La scuola del COVID, tra Sisifo e Penelope

All’inizio, uno studio

All’inizio della seconda fase dell’emergenza epidemiologica provocata dal Covid-19 non c’è solo, come vuole lo storytelling prevalente, l’affanno di una navigazione a vista, ma anche studi e approfondimenti seri come quelli consegnati nel volume dal titolo Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale, a cura del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità (www.salute.gov.it in data 25 settembre 2020).

Preparedness

Parola chiave: preparedness. Come si spiega in Premessa: “nelle emergenze di sanità pubblica comprende tutte le attività volte a minimizzare i rischi posti dalle malattie infettive e per mitigare il loro impatto durante una emergenza di sanità pubblica, a prescindere dalla entità dell’evento (locale, regionale, nazionale, internazionale). Capitolo 3 – Possibili scenari epidemici
nel periodo autunno-invernale in Italia. Capitolo 4 – Politiche adottate in Italia per affrontare la stagione autunno-invernale 2020 in riferimento ai pilastri strategici OMS.

Gli scenari

Nelle pagine 80, 81, 82, una Sintesi degli scenari, con quattro colori, da sinistra a destra, in ordine crescente di gravità: dal verde al giallo, dall’arancione al rosso. Il verde, purtroppo, escluso dalle circostanze. In questione gli altri tre: giallo, per il secondo livello; arancione, per il terzo livello; rosso, per il quarto livello.

L’art. 3, comma 1, del DPCM del 3 novembre, assume questo studio come presupposto scientifico per le nuove disposizioni.

Conseguenze sulla scuola

Ciò detto, stando agli atti, pur nel variegato e non sempre edificante spettro delle opinioni, vediamo le “ricadute” sulla scuola.

Occorre dire che, dopo un’estate di lavoro, dopo aver creduto in un progetto di didattica in presenza e in sicurezza, nell’arco di pochi giorni, a causa della recrudescenza del Covid-19, non senza un comprensibile senso di delusione e frustrazione, si è passati ad un’escalation che ha riconsegnato la scuola, in particolare la secondaria di secondo grado, alla didattica a distanza, in un modo analogo alla primavera scorsa, quando vi fu il Lockdown.

Una non piccola diversità consiste nell’esercizio della didattica a distanza da scuola, pur con qualche deroga motivata da riscontrabili e oggettivi problemi di connettività.

Avvertenze per l’uso

Un letterato, all’inizio del secolo scorso, raccomandava il saper leggere. Occorre dotarsi di una chiave interpretativa. Comprendere che siamo in un processo in divenire. Con quattro DPMC in meno di un mese: 13 ottobre, 18 ottobre, 24 ottobre, 3 novembre. Le prescrizioni dell’ultimo, in ordine di tempo, si propongono di rimanere in vigore sino al 3 dicembre, quando il DPCM precedente, in data 24 ottobre, intendeva arrivare sino al 24 novembre.

Si è fatto carico di una “lettura” del DPCM del 3 novembre, nella nota n. 1990, il Capo Dipartimento del Ministero dell’Istruzione Dr. Marco Bruschi, in data 5 novembre (d’ora in avanti: nota 1990). Al contempo, va menzionata una riuscita videoconferenza, presieduta dal Direttore Generale per il Veneto, Dott.ssa Carmela Palumbo, promossa attraverso YouTube, sempre in data 5 novembre, esempio di perizia tecnica e comunicazione da remoto bene applicate a un’istruttoria amministrativa aperta e partecipata.

100% a distanza

L’art. 1, comma 9, lettera s, del DPCM del 3 novembre prescrive l’adozione di “forme flessibili nell’organizzazione dell’attività didattica”, “in modo che il 100 per cento delle attività” sia “svolta tramite il ricorso alla didattica digitale integrata”, così superando, nell’arco di appena una settimana, la percentuale del 25% in presenza.

Con una clausola che merita di essere attentamente considerata: “Resta salva la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l’uso di laboratori o in ragione di mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità o con bisogni educativi speciali”.

Inclusione, non discriminazione

L’inclusione è costitutiva dell’identità della scuola. Uno sviluppo, da un lato, del principio di “non discriminazione” e di “eguaglianza sostanziale”, fissato dall’art. 3 della Costituzione; dall’altro del primo comma dell’art. 34: “La scuola è aperta a tutti”.

Ma forse è il caso di precisare che sono almeno tre le fonti normative per l’inclusione che, insieme, contribuiscono a definire l’articolazione di tre diverse tipologie di bisogni formativi.

Dapprima la legge 104/1992 relativa alla disabilità. Quindi la legge 170/2010 sui disturbi specifici di apprendimento (DSA). Poi la direttiva del 27 dicembre 2012 e la circolare n. 8 del 6 marzo 2013, grazie alle quali è stata recepita la cultura degli Special Educational Needs (Bisogni educativi speciali, BES), di derivazione britannica, attraverso il Rapporto Warnock del 1978, anche in considerazione del disagio sociale o culturale.

Nel d.lgs. 66 del 13 aprile 2017 – capo I, art. 1, comma 1 – troviamo un’efficace definizione dell’inclusione scolastica, la quale “risponde ai differenti bisogni educativi e si realizza attraverso strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno nel rispetto del diritto all’autodeterminazione e all’accomodamento ragionevole, nella prospettiva della migliore qualità di vita”.

No alla confusione nell’indistinto

Nella Sintesi delle azioni e degli strumenti per la ripartenza del Piano scuola 2020-2021 (dm 39 del 26 giugno 2020) si dice così: “Azioni e interventi specifici per garantire l’inclusione degli studenti con disabilità, con disturbi specifici dell’apprendimento e degli studenti con bisogni educativi speciali” (p. 17). E nel capitolo Piano scolastico per la Didattica digitale integrata si aggiunge: Nel caso di nuova sospensione dell’attività didattica l’Amministrazione centrale, le Regioni, gli Enti locali, gli enti gestori delle istituzioni scolastiche paritarie e le istituzioni scolastiche statali opereranno, ciascuno secondo il proprio livello di competenza, per garantire la frequenza scolastica in presenza, in condizioni di reale inclusione, degli alunni con disabilità e degli alunni e studenti figli di personale sanitario o di altre categorie di lavoratori, le cui prestazioni siano ritenute indispensabili per la garanzia dei bisogni essenziali della popolazione” (p. 16).

Insomma l’ultima cosa che serve all’inclusione è la confusione nell’indistinto: quando la rappresentazione dei bisogni formativi è ricca di accenti e sfumature: solo attraverso un’attenzione alle distinzioni, alle peculiarità, alla personalizzazione degli apprendimenti, essa può essere meglio compresa. Evitando l’uniformità, rispettando l’eterogeneità.

E i DSA?

Il DPCM del 3 novembre, forse per un lapsus calami, dimentica i DSA, facendo riferimento ai BES in un modo che merita di essere approfondito. Quando le cose non risultano del tutto chiare, è opportuno dotarsi di una riflessione, in questo caso coinvolgendo i Consigli di classe, per valutare su quali esperienze e con qualità modalità sviluppare attività didattiche, senza trascurare l’esigenza di condividerle con le famiglie, in coerenza con il patto educativo di corresponsabilità. La stessa opzione tra didattica in presenza o a distanza, nei casi relativi all’inclusione, va calibrata con il conforto delle famiglie.

Le Linee guida per la Didattica digitale integrata, allegate al dm 89 del 7 agosto 2020, sulla base delle quali il Collegio di docenti deve elaborare il Piano per la DDI da allegare al PTOF, hanno sollecitato un’attenzione anche per gli “alunni ricoverati presso le strutture ospedaliere o in cura presso la propria abitazione e frequentanti le scuole carcerarie”.

Peer Education

Bisogna applicare il DPCM del 3 novembre senza tradirne lo spirito, volto a contenere e mitigare i rischi del contagio. Quindi inclusione e laboratori vanno inquadrati considerando la presenza attraverso il criterio di un numero di studenti che sia congruo sotto il profilo delle indifferibili precauzioni, senza escludere, per i laboratori, una possibile turnazione.

Sempre nella nota n. 1990, ad un certo punto, si osserva che è essenziale che si realizzi un’inclusione scolastica “effettiva” e “non solo formale” e che la frequenza dell’alunno con disabilità possa avvenire “in coerenza col PEI, nell’ambito del coinvolgimento anche, ove possibile, di un gruppo di allievi della classe di riferimento, che potrà variare nella composizione o rimanere immutato, in modo che sia costantemente assicurata quella relazione interpersonale fondamentale per lo sviluppo di un’inclusione effettiva e proficua, nell’interesse degli studenti e delle studentesse”.

Un suggerimento che può richiamarsi alla metodologia, cooperativa e solidale, della peer education.

La “cordata” di Dario Ianes

Come ha avuto modo di osservare Dario Ianes: “la cordata, come preferisco chiamarla, deve essere eterogenea: potrà comprendere ragazzi con disabilità, BES, DSA, come pure coloro che con la didattica a distanza mostrano maggiori difficoltà, ma anche, al contrario, ragazzi capaci di fare da tutor, insieme eventualmente ai figli degli operatori sanitari, che pure devono essere tutelati. L’importante è che il gruppo sia eterogeneo. Il secondo principio è la presenza in classe dei docenti curricolari: forse questo non piacerà a tanti, ma penso che chi lavora nella scuola debba percepirsi e comportarsi come chi lavora in ospedale: pronto per ciò che avviene. E se ora avviene questo, che piccoli gruppi di studenti siano in classe, allora i docenti dovranno essere lì, insieme naturalmente agli insegnanti di sostegno e agli assistenti, ovviamente tutti collegati con la classe a distanza” (intervista su Professione Insegnante).

Gruppi eterogenei

Attenzione: se il gruppo è costituito solo da coloro che vengono inviduati come “fragili” rischia di non essere più eterogeneo. Lo ha ribadito la presidente del Coordinamento italiano degli insegnanti di sostegno, Evelina Chiocca, richiamandosi al dm 39/2020 e al dm 89/2020. Il rischio è la ghettizzazione, per quanto non voluta, il ritorno alle classi differenziali, abolite nel 1977 dalla legge 517: “La testimonianza più esemplare e avanzata di civiltà giuridica e sociale del nostro Paese rispetto al contesto europeo e internazionale”, ha scritto Mario Guglietti.

Non è sufficiente la sola frequenza per parlare di inclusione. Inclusione comporta relazione.

Non tradire lo spirito del DPCM

Quindi, evitare di tradire lo spirito del DPCM del 3 novembre, contestualizzandolo in ordine alle motivazioni e finalità: evitare che, in presenza, sia un numero di studenti maggiore di prima, di quanto previsto dal DPCM del 24 ottobre con la quota in presenza del 25%, ricercando quindi soluzioni equilibrate.

Il DPCM del 3 novembre definisce un sistema scolastico, per quanto provvisorio, che comporta una prospettazione che non può che essere affidata all’autonomia scolastica.

Le riunioni degli organi collegiali

Altro aspetto: “Le riunioni degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche ed educative di ogni ordine e grado possono essere svolte solo con modalità a distanza”.

I giuristi ci insegnano che la norma non ricorre a verbi modali e pratica l’indicativo. Si potrebbe dire così: “Le riunioni degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche ed educative di ogni ordine e grado si svolgono con modalità a distanza”.

La nota n. 1990 termina con queste parole: “L’unica modalità ammessa dal 6 novembre sino al 3 dicembre è, dunque, quella a distanza”.

Mascherina obbligatoria anche in posizione statica

Sempre all’art. 1, comma 9, lettera s, il DPCM del 3 novembre rende obbligatori i dispositivi di protezione delle vie respiratorie, non solo in posizione dinamica, anche statica (tornando alla pronuncia originaria del Comitato Tecnico Scientifico).

La nota 1990 precisa: “L’obbligo all’uso della mascherina per il personale scolastico e per gli studenti con almeno sei anni di età vale, ovviamente, oltre che per il primo ciclo di istruzione, anche per il secondo, per quelle attività che continuano a svolgersi in presenza. Sono esentati dall’obbligo, oltre ai bambini con meno di sei anni di età, anche i docenti, gli ATA e gli studenti che non possano utilizzarla per patologie o disabilità certificate”.

La mascherina corretta è quella chirurgica distribuita dalle scuole.

Fascia oraria 22.00-5.00

Ancora (art. 1, comma 3): “Dalle ore 22.00 alle ore 5.00 del giorno successivo sono consentiti esclusivamente gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative, da situazioni di necessità ovvero per motivi di salute”. Questo implica una riflessione per CPIA, Percorsi di Secondo Livello, Corsi Serali.

Al contempo, sono sospesi (art. 1, comma 9, lettera t) i viaggi di istruzione, le iniziative di scambio o gemellaggio, le visite guidate e le uscite didattiche comunque denominate (…) fatte salve le attività inerenti i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO).

Il concorso tra color che son sospesi

Ultimo ma non ultimo, il concorso straordinario del personale docente della scuola secondaria di primo e di secondo grado su posto comune e di sostegno relativo al D.D. 23 aprile 2020 n. 510 e al D.D. 8 luglio n. 783.

Non farlo. Farlo. Infine sospenderlo.

Sicché, in coerenza con l’ispirazione del DPCM, art. 1, comma 9, lettera z: “è sospeso lo svolgimento delle prove preselettive e scritte delle procedure concorsuali pubbliche e private”. Senonché il DPCM viene firmato la sera del 3 novembre.

Diacronie

Il testo viaggia nell’etere sino a depositarsi su p.c. e smartphone verso le ore 12 del giorno successivo, con conferma, per quanto provvisoria, che il DPCM entra in vigore dal 5 novembre. Ma per la mattina del 4 novembre, in alcune zone del Paese, sono regolarmente previste le prove concorsuali, le commissioni attive dalle ore 6, siccome i responsabili tecnici d’aula devono essere nelle condizioni, prima dell’arrivo dei candidati, di predisporre le postazioni, avviando il software alla schermata iniziale, utilizzando la password di attivazione resa disponibile sul sito riservato alle ore 6.30.

Sono le 11.06 del 4 novembre quando l’Agenzia ANSA batte questa notizia: Ultima ora, DPCM sospende concorso scuola ma oggi prove regolari.

Solo nel pomeriggio del 4 novembre la nota n. 1979 dispone “la sospensione dello svolgimento delle prove scritte della procedura straordinaria”. Su MI Social un post esce alle 21.56.

Sempre l’ANSA, alle 22.36 del 5 novembre, informa dello slittamento al 6 novembre dell’entrata in vigore del DPCM.

Terribilismo verbale

Insomma, siamo in un’emergenza e, in questo caso, si è visto.

Ne porta traccia anche il dibattito pubblico, bulimico nell’enfasi retorica, incline ad un utilizzo del tutto improprio del terribilismo verbale o del linguaggio della guerra, come se l’espressione pandemia non fosse di per sé sufficientemente grave. Non senza una disputa politica del tutto distonica dal contesto, compresa l’insistita cacofonia tra Regioni e Stato. Quando invece parole e atti dovrebbero limitarsi a corrispondere, con chiara responsabile semplicità, alla gravità della situazione.

Equilibrio instabile

La scuola, intanto, è come sospesa tra un non più e un non ancora, chiamata ad una duplice prova posta in un equilibrio instabile tra Penelope e Sisifo. Ogni giorno a tessere la tela, disfacendola la notte. A spingere un masso dalla base alla cima di un monte, solo che ogni volta che si raggiunge la cima, il masso rotola nuovamente alla base del monte, e ogni volta, incessantemente, di nuovo, così, senza requie, senza fine.

Una prova antenticamente vissuta. Il diritto all’apprendimento, nella condizione data, inscindibilmente connesso alla capacità di sviluppare, nell’autonomia, le risorse della ricerca e della sperimentazione, con la piena coscienza di stare esprimendo il massimo impegno per impostare le soluzioni possibili.