Mettere in sicurezza il trasporto pubblico studentesco

Cosa dice il documento di INAIL del 7 dicembre scorso

Un documento utile per la ripresa delle attività scolastiche

Il 7 dicembre l’INAIL ha reso disponibile sul proprio sito un nuovo documento tecnico per la gestione del rischio contagio[1]. È stato elaborato dal Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro e Ambientale in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e condiviso con il Comitato Tecnico Scientifico per l’emergenza Coronavirus nella seduta del 4 dicembre 2020.

Troviamo, in questo documento nuove indicazioni utili per la ripresa delle attività scolastiche, che vanno a integrarsi con quelle fornite nel Rapporto ISS COVID-19 n. 58/2020 del 28 agosto 2020[2] per l’inizio del corrente anno scolastico. Va ricordato che l’INAIL e l’ISS sono tra i soggetti attuatori degli interventi della protezione civile per fronteggiare l’emergenza da Covid-19[3].

L’intento del Documento tecnico è quello di “dare un ulteriore contributo su una tematica molto importante quale le attività correlate all’ambito scolastico che possono rappresentare una rilevante occasione di contagio per gli studenti e più in generale per la comunità”.

Le scuole sembrano sicure

Anche se non mancano voci discordi[4], i dati epidemiologici disponibili e la letteratura scientifica di settore sembrano escludere che la scuola possa essere considerata causa di focolai del contagio. Lo conferma anche lo studio “A tutela dello studente, per una scuola sicura”, promosso dalla Società Italiana di Pediatria, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, l’Istituto di Ortofonologia e la Fondazione Mite. Da tali dati sembra emergere che le misure e i protocolli adottati nelle singole istituzioni scolastiche siano complessivamente sufficienti ed efficaci.

Eppure non è esatto dire che nella scuola non vi sia contagio: il virus nella scuola può essere importato dall’esterno e tra gli studenti di età superiore ai dodici anni e, in particolare, tra quelli delle scuole superiori, che maggiormente sono esposti alle occasioni di rischio connesse alle attività correlate all’ambito scolastico, si evidenzia una più alta incidenza di casi.

Ma i rischi sono legati alle attività correlate

Il mondo della scuola è infatti costituito non solo dalle azioni didattiche che avvengono all’interno degli edifici scolastici, ma anche da un complesso di attività correlate all’ambito scolastico, che pur svolgendosi al di fuori del contesto scolastico propriamente detto ne costituiscono il naturale e spesso necessario corollario. Ci riferiamo, per esempio, agli spostamenti tra casa e scuola e viceversa, agli incontri tra studenti per svolgere attività di studio, anche agli incontri spontanei e informali, comunque a tutte le forme di aggregazione studentesca al di fuori dell’orario canonico. Sono queste le attività che, se non vengono rispettate le misure di prevenzioni previste, possono costituire un potente innesco della catena di trasmissione.

Ci vogliono interventi complessi e sistemici

La “messa in sicurezza” della didattica in presenza presuppone dunque un approccio complessivo al mondo della scuola che non si limiti alla sola assunzione di misure di prevenzione e protezione degli impegni intra moenia, ma sappia governare anche quanto di quelle attività rappresenta l’inevitabile premessa e conseguenza, pur avvenendo al di fuori dell’edificio scolastico. Bisogna affrontare il problema in una logica sistemica per non minare la bontà di tutte le altre misure complessivamente messe in atto.

Come è di tutta evidenza, si tratta di un’opera che non può essere affidata alle sole istituzioni scolastiche, ma deve essere fatta propria da tutte le istituzioni interessate, ognuna per le sue competenze, dalla Regione alla famiglia.

La mobilità connessa al fenomeno scolastico

Il Documento si concentra proprio sull’esame di queste attività “peri-scolastiche”, soffermandosi, in particolare, sull’utilizzo del trasporto pubblico locale (TPL) nel percorso casa-scuola da parte degli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, oltre che sullo studio in condivisione e sugli assembramenti in prossimità degli edifici scolastici.

L’intero sistema di trasporto pubblico, come ribadito più volte dal CTS (cfr. verbali n. 55 del 18 aprile 2020, n. 82 del 28 maggio 2020, n. 102 del 26 agosto 2020), costituisce “un contesto a rischio di aggregazione medio-alto, con possibilità di rischio alto nelle ore di punta, soprattutto nelle aree metropolitane ad alta urbanizzazione”.

Il Documento corrobora questo assunto con i dati ricavati dall’indagine ISTAT “Aspetti della vita quotidiana”, secondo cui, nel 2019, 11,1 milioni di studenti italiani si sono mossi quotidianamente (per il 70% tra le 7:30 e le 8:00) per raggiungere la scuola. Di questi:

– 3,5 milioni di studenti si sono spostati fuori dal proprio Comune (soprattutto i residenti nei piccoli centri, nelle periferie delle aree metropolitane e nel Nord);

– 4 milioni si sono mossi con mezzi privati;

– 3,2 milioni si sono spostati a piedi o in bici;

– 3,5 milioni (e tra questi ben il 60% degli ultraquattordicenni), soprattutto nei piccoli centri (il 56,0% nei comuni fino a 2.000 abitanti), ma con buone percentuali anche nelle aree metropolitane (40,6% nel centro e 41,3% nelle periferie), si sono spostati con mezzi pubblici (pullman, corriera, tram, bus, metropolitana).

Importanza del coordinamento tra le strutture competenti

Un contributo all’individuazione delle fasce orarie in cui, nelle principali città italiane, sarebbe opportuno ridurre la mobilità studentesca, viene dall’elaborazione dei dati di telefonia mobile. Si definiscono come ora di punta nelle aree metropolitane ad alta urbanizzazione due fasce:

– 07:20-7:40 circa del mattino

– 18:00-19:00 circa del pomeriggio.

L’analisi dei dataset sulla mobilità resi disponibili da alcune piattaforme on-line quali Apple, Google, Moovit Intel e dei dati di mobilità messi a disposizione dal Comune di Roma[5] consente poi agli estensori del Documento di evidenziare, da un lato, l’impatto del lockdown sulla diminuzione degli spostamenti e, dall’altro, il contributo della riapertura delle scuole sugli indici di affollamento del trasporto pubblico locale (TPL).

Da tutto il complesso dei dati emerge con palmare evidenza la necessità di una stretta collaborazione fra le strutture di coordinamento scolastico territorialmente competenti e quelle che governano la mobilità locale: solo la concertazione tra queste diverse istituzioni possono infatti consentire da una parte la programmazione di differenti orari di accesso al TPL e dall’altra il rafforzamento mirato, nei momenti e nei punti più critici, sia dell’offerta di trasporto, anche ricorrendo a mezzi aggiuntivi messi a disposizione da privati, che del personale, che potrebbe così assicurare maggiori controlli finalizzati alla prevenzione degli assembramenti.

Forme alternative per una mobilità sostenibile

il Documento, alla luce della prorompente crescita del fenomeno della sharing mobility ecosostenibile e sulla scorta di esperienze internazionali, invita poi i decisori politici a favorire forme alternative di mobilità sostenibile, soprattutto nei contesti ad alta urbanizzazione. Al fine di contenere i rischi dovuti all’affollamento degli studenti sul trasporto pubblico territoriale (TPL), si possono fare, per esempio, accordi specifici per l’utenza scolastica, così da lasciare l’utilizzo del trasporto pubblico solo a chi ne abbia realmente bisogno.

Campagna di comunicazione e controllo

Tutte le misure adottate dovranno però essere accompagnate da una altrettanto fondamentale campagna di comunicazione finalizzata alla promozione di comportamenti responsabili da parte degli studenti a scuola, fuori scuola e sui mezzi pubblici.

Parimenti, è importante che ci sia un maggiore controllo, da parte delle istituzioni, sui luoghi di ritrovo, in occasione dell’entrata e dell’uscita dalla scuola e sulle attività di studio collaborativo tra studenti in contesto extrascolastico. I momenti di criticità e di esposizione al rischio contagio richiedono oltre al controllo anche il diretto richiamo al senso di responsabilità di genitori e studenti: le misure di prevenzione previste (uso della mascherina e distanziamento) non possono essere trascurate neanche in tali contesti.

La ripresa delle attività didattiche del 7 gennaio 2020

L’insieme delle misure proposte dal Documento non rappresentano delle soluzioni, ma vogliono essere delle raccomandazioni e delle linee guida ai decisori politici per una gestione consapevole del rischio nel contesto delle attività correlate all’ambito scolastico: raccomandazioni e linee guida che risultano quanto mai tempestive e attuali.

Alla luce dei dati epidemiologici che indicano un lento appiattimento della curva dei contagi, il DPCM del 3 dicembre 2020 (art. 1, comma 10, sub lit. s), da un lato conferma la didattica in presenza per tutta la scuola dell’infanzia e del primo ciclo, per le attività laboratoriali e per gli alunni disabili o BES, dall’altro prevede, a partire dal 7 gennaio 2020 (anche se per il momento fino al 15 gennaio) l’attività didattica in presenza al 75 per cento della scuola secondaria di secondo grado. Con l’eccezione solo di quelle ubicate nelle zone a livello di rischio massimo (cd. zone rosse), le istituzioni scolastiche dovranno adottare tutti gli strumenti loro offerti dall’autonomia didattica ed organizzativa (art. 4 e art. 5 del DPR 275/1999), non più solo per continuare ad assicurare il 100 per cento delle attività tramite il ricorso alla didattica digitale integrata, ma soprattutto per tornare ad erogare un servizio in presenza.

I tavoli di coordinamento

Nel timore però che il rientro in classe di tutti gli studenti possa sovraccaricare il sistema, riproponendo le medesime criticità di settembre, che avevano portato al ricorso alla didattica digitale integrata nelle scuole secondarie superiori[6], il nuovo DPCM ha previsto anche l’istituzione di tavoli di coordinamento con l’obiettivo di armonizzare gli orari di inizio e termine delle attività didattiche con quelli dei servizi di trasporto pubblico territoriale (TPL), urbani ed extraurbani. Ai tavoli di coordinamento, presieduti dai prefetti, partecipano il presidente della provincia o il sindaco della città metropolitana, gli altri sindaci eventualmente interessati, i dirigenti degli ambiti territoriali del Ministero dell’Istruzione, i rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, delle Regioni (e delle province autonome di Trento e di Bolzano) e delle aziende di trasporto pubblico locale[7].

I chiarimenti del Ministero dell’Istruzione

Sul DPCM è intervenuto anche il Ministero dell’Istruzione con la nota 9 dicembre 2020, prot. n. 2164, a firma del Capo Dipartimento Marco Bruschi, che oltre a ricordare che la presenza a scuola del 75 per cento degli studenti comporterà la ridefinizione del piano di lavoro del personale ATA e che la percentuale di presenza potrà essere variamente assicurata (per classi, classi parallele, indirizzi), sottolinea l’importanza del ruolo dei dirigenti degli ambiti territoriali, chiamati ad una partecipazione attiva ai tavoli di coordinamento “che deve trovare i necessari momenti di confronto con i DS delle istituzioni scolastiche dei territori di competenza, e il raccordo con i direttori degli USR”.

La lettera del Ministero dei Trasporti

L’impressione di una consapevolezza generale che ci si trova di fronte ad un momento decisivo di contrasto al contagio da Sars-CoV-2 pare confermata anche dalla notizia, apparsa sulla stampa[8], che il Ministero dei Trasporti abbia cercato di supportare i tavoli di coordinamento, facendo pervenire ai prefetti un documento in cui verrebbero delineate alcune piste di lavoro per evitare il 7 gennaio il sovraffollamento dei mezzi di trasporto. Per esempio:

1. spostare alcuni mezzi oggi impiegati su tratte a bassa domanda;

2. noleggiare autobus privati per le tratte suburbane o extraurbane;

3. scaglionare gli ingressi e le uscite degli studenti delle superiori su due turni mattutini e pomeridiani intervallati da almeno 90 minuti (ad esempio 8/9.30 e 13.30/15);

4. prevedere un intervallo di un’ora tra una lezione universitaria e l’altra;

5. incentivare al massimo lo smart working pubblico e privato;

6. avviare l’attività di negozi e imprese delle aree metropolitane a partire dalle 10.

L’impegno è di tutti

La scuola per molto tempo non è stata al primo posto nell’agenda politica italiana e sicuramente è da tempo che non le viene riconosciuto quel ruolo centrale che occupa nella vita del paese.

I tavoli di coordinamento sembrano volerla rimettere almeno momentaneamente al centro dell’attenzione generale, presupponendo un lavoro che coinvolga scuole, uffici scolastici, società dei trasporti, enti locali, regioni, stato: era quanto in qualche modo la scuola postulava sin dal 26 giugno 2020, laddove nel Piano scuola 2020-2021 si prevedeva l’insediamento dei Tavoli Regionali. È quanto prefigura il Documento tecnico quando ammonisce che per garantire la sicurezza nelle attività peri-scolastiche “è necessario uno sforzo complessivo delle Istituzioni coinvolte e non solo della scuola, nel trovare soluzioni ma anche la responsabilità individuale di ciascuno e l’impegno delle famiglie nell’attuare scelte e comportamenti corretti e sostenibili che possono fare la differenza”.

Ma il Documento non vuole e non può essere né risolutivo né esaustivo, si limita a raccogliere dati ed elementi da proporre all’analisi e alla discussione e a offrire ai decisori politici indicazioni operative e pratiche per la gestione del rischio di contagio delle attività correlate all’ambito scolastico.

Ripartire dal tracciamento

Sicuramente alle misure da esso suggerite bisognerebbe affiancare anche quanto richiesto con pari urgenza da un piano di riattivazione delle attività didattiche in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado che voglia essere completo e definitivo: la certezza di un tracciamento rapido dei casi di possibile contagio. Solo l’effettuazione di tamponi rapidi aiuterebbe le istituzioni scolastiche a individuare con immediatezza i positivi tra alunni, docenti e personale Ata, isolando i loro contatti e “sterilizzando” con tempestività le possibili fonti di trasmissione del contagio.

Nella consapevolezza che dopo il riavvio delle attività in presenza la scuola italiana non può permettersi né merita di dover ritornare precipitosamente dopo pochi giorni ad una didattica a distanza.

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[1] Documento tecnico della gestione del rischio di contagio da Sars-Cov 2 nelle attività correlate all’ambito scolastico con particolare riferimento al trasporto pubblico locale.

[2] Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia.

[3] OCDPC 3 febbraio 2020, n. 630, art, 1, c. 1.

[4] Si veda ad esempio la mappa costruita da Wired sulla scorta dei dati di studenti e operatori scolastici contagiati al 31 ottobre 2020; il modello elaborato dallo statistico dell’ISTAT, Livio Fienga; o ancora lo studio pubblicato su Nature il 16 novembre scorso.

[5] Quantità di traffico veicolare che transita ogni ora, vidimazioni in ingresso alle stazioni metropolitane, ai passaggi di pedoni e veicoli attraverso i segnali bluetooth dei telefoni cellulari in forma anonima, veicoli con dispositivo di geolocalizzazione a bordo.

[6] Il DPCM 24 ottobre 2020 prevedeva la didattica a distanza fino al 75 per cento, successivamente il DPCM 3 novembre 2020, fino al 100 per cento.

[7] In caso di inadempienza da parte dei partecipanti al tavolo, fermo restando il potere sostitutivo riconosciuto al prefetto dall’art. 11, comma 4, del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, il presidente della regione adotta una o più ordinanze, volte a garantire le misure organizzative strettamente necessarie al raggiungimento degli obiettivi e delle finalità stabilite dal DPCM. Come chiarito dalla Nota del Ministero dell’Interno del 5 dicembre 2020, prot. n. 15350/117/2/1 Uff.III-Prot.Civ., “il ricorso al potere di ordinanza regionale, con efficacia limitata all’ambito provinciale per il quale dovesse rendersi necessario il suo esercizio, si configura come intervento “di chiusura”, ipotizzabile nel caso in cui l’azione diretta a riattivare la didattica in presenza dovesse incorrere in criticità di varia natura, non superabili attraverso l’espletamento della fase di coordinamento”.

[8] Cfr. Eugenio Bruno, “Scuola e trasporti, ingressi su due turni e negozi aperti alle 10”, Scuola24 del Sole 24, 14 dicembre 2020).