione dell’attività (della “bolla”, della sezione o dell’intera struttura educativa), scatta un periodo di quarantena (in linea di massima di 14 giorni) che vale come moratoria precauzionale per evitare l’insorgere di altri casi. In questo caso sarebbero assai utili test molecolari rapidi. Il rientro a scuola dei casi positivi è consentito solo con la certificazione di “avvenuta negativizzazione”.

R come Responsabilità

Tra le preoccupazioni degli operatori scolastici (in particolare, però, dei dirigenti) è quello delle eventuali responsabilità di cui gli addetti a determinati servizi potrebbero dover rispondere in caso di qualche inconveniente a scuola (come la diffusione del contagio). In generale esiste una responsabilità prevista dal codice civile, in genere definita “culpa in vigilando” (art. 2048 del Codice Civile), che riguarda tutti gli adulti a cui vengono affidati minori in ragione di custodia, educazione, assistenza. Tuttavia, esistono precisi limiti a questa responsabilità, che deve essere riferita a conseguenze dirette di comportamenti omissivi o colpevoli (dolo o colpa grave). Negli altri casi il datore di lavoro pubblico si assume la copertura della responsabilità e fa fronte ad eventuali terzi che possano reclamare risarcimenti. Resta ferma la possibilità del datore di lavoro di intentare un procedimento disciplinare o di rivalersi a sua volta sul dipendente che ha commesso il fatto. Nel caso di fatti connessi al COVID-19 (e che hanno avuto un certo riscontro mediatico in certe situazioni sanitarie e assistenziali) è però assodato che il rispetto dei protocolli e dei dispositivi organizzativi emanati dall’organizzazione cui si appartiene esonera da ulteriori responsabilità. In tale prospettiva si è mosso anche il legislatore che nel c.d. decreto “semplificazione” (D.L. n. 23 dell’8 aprile 2020, convertito con legge 5 giugno 2020, n. 40) ha introdotto una cosiddetta clausola “esimente”, per delimitare ulteriormente le fattispecie della responsabilità al rispetto dei protocolli di sicurezza vigenti. È pur vero che il contagio in ambiente scolastico è considerato dall’INAIL (Circolare n. 22 del 20 maggio 2020) come un infortunio sul lavoro (con indennizzo, però da verificare), ma questo non implica il riconoscimento di una responsabilità automatica del datore di lavoro.

S come Spazi

Nidi e scuole dell’infanzia, specie se di recente costruzione, si presentano in genere come strutture di piccole dimensioni (mediamente di 3-4 sezioni), dotate di spazi esterni, con soluzioni interne molto articolate ed una pluralità di spazi funzionali (sezioni, antisezioni, bagni interni, saloni, atelier, dormitori, sale mense, ecc.). Le indicazioni anti-Covid chiedono di valutare con l’attenzione l’utilizzazione degli spazi, con preferenza per una stabilità di assegnazione allo stesso gruppo di bambini, anche modificando le abituali destinazioni (Documento di indirizzo, DM 83 del 3 agosto 2020). Nel caso di rotazioni negli usi è raccomandata la igienizzazione, come pure la pulizia continua dei servizi igienici, accompagnata da frequente aerazione dei locali. Anche lo spazio mensa dovrà rispondere a specifiche norme di sicurezza (si potrà pranzare anche in sezione) e dovranno essere serviti (o impiattati) porzioni mono-uso, evitando usi promiscui. Gli spazi per il riposo (personalizzati) dovrebbero essere ad uso esclusivo di gruppi stabili o opportunamente separati. Si tratta di necessari accorgimenti igienico-sanitari che non possono far venir meno la funzione pedagogica che gli spazi, così come i tempi e l’organizzazione dei gruppi dei bambini, assumono nel curricolo implicito ed esplicito della scuola 0-6. Si pensi, ad esempio, alle opportunità offerte dall’outdoor learning (educazione all’aperto).

T come Tamponi

L’emergenza sanitaria ha un impatto immediato sulle condizioni di sicurezza in cui si deve espletare il servizio educativo, sia per i bambini sia per gli adulti. Occorre evitare in ogni modo le possibili fonti di contagio, attraverso le misure raccomandate (distanziamento, mascherine, igiene delle mani). Sappiamo anche come queste indicazioni non siano di facile attuazione nello zerosei. Cautele particolari devono riguardare il personale in servizio, che potrebbe presentare fattori di fragilità e di rischio certamente superiore a ciò che normalmente si legge nella letteratura specializzata con riferimento ai bambini piccoli. È stato avviato un testing sierologico gratuito per tutto il personale della scuola (che però offre delle risultanze interlocutorie e non è risolutivo), mentre dovrà essere messo a punto un sistema di verifiche approfondite con i tamponi, anche come procedura da adottare in caso di rilevazione di casi sospetti tra i bambini e tra gli adulti. Il relativo protocollo, messo a punto dall’Istituto Superiore di Sanità (Documento 52 del 21-8-2020) è stato approvato dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 28 agosto 2020.

U come Ultimi provvedimenti

La situazione pandemia è in continua evoluzione e questo stato di incertezza influisce certamente sulle misure da assumere per assicurare il funzionamento del sistema educativo, ivi compreso il segmento 0-6, anche per la evidente relazione tra organizzazione famigliare e apertura dei servizi educativi per l’infanzia. Durante l’estate sono stati via via elaborati diversi documenti di orientamento e linee guida, che sono per altro in continuo aggiornamento. Tra gli ultimi segnaliamo il protocollo di sicurezza per lo zerosei, reso pubblico nell’ultima settimana di agosto (che contiene indicazioni specifiche per il settore), il protocollo ISS (verbale n. 58 del 21 agosto 2010) che regolamenta il procedimento da adottare in caso di rilevazione di situazioni sospette negli ambienti scolastici (approvato dalla Conferenza Stato-Regioni-Autonomie del 28 agosto 2020). Si è in attesa di un accordo con le Regioni in materia di trasporto pubblico locale (mentre per l’utilizzo degli scuolabus le indicazioni sono state fornite nell’allegato 16 del DPCM 7 agosto 2020). Il Comitato Tecnico Scientifico si è impegnato ad aggiornare, via via, le prescrizioni in materia di sicurezza e prevenzione negli ambienti scolastici, in relazione all’andamento dei dati epidemiologici, sciogliendo qualche incertezza che ancora permane, ad esempio in materia di utilizzo di mascherine. Anche la misurazione della temperatura in ambiente scolastico, affidata ai genitori a casa, è oggetto di recenti provvedimenti “locali” (comuni di Milano, di Bologna, di Roma, regione Veneto, ecc.) che ne prevedono lo svolgimento a cura della scuola. Dunque, dovremo convivere con la situazione di incertezza ed abituarci ad un ragionevole adattamento delle prescrizioni.

V come Valutazione

Al centro della valutazione, dovrebbero stare in primo luogo le caratteristiche del contesto di vita e, nel nostro caso, le caratteristiche dell’intervento formativo del nido e della scuola dell’infanzia. Le esperienze di autovalutazione nei nidi e, più recentemente il RAV (Rapporto di autovalutazione) per la scuola dell’infanzia, partono da una ricognizione del contesto ambientale, dalla descrizione degli interventi organizzativi e didattici predisposti (dal curricolo esplicito all’ambiente di apprendimento, dall’inclusione alla professionalità docente, dalla continuità educativa ai rapporti con i genitori ed il territorio). Questa analisi, sulla base di dati e di riflessioni, consente di verificare l’apporto della scuola alla crescita, all’apprendimento e al benessere dei bambini. Con il concetto di benessere (da non confondere con un generico “star bene” dei bambini), si intende fare riferimento alle loro condizioni di autonomia, di iniziativa (agency) e di intraprendenza, legati alla capacità della scuola e degli insegnanti di accogliere, di rassicurare, di rispettare le diversità, in definitiva di incoraggiare le manifestazioni dei loro tanti modi di esprimersi. La scuola del post-Covid deve presentarsi come ambiente sereno, rassicurante, costruttivo e i sistemi di valutazione possono contribuire a mantenere uno sguardo complessivo, olistico, su tutte le interazioni che si producono – a volte inconsapevolmente – nell’intero ecosistema scuola (anzi, anche nel sistema sociale e famigliare che gravita intorno alla vita del bambino). A tal fine è necessario promuovere un efficace funzionamento del gruppo educativo degli adulti, facendo crescere le capacità di empatia, riflessione e condivisione delle scelte.

Z come Zerosei

Il sistema educativo integrato “zerosei” è una recente novità prevista dal legislatore (D.lgs. 65/2017) con l’obiettivo di costruire una prospettiva unitaria e di continuità tra il settore 0-3, organizzato attraverso i nidi d’infanzia e il segmento 3-6, articolato in scuole dell’infanzia. L’obiettivo non è facile, sia perché occorre comunque salvaguardare la specificità di ogni età dell’infanzia e della relativa offerta formativa, sia perché va salvaguardato il pluralismo istituzionale del settore: abbiamo nidi comunali e nidi privati (circa 50% di utenti a testa), scuole dell’infanzia statali (60%), comunali (10%), private paritarie (30%). L’obiettivo della legge è di elevare la frequenza di un servizio educativo per i bambini al di sotto dei tre anni (che oggi è sul 24,5%) e di qualificare la scuola dell’infanzia. A tal fine sono previste novità come i poli per l’infanzia, il coordinamento pedagogico, le sezioni primavera, la formazione in servizio. È evidente che la pandemia ha messo in crisi tutto il settore, specie quello gestito dai privati, in particolare lo 0-3, e che è necessario ripristinare al più presto e in sicurezza la rete delle strutture educative per l’infanzia, per offrire ai bambini le migliori opportunità di crescita, sviluppo, apprendimento, attraverso esperienze garantite nella loro qualità. L’attività di formazione in servizio è indispensabile per mantenere elevato il profilo professionale degli operatori, anche attraverso del coordinamento pedagogico, là ove presente, e dei dirigenti e delle figure di staff.