Gianni Rodari e i “buchi neri”

Un concorso di astrofisica a scuola

Per il terzo anno consecutivo l’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) ha indetto, nel 2023, un concorso nazionale di scrittura per gli studenti della scuola primaria e secondaria di primo grado ispirato a Gianni Rodari[1].

Chi non conosce in modo approfondito l’opera letteraria di Gianni Rodari proverà un certo stupore e probabilmente si domanderà: che rapporto c’è tra il noto scrittore per ragazzi e la branca dell’astronomia che si chiama astrofisica e indaga i corpi presenti nell’Universo con le metodologie e le tecniche sperimentali proprie della fisica?

Lo stupore potrebbe aumentare oltremodo leggendo che il concorso di scrittura INAF (una storia in prosa o un componimento poetico) è centrato sul tema dei buchi neri (black holes).

Il buco nero

L’espressione è abbastanza oscura per i non esperti. Un chiarimento lo cerchiamo nell’enciclopedia Treccani.

Corpo celeste, avente un campo gravitazionale così intenso da non lasciare sfuggire né materia, né radiazione elettromagnetica. In un buco nero, la forza di gravità domina su qualsiasi altra forza, sicché si verifica un collasso gravitazionale continuo, che tende a concentrare la materia in un punto di singolarità di densità infinita. 

Da ulteriori ricerche ricaviamo che già agli inizi del 1900 Einstein aveva previsto questo oggetto cosmico nella sua teoria sulla relatività generale. Einstein ne aveva proposto il concetto, ma è al fisico statunitense John Wheelerche si deve l’espressione metaforica “buco nero”, usata per la prima volta in una conferenza nel 1967. Soltanto nel 2019, infine, è stato possibile catturare con sistema di telescopi al centro della Via Lattea un buco nero distante circa 55 milioni di anni luce. La straordinaria foto ritrae una sorta di ciambella di materia luminosa con al centro, appunto, un buco nero.

Il buco nero e la “Torta in cielo”

Il giornalista scientifico e scrittore Pietro Greco, a proposito di John Wheelersi chiede: “Ma siamo proprio sicuri che sia stato lui il primo a parlare di buco nero”?[2] Lo scrive sul magazine Il Bo Live dell’Università di Padova.

Greco ci invita quindi a leggere le prime righe del volume La torta in cielo, pubblicato da Gianni Rodari nel 1964 a puntate sul Corriere dei Piccoli e poi in un volume delle edizioni Einaudi nel 1966.

Queste righe coincidono con il primo dei due incipit che l’INAF ha proposto per il concorso.

Una mattina d’aprile verso le sei, al Trullo, i passanti che attendevano il primo autobus per il centro, alzando gli occhi a studiare il tempo, videro il cielo della loro borgata quasi interamente occupato da un enorme oggetto circolare di colore oscuro, che se ne stava al posto delle nuvole, immobile, a un migliaio di metri sopra il livello dei tetti. […] “La cosa”, effettivamente, pareva un gran buco nero nel cielo, e aveva intorno una corona limpida e azzurra.

Si tratta di una storia molto nota scritta da Rodari in collaborazione con i ragazzi della scuola elementari Collodi della borgata popolare del Trullo, alla periferia sud-ovest di Roma. La torta in cielo di cui si parla è una torta atomica: a causa di un errore nella formula, uno scienziato non costruisce una vera bomba per distruggere il mondo, ma un misterioso oggetto che scende dal cielo posandosi sulla collinetta vicino alla scuola. Tutti pensano all’arrivo dei marziani. Invece si tratta di una vera torta, grandissima, un dolce squisito che tutti i bambini di Roma mangeranno.

Una torta al posto di una bomba: è un messaggio di pace che lo scrittore ci consegna con il suo volume.

La scienza nell’opera di Rodari

Il brano che abbiamo riportato parla di “un gran buco nero nel cielo” ed è proprio per questo motivo che Greco, nello stesso articolo già citato, scrive: “È chiaro che il giornalista e scrittore, descrivendo «la cosa» oscura che vedono nel cielo del Trullo i mattinieri passanti in quella mattina d’aprile, non si riferisce alla medesima «cosa» cui pensa Wheeler. Tuttavia sappiamo anche che Rodari conosce il concetto di spazio-tempo e di buchi nello spazio-tempo. Per cui il riferimento non è del tutto casuale. […] Rodari è riuscito in qualche modo a catturare e a esprimere “lo spirito dei tempi”. Chi si occupava di spazio cosmico nella seconda metà del XX secolo sapeva ormai quali e quanti eventi catastrofici possono accadervi. Gli mancavano solo le parole giuste per esprimerle.

Gianni Rodari, oltre a essere scrittore, era un giornalista; si informava leggendo anche le riviste di divulgazione scientifica pubblicate al di fuori dell’Italia ed evidentemente aveva colto l’importanza e nel contempo la misteriosità dell’argomento che, qualche anno più avanti, sarebbe stato indicato da tutta la comunità scientifica con la specifica locuzione “buco nero”.

Proprio perché Gianni Rodari era al corrente dei progressi in campo scientifico la sua opera letteraria, soprattutto dalla metà degli anni ’50 in poi, è intrisa di scienza. Il cielo, con la luna e le stelle, sono elementi ricorrenti nelle sue filastrocche e storie. Ma non solo: l’attenzione dello scrittore si estende a tutto lo spazio cosmico e anche i pianeti diventano luoghi familiari, dove bambini e uomini di domani andranno ad abitare usando le astronavi come mezzo di trasporto.

Il cielo

Il cielo mi piace tanto, con la luna, le stelle e tutto il resto. Però mi piacerebbe di più se potessi cambiarlo ogni tanto a modo mio[3].

Con la fantasia Rodari vorrebbe cambiare il cielo; gli piacerebbe, ad esempio, che ci fossero tre lune: una rotonda, una quadrata e un’altra triangolare. E poi vorrebbe disporre le stelle in modo diverso e non le lascerebbe mai ferme, ma le farebbe correre da un capo all’altro del cielo. Gli piacerebbe anche vedere un corteo di stelle: centomila stelle in fila, e davanti a tutte la luna, come una bandiera bianca.

L’immaginazione, la fantasia e la creatività che consentono di dar vita a tutto, anche alle cose assurde e impossibili, sono centrali nell’opera di Rodari. A suo dire il bambino di oggi, uomo di domani, per essere completo deve, dovrà essere anche un creatore: per esempio deve, dovrà saper immaginare e creare un mondo diverso e migliore di quello in cui è capitato a vivere. Rodari lo scrive nel 1970[4], aggiungendo che in tale direzione le fiabe sono molto importanti: La fiaba parla al bambino creatore. Lo aiuta a costruirsi una mente aperta.

Lo scrittore credeva nel valore educativo dell’utopia: il mondo non va accettato passivamente così com’è ma occorre diventare capaci di criticarlo e impegnarsi per trasformarlo. Nella Grammatica della fantasia, qualche anno dopo, Rodari ribadisce che:

Le fiabe servono alla matematica come la matematica serve alle fiabe. Servono alla poesia, alla musica, all’utopia, all’impegno politico: insomma, all’uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché, in apparenza, non servono a niente: come la poesia e la musica, come il teatro o lo sport (se non diventano un affare). Servono all’uomo completo. Se una società basata sul mito della produttività (e sulla realtà del profitto) ha bisogno di uomini a metà – fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti senza volontà – vuol dire che è fatta male e che bisogna cambiarla. Per cambiarla, occorrono uomini creativi, che sappiano usare la loro immaginazione[5].

Ecco dunque che stimolare l’immaginazione, la fantasia e la creatività aiuta a pensare a un mondo migliore rispetto a quello in cui viviamo. Un mondo in cui si superino schematismi, stereotipi, disuguaglianze, come si evince dai seguenti versi:

Qualcuno che la sa lunga
mi spieghi questo mistero:
il cielo è di tutti gli occhi
di ogni occhio è il cielo intero.

[…]
Spiegatemi voi dunque,
in prosa od in versetti,
perché il cielo è uno solo
e la terra è tutta a pezzetti.

Il cielo e il “Libro degli errori”

Colpisce il fatto che la filastrocca sia stata pubblicata ne “Il libro degli errori”[6], nella parte terza intitolata “Trovate l’errore”. Noi adulti riusciamo a trovarlo: l’errore sta nelle discriminazioni, nelle ingiustizie, nell’innalzamento di barriere nei confronti di chi vive come noi sotto lo stesso cielo ma è diverso da noi per vari motivi, a cominciare dal fatto che proviene da un altro Paese, ha un colore diverso di pelle, parla un’altra lingua.

Ma un mondo migliore è anche quello in cui ci si oppone alla guerra perché si vuole la pace tra i popoli. In questi mesi recenti di guerra tra Russia e Ucraina una filastrocca di Rodari scritta quasi 70 anni fa[7] è diventata il simbolo della richiesta di pace. Non soltanto il cielo è di tutti, anche la luna è di tutti: la luna che vedono i romani è infatti la stessa che si vede nel cielo di Kiev, perché è libera di spostarsi senza passaporto su tutti i Paesi:

Chissà se la luna
di Kiev
è bella
come la luna di Roma,
chissà se è la stessa
o soltanto sua sorella…
Ma son sempre quella!
– la luna protesta –
[…]
Viaggiando quassù
faccio lume a tutti quanti,
dall’India al Perù,
dal Tevere al Mar Morto,
e i miei raggi viaggiano
senza passaporto.

Un uomo in cielo

Il secondo incipit offerto agli studenti per il concorso è tratto dalla filastrocca Un uomo in cielo, pubblicata nel già citato volume “Filastrocche in cielo e in Terra”.

In rotta per Aldebaran
la vedetta gridò:
– Capitano, un uomo in cielo!
L’astronave si fermò.

La filastrocca prosegue spiegando che quell’uomo, in una notte di luna, era caduto all’insù dal balcone del terzo piano, perché aveva la testa pesante per i troppi sogni. Con la fantasia, lo abbiamo detto, tutto può accadere. Ciò che colpisce di più, però, è la presenza dell’astronave, la macchina che serve per viaggiare nello spazio. Siamo nel 1960 e Rodari coglie ciò che stava succedendo nel mondo: cominciavano le imprese spaziali e i confini dell’Uomo si spostavano sempre “più in là” nell’Universo. Da adesso in poi molti racconti dello scrittore si svolgeranno nello spazio e parleranno di pianeti, oggetti cosmici che diventano familiari, alcuni di essi sono strani ma abitabili e pieni di invenzioni strabilianti. E la stessa Terra verrà considerata un’astronave, lanciata nello spazio per fare un lungo viaggio. L’equipaggio è costituito da tutti gli abitanti. Andremo lontano se avremo coraggio[8], scrive Rodari.

Si apre dunque una nuova era, si esplorano spazi fuori dalla Terra e l’idea rodariana di fondo è sempre quella di poter costruire insieme un mondo migliore, anche grazie allo sviluppo scientifico e tecnologico. Il futuro che Rodari immagina per i bambini viene ben esplicitato nell’ultima filastrocca del volume “Il pianeta degli alberi di Natale”[9]. Il titolo della filastrocca è “Arrivederci sulla Luna”. Si parla di bambini spaziali, quelli delle future generazioni, che

Andranno sui pianeti
e faranno “cucù”
a noi poveri terrestri
rimasti quaggiù.


[1] https://www.media.inaf.it/2022/10/20/da-gianni-rodari-ai-buchi-neri/

[2] https://ilbolive.unipd.it/it/news/buco-nero-trullo

[3] G. Rodari, Il cielo, in Fiabe lunghe un sorriso, Einaudi, Torino, 2010.

[4] G. Rodari, Pro e contro la fiaba, in “Paese Sera”, 7, 8 e 11 dicembre 1970, poi in Scuola di fantasia, Editori Riuniti, Roma, 1992.

[5] G. Rodari, Grammatica della fantasia, Einaudi, Torino, 1973.

[6] G. Rodari, Il cielo è di tutti, in Il Libro degli errori, Einaudi, Torino, 1964.

[7] G. Rodari, la luna di Kiev, in Filastrocche in cielo e in terra, Einaudi, Torino, 1960.

[8] G. Rodari, Il libro dei perché, Editori Riuniti, Roma, 1984.

[9] G. Rodari, Il pianeta degli alberi di Natale, Einaudi, Torino, 1962.