Sguardi e traiettorie per una scuola del futuro

Dal Rapporto del 13 luglio del Comitato degli esperti

Nel giorno del giuramento del neo Ministro prof. Patrizio Bianchi, sabato 13 febbraio 2021, è stato pubblicato il Rapporto finale 13 luglio 2020 “Idee e proposte per una scuola che guarda al futuro”, redatto da un Comitato di esperti presieduto proprio dall’attuale Ministro[1]. Tale Rapporto finale era stato preceduto da un rapporto intermedio consegnato il 27 di maggio. Conteneva indicazioni per la riapertura delle scuole. È noto che, a differenza di altri Rapporti[2],  i risultati del lavoro del Comitato non sono stati subito resi pubblici, anche se alcune proposte sono poi confluite nel Piano scuola 2020-2021 e nei Decreti Rilancio e Semplificazione.  Il prof. Bianchi, in merito, era stato anche ascoltato in audizione dalle VII Commissioni di Camera e Senato il 9 giugno e il 1° luglio dello scorso anno.

Un Documento “strategico”

Il Rapporto di 151 pagine presenta la seguente struttura: un executive summary, cioè una sezione che sintetizza in sette punti le proposte poi successivamente sviluppate; una introduzione, con il mandato e la composizione del Comitato, l’iter del lavoro, la struttura del documento; cinque capitoli con le tesi e le indicazioni elaborate dal Comitato. I cinque capitoli sono così intitolati:

  1. Oltre la pandemia: rilanciare la qualità del servizio scolastico
  2. Reclutamento e sviluppo professionale dei docenti
  3. Il digitale “senza se e senza ma”
  4. Nuovi ambienti di apprendimento
  5. La centralità degli alunni nella scuola, fin dall’Infanzia.

Ci sono poi gli allegati: note sui Convitti, sugli ITS e sul progetto STEM; l’elenco delle audizioni, dei materiali ricevuti (95 contributi), degli esperti incontrati (46 stakeholder tra Associazioni e Fondazioni) e infine il Rapporto intermedio del 27 maggio 2020.

Queste le coordinate concettuali:

  • educazione e sviluppo, libertà ed eguaglianza sono paradigmi interdipendenti;
  • investire in educazione è una necessità contro i tanti ritardi;
  • l’autonomia è una risorsa per i territori e per l’inclusione sociale;
  • le persone, i giovani in particolare, sono il nostro “capitale”.

Il mandato assegnato al Comitato

Il Decreto istitutivo del Comitato precisava che il suo compito era quello di “… formulare idee e proposte per lo sviluppo del sistema nazionale di istruzione e formazione, in considerazione delle esigenze di contenimento e prevenzione della diffusione del virus Covid-19 (…) guardando al dopo, al futuro della scuola che è, necessariamente, il futuro dell’Italia”[3]. Elencava poi le aree tematiche di intervento:

  1. avvio dell’anno scolastico 2020-2021, tenendo conto dell’emergenza sanitaria in corso;
  2. edilizia scolastica, con riferimento pure a nuove soluzioni in tema di logistica;
  3. innovazione digitale, anche al fine di rafforzare contenuti e modalità di utilizzo di DAD e DID;
  4. formazione iniziale e reclutamento dei docenti nella Secondaria di I e II grado (verso nuovi modelli);
  5. consolidamento e sviluppo della rete dei servizi educativi per la fascia zero-sei;
  6. rilancio della qualità del servizio scolastico nell’attuale contingenza emergenziale.

Il Rapporto intermedio del 27 maggio 2020

All’interno della configurazione di tre fasi, emergenziale, di recupero-riassetto delle Scuole, di progettazione-attuazione di un piano di lungo periodo (2021-2027, con fondi europei), evidenziamo alcune “raccomandazioni” per la ripresa in sicurezza dell’a.s. 2020/2021, riportate in tabella per punti focali[4]:

NucleiRaccomandazioni
CRITERI GENERALI DI RIFERIMENTO• Scuola aperta, coesa ed inclusiva (rif.to la Costituzione)
• Linee guida nazionali unitarie
• Autonomia responsabile delle scuole nel rispetto dei vincoli sanitari
• Flessibilità tramite semplificazione delle norme in vigore e adozione di strategie diversificate: ad es. gruppi di apprendimento
• Rimodulazione tempo-scuola; riprogettazione offerta didattica
• Revisione criteri di dimensionamento Istituti Scolastici
• Nuovo rapporto tra attività formali e non formali.
ATTIVITÀ DIDATTICHE• Didattica in presenza per ritrovare le funzioni di socialità e partecipazione
• Rivisitazione e valorizzazione della DAD.
RAPPORTI CON IL TERRITORIO• Promozione dei “Patti educativi di comunità” tra Scuole, Regioni, Enti Locali, Terzo Settore, Forze sociali, per un “territorio educante”.

Saper “leggere” il presente per disegnare il futuro: direzioni

Premettiamo alcune considerazioni alla sintetica disamina qui proposta solo per due aree delle cinque tematiche del Rapporto[5]. Ogni volta che per il/nel sistema-scuola si prospettano “nuovi scenari organizzativi, culturali e formativi”, si ricorre a “parole d’ordine” evocative e certamente non neutrali (e come potrebbero esserlo?). Nel nostro caso emergono costrutti come:

  • scuola inclusiva
  • nuove competenze del XXI secolo
  • essenzializzazione dei curricoli
  • cultura scientifica
  • autonomia responsabile e solidale.

Sono categorie non nuove (alcune sono anche rinvenibili nella legge 107/2015), però ancorate ad una visione educativa del fare comunità, della socialità, del praticare un’autonomia solidale (cfr. anche P. Bianchi, Nello specchio della Scuola, Il Mulino, 2020) e affrancate dalla pedagogia neoliberista delle competenze declinate solo come asset competitivi[6]. L’enunciazione dinuovi paradigmi non deve però far dimenticare che:

  • i sistemi scolastici oggi operano in società complesse;
  • l’idea di una scuola come “oasi protetta” non è più sostenibile;
  • l’impermeabilità dei saperi scolastici e delle metodiche didattiche alla rivoluzione digitale in corso è irrealistica;
  • la logica della autoreferenzialità non regge più[7].

Per questo anche i ritardi del sistema-scuola non possono essere più affrontati per filiere lineari, ma per processi interconnessi, secondo un approccio ecologico-sistemico. Ad esempio, l’insuccesso scolastico è il terminale di problematiche personali, ma anche di gap ambientali, di inadeguati percorsi di orientamento, di valutazioni approssimative, di disagi socio-emotivo-relazionali e quindi la “cura”, le azioni di contrasto debbono tener conto di tale complessità fenomenologica.

Nel tema affrontato nel primo capitolo del Rapporto (Oltre la pandemia: la qualità del servizio scolastico) confluiscono nove macro-ambiti formativi. Ne selezioniamo quattro: fragilità della disabilità, fragilità delle persone, fragilità dei luoghi, i bisogni delle nuove generazioni.

La fragilità delle disabilità

La fragilità della disabilità riguarda un “universo” di studenti e di famiglie che sopporta da anni il peso di politiche quasi discriminatorie:

  • insufficienza di docenti specializzati e delle ore assegnate;
  • impreparazione dei docenti curricolari;
  • personale educativo-assistenziale di “modesto” profilo;
  • discontinuità dei docenti di sostegno e non;
  • soluzioni didattiche all’insegna di una “finta” inclusione.

Queste condizioni di “sofferenza” educativa, che la pandemia ha trasformato in frequenti situazioni di “isolamento”, richiedono con urgenza (scrive il Comitato):

  • didattiche inclusive di gruppo;
  • progetti di vita in cui scuola e territorio, scuola e quotidianità possano “dialogare” e cooperare (meno esercizi scolastici e più compiti di realtà);
  • ambienti di apprendimento accoglienti e funzionali (non aule per la “segregazione”), ovviamente per tutti gli alunni;
  • figure professionali di accompagnamento e di “ponte” tra scuola e famiglia nei momenti di chiusura delle scuole.

Non può appartenere ad una scuola del XXI secolo, dignitosa ed equa, la precarietà di un servizio che:

  • registra ancora il 37% di docenti senza titolo. Nonostante il fabbisogno di circa 80 mila docenti la Legge di Bilancio 2021 ha previsto per il periodo 2021-2024, solo 25.000 posti di sostegno;
  • durante il lockdown ha “escluso” dalla DAD, per vari motivi, il 23% dei disabili (circa 70 mila studenti rimasti “invisibili”), il 29% nel Sud;
  • per i quasi 300.000 disabili una scuola su quattro non è dotata di strumentazione informatica adeguata, con i soliti divari territoriali (fonte: Rapporto ISTAT, 2020, riferito all’a.s. 2019-2020). Nella bozza del PNRR/Recovery Fund nessun finanziamento specifico e solo un cenno all’interno dell’area dell’abbandono scolastico (pag.126).

La fragilità delle persone

La fragilità delle persone si manifesta, durante questa emergenza sanitaria, in forme di vulnerabilità emotiva, psichica, comportamentale, non solo tra i ragazzi e i giovani ma anche tra gli adulti (ansia, insicurezza, depressione, frustrazione, paura della povertà, stimata, quella assoluta, in aumento dal 12 al 20%…), soprattutto nei periodi di chiusura in casa e specialmente per le fasce più deboli della popolazione. A tal proposito un’indagine dell’Università di Genova e dell’Istituto Gaslini (2020) ha rilevato, nella fascia d’età 3-18 anni, disturbi vari, dall’instabilità emotiva a sintomi di regressione. Di fronte a tali disagi, se la scuola da sola non ce la fa (come tante evidenze attestano), la politica deve intervenire con duraturi “sostegni” sociali, coinvolgendo il mondo del volontariato, il Terzo Settore, le Reti associative, pena l’attenuarsi dei vincoli di coesione sociale.

La fragilità dei luoghi

Il Forum Disuguaglianze e Diversità (2020) denuncia che la crisi del sistema socio-educativo pre e post pandemia ha moltiplicato forme di emarginazione sociale e di povertà educativa per oltre 3 milioni di ragazzi, già interessati da una situazione di vulnerabilità (vivono nelle periferie, senza servizi, biblioteche, centri di aggregazione, palestre… senza scuole decenti…). Tali fenomeni si sono manifestati soprattutto nel centro-sud e nelle periferie delle grandi aree urbane, contribuendo all’abbandono scolastico precoce, a stati di disadattamento e devianza. Inoltre hanno investito le scuole, quale presidio socio-culturale, scuole “fragili” che hanno assistito quasi impotenti alla dissipazione delle potenzialità dei loro ragazzi dalla Primaria alla Secondaria di 1° grado, con un peggioramento nella Secondaria di 2° grado (evidenze già nel Rapporto Invalsi 2019). Per questa condizione di disuguaglianza e di ingiustizia si impone una svolta: più lavoro, più servizi, più legalità (ovviamente “robusti” supporti alle scuole[8]), quali misure “a monte” per ristabilire una “normalità” sociale, senza la quale qualunque servizio educativo è destinato alla irrilevanza[9].

I bisogni delle nuove generazioni

Per non consegnare i nostri ragazzi ad uno “stato di minorità” e per evitare che da grandi formino famiglie “problematiche”, occorre sostenerli da giovani nei loro progetti di vita. E allora:

  • Asili nido per tutti per incrementare le potenzialità cognitive ed affettive-relazionali dei bambini[10]. Al momento sono insufficienti e sotto il benchmark europeo europea (33%), con disparità territoriali[11];
  • Scuole Primarie, si legge nel Rapporto, dove non si pratichi “l’ingozzamento cognitivo”, ma si sviluppino creatività, socialità, voglia di apprendere;
  • Scuole Secondarie di 1° e 2° grado dove i saperi non si trasformino in totem enciclopedici ma aiutino a “pensare”, a “problematizzare”, a “connettere” e dove le dinamiche relazionali non siano relegate a funzioni da “cenerentola”, ovvero di marginalità e di insignificanza, tranne però ad essere al centro di tante analisi e valutazioni psicologiche da parte dei docenti[12].

Formazione iniziale, reclutamento e sviluppo professionale

Il secondo capitolo del Rapporto affronta l’annosa questione della “Formazione iniziale, reclutamento e sviluppo professionale”. Diamo per acquisito che un “buon” professionista (e l’insegnante lo è, al netto delle recenti derive impiegatizie) non può sottrarsi all’obbligo di permanere dentro un “flusso formativo” per tutta la sua carriera. Ma nel pianeta-scuola così non è, almeno nella media, dopo l’agognato ruolo e i primi anni di “effervescenza” professionale, subentra una diffusa “atarassia” che si prolunga fino alla pensione. In queste condizioni la formazione spesso rappresenta il “turbamento” di una sicurezza lavorativa conquistata reiterando saperi accademici (repetita iuvant), nonostante Indicazioni Nazionali, Orientamenti, Linee Guida etc. Nel Rapporto si passano in rassegna la formazione iniziale, l’anno di formazione, la formazione in servizio, argomentando su “lo stato dell’arte, le criticità, le proposte”. Ne deriva un quadro equilibrato, con proposte ragionevoli e anche condivisibili (pp.39-44).

Alcune domande sul futuro della professionalità docente

Sono proposte che suscitano tuttavia qualche interrogativo.

  • Il profilo docente ha bisogno di un semplice riassetto o di una rifondazione? Essere “abilitati” ad insegnare è soltanto “imparare un mestiere”, con la padronanza di quelle competenze psicopedagogiche, disciplinari, metodologiche, relazionali… che il Rapporto esplicita (pp. 39-40), oppure comporta pure tratti vocazionali, di empatia, riflessivi, cooperativi? E queste capacità non debbono essere verificate come le altre?
  • Il reclutamento non va ripensato per renderlo coerente alla specificità della professione docente? Non è il caso di rimodularlo, in tempi brevi, con percorsi universitari abilitanti (come propone il Comitato) che diano ampio spazio alle problematiche dell’insegnamento-apprendimento, sia a livello didattico sia culturale?
  • Vogliamo “liberare” l’anno di prova (biennio?) dall’attuale “finzione tutoriale”, utilizzando figure di supervisori esterni?
  • Infine, è bene collegare la formazione in servizio “obbligatoria, permanente e strutturale” con una diversa articolazione dello sviluppo professionale e con supporti a livello di Scuola (come il Comitato propone, pp. 43-44), ma non bisogna in ogni caso mettere mano allo Stato giuridico dei docenti e ai Contratti Collettivi Nazionali di lavoro?[13].

Il Rapporto come un “cantiere aperto”

Questo Documento di studio ha il pregio di connotarsi come una rivisitazione di questioni che da tempo si dibattono nella scuola e nella società. Esamina contesti, pone interrogativi, avanza proposte, nella speranza che la nostra classe dirigente ne prenda visione e soprattutto agisca di conseguenza. Sullo sfondo (ma non troppo) la necessità che il nostro Paese consideri l’insegnamento come impresa collettiva (ADI, 2020), l’investimento in formazione come una priorità e una precondizione per un futuro sostenibile. Sarebbe interessante che il Documento fosse portato all’attenzione delle Scuole, con una Nota di accompagnamento del Ministro.


[1] Comitato composto da 18 componenti tra cui accademici, imprenditori, persona della scuola). Sui lavori del Comitato, cfr. Scuola7 n. 194.

[2] Esemplificando: Piano Colao “Italia 2020-2022” (2020); Orientamenti pedagogici sui LEAD/sistema integrato zerosei (2020); Crescere senza distanza (bambini ospedalizzati, 2020); Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei (2021).

[3] Ma con uno sguardo anche alle urgenze di oggi, come osserva in un suo contributo M. Spinosi, componente del Comitato (Scuola 7, n. 222/2021).

[4] Cfr. le slide del prof. Bianchi per le audizioni alla Camera e al Senato, già citata e l’intervista a M. Spinosi, componente del comitato.

[5] Si rimanda alla necessaria lettura analitica del testo, per approcciare tutte le articolate tesi sostenute dal Comitato.

[6] Cfr. in ROARS NL, 26.03.2019. A. Angelucci, La didattica per competenze: una “pedagogia capitalista” per addestrare a flessibilità e precarietà?

[7] Per approfondimenti cfr. l’utilissimo Resoconto dell’incontro annuale della Società Americana di Ricerche sulla Scuola (AERA), a cura di Norberto Bottani, in www.adiscuola.it/Pubblicazioni/AeraBottani/aeb0_frame.htm , 2010. Sempre attuale.

[8] Cfr. ad es. il Piano di intervento per la riduzione dei divari scolastici al sud, 2020 (MI, INVALSI, ACRI, Con i bambini).

[9] Il Rapporto insiste correttamente su azioni integrate pluriennali e interministeriali.

[10] Cfr. per approfondimenti il documento del MI, Linee pedagogiche per il sistema integrato zero-sei, bozza, 2021.

[11] Ne abbiamo 13.335, il 25,5% della copertura tot., Istat, 2020, su dati 2018-19. Nel PNRR poi non è chiaro come la cifra pur consistente di 3,6 mld possa effettivamente raggiungere un target di offerta di servizio per l’80% degli utenti.

[12] Altre analisi, per la fascia 0-6, per la Primaria e per la Secondaria di I° e 2° grado, nel Rapporto alle pp. 68-78.

[13] Su tutta la questione della formazione docente il dibattito è aperto. Si veda per es. ROARS NL. R. Latempa, 20.01, 2020 e G. Carosotti, 28 ottobre 2016; Fondazione Agnelli e Invalsi, Osservazioni in classe, 2021; Fondazione Agnelli, Le sfide per l’innovazione didattica, Audizione Camera, 25.09.2019; G. Cerini, Scuola 7, n. 166,2020; ADI NL, 21.12.2020.