Convitti ed educandati statali

Il docente educatore: una professionalità da curare e valorizzare

Nel panorama scolastico statale c’è un’offerta formativa a tutto tondo, che coniuga gli aspetti della cura dell’educazione e dell’intelligenza sociale ed emotiva, facendo dell’alunno, denominato “Convittore”, il centro di tutte le attività didattiche ed educative che la scuola può́ proporre. Rimanda alla suggestiva idea dei College americani, ma non disdegna l’attenzione dedicata ai bisogni speciali.

Scuole di formazione alla vita

I Convitti e gli Educandati statali, sono le “Scuole di formazione alla vita”, binomio unico nel suo genere, di antica e prestigiosa tradizione, unita ad un modello formativo innovativo e completo.

Una proposta per una preparazione culturale che esalti tutte le potenzialità del tempo scuola prolungato, in strutture monumentali, con residenzialità accogliente e funzionale.

Essi, pur arricchendo l’offerta scolastica statale, sono e rimangono, tuttavia, ordinamenti peculiari, direi a “formazione integrata” (nel senso di didattica+educazione) impegnati a garantire pari opportunità nello studio ed inclusione per allievi fuori sede o con disagi.

Si articolano nelle tre tipologie: Convitto Nazionale, Convitto Annesso, Educandato Statale.

Che cosa sono i Convitti nazionale per sordi

I Convitti Nazionali per Sordi e l’Istituzione Educativa Statale per Audiofonolesi di Marsala (unica struttura del sud d’Italia) operano anche attivando ausilio logopedico e psicomotorio. Qui educatori specializzati, esperti in LIS (la lingua dei segni), guidano la formazione dei giovani ospiti affetti da sordità, anche protesizzati o con disturbi del comportamento.

Le loro carte vincenti sono:

  • Il tempo pieno strutturato, caratterizzato dall’attività educativa con un approccio pedagogico a 360 gradi e lungo un orario 24 ore, reso possibile grazie all’organizzazione convittuale;
  • La figura professionale dei docenti educatori (classe di concorso L030) esperti in «Pedagogia e didattiche speciali dell’insegnamento», collocata dall’articolo 3 del DPR 23 agosto 1988 n. 399 nell’area funzione docente. Gli Educatori operano, per ruolo e per funzione, in collegialità con i docenti di disciplina, in tutte le iniziative formative destinate agli allievi convittori e semiconvittori.

Scuola come comunità educante

I convitti rendono concreta il rapporto virtuoso tra “individualità” e “comunità” e dimostrano come la relazionalità collegiale conduca più lontano di ogni rigido approccio gerarchico.

Sono scuole che si possono definire come ‘comunità educante’, molto più delle altre, proprio per la ricchezza di professionalità tutte, pariteticamente e sinergicamente, impegnate nella cura e nella crescita dell’alunno; ma anche per l’articolata composizione della sua offerta formativa, che si dispiega in verticalità e continuità rispetto ai percorsi curricolari.

Costituiscono, con orgoglio, un modello di autonomia ‘ante litteram’ nel contesto scolastico moderno, preso poi a prestito anche da altri ordini di scuola.

Scuola autonoma ante litteram ed inclusiva

In particolare, nei Convitti nazionali, grazie alle prerogative di autonomia amministrativa, giuridica e contabile, già preesistenti alle disposizioni sulla autonomia scolastica delle Istituzioni statali, (Regio decreto 1054/1923 antesignano sull’autonomia della legge 59/1997 e del DPR 275/1999) vengono opportunamente scelte e ospitate le diverse ‘scuole statali annesse’.

Nel segmento della Scuola Secondaria di II grado, i Convitti Nazionali offrono una formazione strategica quanto più fedele alla filosofia educativa perseguita nel Piano educativo individualizzato (PEI).

Gli Educatori nella peculiarità delle loro mansioni, rispondono alla richiesta di allievi e famiglie circa la presenza preziosa di persone adulte di riferimento che siano, al contempo, qualificate nella costruzione e nella cura di un rapporto educativo emulativo, non giudicante, ma inclusivo e umanizzante.

Un impianto strutturale solido

Unitamente alla valorizzazione del personale educativo, anche il rispetto della peculiare configurazione giuridica delle Istituzioni stesse, contribuisce a dispiegare le potenzialità di questo modello organizzativo in modo ‘efficace e proprio’.

Infatti è dimostrato che il successo e la longevità di queste tipologie di scuole sono strettamente subordinate alla sopravvivenza e all’implementazione del loro autentico e tradizionale impianto strutturale. Laddove i convitti e gli educandati sono stati ‘snaturati’ e forzatamente equiparati a “comuni scuole ordinarie con l’aggiunta degli educatori”, si è assistito ad un progressivo svilimento della loro vera “mission” e al declino della loro attrattività da parte delle famiglie e degli alunni.

Rinunciando al riconoscimento della prestigiosa e antica “cultura dei convitti”, c’è il pericolo di sovrapporsi, con uno schema non autentico e poco lungimirante, alla già tanto fragile e generalista offerta della scuola di ieri, risultando in tal modo, un contenitore vuoto o un inutile duplicato. Nel caso dei Convitti la tradizione vale come innovazione

Un rilancio intelligente

Esistono buone possibilità e prospettive, alla luce delle indicazioni europee del Next Generation EU e in linea con gli obiettivi del PNRR sulla scuola, focalizzato su tempo pieno, digitalizzazione, lotta alla dispersione, rafforzamento delle competenze di base, per un’esportazione del modello virtuoso di “convitto” anche nel segmento delle altre scuole statali. Una sfida di avanguardia educativa, che, qualora vinta, porterebbe all’introduzione del personale docente educativo in tutto il nostro panorama scolastico.

Di convitti, dunque, dovrebbe più generosamente dotarsi tutto il sistema scolastico attuale, o, quanto meno, dovrebbe replicarsi il suo modello educativo, perché, opportunamente governato da Rettori illuminati, contribuirebbe certamente, al rilancio dell’intera istruzione pubblica, proiettandola in una dimensione più prettamente pedagogica ed educativa.

Il ruolo centrale del docente educatore

Le prerogative dell’educatore, enunciate nel relativo contratto collettivo, risultano spesso poco considerate nelle loro potenzialità funzionali, andrebbero urgentemente aggiornate, sia pure partendo dal fatto che tale ruolo si presenta in tutta la sua complessità e delicatezza. Ai docenti educatori sono assegnate funzioni molto articolate e di alta professionalità, non sempre adeguatamente riconosciute e valorizzate. Basti pensare che, non potendo fruire della carta docente, essi si aggiornano investendo risorse personali nel tentativo di mantenere vivo e attuale il patrimonio cognitivo e strumentale indispensabile nell’assistenza agli allievi.

Queste figure si occupano, in modo professionale e tecnico, del funzionamento del processo cognitivo, padroneggiano la matetica (la scienza degli apprendimenti), applicano quotidianamente le metodologie più adeguate, guidano i ragazzi allo studio in maniera personalizzata.

Alcune criticità da evidenziare

C’è, tuttavia, una eccessiva difformità e genericità nello status del personale educativo. Tale personale viene utilizzato in maniera diversa a seconda delle singole realtà operative: si passa dal ruolo di “sorvegliante” a quello di “assistente di cattedra”. È una situazione che occorre rivedere e conformare in modo inequivocabile, in ossequio al contratto di disciplina, declinandolo nell’ambito della funzione docente, nella sua più specialistica dimensione educativa e psico-pedagogica.

Altro punto critico è la partecipazione dell’educatore ai momenti collegiali della vita scolastica degli allievi a lui affidati e all’organizzazione della offerta educativa loro proposta. È ancora troppo marginale e non sistematica. Si tratta di compiti e responsabilità che hanno bisogno di nuovi interventi giuridici e contrattuali.

Rimettere mano alla normativa

Tali problematiche devono essere affrontate, in primo luogo, attraverso il riordino della normativa di riferimento, che è ferma alle poche e troppo generaliste prescrizioni dei decreti delegati del 1974 (confluite nel Testo Unico del D.lgs 297/1994), ancor più ai Regi Decreti del passato ventennio. Neanche la legge 107/2015 è riuscita a mettere mano su questo difficile problema. Lo stato normativo attuale degli educatori preclude funzionalità e diritti come formazione, bonus docenti, partecipazioni collegiali, crescita professionale.

L’educatore come “geografo dell’umano”

Il potenziamento dei momenti collegiali e del ruolo educativo sarà garanzia di longevità ed eccellenza per queste Istituzioni.

Possiamo considerare l’educatore come “geografo dell’umano”, figura che perlustra e crea, avventuroso scopritore di nuovi spazi per l’emancipazione, tutor per la realizzazione personale.

Nelle attività di studio, l’educatore promuove e presiede quel processo che porta dall’elaborazione degli apprendimenti e alla maturazione di esperienze di vita significative.

La sua più autentica funzione è proprio quella dell’insegnare, nel senso etimologico di “incidere, imprimere segni”, ma anche nell’aulica accezione di indirizzare verso ‘valori della humanitas’ in quella difficile missione che porta alla mente la definizione freudiana di “lavoro impossibile”.

Un educatore autorevole ed esperto

La presenza di un educatore autorevole ed esperto può realmente fare la differenza nel vissuto di ciascun alunno, se egli riesce, con la naturalezza del suo esempio ad ispirare sani e validi modelli esistenziali.

Il tempo convittuale poi fa il suo corso e la sua parte, funzionando come acceleratore di processi di sviluppo e di socializzazione. È questa una condizione particolarmente importante nell’età dell’adolescenza: è una condizione che aiuta a riconoscere la propria identità personale, a ricercarla nell’imprescindibile esperienza del gruppo, dove l’“Io” può diventare “Sé” e, nel contesto condiviso dei pari, può diventare “Noi”. In questo passaggio l’educatore c’è, è presente, è guida, mediazione strategica, presidio.