Ridimensioniamoci…

I nuovi parametri per il dimensionamento delle scuole

Nella serata del 21 novembre u.s. il Consiglio dei ministri ha varato il disegno della legge di Bilancio per l’anno finanziario 2023 (d’ora in avanti “DDL”).

Il testo, nella versione “bollinata” dalla Ragioneria dello Stato e presentata alla Camera in data 29 novembre (“Atto Camera 643”), si compone di centosettantaquattro articoli (174), con misure del valore complessivo di quasi 35 miliardi di euro.

Nel Titolo VII, intitolato “Scuola, Università e ricerca” sono raccolti quattro articoli, tre dei quali (artt. 98-100) dedicati all’istruzione. Da titolo sembra che, nonostante la separazione tra il Ministero dell’istruzione e il Ministero dell’università e della ricerca operata dal Governo Conte II con il decreto-legge 9 gennaio 2020, n. 1, e mantenuta dal Governo Meloni con il decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173, ancora forte rimanga la suggestione di una continuità tra i due segmenti della formazione, rimasti insieme nella storia del nostro Paese per oltre centocinquant’anni.

Dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche autonome

L’articolo sicuramente più controverso e che desta non poche preoccupazioni è il 99 («Misure per la riforma della definizione e riorganizzazione del sistema della rete scolastica»), che torna a normare la delicata materia del dimensionamento delle istituzioni scolastiche.

Con quest’ultima espressione si intende quel procedimento con cui la regione, ai sensi dell’art. 138 del D.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, e dell’art. 117 della Costituzione, opera con cadenza annuale la razionalizzazione e programmazione della propria rete scolastica.

Si tratta dello strumento che il DPR 18 giugno 1998, n. 233[1], al fine di creare le condizioni per garantire l’efficace esercizio dell’autonomia scolastica prevista dall’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, affidava agli enti locali per istituire, aggregare, fondere o sopprimere le scuole, dando «stabilità nel tempo alle stesse istituzioni» e offrendo alle comunità locali «una pluralità di scelte, articolate sul territorio, che agevolino l’esercizio del diritto all’istruzione».

Il dimensionamento ottimale (individuato in una «popolazione, consolidata e prevedibilmente stabile almeno per  un  quinquennio, compresa tra 500 e 900 alunni») doveva altresì consentire «il conseguimento di obiettivi didattico-pedagogici programmati, mediante l’inserimento dei giovani in una comunità educativa culturalmente adeguata e idonea a stimolarne le capacità di apprendimento e di socializzazione», con «l’ulteriore finalità di assicurare alle istituzioni scolastiche la necessaria capacità di confronto, interazione e negoziazione con gli enti locali, le istituzioni, le organizzazioni sociali e le associazioni operanti nell’ambito territoriale di pertinenza».

Stabilizzazione finanziaria e contenimento della spesa pubblica

Le finalità che ispirarono il legislatore dell’epoca non furono però le stesse che nel rovente luglio 2011 spinsero il Governo Berlusconi IV, incalzato dalle tumultuose impennate dello spread e dal rischio di bancarotta, ad inserire nel decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 («Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria», convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111) i commi 5 e 5 bis dell’art. 19 con cui veniva stabilito che fosse attribuito un Dirigente scolastico e un Direttore dei servizi generali ed amministrativi titolari solo alle istituzioni scolastiche con almeno 600 alunni (400 nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche).

Negli anni della pandemia, di fronte alle evidenti difficoltà con cui le istituzioni scolastiche riuscivano a far fronte alla drammatica emergenza, il legislatore (legge 30 dicembre 2020, n. 178, art. 1, comma 978) ha abbassato i parametri minimi a 500 (300 nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche con specificità linguistiche), limitando però l’efficacia del provvedimento agli anni scolastici 2021/2022, 2022/2023 e 2023/2024.

Dimensionamento e PNRR

L’art. 99 del DDL sembra volersi muovere secondo la stessa logica di conseguimento di obiettivi di finanza pubblica del DL 98/2011, di cui, seppure in maniera graduale, ripropone, a regime, gli stessi parametri minimi di 600 e 400 alunni, calcolati tuttavia in riferimento allapopolazione scolastica regionale, anziché alla popolazione del singolo istituto.

Nel cambio di prospettiva, il DDL tiene presente l’indicazione che proviene dal PNRR.

La Missione 4 Componente 1 («Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università») del PNRR prevede infatti, all’interno della Riforma 1.3 («Riforma dell’organizzazione del sistema scolastico»), il ripensamento dell’organizzazione del sistema scolastico con l’obiettivo di fornire soluzioni concrete a due tematiche in particolare: la riduzione del numero degli alunni per classe e il dimensionamento della rete scolastica.

L’Allegato alla «Decisione di esecuzione» con cui il Consiglio dell’Unione Europea il 13 luglio 2021 ha definitivamente approvato il PNRR dell’Italia, chiarisce poi che «come “parametro efficace” per individuare i plessi accorpati ad altri istituti dovrà essere adottata la popolazione scolastica regionale, anziché la popolazione del singolo istituto come previsto dalla legislazione vigente».

Niente viene comunque detto nel PNRR in merito alla necessità di ridurre il numero delle scuole, né l’esigenza di una riorganizzazione della rete scolastica postula necessariamente una riduzione del numero delle autonomie scolastiche.

Le procedure, i soggetti coinvolti, la tempistica

Il nuovo testo del comma 5 dell’articolo 19 del DL 98/2011, così come proposto dal DDL, prevede che, entro il 30 giugno antecedente l’anno scolastico di riferimento, un decreto adottato dal MIM, di concerto con il MEF, sulla base di un accordo raggiunto in sede di Conferenza Unificata[2], fissi su base triennale i criteri per la definizione del contingente organico dei DS e DSGA, tenendo conto della consistenza della popolazione scolastica della singola regione e della necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni presenti nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche. Sulla scorta dello schema di decreto, trasmesso entro il 30 aprile dal MIM alla Conferenza Unificata, le regioni provvedono al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno (il termine può essere differito fino a trenta giorni, con deliberazione motivata della Regione). Gli USR, sentite le Regioni, provvedono a ripartire il contingente dei DS.

Il meccanismo alternativo in caso di mancato accordo

Qualora non si riesca a raggiungere l’accordo in Conferenza Unificata, il MIM individua, con un decreto adottato di concerto con il MEF entro il 31 luglio, il contingente di DS e DSGA e la sua distribuzione tra le regioni, dividendo il numero degli alunni che per l’anno di riferimento risultano iscritti in organico di diritto nelle scuole statali, regione per regione, per un coefficiente indicato nel decreto stesso e, comunque, non inferiore a 900 e non superiore a 1000. Si tratta di un coefficiente che dovrebbe grosso modo corrispondere al numero di scuole normo-dimensionate con i parametri di cui ai commi 5 e 5bis del DL n. 98/2011 (600/400 alunni).

La divisione sarà effettuata utilizzando, quali parametri correttivi, da un lato, la densità degli abitanti per chilometro quadrato e, dall’altro, la necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni scolastiche insistenti in comuni montani, piccole isole e aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche: nei territori con densità abitativa minore, nei comuni montani, isolani e caratterizzati da specificità linguistiche i fattori correttivi daranno un numero negativo che comporterà un numero maggiore di sedi da attivare; l’effetto opposto si verificherà per i territori con densità abitativa maggiore, dove il numero delle sedi da attivare sarà più ridotto.

La gradualità

Al fine di garantire una riduzione graduale delle istituzioni scolastiche, per i primi tre anni, il numero delle sedi è incrementato di un fattore percentuale, che comunque non deve essere superiore all’1% (la bozza inizialmente circolata prevedeva rispettivamente del 7%, 5% e 3%), prevedendo anche forme di compensazione interregionale.

Per attenuare gli effetti del meccanismo proposto, il DDL prevede inoltre una gradualità nella stessa introduzione dei nuovi parametri e coefficienti: per l’a.s. 2023/2024 la titolarità dei DS e DSGA è salvaguardata alle istituzioni scolastiche autonome con non meno di 500 alunni (300 se si tratta di scuole poste nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche con specificità linguistiche); per l’a.s. 2024/2025, gli alunni dovranno essere almeno 600 (e 400); a partire dall’a.s. 2025/2026, il contingente organico dei DS e DSGA non dovrà superare il contingente determinato sulla base dei criteri definiti nell’anno scolastico precedente. Inoltre, si precisa che eventuali situazioni di esubero devono trovare compensazione nell’ambito della definizione del contingente.

Nuove dimensioni

Secondo i dati riportati nella relazione tecnica di accompagnamento del DDL (d’ora in avanti: “Relazione Tecnica”), il nuovo sistema di dimensionamento, unito al decremento demografico che entro il 2034 determinerà, secondo le proiezioni ISTAT, un decremento della popolazione scolastica di quasi un milione e quattrocentomila unità, porterà ad una diminuzione di 634 istituzioni scolastiche autonome tra l’a.s. 2023/2024 e l’a.s. 2031/2032.

Tab. Decremento istituzioni scolastiche 2024-2032

Anno scolasticoNumero Istituzioni Scolastiche previsteDifferenza rispetto istituzioni scolastiche a.s. precedente
2024/20257.402117
2025/20267.30597
2026/20277.20996
2027/20287.15158
2028/20297.09358
2029/20307.01974
2030/20316.95366
2031/20326.88568

Le economie e il loro utilizzo

Seppure sottolineando la variabilità dei dati utilizzati e mettendo quindi in guardia dalla tentazione di utilizzare le stime ai fini dei saldi di finanza pubblica, la Relazione tecnica abbozza una previsione delle economie prodotte dal nuovo modello di dimensionamento, che a regime nell’a.s. 2031-3032 dovrebbero ammontare a poco meno di novanta milioni euro.

Tab. Economie prodotte dal decremento delle Istituzioni scolastiche 2024-2032

202420252026202720282029203020312032 e ss
-5.436.132-20.815.275-34.289.448-45.905.115-53.989.619-62.817.525-72.760.536-82.053.069-88.371.992

Il comma 2 dell’art. 99 del DDL fa confluire tali eventuali economie in un apposito Fondo nello stato di previsione del MIM e prevede per il loro utilizzo varie finalità, dal pagamento delle supplenze brevi e saltuarie del personale scolastico all’incremento di vari fondi, quali:

  • Fondo per le competenze dovute al personale delle istituzioni scolastiche, con esclusione delle spese per stipendi del personale a tempo indeterminato e determinato e il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche (di cui all’articolo 1, comma 601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296);
  • Fondo “La Buona Scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell’istruzione scolastica (di cui all’articolo 1, comma 202, della legge 13 luglio 2015, n. 107);
  • Fondo Unico Nazionale della dirigenza scolastica; 
  • Fondo integrativo di istituto, anche con riferimento alle indennità destinate ai direttori dei servizi generali ed amministrativi.

Solo la confluenza negli ultimi due fondi potrebbe però rappresentare un possibile risarcimento per le due categorie di lavoratori della scuola su cui maggiormente graverà il disagio di una riorganizzazione della rete scolastica che corre il rischio di promuovere l’accorpamento in un’unica istituzione scolastica di realtà insistenti su territori spesso distanti tra loro anche decine di chilometri.

La terra di mezzo

Sullo sfondo rimangono, però, alcune perplessità:

  • a fronte di economie così limitate, non sarebbe invece il caso di approfittare del decremento demografico della popolazione scolastica per creare scuole più ridotte nei numeri, ma maggiormente attrezzate ad affrontare il compito loro affidato dall’art. 21 della legge 59/1997 (autonomia scolastica)?
  • perché il coefficiente medio proposto dal DDL risulta più alto dei 900 alunni che il DPR 233/1998 fissava come limite superiore di un dimensionamento ottimale delle scuole autonome?
  • tra i fattori correttivi del coefficiente utilizzato per il dimensionamento non dovrebbe trovare piena cittadinanza anche l’indice economico, sociale e culturale della popolazione scolastica del territorio di riferimento della singola istituzione?
  • un dimensionamento pensato uguale per tutti non finisce con il fare parti uguali tra disuguali?

Benché storicamente dimidiato tra leadership per l’apprendimento e management amministrativo-gestionale, il dirigente scolastico deve uscire dalla terra di mezzo, in cui lo vedeva relegato Giancarlo Cerini nell’Atlante delle riforme (im)possibili, per riscoprirsi guida della comunità educativa e per creare il cambiamento, con un’azione sicuramente efficiente ed efficace, non solo di coordinamento, ma anche di pieno coinvolgimento e valorizzazione dei docenti, impegnati a realizzare in prima persona la transizione nelle aule.

Solo se le politiche dell’istruzione continueranno ad individuare nei bisogni educativi degli alunni la bussola con cui orientarsi, il dirigente scolastico potrà effettivamente svolgere con successo il ruolo di leader per l’apprendimento che la letteratura scientifica di settore gli riserva da anni, sfuggendo al rischio di immaginarsi come manager d’azienda, per poi scoprirsi solo come un Monsieur Travet.


[1] DPR 18 giugno 1998, n. 233, Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle Istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli Istituti.

[2] Ai sensi del D.lgs. 28 agosto 1997, n. 281, art. 8, comma 1, «la Conferenza Stato – città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato – regioni».