Sedici albe e sedici tramonti

Nell’orbita intorno all’umano con la filosofia

La giornata mondiale della filosofia 2022, celebrata presso la sede dell’UNESCO a Parigi, dal 16 al 18 novembre 2022, è stata dedicata all’uomo del futuro. L’appuntamento annuale realizzato in Italia ha scelto di porre al centro delle riflessioni filosofiche[1] un tema che è sintetizzato nell’espressione “Metamorfosi dell’Umanesimo”[2].

World Philosophy Day 2022: The Human of the Future

In Italia il programma è stato curato dal Ministero dell’istruzione e del merito in collaborazione con la Commissione Nazionale italiana per l’Unesco, l’INDIRE (con il suo Progetto PATHS, Philosophyc Approach to Thinking Skills), con l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, con il Centro di Ricerca Indagine Filosofica (CRIF, che si occupa in particolare del filone della Philosophy for Children), con la Fondazione Golinelli e la Casa Editrice – Web TV Inschibboleth. Nella locandina leggiamo le domande che costituiscono il fil rouge dell’incontro.

  1. Cosa chiamiamo umano oggi?
  2. Cosa continuiamo a chiamare umano nonostante l’evidente evoluzione storica e il futuro incerto che abbiamo di fronte?
  3. Le trasformazioni in atto, da quella digitale a quella climatica, mettono definitivamente in discussione la possibilità e la legittimità della stessa definizione di umanesimo?
  4. Come possiamo immaginare le nuove figure dell’umano in futuro?

Abbiamo tempo per filosofare?

In un mondo ipertecnologizzato, il concetto stesso di umanità è in continua evoluzione. Il bisogno di trovare risposte alle domande di senso sull’esistenza umana attraversa oggi con particolare urgenza tutte le generazioni. È soprattutto l’estrema accelerazione dei cambiamenti a far temere che non ci sia più spazio per una riflessione filosofica che ha fatto spesso ricorso ad una “visione di sistema” per tenere insieme o risolvere le contraddizioni del pensiero e dell’agire umano, quasi a congelarle in un meta spazio e meta tempo.

Per altri aspetti, anche nei diversi approcci e nei diversi settori della ricerca scientifica si registra una chiamata comune e sempre più stringente alla responsabilità etica e teoretica della rapida e continua trasformazione del conoscere.

E allora è sempre più frequente il ricorso a visioni parallele di una stessa realtà e, per utilizzare la narrazione di Paolo Nespoli della sua giornata in orbita intorno alla Terra, potremmo dire che, staccarsi dall’unico punto di osservazione di cui abbiamo esperienza, potrebbe farci acquisire la consapevolezza che nelle ventiquattro ore non ci sono solo un’alba e un tramonto, ma ben sedici albe e sedici tramonti.

Quale pensiero sulla realtà serve dunque all’umanità del nostro tempo? Ma questa domanda corrisponde esattamente a quella che ciclicamente si pongono i sistemi educativi? Cioè come deve cambiare la scuola per essere in grado di offrire i saperi necessari a interpretare il presente e disegnare il futuro? La Giornata mondiale della Filosofia potrebbe offrire qualche ipotesi di lavoro.

Nell’epoca dominata dalle transizioni, la filosofia conserva la caratteristica di essere il sapere più adatto a raccogliere tutto ciò che sfugge agli ambiti disciplinari specifici, una sorta di passepartout culturale che sposta in avanti e in profondità la propria conoscenza transculturale, lavorando sugli scarti, le contraddizioni e i paradossi. La sua cifra più pertinente si colloca nella transdisciplinarità.

Oltre la conoscenza procedurale della tecnologia

Una prima ipotesi di lavoro è quella indicata da Adriano Fabris[3]: se essere umani non è un destino e se l’intelligenza artificiale potrebbe in un futuro prossimo non essere più controllata necessariamente dall’uomo, dobbiamo porci il problema di quale sia il vero limite della tecnologia stessa, ma soprattutto dobbiamo rispondere alla domanda: “chi vogliamo essere?”.

Se è vero che dalla tirannia della logica siamo passati alla tirannia della procedura, il sapere e il sapere come fare producono programmi, ma non possono produrre scopi.

Alla domanda sul perché una conoscenza vada sviluppata e con quali finalità non può rispondere che l’uomo. È di assoluta attualità, ad esempio, che Elon Musk con Neuralink sembra voglia superare la visione di una robotica semplicemente sostitutiva e integrativa di “componenti fuori uso” dell’organismo umano per puntare dritto al suo potenziamento.

A scuola, ed è solo uno dei possibili campi di approfondimento, si può costruire con un lavoro pluridisciplinare un pensiero critico capace di indagare nuovi diritti che le tecnologie stesse di fatto hanno creato e continuano a creare.

Quale posizione costruiscono i nostri curricoli nei confronti degli sviluppi possibili della conoscenza umana? I giovani pensano che l’agire umano sia solo un saper fare o un saper come fare? C’è spazio sufficiente per l’immaginazione e la creatività come forme di conoscenza?

La “documanità”: la filosofia che interpreta l’era digitale

Maurizio Ferraris[4] propone di leggere l’evoluzione tecnologica in continuità con la storia “naturale” della specie umana. L’uomo tra circa otto miliardi di specie di esseri viventi ha dimostrato di saper sopravvivere meglio di ogni altra specie. Grazie al suo “naturale” disadattamento e alla sua lunga neotenia, è l’animale che da sempre si fa “definire” dalle tecnologie che lui stesso ha creato. L’idea di un automa perfetto ancora oggi non può comprendere per sua stessa definizione che procedure perfette. Solo l’organismo umano è capace di regolare sé stesso in base alla volontà di dominio o di sottomissione, perché ha un tempo di vita di cui è consapevole, con scopi e finalità da realizzare. L’ipotesi più corroborata è quella che vede un’umanità sempre più importante con il progredire della tecnologia e non viceversa: “è il web che impara come parlano gli umani, i loro comportamenti, cosa temono, cosa amano…”, ma è l’uomo e non l’automa ad avere la possibilità di “consumare” l’apparato di dati registrati sul web.

L’umanità del XXI secolo (e quindi la scuola) può dunque contare su un patrimonio documentale mai esistito in precedenza, un vero e proprio “capitale sociale” con caratteristiche assolutamente nuove rispetto a quelle del capitale marxiano o del capitale finanziario: è nuovo, è ricco, è rinnovabile, è equo cioè capace di rispondere ai bisogni che gli umani stessi come consumatori e produttori di informazioni hanno consentito di elaborare. Grazie al web l’uomo produce un nuovo tipo di capitale, che deve essere messo al servizio di tutti, perché tutti hanno prodotto e producono informazioni.

Questo tipo di rilettura critica dell’opinione corrente di una sottomissione e dipendenza dell’uomo nei confronti della tecnologia è quanto mai opportuna in una fase di transizione digitale, rispetto alla quale la scuola ha bisogno di fornire strumenti critici oltre che di conoscenza specifica delle singole strumentazioni e dei programmi. Questa idea di una nuova democrazia, favorita dal progredire dell’intelligenza artificiale, capace di liberare l’uomo dal “lavorare come una macchina” apre a una riflessione molto profonda sui curricoli scolastici attuali, sull’orientamento per la vita dei nostri studenti, sulle stesse metodologie di insegnamento. L’uomo che genera valore con le informazioni che produce è chiamato ad un supplemento di riflessione sulla responsabilità dell’esercizio della libertà. E questo si impara a scuola per poi essere in grado di continuare ad imparare durante l’intera esistenza.

Scegliere la direzione

Roberto Mordacci[5] suggerisce un compito preciso da affidare allo studio della filosofia: quello di capire le direttrici di sviluppo nella trasformazione della conoscenza umana e di aiutare a scegliere tra le diverse possibilità, sapendo che di ciascuna dobbiamo prima di ogni altra cosa valutare i rischi insieme alle opportunità.

  1. Il nord indica l’accelerazione tecnologica. Non possiamo rinunciare, ma i rischi sono la perdita del controllo, determinata dalla velocità dei cambiamenti, e l’assuefazione al rischio stesso.
  2. Il sud indica i luoghi lenti, il multiculturalismo, le migrazioni e i flussi storici di integrazione. Il rischio è legato all’incapacità di leggere e governare questi fenomeni.
  3. L’ovest indica il potenziamento bio-medico e la ricerca del benessere, ma anche la trasformazione biologica attraverso gli stessi strumenti di potenziamento.
  4. L’est indica il potere politico e la geopolitica, da studiare attraverso le forme di potere che si contrappongono: democrazia e autocrazia.

La scelta tra queste quattro direttrici è possibile solo se siamo sufficientemente attrezzati a rispondere alla domanda di fondo: in quale luogo vorremmo vivere?

La filosofia può aiutare a immaginare e dare forma a questo luogo, un luogo che non c’è ancora, utopia dunque, dove è sempre e comunque necessario un pensiero politico, cioè un pensiero che riguardi i rapporti di potere tra gli umani e di questi con il proprio ambiente.

In quale periodo è più forte e significativo il richiamo a questo tipo di bisogno se non nel periodo coincidente con la cosiddetta istruzione formale? Ancora una volta si chiama in causa la formazione alla responsabilità nell’esercizio della libertà. Un insegnamento forte da riprendere a scuola.

E intanto… a scuola

Matteo Borri e Samuele Calzone, ricercatori Indire, hanno fatto il punto sul Progetto PATHS, Philosophyc Approach to Thinking Skills: 1554 docenti iscritti; 1025 scuole di ogni ordine e grado; tre percorsi di studio: le parole, filosofi/e per pensare, i sillabi di filosofia per competenze; 119 esperienze didattiche pubblicate per il percorso dedicato alle parole per pensare.

Si può affermare che dalla pubblicazione nel 2017 degli “Orientamenti per l’insegnamento della Filosofia nella società della conoscenza[6]” molta acqua è passata sotto i ponti, o meglio, molti eventi eccezionali hanno segnato il bisogno di accelerare una riflessione sui cambiamenti necessari nella scuola nell’epoca delle trasformazioni rapide della conoscenza umana. Potrebbe essere scontato ribadire l’importanza di uno sguardo “curioso e paradossale”, tipico della filosofia, che da sempre accompagna la storia dell’umanità, ma anche la storia di ogni singolo individuo. È un fatto (e dovrebbe insegnarci qualcosa) che oggi non esista un talk show televisivo che nel mettere a tema una questione, un problema, non ospiti nel salotto buono almeno un filosofo oltre agli esperti del settore.

Le domande filosofiche, però, vanno costruite con cura a scuola, perché abituano ad elaborare un pensiero complesso che sia insieme “critico, creativo e di presa in carico” di un problema[7]. Le esperienze fatte in questi anni sono emblematiche della fecondità di percorsi tematici sulle transizioni in atto, che, se utilizzano la filosofia, immancabilmente producono interdisciplinarità e pratiche didattiche attive.


[1] In questa newsletter ci siamo occupati a più riprese dell’insegnamento della filosofia. Può essere utile seguire cronologicamente (ma non solo) il crescente interesse nei suoi confronti attraverso le risposte date a livello istituzionale (formazione insegnanti, allargamento ai curricoli delle scuole di ogni ordine e grado, insegnamento dell’educazione civica). Cfr. in Archivio i numeri 76/2018; 256/2021; 274/2022.

[2] https://youtu.be/SARKCFs1EiY Il link consente di seguire in differita l’intero evento.

[3] Adriano Fabris, Presidente della Consulta Nazionale di Filosofia.

[4] Maurizio Ferraris, Università di Torino, uno dei più influenti e originali filosofi contemporanei. Cfr. La documanità. Filosofia del mondo nuovo, Laterza, 2021.

[5] Roberto Mordacci è preside della Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele dove è professore ordinario di Filosofia Morale.

[6] https://www.miur.gov.it/documents/20182/0/Documento+Orientamenti.pdf/14a00e61-8a8e-4749-9245-0d22bbb3c5eb

[7] Cfr. www.topoineoi.it, Philosophy for CitizensShip, Pensiero complesso, Cittadinanza globale, Sviluppo sostenibile.