La dignità umana tra etica e diritto

Risolvere le disuguaglianze che affliggono la società globale

Quando la morsa della pandemia stava allentando la sua presa, ecco la guerra russo-ucraina che interviene a provocare un nuovo shock nelle nostre vite gettando lunghe ombre sul futuro che ci aspetta. L’inattesa offensiva russa, agìta in una situazione di totale autoreferenzialità tanto da potersi permettere la violazione delle regole del diritto internazionale e del buonsenso, ha soffocato il sacrosanto diritto al pensiero critico (dal greco krino, discernere), consegnandoci ad un nichilistico non-pensiero che ha aperto la via ad aberranti atrocità e azioni di disumanizzazione su larga scala, mettendo a rischio la “dignità dell’uomo”

Il concetto di dignità umana

Dopo una preliminare anticipazione di impronta cristiana, il concetto di dignità fa il suo ingresso nella storia del pensiero con Kant, mentre nei testi giuridici compare all’indomani della seconda guerra mondiale, con la promulgazione della Costituzione della Repubblica Federale Tedesca del 1949. E non è un caso che sia proprio la legge fondamentale tedesca uno dei primi documenti in cui il riferimento alla dignità umana acquisti un ruolo di assoluta preminenza: nato come reazione agli orrori perpetrati dal regime nazionalsocialista, il nuovo ordine internazionale trova nel riconoscimento della dignità umana, come valore assoluto ed incondizionato, il suo punto di partenza.

Ma non si tratta dell’unico significato di dignità ad affermarsi. In quello stesso periodo emerge anche un’altra nozione, che si presenta con minore enfasi ma comunque ben evidenziata: è quella espressa dalla nostra Costituzione nella quale i riferimenti alla dignità non assumono il valore preminente che contraddistingue la Costituzione tedesca, ma pongono l’accento su un concetto di dignità umana come valore sociale. La nostra Carta costituzionale si costruisce, infatti, su una Repubblica “fondata sul lavoro” (art.1) e non sulla “intangibilità” della dignità umana. Volendo effettuare un rapido excursus delle fonti giuridiche in tema di riconoscimento e di tutela della dignità umana, possiamo individuarne almeno quattro, esplicitate in successio­ne cronologica: la Costituzione italiana; la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; il Patto internazionale sui diritti civili e politici; la costituzione dell’Unione europea

La dignità nella Costituzione italiana

La Costituzione della Repubblica italiana, entrata in vigore il 1° gen­naio 1948, dispone all’art. 2 che “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come sin­golo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”, e all’art. 3, laddove recita che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge” la dignità viene connessa non all’uomo astrattamente inteso, bensì all’uomo nei suoi rapporti economico-sociali, per cui la dignità, in conformità all’art. 4, c. 2, consiste nello svolgere “secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società”. Il riconoscimento della dignità, saldamente ancorato ad una dimensione sociale, viene espresso con due significati specifici tra loro interconnessi: ogni persona ha eguale dignità ed eguale valore. Infatti la “pari dignità sociale” di cui all’art.3 va intesa nel senso che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, senza più distinzione in base al titolo (i titoli nobiliari non sono più riconosciuti) o all’appartenenza ad una determinata classe sociale.

La dignità nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo

La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, promulgata dall’ONU il 10 dicembre 1948, consacra la dignità umana nel Preambolo: “Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana, e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo.”. Il lavoro di stesura è stato guidato dalla volontà di evitare il ripetersi delle atrocità commesse durante la Seconda guerra mondiale. Nel Preambolo della Dichiarazione viene, infatti, specificato che “il disconoscimento ed il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità”. Risulta fondamentale, pertanto, che “i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione”.

Patto internazionale sui diritti civili e politici e costituzione dell’Unione europea

Il Patto, adottato dall’ ONU il 16 dicembre 1966 ed entrato in vigore il 23 marzo 1976, recita all’art. 9 che “Ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza della propria perso­na”, e nel successivo art. 10 che “Qualsiasi individuo privato della propria libertà deve essere trattato con umanità e col rispetto della dignità inerente alla persona umana”.

La Costituzione dell’Unione Europea, stipulata a Roma il 29 ottobre 2004, si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, libertà, uguaglianza e solidarietà, e si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto. Essa pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. In particolare, l’art.1 del Capo I denominato “dignità umana” recita: “La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata”.

Carta dei diritti dell’Unione europea

È nota anche come Carta di Nizza perché proclamata dal Consiglio d’Europa, una prima volta a Nizza nel dicembre 2000 e una seconda volta, in una versione adattata, nel dicembre 2007, è entrata in vigore come allegato del Trattato di Lisbona del 1° dicembre 2009 ed è giuridicamente vincolante per tutti gli Stati membri dell’UE. Si tratta del primo documento giuridico in cui la dignità umana compare come primo valore e in piena autonomia rispetto ad altri valori, come libertà ed eguaglianza a cui tradizionalmente veniva associata, perché la dignità della persona umana non è soltanto un diritto fondamentale in sé, ma costituisce la base stessa dei diritti fondamentali dell’uomo. In particolare, il Capo I detta il principio del rispetto della dignità di ogni individuo e, prendendo letteralmente a modello l’art. 1 della Legge fondamentale tedesca secondo cui “La dignità dell’uomo è intangibile. È dovere di ogni potere statale rispettarla e proteggerla”, nell’art. 1 afferma che “La dignità umana è inviolabile”, da cui il diritto alla vita, la condanna della pena di morte, il diritto all’integrità della persona. E di seguito: “Essa deve essere rispettata e tutelata”: il dovere di protezione è implicitamente espresso in una concezione della dignità come diritto positivo. Ne consegue che nessuno dei diritti sanciti nella presente Carta può essere usato per arrecare pregiudizio alla dignità altrui e che la dignità della persona umana fa parte della sostanza stessa dei diritti sanciti nella Carta. Essa non può, pertanto, subire pregiudizio, neanche in caso di limitazione di un diritto. Gli artt. 4 e 5 del medesimo Capo I sanciscono esplicitamente la proibizione della tortura e di pene umane degradanti, della schiavitù, del lavoro forzato e della tratta degli esseri umani.

Ma intanto la spirale distruttiva della guerra ucraina continua ad imperversare

L’azione di guerra, che imperversa da oltre due mesi, ha fatto emergere l’unanime consenso circa la necessità di interrompere la sua spirale distruttiva, espressione della brutalità di un pensare e di un agire sospinto da impulsi imperialisti ed egemonici.

Purtroppo il clima di ostilità ha congelato le coscienze e disattivato la dialettica: numerosi tentativi di soluzione negoziale sono falliti, a nulla sono valsi l’espulsione dei diplomatici russi, il sequestro delle loro ville e dei mega yatch, il blocco dell’import di petrolio e l’annuncio di nuove sanzioni economiche; neanche la sospensione della Russia dal Consiglio dei Diritti Umani e la proposta di un Tribunale per crimini di guerra sul modello di Norimberga riesce a convertire il Cremlino alla cessazione delle ostilità.

Una crudeltà oltre la dignità: “Orrorismo”

E intanto continua l’esodo dei profughi in fuga, proseguono i bombardamenti su scuole, ospedali pediatrici e orfanotrofi, e non si arrestano le stragi di civili: uomini torturati, carbonizzati, con le mani legate dietro la schiena e i corpi marchiati da svastiche, bambini abusati, donne stuprate, martoriate con colpi d’arma da fuoco nelle parti intime, tagliate a pezzi o sfigurate con una Z incisa sul petto sono le vittime dell’aggressione russa, anonimi esemplari della specie umana, esseri che agli occhi degli aguzzini non sono responsabili di alcuna colpa, perché lo stupro, l’abuso, lo sfregio non rappresentano l’esecuzione d’una sentenza di condanna.

Oggi le guerre si combattono più contro le popolazioni che contro gli eserciti, e vittime di queste nefandezze sono sempre più spesso persone qualunque, interscambiabili, esemplari qualsiasi della specie umana, inermi senza qualità, per dirla con la filosofa Adriana Cavarero, che il confronto con alcuni casi esemplari del repertorio dell’orrore come Auschwitz e l’analisi intorno a situazioni di cruda sopraffazione e violenza hanno indotto a considerare un inedito punto di vista, quello dei vulnerabili e degli inermi. Con il termine “orrorismo”[1], il neologismo da lei stessa coniato, la Cavarero ha voluto sottolineare come l’orrore di scene di inaudita atrocità oltrepassi l’orizzonte della crudeltà per arrivare a decostruire l’umanità stessa delle vittime, la loro singolare identità, la loro intima dignità.

La dignità non ammette gradi, non può essere né guadagnata, né perduta

Il termine dignità, dal latino dignitas che significa eccellenza, nobiltà, valore, oltre ad essere un principio richiamato dalle norme giuridiche, è anche un principio etico che rende l’essere umano degno di esistere. Tale postulato appartiene indistintamente ad ogni essere umano qualificandosi come un valore indeterminato, indivisibile e universale. E, il fatto di essere posseduto in maniera eguagliante da tutti gli esseri umani, gli conferisce la connotazione di inaccessibilità, intangibilità e invulnerabilità. La dignità non ammette gradi, non può essere guadagnata né perduta, non si compra né si vende ma esordisce con la nascita stessa dell’essere umano, che per questo non deve mai essere trattato come un mezzo ma sempre kantianamente come fine in sé, da cui il divieto di ogni sua strumentalizzazione[2]. In altre parole, la dignità umana non spetta all’uomo per la posizione che egli occupa al vertice del regno della natura, ma per la sua appartenenza al regno dei fini: l’uomo è degno perché è un essere capace di agire nel rispetto di leggi morali, merita dignità in quanto è capace di azioni morali.

La rappresentazione del rispetto di sé

Purtroppo nella fase storica che stiamo attraversando, assistiamo ad una quotidiana violazione di tale principio: eccessi d’intolleranza e prevaricazione conducono ad azioni di spietata e lesiva atrocità vittime innocenti sottoposte ad “un dominio pieno e incontrollato”[3], che annulla la loro dignità di esseri umani involontariamente coinvolti in un’esibizione di straziante disumanità.

La vita è un dono prezioso, e lo è per tutti quanti, non solo per chi nasce in una parte fortunata del mondo. Allo stesso modo, la dignità è una concezione antropologica che appartiene a tutti gli esseri umani: destinatari della dignità non sono soltanto gli individui razionali consapevoli e indipendenti, ma anche bambini, donne, anziani e tutte quelle persone che vivono, non solo in situazioni ambientali degradanti, ma anche in contesti sociali inaccettabili che non consentono loro di dar voce alle loro esigenze o di esprimere le proprie specificità. È invece giusta, accettabile o “decente” per dirla con il filosofo israelita Margalit Avishai, una società pervasa di genuino pluralismo che non umilia i cittadini che vi abitano, ma si fonda su istituzioni che non offendono il rispetto di sé che ciascun individuo merita e di cui dovrebbe godere per il fatto stesso di essere uomo, perché la dignità altro non è che “la rappresentazione del rispetto di sé”[4].

La difesa dei diritti umani

La dignità esige rispetto verso sé stessi e verso l’altro, in modo tale che l’umanità possa divenire veramente la famiglia di tutti, una famiglia chiamata ad essere unita nella diversità, mediante l’incontro e il dialogo tra etnie e generazioni, ma bisogna impegnarsi per creare le condizioni in cui la dignità possa effettivamente dispiegarsi.

Già nell’ordinarietà della vita difficilmente il singolo si presta a sporcarsi le mani per assumere le difese dell’altro che viene leso nella dignità. Ma la comunità deve farsene carico, in particolare la comunità educante, perché i giovani rappresentano il capitale sociale su cui costruire il futuro del nostro Paese.

Per poter edificare una condizione di vita degna di essere vissuta c’è, dunque, bisogno di un rinnovato concetto di comunità che implica accoglienza, rispetto, comprensione, solidarietà, valorizzazione delle differenze, oltre ad un radicale cambiamento di stile di vita aperto alla soluzione non violenta dei conflitti e alla sensibilità verso la difesa dei diritti umani.

Costruire comunità

“In questo momento è fondamentale la capacità di costruire comunità”, con queste parole il ministro Bianchi, il 4 aprile scorso, ha avviato il discorso in occasione dell’inaugurazione del 631° anno accademico dell’Università di Ferrara, e ha proseguito sostenendo che la guerra in atto così brutale, inaccettabile e folle può essere affrontata solo tenendosi stretti l’uno con l’altro nell’intento di costruire una comunità sociale ancora più forte: una sfida che si aggiunge all’appena trascorsa crisi sanitaria e si somma a tante altre sfide sociali, morali ed economiche pregresse; uno stimolo che si edifica sulle virtù civiche e sulla natura socievole dell’essere umano, ontologicamente proiettato verso l’altro; un incitamento che non consente arretramenti o debolezze, ma deve incoraggiarci a riguadagnare slancio e vigore con l’unica arma da imbracciare, quella della saggezza.

La guerra in Ucraina è esecrabile, così come è deplorevole ogni operazione imperialistica in atto nel mondo. Attraverso i megafoni della pace giunge forte un’unica convergente richiesta: garantire alla giovane repubblica dell’Europa orientale offesa, così come ad ogni altro popolo, il diritto all’autodeterminazione, e avviare un convinto percorso verso il disarmo, il che significa innanzitutto lavorare di comune accordo per risolvere le disuguaglianze e le crisi che affliggono la società globale, in modo da rendere superfluo il ricorso alla forza armata e alla necessità di produrre armi.

 


[1] Adriana Cavarero, Orrorismo, ovvero della violenza sull’inerme, Feltrinelli, 2007.

[2] I. Kant, Fondazione della metafisica dei costumi, 1785.

[3] Sono le parole scritte da Aldo Moro dal carcere delle Brigate Rosse, il 29 marzo 1978.

[4] Margalit Avishai, La società decente, Guerini e associati, 1998.