PNRR, Istruzione e ricerca

Tante idee da portare a buon fine

Non si può dire che la scuola non abbia trovato spazio nel PNRR presentato alla Commissione Europea per ottenere il tanto promesso maxi-finanziamento. E va riconosciuto al governo Draghi un’apprezzabile sensibilità verso i problemi dell’istruzione dei giovani, a cominciare dalla nomina di Patrizio Bianchi al vertice di viale Trastevere. Il neoministro infatti è portatore di una seria riflessione sui vari aspetti critici del nostro sistema formativo che aveva già affrontato in qualità di responsabile di un comitato di esperti voluto dal suo predecessore, oltre che di una prolungata esperienza nel settore come assessore della Regione Emilia Romagna.

Lo scenario che ci attende

Dopo la pandemia si profila uno scenario che deve rafforzare la sicurezza, sia sotto l’aspetto sanitario, con strutture, dispositivi e con una più attenta medicina scolastica, sia sotto il profilo organizzativo con la previsione di mettere al centro l’autonomia delle scuole e la flessibilità dei curricoli, sia per l’aspetto sociale che chiama in causa più intensi rapporti con il territorio, attraverso la stipula di “patti educativi” con le famiglie e le amministrazioni locali. Va ricordato che per la Missione 4 del PNRR (Istruzione e ricerca) sono stati destinati 30,88 miliardi di euro di cui 19,44 per il settore “Potenziamento dell’offerta dei servizi d’istruzione: dagli asili nido all’università” (C1) e 11,44 miliardi per il settore C2 “Dalla ricerca all’impresa”.

Per una scuola al passo coi tempi

Il Presidente del Consiglio nel suo discorso di investitura è andato oltre al dibattito sulla didattica a distanza e ha parlato di un miglioramento della qualità riferita agli standard europei, con innesti di nuove discipline e metodologie che coniughino le competenze scientifiche con quelle umanistiche e del multilinguismo. Ha richiamato inoltre l’investimento nella formazione del personale attraverso una collaborazione tra scuola e università: vi sono infatti profonde differenze tra il 2000 in cui sono nati i ragazzi e il 1900 in cui si sono formati i loro docenti. Ha anche messo in evidenza l’importanza di valorizzare l’istruzione tecnica per sostenere i profondi mutamenti del mercato del lavoro, motivare i giovani verso i saperi tecnologico-operativi e indirizzare il nuovo sviluppo sostenibile.

Un impegno concreto: colmare i gap formativi

Resta primaria la questione dell’uguaglianza dei traguardi formativi pur in situazioni di partenza differenti, che la pandemia rischia di accentuare. Si tratta di costruire un umanesimo tecnologico, attraverso percorsi integrati tra istruzione e formazione professionale e di contrastare il fallimento dell’azione educativa soprattutto là dove ci sono i più poveri; la qualità degli ambienti di apprendimento fa considerare il territorio stesso e le imprese come comunità educanti.

Il rapporto del comitato degli esperti del 13 luglio 2020 (presieduto da Bianchi) parlava di problematizzazione dell’insegnamento e contestualizzazione dell’apprendimento. Non potrà mancare l’attività di orientamento con l’impiego di apposite figure di tutoraggio; il tempo scuola andrà scandito con nuclei fondamentali del sapere, attività complementari-laboratoriali con funzione motivante e integrative-opzionali da sviluppare in ambito scolastico o sul territorio per personalizzare ulteriormente il curricolo.

La sfida per le nuove generazioni: un rinnovamento culturale e didattico

Nel piano nazionale non vi si legge un modello di riforma simile a quelli del passato, molto spesso costruiti dall’esterno, ma si percepisce la propensione per un processo di rinnovamento culturale e didattico a partire da ciò che esiste già nel nostro ordinamento. I grandi temi su cui intervenire sono stati tutti elencati, ma quasi nessuno è stato articolato (ad eccezione, forse, del sistema integrato 0-6); mancano un po’ ovunque le linee specifiche di attuazione. È, tuttavia, evidente che l’obiettivo prioritario sia quello di voler alzare il livello qualitativo per arrivare agli standard europei in campo educativo, rinviando a passaggi successivi, l’individuazione delle necessarie procedure.

Nel piano si vuole sicuramente valorizzare e sostenere le autonomie delle scuole e garantire l’efficacia dei sistemi formativi. Si indicano, tra i vari strumenti, una rinnovata attenzione alla valutazione e alla partecipazione alle indagini nazionali e internazionali, come quelle INVALSI e OCSE-PISA. Si sottolinea l’importanza del contrasto all’abbandono scolastico e il miglioramento del rapporto tra domanda e offerta di lavoro. Si parla di arricchire il percorso scolastico con l’insegnamento delle abilità fondamentali e delle conoscenze applicative coerenti con le sfide che la modernità propone. Si parla anche di una maggiore attenzione alle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics).

Assi portanti per programmare il futuro della scuola

In altre parole la Missione “Istruzione e ricerca” si basa su una strategia che poggia su alcuni assi portanti:

  • Miglioramento qualitativo e ampliamento quantitativo dei servizi di istruzione e formazione.
  • Miglioramento dei processi di reclutamento e di formazione degli insegnanti.
  • Ampliamento delle competenze e potenziamento delle infrastrutture scolastiche.
  • Riforma e ampliamento dei dottorati.
  • Rafforzamento della ricerca e diffusione di modelli innovativi per la ricerca di base e applicata condotta in sinergia tra università e imprese.
  • Sostegno ai processi di innovazione e trasferimento tecnologico.
  • Potenziamento delle condizioni di supporto alla ricerca e all’innovazione.

All’intero di questo ampio quadro di linee riformistiche, diventa prioritario l’obiettivo di rivedere i curricoli scolastici nell’ottica dell’essenzializzazione e dell’integrazione, puntando contestualmente su competenze specialistiche anche per l’orientamento.

Ridimensionare le classi e le istituzioni scolastiche

Con una misura particolare (Investimento 1.2) si intende avviare un piano di estensione del tempo pieno e delle mense e rendere le scuole sempre più aperte al territorio anche oltre l’orario scolastico accogliendo la necessità di conciliare la vita personale e lavorativa delle famiglie (con particolare attenzione alle madri). Un altro investimento importante (1.3) è quello relativo al potenziamento delle infrastrutture e lo sport anche nelle scuole primarie.

Quando si parla di riforma dell’organizzazione scolastica (Riforma 1.3) si sottolineano, tuttavia, due itinerari specifici: quello di ridurre il numero degli alunni per classe e quello rivedere il dimensionamento della rete scolastica.

La riduzione del numero degli alunni per classe potrebbe anche prevedere il superamento delle classi stesse, una riorganizzazione per gruppi, con un organico di istituto assunto anche in modo differenziato dalle scuole. Il dimensionamento della rete scolastica, alla base del quale ci sono state in passato prevalenti ragioni di risparmio economico, oggi deve andare incontro alle aree interne e ai piccoli comuni, ma anche fungere da modalità preventiva per la salute delle comunità.

La centralità della formazione docente

Insieme a tutte le questioni fin qui affrontate, non poteva mancare una riflessione sulla formazione e il reclutamento dei docenti. La riforma del sistema di reclutamento dei docenti intende ridisegnare i concorsi per l’immissione nei ruoli “rafforzando, secondo modalità innovative, l’anno di formazione e prova, mediante una più efficace integrazione tra la formazione disciplinare e laboratoriale con l’esperienza professionale nelle istituzioni scolastiche” (M4C1.2). Inoltre, per rendere sempre più solide le competenze professionali, il PNRR vuole rafforzare ulteriormente il sistema di formazione continua in servizio. Questo, insieme ad una migliore pianificazione del bisogno degli insegnanti, consentirà di affrontare il cronico mismatching territoriale.

Il primo passo perché tale obiettivo possa realizzarsi è quello di mettere mano sulle procedure concorsuali, semplificandole dal punto di burocratico, ma rendendole più efficaci nell’accertare le competenze necessarie per accedere alla professione e anche la propensione alla cura educativa.

Ed ora si lavora

Queste sembrano essere le principali esigenze che il nostro Paese manifesta all’Europa. Ma il piano nazionale non presenta, come è stato detto, schede mirate con indicazioni di soluzioni analitiche in relazione alle criticità dichiarate. Prendiamo atto, tuttavia che il Governo si sta impegnando sul settore educativo, ma ci rendiamo conto che siamo ancora alle dichiarazioni di principi (inconfutabili) e ad un approccio ancora troppo generico. Questa scelta ci induce a credere che le risorse potrebbero prendere strade differenti sulla base di opzioni che si renderanno necessarie nei passaggi successivi. È importante comunque aver raggiunto il primo risultato. I tempi sono oramai maturi per portare a buon fine i nostri obiettivi. Non possiamo permetterci di sbagliare.