Non è colpa della scuola

L’importanza vitale della didattica in presenza

Pinocchio, Lucignolo e il grillo parlante

Viviamo nostro malgrado nel Paese in cui alla saggezza del buon Grillo parlante si preferisce sovente la smargiassa irresponsabilità di Lucignolo.

Ben lo ha raccontato lo scrittore Stefano Massini in televisione, qualche settimana fa: perché questa nuova e preoccupante impennata della curva pandemica – peraltro ampiamente prevedibile anche dal più sfrontato degli ottimisti – la si può capire rileggendo le pagine di Collodi.

Governo, Istituzioni, personale sanitario, esperti professionisti, educatori: unanime, la voce del buon senso ha chiesto con insistenza alla popolazione impegno e serietà, allo scopo di fermare l’ondata virale e attendere una cura efficace. Tuttavia a nulla son valsi gli accorati appelli e la bella vita – con le dovute eccezioni – è proseguita per tutta l’estate, come se nulla fosse accaduto.

Eppure a Pinocchio (Massini lo ha raccontato magistralmente) viene sempre raccomandato di comportarsi in un certo modo per poter ottenere un traguardo importante, un giorno; ma il burattino persevera nell’errore, sceglie sempre di seguire Lucignolo e osteggia il Grillo parlante, pur pagando sistematicamente per le sue dissennatezze.

Cosa è successo (o non è successo) durante l’estate?

Un film già visto, nel Bel Paese (e non solo) e la trama non è cambiata neppure con l’incubo del virus: si sono spesso ignorate le precauzioni e si sono boicottati i consigli perché è sedimentata l’idea che si possa riuscire in qualche modo a farla franca.

È colpa delle scuole! – si sente gridare, soprattutto sui social; cionondimeno, sino a ieri, nelle strade si è fatto tutto quello che si sarebbe dovuto evitare.

Nel dramma che stiamo vivendo, tra mille interrogativi e altrettante indecisioni fatali una certezza è evidente a tutti: durante gli ultimi mesi l’intero organigramma scolastico (dirigenti, insegnanti, personale amministrativo e ausiliario) ha profuso il massimo sforzo onde garantire l’avvio dell’anno scolastico in sicurezza e permettere agli studenti di tornare a vivere la classe. I caldi mesi estivi sono trascorsi tra planimetrie, monitoraggi, tavoli tecnici tra istituzioni scolastiche ed Enti Locali, conferenze di servizio, richieste d’organico, acquisti materiali nei limiti delle risorse disponibili (a volte adeguate altre esigue, limitate o strettamente vincolate), adozione di peculiari protocolli sanitari per contrastare il contagio.

In tempi recenti, però, il balzo dei contagi ha evidenziato un blackout che non interessa realtà isolate, bensì coinvolge l’intero Paese. 

Infatti, il pesante disallineamento tra le disposizioni impartite a livello nazionale e le operazioni preventive approntate da Regioni, città metropolitane e Comuni è tutto fuorché riconducibile alla scuola, che ha meticolosamente seguito (e messo in atto) le raccomandazioni via via emanate dall’Esecutivo e dalle direzioni sanitarie, riassumibili nel Rapporto ISS Covid-19, n.58, dello scorso 21 agosto.

Di contro, i Dipartimenti di prevenzione delle ASL territoriali spesso si son fatti trovare impreparati, i gestori delle attività commerciali e sportive hanno faticato nel pretendere il pedissequo rispetto delle regole, gli Enti Locali hanno gestito in modo farraginoso l’organizzazione dei servizi (il caso dei trasporti pubblici è emblematico); ma, soprattutto, la coscienza civica dei singoli in troppi casi è venuta a mancare, perché si è preferito il Paese dei Balocchi alla saggezza del Grillo parlante.

Perché è importante la “scuola aperta”

Senza entrare nel merito del dibattito politico afferente alle operazioni più efficaci per contrastare la cosiddetta “seconda ondata” (limitazioni di attività, restrizioni su orari, modalità lavorative), è certo che la chiusura delle scuole – o almeno la sospensione delle attività didattiche in presenza – non rappresenta la soluzione del problema. Essenzialmente per due motivi, peraltro tra loro connessi: la scuola è un luogo sicuro, perché al suo interno il rispetto dei protocolli è sempre preteso (distanziamenti, igienizzazioni, scaglionamenti), molto meglio che altrove; inoltre la scuola, intervenendo con tempestività nella gestione dei numerosi “casi sospetti”, permette di attivare precocemente il tracciamento degli eventuali contagi, facilitando così il lavoro delle direzioni sanitarie.

Tuttavia la necessità di mantenere le scuole aperte diventa vitale sotto l’aspetto tanto sociale quanto pedagogico; all’interno della scuola, anzitutto, la diversità e lo svantaggio (etnico, linguistico, culturale) sono risorse su cui lavorare piuttosto che ostacoli insormontabili e le disuguaglianze sociali si appiattiscono fino a scomparire, perché tutti possono beneficiare dei medesimi strumenti e delle medesime opportunità senza distinzioni.

Relazioni sociali e costruzione della identità

Inoltre, dal punto di vista pedagogico, l’importanza cruciale della scuola è focalizzabile mediante la teoria delle otto fasi, proposta dallo psicanalista Erik Erikson, già allievo di Sigmund Freud.

Lo sviluppo psicologico e sociale di ciascun essere umano – importante quanto quello neurobiologico e linguistico – passa attraverso otto fasi evolutive, il mancato superamento delle quali produrrebbe notevoli difficoltà psichiche e comportamentali. In ogni tappa il ruolo genitoriale e quello educativo (che si sostanzia anche nel mentore, ovverosia – parlando di scuola – del docente) hanno un ruolo basilare nel condurre l’individuo verso il superamento delle difficoltà della vita. Nodali, ad esempio, sono la quarta e la quinta fase (dalla pre-adolescenza all’adolescenza), nelle quali l’individuo è chiamato a un grande sforzo cognitivo, allo scopo di costruire una propria identità: compito del docente/mentore, accanto alle figure genitoriali, è quello di creare quel “rinforzo positivo” indispensabile nello sviluppo di una strategia identitaria da parte di ogni discente. Fin troppo facile intuire che bypassare la figura del mentore avrebbe conseguenze terribili e difficilmente recuperabili.

La scuola, ça va sans dire, non influisce solo sulla preparazione degli studenti – come ha sottolineato Daniela Lucangeli, professoressa di Psicologia dello sviluppo presso l’Ateneo di Padova -, ma contribuisce a plasmare le persone che sono e che diventeranno: ecco perché è imprescindibile che gli adulti, anche fuori dal contesto familiare, affianchino bambini e ragazzi nel loro percorso di crescita.

Del resto l’ambiente d’apprendimento è il luogo in cui nasce il pensiero collettivo attraverso lo sviluppo dell’atteggiamento mentale di chi vi partecipa; infatti i discenti si interfacciano con la conoscenza, la fanno propria e imparano a esprimersi (maturando nel contempo indispensabili competenze sociali e relazionali) con la guida e la mediazione dell’adulto, che finisce per essere una condicio sine qua non, soprattutto in determinati contesti socio-culturali.

La quota del 75% di didattica a distanza

Ora, il DPCM dello scorso 18 ottobre aveva generalmente previsto la prosecuzione delle attività didattiche in presenza, sulla spinta del Ministero dell’Istruzione, fatta salva la possibilità per le scuole secondarie di secondo grado d’incrementare la didattica a distanza – sempre complementare a quella in presenza – in contesti territoriali o in situazioni sanitarie esposti a particolari rischi (art. 1, comma 6, lettera r).

A seguito poi dell’esempio campano, non senza fitte polemiche si sono rapidamente avvicendate svariate Ordinanze Regionali, che hanno previsto disposizioni oscillanti tra la chiusura delle scuole di II^ grado – sancita dalla Regione Calabria sino al prossimo 13 novembre – e l’erogazione dell’ex didattica a distanza nel secondo ciclo d’istruzione per una quota non inferiore al 50% delle lezioni (Piemonte, Liguria, Lazio, Basilicata o Umbria).

Tuttavia, l’aumento subdolo e repentino (per dirla col premier Giuseppe Conte) della curva epidemiologica ha condotto il Governo alla stesura di un nuovo DPCM, emanato il 24 ottobre e successivamente dettagliato, per quel che afferisce alla scuola, dalla Nota ministeriale n.1934 del 26 ottobre; il testo normativo – pur riconoscendo la possibilità dello svolgimento in presenza delle attività erogate nel primo ciclo d’istruzione – ha vincolato le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado all’adozione di ulteriori forme di flessibilità didattica e organizzativa, tra le quali l’incremento della DDI per una quota pari almeno al 75%, la rimodulazione degli orari di scaglionamento degli ingressi e delle uscite degli studenti nonché – in caso di necessità – altre particolari e differenti disposizioni organizzative connesse alle possibilità offerte alle scuole dal regolamento dell’autonomia (art. 1, comma 9, lettera s).

Diritto alla salute, diritto allo studio

Il dibattito nazionale, acceso e magmatico, che ha seguito il Decreto del 24 ottobre si sta facendo sempre più complesso, perché chiama in causa non solo i professionisti dell’istruzione e gli stakeholders della scuola, ma anche le correnti politiche, gli esperti della comunità scientifica e l’opinione pubblica nel suo insieme.

Comunque dovesse evolvere la situazione nazionale nelle prossime settimane, in conclusione una riflessione è d’obbligo: se preservare la salute dei cittadini rappresenta una priorità che lo Stato deve tutelare prima di ogni altro diritto soggettivo, è altrettanto vero che le soluzioni operative vanno individuate dove sussistono le criticità e non altrove (di concerto con le Regioni, gli Enti Locali e i decisori politici tutti, ognuno secondo i propri ambiti di competenza), altrimenti si finisce per declinare le responsabilità e vanificare l’efficacia di ogni intervento.

Riferimenti bibliografici

Sefano Massini, Il virus me lo spiega Pinocchio, monologo del 15 ottobre 2020 a Piazzapulita, La7

Myriam Caratù, La teoria di Erikson e il ruolo del docente nello sviluppo psico-sociale degli alunni www.orizzontescuola.it del 16 ottobre 2020

Gestione dell’emergenza, la scuola c’è: e gli altri? Su www.anp.it

D. Lucangeli: “Nelle classi italiane è in corso una pandemia di disturbi del neurosviluppo” di Sabrina Pignataro, su www.vita.it