Piano Scuola Estate 2021

Un ponte per il nuovo inizio?

L’interrogativo nasce spontaneo, anche per le contrapposte reazioni che sono affiorate nel web all’indomani della diffusione del Piano Scuola Estate predisposto dal Ministero dell’Istruzione. Tentiamo qui di dare una risposta, cercando di cogliere la cornice di senso del piano di interventi del valore di circa 510 milioni di euro, diffuso a tutte le scuole lo scorso 27 aprile con la Nota prot. n. 643, firmata dal Capo dipartimento, mediante cui sono stati esposti gli obiettivi e le modalità di utilizzo delle risorse economiche finalizzate.

Un piano per non lasciare nessuno indietro

Rafforzamento degli apprendimenti e recupero della socialità costituiscono, come si legge nella citata nota n. 643, la finalità prioritaria del “Piano Scuola Estate 2021”, a fronte di ciò che la pandemia «ha fatto emergere con maggiore chiarezza» in termini di «diffuse privazioni sociali, culturali, economiche», esacerbando «le differenze e l’impatto sugli studenti in termini di apprendimenti e fragilità» e «determinando nuove ‘povertà educative’».

È un dato di fatto che gli effetti deleteri dell’emergenza sanitaria, ancora in atto, abbiano colpito maggiormente le fasce più fragili della popolazione ed in modo particolare i minori che vivono in contesti familiari svantaggiati sul piano socioeconomico, oltre che culturale[1].

È innegabile, pertanto, che la crisi complessiva di questo momento storico abbia accresciuto la sfida precipua del mandato costituzionale della scuola: rimuovere le disuguaglianze e “non lasciare nessuno indietro”, in primis chi è portatore di bisogni educativi speciali, «utilizzando tutta la dedizione umana e professionale possibile, così come gli strumenti pedagogici, didattici ed operativi disponibili» (nota cit.).

La funzione costituzionale della scuola: punto nodale del Piano Scuola Estate

La corposa nota ministeriale richiama inequivocabilmente la funzione costituzionale della scuola. Probabilmente, anche la scelta di un’impostazione linguistica non usuale – meno burocratica e più familiare a chi opera tutti i giorni in contesti scolastici – va nella direzione di voler rimarcare la centralità della scuola pubblica. In questa prospettiva, dunque, potrebbe essere intesa l’ambizione del Piano Scuola Estate di voler rappresentare «un punto di partenza di un percorso di trasformazione ed evoluzione del sistema Istruzione». L’intento del Piano sarebbe proteso, infatti, a contribuire alla realizzazione di una scuola accogliente, inclusiva e basata su logiche di apprendimento personalizzato; una nuova alleanza educativa con i territori, che consolidi il senso di appartenenza alla “comunità” e preveda il coinvolgimento attivo delle rappresentanze di studenti e genitori; un modello educativo finalizzato a mitigare il rischio di dispersione scolasticae di povertà educativa.

La centralità della scuola nella costruzione della “comunità educante territoriale”

È alla scuola che spetta il compito di divenire collettore di tutti gli altri contesti operanti su un territorio, tra enti, istituzioni e realtà operative del terzo settore, con lo scopo di riconoscersi parti attive di una comunità educante territoriale quanto più ampia possibile.

Anche questa è una sfida insita nella funzione centrale della scuola nel campo dell’istruzione, dell’educazione e della formazione. Riuscire a creare connessioni con e tra “sguardi plurimi” (nota cit.), riconoscendo l’apporto che può scaturire dall’incontro con “altri mondi”, consente alla scuola di farsi promotrice di un approccio partecipativo e cooperativo di tutte le realtà attive a livello territoriale. Potrebbe essere questa la chiave di lettura del monito contenuto nella premessa della nota del Capo dipartimento: «Occorre una scuola aperta, dischiusa al mondo esterno».

Un’apertura che sottintenda condivisione, compartecipazione, coinvolgimento attivo nella realizzazione di un’offerta formativa che, non a caso, va definita con tutti gli stakeholder di un determinato territorio e che dovrebbe potersi dispiegare in un tempo disteso. E la regia non può non essere che delle scuole, cui viene riconosciuta autonomia didattica e organizzativa, oltre che quella di sperimentazione e ricerca[2].

Sono probabilmente questi i presupposti, dunque, in base ai quali è chiesto alle scuole, anche con il Piano Scuola Estate, di «moltiplicare gli spazi, i luoghi, i tempi, le circostanze di apprendimento, dentro e fuori la scuola»[3].

Un piano a tre fasi

Il piano formulato dal Ministero dell’Istruzione (M.I.) prevede tre “macro-fasi”, in continuità fra loro.

La prima fase punta al rinforzo e potenziamento delle competenze disciplinari e relazionali ed è da realizzarsi nel mese di giugno, attraverso attività laboratoriali, scuola all’aperto, studio di gruppo, da effettuare anche sul territorio, con collaborazioni esterne o con il terzo settore, per incrementare le competenze di base di studenti e studentesse. Le risorse umane da coinvolgere sono, quindi, docenti, personale ATA, educatori ed esperti esterni.

La seconda fase mira al rinforzo e potenziamento delle competenze disciplinari e della socialità ed andrebbe realizzata nel periodo luglio-agosto. Alle attività di potenziamento degli apprendimenti si affiancano più intensamente attività di aggregazione e socializzazione, prioritariamente per coloro che si trovano in una condizione di fragilità, costituendo un insieme specifico racchiuso nell’acronimo C.A.M.P.U.S. (Computing, Arte, Musica, vita Pubblica, Sport), che rimanda all’idea di “aula didattica decentrata” di frabboniana memoria[4]. In realtà, le attività potranno svolgersi in spazi aperti delle scuole e del territorio, prevedendo il coinvolgimento del personale ATA, risorse umane del terzo settore, educatori ed esperti esterni. Si tratta della fase in cui possono essere agiti i Patti Educativi di Comunità, a cui si è fatto cenno in precedenza, e previsti dal Piano Scuola 2020-2021[5].

La terza fase è destinata al rinforzo e potenziamento delle competenze disciplinari e all’introduzione al nuovo anno scolastico, da realizzarsi a settembre in stretta correlazione con le fasi precedenti. Essa è finalizzata a preparare studentesse e studenti alla ripartenza. Oltre al personale ATA, gli educatori e gli esperti esterni, sono coinvolti pertinentemente i docenti per la realizzazione di iniziative a carattere laboratoriale, con l’utilizzo di metodiche che prevedano anche azioni di peer tutoring e didattica blended, one to one, cooperative learning.

La modalità organizzativa delle attività da realizzare nel corso delle diverse fasi è, ovviamente, ad appannaggio delle istituzioni scolastiche, sulla base delle prerogative degli organi collegiali e tenendo conto delle diverse fonti di finanziamento previste.

Un piano con tre diverse fonti di finanziamento

I 510 milioni di euro, previsti per l’attuazione del Piano Scuola Estate 2021, provengono da più fonti di finanziamento diversi, con la conseguente diversità della gestione amministrativa da parte delle scuole.   

  • La prima linea di finanziamento era stata definita con il D.L. 22 marzo 2021, n. 41. All’art. 31, c. 6[6] era già previsto che, con un apposito decreto ministeriale, fossero distribuiti a tutte le scuole 150 milioni di euro, sulla base del numero di alunni, per una media di circa 18.000 euro per scuola. Il Piano Scuola Estate ha, quindi, orientato l’utilizzo di queste risorse già stanziate e che rappresentano una fonte certa su cui tutti gli istituti scolastici del Paese potranno contare.
  • La fonte finanziaria più corposa, che ammonta a circa 320 milioni di euro, è rappresentata dal bando PON emanato lo scorso 27 aprile con l’Avviso pubblico n. 9707 relativo a “Apprendimento e socialità”[7]. Entro il 21 maggio prossimo, le scuole – singolarmente o in rete e col coinvolgimento di Istituzioni ed Enti, pubblici, privati o del terzo settore – sono invitate a presentare le proprie proposte progettuali di durata biennale, pur se con la raccomandazione di avviare le attività a giugno prossimo[8].
  • La terza linea di finanziamento, pari a 40 milioni di euro, deriva dalle risorse di cui alla ex legge 440/1997, per le quali criteri e parametri di utilizzazione sono stati definiti dal D.M. 2 marzo 2021, n. 48. Si tratta di fondi già finalizzati (all’art. 3 del citato decreto ministeriale) all’ampliamento dell’offerta formativa e al contrasto della povertà educativa. Anche questi fondi saranno assegnati alle scuole sulla base di candidature, da presentare a seguito di apposito avviso pubblico predisposto dalla Direzione Generale competente. Certamente, questo fondo consentirebbe di proseguire azioni da prevedere in un piano generale di contrasto all’emergenza educativa, in grado di mettere in correlazione i diversi piani progettuali in un continuum sistemico e coerente, mirando a dare gambe concrete anche ai patti educativi di comunità.

La necessità di un piano strategico di scuola come cornice di senso

È indubbia la necessità che ogni scuola, per fronteggiare le situazioni di povertà educativa dilaganti, debba dotarsi di un piano strategico complessivo di interventi, coerente con il proprio impianto complessivo di offerta formativa, in base alla specificità del contesto territoriale in cui opera. È un invito che viene rivolto anche dalla stessa circolare ministeriale, laddove esorta che le attività siano collocate in una cornice di senso: «Che le attività siano ancorate a ciò che si è fatto e che diano origine a esperienze e a percorsi che poi vengano assunti e sviluppati nel prossimo anno scolastico».

Ma le scuole ben sanno che bisogna rifuggire la logica della giustapposizione di interventi scollegati tra loro. Ben sanno che bisogna avere un disegno organico, con azioni messe a sistema, ottimizzando tutte le risorse a disposizione.

In questa prospettiva, di certo, ogni scuola avrà ancora da realizzare percorsi progettuali (specie extracurricolari) lasciati a metà, appena iniziati o per niente avviati, a causa della situazione contingente piombata all’improvviso da marzo dello scorso anno.

E lo scossone inferto alla scuola dalla pandemia non è stato – e non è tuttora – di poco conto!

Ma tra il dire ed il fare c’è di mezzo il coronavirus

Stiamo vivendo, come scuola nel suo complesso, una fase delicatissima a causa della pandemia. Perché al di là di tutte le difficoltà la scuola non si è mai fermata, come giustamente ha sottolineato lo stesso Ministro Bianchi in più occasioni[9].

Tutto il personale della scuola si è rimboccato le maniche, senza se e senza ma. Ma il coronavirus ha logorato e sta logorando le menti. Vi è un forte senso di stanchezza (e anche di frustrazione) che comincia a espandersi tra gli operatori della scuola. Il rischio è che essi perdano di vista la propria funzione istituzionale, principalmente per i più fragili, perché fagocitati da una situazione contingente che induce a viversi tra Sisifo e Penelope[10].

Ogni momento della vita scolastica ormai è scandito da procedure di prevenzione e contrasto alla possibile diffusione del contagio da SARS-COVID2, con tutte le implicazioni collegate. Per non parlare delle procedure di gestione amministrativa di progetti (come quelli con fondi dell’UE), la cui complessità non è proporzionata alla valenza delle proposte da poter realizzare.

Tutto questo sta incidendo negativamente sulle realtà scolastiche e rischia di travolgere anche il Piano Scuola Estate, aldilà delle buone intenzioni insite in esso. È una situazione che non può essere ignorata: la scuola è fatta di persone. E le persone vanno ascoltate, comprese e sostenute.

La scuola militante da ascoltare e di cui avere “cura” per un nuovo inizio

La scuola attiva non si tira mai indietro. E non lo farà nemmeno ora. Anche se al momento sembra avanzare un’onda di rifiuto verso il Piano Scuola Estate, vissuto istintivamente come un ulteriore aggravio di lavoro, dopo tanta fatica che sembra essere non adeguatamente soppesata. È da considerarsi forse un’onda d’urto, per ottenere ascolto e “cura”.

La pandemia ha messo a nudo i punti nevralgici del nostro sistema scolastico. È arrivato il tempo di porvi definitivamente rimedio. Se davvero si vuole creare un ponte per un nuovo inizio, bisogna partire dalle sue fondamenta (edilizia scolastica, organici, contratti di lavoro, etc.). Le scuole autonome, per poter funzionare e portare a buon fine le diverse iniziative (non solo estive), hanno bisogno innanzitutto che siano rimossi alcuni limiti burocratici e che siano semplificate le procedure, ma anche di poter contare su un numero maggiore di risorse umane, in primis su un contingente amministrativo ben qualificato e riconosciuto.

Le risorse messe a disposizione per la “Missione 4 – Istruzione e Ricerca” del PNRR fanno ben sperare, ma ci sono dei nodi che necessitano di essere sciolti subito, perché l’avvio del nuovo anno scolastico non veda il ripetersi di un copione già vissuto da settembre ad oggi.

Solo se si guarda in avanti con questa prospettiva di assunzione di responsabilità da parte dei decisori politici e partendo dall’ascolto delle voci che vengono dal basso, a dirla con Giancarlo Cerini, si potrà immaginare che il Piano Scuola Estate diventi un prezioso ed ulteriore banco di prova di un modo sempre più rinnovato di essere e fare Scuola, come comunità educanti territoriali.  


[1] Cfr. Rapporto di Save the Children “Riscriviamo il futuro. L’impatto del coronavirus sulla povertà educativa”, 2020.

[2] Cfr. DPR 8 settembre 2000, n. 299.

[3] Cfr. Premessa Nota 643/2021.

[4] Cfr. F. Frabboni, Sì, l’educazione è possibile. Ma a un patto, in AA.VV., Un’educazione possibile, a cura di F. Frabboni, La Nuova Italia, Firenze 1992. Vedi anche “Rapporto finale 13 luglio 2020”, Comitato degli esperti, Idee e proposte per una scuola che guarda al futuro, pp. 64-67.

[5] https://www.miur.gov.it/documents/20182/2467413/Le+linee+guida.pdf/4e4bb411-1f90-9502-f01e-d8841a949429

[6] Il comma 6 dell’art. 31 del D.L. 41/2021 recita testualmente: “Al fine di supportare le istituzioni scolastiche nella gestione della situazione emergenziale e nello sviluppo di attività volte a potenziare l’offerta formativa extracurricolare, il recupero delle competenze di base, il consolidamento delle discipline, la promozione di attività per il recupero della socialità, della proattività, della vita di gruppo delle studentesse e degli studenti anche nel periodo che intercorre tra la fine delle lezioni dell’anno scolastico 2020/2021 e l’inizio di quelle  dell’anno  scolastico  2021/2022,  il Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento  dell’offerta  formativa  e per gli interventi perequativi, di cui all’articolo 1 della legge  18 dicembre 1997, n. 440, è incrementato di 150  milioni  di  euro  per l’anno 2021. Tali risorse sono assegnate e utilizzate sulla base di criteri stabiliti con decreto del Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, anche al fine di ottimizzare l’impiego dei finanziamenti di cui al Programma operativo nazionale «Per la Scuola» 2014-2020, da adottarsi entro quindici giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge. Le istituzioni scolastiche ed educative statali provvedono entro il 31 dicembre 2021 alla realizzazione degli interventi o al completamento delle procedure di affidamento degli interventi, anche tramite il coinvolgimento, secondo principi di trasparenza e nel rispetto della normativa vigente, di enti del terzo settore e imprese sociali”.

[7] Cfr. https://pianoestate.static.istruzione.it/come-partecipare.html

[8] Le risorse disponibili, come per tutti i programmi operativi nazionali, sono assegnate per circa il 70% alle regioni in “ritardo di sviluppo”, per circa il 10% alle regioni in transizione e per il rimanente 20% circa alle altre regioni. Fanno parte del gruppo di regioni in ritardo di sviluppo: Basilicata; Calabria; Campania; Puglia e Sicilia; sono considerate, invece, regioni in transizione: Abruzzo, Molise e Sardegna.

[9] https://www.miur.gov.it/documents/20182/0/11+marzo+2021+-+Famiglia+Cristiana.pdf/60e0cbc2-2eb0-c2a1-d679-35bff6755887?version=1.0&t=1619458268381

[10] Cfr. M. Macciantelli, La scuola del COVID, tra Sisifo e Penelope, Scuola/-210, 08.11.2020