L’architettura scolastica e i nuovi ambienti di apprendimento

Dal Rapporto del 13 luglio del Comitato degli esperti: capitolo IV

Noi abbiamo un importante patrimonio edilizio che non è però più adeguato alle esigenze di una didattica efficace: aule spaziose, laboratori, servizi e spazi comuni, aree verdi. Sappiamo pure che molti edifici scolastici (circa il 42%) sono stati costruiti prima del 1971 e che circa il 60% non è in possesso del certificato di prevenzione incendi.

Questo tema viene affrontato nel capitolo IV del Rapporto del Comitato degli esperti presieduto dall’attuale Ministro[1] e chiama in causa un duplice livello di problematiche, tra loro interconnesse: lo stato della nostra edilizia scolastica, la sostenibilità di spazi e soluzioni didattiche per l’apprendimento: “… un mix tra hardware, software e humanware” (come si legge nel documento a pag. 56).

Gli accattivanti scenari futuri…

Aver dedicato un capitolo a questa tematica significa aver riconosciuto che l’avventura formativa non può più prescindere da architetture scolastiche e ambienti di apprendimento decisamente innovativi. Per utilizzare gli spazi non solo per “stare” a scuola ma per “viverla” in una dimensione inclusiva, si ha bisogno di nuovi profili di progettisti, attenti alle dinamiche ambientali, socio-relazionali e comunicative[2]. Tale “diversa” spazialità origina nuovi ambienti di apprendimento (setting didattici), dalla cifra olistica, in cui spazio e tempo vengono coniugati come un continuum. All’interno di siffatti, originali paradigmi è possibile l’ideazione di un Piano Nazionale per l’Architettura Scolastica (PNAS) che si interfacci con:

  • i contesti territoriali (morfologia, paesaggio, tradizioni locali, fattori identitari, mobilità…);
  • le norme di sicurezza e protezione (criteri sismici, agenti atmosferici, tecnologie costruttive…);
  • i criteri ambientali, spaziali e cognitivi (fruibilità, inclusione, accessibilità, flessibilità, riconfigurabilità, multi-modalità e multimedialità…);
  • gli aspetti energetici, economici e di sostenibilità (materiali e ciclo di vita, manutenibilità, ecoincentivi…);
  • le qualità sensoriali e le variabili del benessere psico-fisico (benessere termico, acustico, visivo, paesaggio olfattivo, trattamenti cromatici…);
  • i materiali e le tecnologie di ultima generazione (illuminazione a led, arredi componibili, display, verde…).

Andare oltre l’emergenza

Bisogna quindi pensare ad una scuola come insieme di “architetture relazionali” dove i muri non siano confini, ma “interfacce”. Bisogna pensare a soluzioni in cui:

  • il fuori si trovi dentro e il dentro diventi fuori (per esempio: piccole serre, giochi all’aperto, mercatini…);
  • l’edificio sia “bio” (si gioca con le energie e si insegna a gestirle);
  • le connessioni di rete permettano il rapporto tra dentro e fuori;
  • le differenze prevalgano sulle uniformità (la personal school);
  • le materie siano anche materiale da costruzione (i pavimenti raccontano geometrie, le finestre parlano di climatologia…);
  • il dialogo con la comunità sia inteso come esplorazione perenne.

Si pensa anche ad edifici e a strutture che favoriscano il confronto continuo con altre professionalità, esterne alla realtà scolastica.

Ambienti con vocazione specifiche

Nel rapporto si sottolinea la necessità di progettare ambienti con vocazioni pedagogico-didattiche specifiche. Per esempio: S.T.E.M. LAB (per le discipline scientifico-tecnologico- matematiche); M.E.T.S. ROM (per le dimensioni etico-sociali); DIGITAL GYM (per le attività neuromotorie); FOOD TRACK (per la filiera alimentare).

Si ragiona su come sviluppare soluzioni per apprendere nella comunità, cioè per realizzare, in modo strutturale e strutturato, quelle reti e quelle alleanze tra scuola e territorio che permettano il raccordo tra tempo-scuola formale e tempo-scuola informale o non formale. A tal proposito viene immaginato un modello C.A.M.PU.S., nel senso di azioni scuola-territorio centrate su particolari discipline: Computing, Arte, Musica, vita Pubblica, Sport. Tale ipotesi può rappresentare una preziosa risorsa per un’educazione a più dimensioni che promuova conoscenze, abilità, resilienza, empatia, etica, leadership, cooperazione, problem solving, autoefficacia, cittadinanza, imprenditorialità.

Le preoccupanti condizioni del presente

Questo disegno innovatore[3] purtroppo deve fare i conti con un’edilizia scolastica precaria e vetusta, nonostante la riqualificazione degli edifici scolastici sia divenuta una priorità governativa già da qualche anno (2014). Abbiamo ancora, però, un patrimonio edilizio (40.749 sedi scolastiche statali) con un’età media di 52 anni; il 59,5% nondispone del certificato di prevenzione incendi; il 53,8% non ha quello di agibilità; una scuola su quattro dichiara una manutenzione inadeguata; la sostenibilità energetica (doppi vetri, pannelli solari…) interessa tra l’11,9 e il 38,2% dei plessi scolastici[4]. In sostanza, mettere mano sulle architetture scolastiche costituisce una grande impresa e una sfida importante per la classe dirigente di questo Paese.  Ricordiamo però alcune misure prese:

  • la costituzione di una Struttura di missione, presso la Presidenza del Consiglio;
  • i 9,5 miliardi di euro stanziati tra il 2014 e il 2017, che hanno finanziato 10.000 interventi e la costruzione di 300 nuove scuole “a prova di futuro”;
  • i 350 milioni di euro della legge 107/2015 destinati alla realizzazione di edifici con standard europei.

Più recentemente ci sono state ulteriori misure:

  • l’implementazione del Fondo unico per l’edilizia scolastica (già operante dal 2012) per il periodo 2019-2025 con cospicui fondi (65 milioni);
  • il budget previsto nella Legge di Bilancio 2020 di 4 miliardi fino al 2033 (cifra che però copre, oltre alla costruzione di nuovi edifici, l’efficientamento energetico, le misure antincendio, il rischio sismico e altre tipologie di intervento).

Molte idee innovative e buone pratiche[5]

Per costruire una scuola che guarda al futuro le idee innovative non mancano. Basta saperle cogliere e realizzarle. Le direzioni possono essere diverse, come per esempio quelle indicate dai progetti per la valorizzazione dello “star fuori” che, dopo questa fase pandemica, si arricchisce di un ulteriore valore aggiunto.

  • L’outdoor education (Oe) è un orientamento pedagogico, cioè una “modalità” di fare educazione, valorizzando al massimo le opportunità dello star fuori (out-door) e del concepire l’ambiente esterno come luogo di formazione. Da spazi esterni “bollati” dagli adulti come inadatti e pericolosi, alla loro rivalutazione come preziosi alleati educativi, che supportano le prassi didattiche e producono flussi di benessere psico-fisico nella vita dei ragazzi[6].
  • Il Manifesto dell’educazione diffusa è un progetto pedagogico-didattico che promuove una scuola in grado di “…reimmettere bambini e ragazzi nel tessuto sociale…” e farli “… gradualmente uscire dai reclusori scolastici, nel recente passato anche domestici …”. È una esperienza scolastica di “liberazione”, ma soprattutto di formazione esperienziale, in cui i saperi informali e non formali dialoghino con i saperi formali e non siano “vissuti” come un’appendice posticcia e occasionale alle trame intangibili dei contenuti enciclopedici. Buone pratiche come quelle progettuali dell’Officina del fare e del sapere di Gubbio, di Bimbisvegli di Serravalle di Asti rappresentano efficaci esempi di traduzione in operatività didattica delle tesi del Manifesto[7].
  • Il nuovo layout delle aule deve diventareun’architettura con più spazi aperti, policentrici, con ambienti integrati in presenza e online, con setting aperti sul territorio, laboratori ad alta flessibilità e mobilità, assegnati al docente e non più alla classe. È importante, infatti, che sia il docente a restare in classe e gli studenti a ruotare tra spazi diversi[8].

[1] https://www.miur.gov.it/documents/20182/0/RAPPORTO+FINALE+13+LUGLIO+2020.pdf/c8c85269-3d1f-9599-141c-298aa0e38338?version=1.0&t=1613234480541

[2] Fluidificazione funzionale…, design dei servizi e delle qualità ambientali, uso sociale del territorio, impiego attivo dei nuovi media, sono alcune delle nuove condizioni capaci di attivare qualità relazionali (Report, pag. 57).

[3] Cfr., Linee Guida per il ripensamento e l’adattamento degli ambienti di apprendimento a scuola, European Schoolnet, Indire, 2017 e il monografico della Rivista dell’Istruzione, RIS, Maggioli, n. 6/2020.

[4] Rapporto sull’edilizia scolastica, Fondazione Agnelli, 2019; MIUR, Anagrafe nazionale edilizia scolastica, dati a.s. 2018-2019.

[5] Spunti tratti e adattati dal monografico della Rivista dell’Istruzione, RIS, cit.

[6] Cfr., R. Farnè et alii (a cura di) Studi e ipotesi di lavoro, 2014,201; M. Montessori, 1948, G. Zavalloni, 2008; P. Gray, 2015; D. Trovato (2020), L’outdoor education al tempo del Covid 19: i Centri Estivi, Scuola 7, n. 188.

[7] Cfr. P. Mottana, G. Campagnoli, 2017, 2020; C. Ward, 2018, C. ed E. Freinet, 1976.

[8] Riflessioni ed esperienze sul campo in RIS n. 6 cit. da pag. 28 a pag. 51.