Orientamento nel primo ciclo di istruzione

Ripartire dalle migliori esperienze

Il 22 dicembre 2022 è stato emanato il Decreto di adozione delle Linee guida per l’orientamento, relative alla riforma 1.4 “Riforma del sistema di orientamento”, nell’ambito della Missione 4 – Componente 1 – del Piano nazionale di ripresa e resilienza, finanziato dall’Unione europea – Next Generation EU. Il provvedimento risponde agli obiettivi del PNRR relativi alla riduzione della dispersione scolastica sia nel passaggio dalla scuola secondaria di primo grado a quella di secondo grado che nel passaggio da questa al sistema dell’istruzione tecnica superiore e all’università.

Moduli di orientamento

Il Decreto è coerente con quanto previsto nel PNRR che, relativamente alla riforma del sistema di orientamento, prevede un intervento normativo che “introduce moduli di orientamento formativo – da ricomprendersi all’interno del curriculum complessivo annuale – rivolti alle classi quarte e quinte della scuola secondaria di II grado, al fine di accompagnare gli studenti nella scelta consapevole di prosecuzione del percorso di studi o di ulteriore formazione professionalizzante (ITS), propedeutica all’inserimento nel mondo del lavoro. La riforma sarà implementata attraverso l’introduzione di moduli di orientamento – circa 30 ore annue – nella scuola secondaria di primo e secondo grado, al fine di incentivare l’innalzamento dei livelli di istruzione e la realizzazione di una piattaforma digitale di orientamento, relativa all’offerta formativa terziaria degli Atenei e degli Istituti di formazione professionale (ITS)”[1]

Il vincolo presente nel PNRR ha dato origine così alle Linee guida che definiscono sia aspetti organizzativi, l’introduzione di 30 ore di attività dedicate sia nel primo che nel secondo ciclo di istruzione, sia una rilettura dei documenti europei in merito ad orientamento scolastico e professionale e alla definizione delle certificazioni delle competenze.

Le aree di intervento

Come specificato nel Decreto seguiranno indicazioni e circolari di tipo operativo ma, intanto, vengono individuate le aree di intervento così definite nella titolazione dei paragrafi delle stesse Linee guida:

  1. L’orientamento scolastico nel contesto nazionale
  2. Il quadro di riferimento europeo sull’orientamento nelle scuole
  3. L’orientamento nel quadro di riforme del PNRR
  4. Il valore educativo dell’orientamento
  5. L’orientamento nei percorsi di istruzione secondaria
  6. La certificazione delle competenze quale strumento per l’orientamento
  7. I moduli curricolari di orientamento nella scuola secondaria
  8. E-Portfolio orientativo personale delle competenze
  9. Consiglio di orientamento, curriculum dello studente ed E-Portfolio
  10. Piattaforma digitale unica per l’orientamento
  11. La formazione dei docenti
  12. Risorse e opportunità per la gestione dell’orientamento da parte delle scuole
  13. Monitoraggio delle linee guida e valutazione dell’impatto

La complessità delle questioni

Le questioni poste sul tappeto sono abbastanza articolate e pongono interrogativi di vario tipo sia in merito ad una ridefinizione del rapporto fra istruzione, formazione e sistema economico e produttivo sia al valore stesso dell’istruzione e dell’educazione nelle società democratiche. Si ripropone cioè l’annosa contrapposizione fra scuola “comunità che apprende” e che garantisce l’istruzione di tutte e di tutti (come per altro previsto già dalla nostra Costituzione) e scuola come “transito” per accedere al mondo del lavoro e delle professioni e che risponde, quindi, alle regole del mercato in una economia liberista. Secondo la ricerca sociologica, un orientamento precoce verso la dimensione lavorativa si traduce in un incremento della “riproduzione sociale”[2].

Tali questioni necessitano, sicuramente, di una più ampia e approfondita riflessione, in questo contributo proviamo a ragionare sul ruolo dell’orientamento nella scuola secondaria del primo ciclo senza tuttavia tralasciare di collocare il ragionamento nel più ampio dibattito pedagogico sulla formazione e istruzione nella società del terzo millennio a cui la questione dell’orientamento necessariamente rimanda.

Il paesaggio educativo

Per sviluppare un ragionamento sul ruolo orientante della scuola secondaria di primo grado[3] bisogna riprendere la parte introduttiva delle Indicazioni Nazionali 2012 dove, nella descrizione del complesso scenario della società contemporanea, caratterizzata da continui cambiamenti, incertezze e discontinuità, viene messa ben in evidenza la complessità del paesaggio educativo che costituisce il contesto prioritario per “l’apprendimento e il saper stare al mondo[4]. In questa direzione i saperi di base devono essere acquisiti come fondamento irrinunciabile dell’apprendimento per tutto l’arco della vita. La scuola non deve in questo senso preoccuparsi di inseguire i continui e i repentini cambiamenti delle tecnologie e dell’organizzazione del mondo del lavoro quanto piuttosto deve preoccuparsi “di formare saldamente ogni persona sul piano cognitivo e culturale, affinché possa affrontare positivamente l’incertezza e la mutevolezza degli scenari sociali e professionali, presenti e futuri”[5].

Si riconosce in questo modo la necessità di un apprendimento non riconducibile soltanto al sapere dichiarativo delle varie aree disciplinari quanto piuttosto capace di fornire “le chiavi per apprendere ad apprendere, per costruire e per trasformare le mappe dei saperi rendendole continuamente coerenti con la rapida e spesso imprevedibile evoluzione delle conoscenze e dei loro oggetti”[6] .

La visione orientante dell’apprendimento

Si prefigura in questa ottica una visione orientante dell’apprendimento nella sua complessità come dimensione di formazione della persona e, quindi, della sua capacità di saper interpretare la realtà e prendere decisioni. Le Indicazioni per il curricolo ce lo ricordano in più parti del documento: “Non è opportuno trasformare le sollecitazioni che le provengono da vari ambiti della società in un moltiplicarsi di microprogetti che investano gli aspetti più disparati della vita degli studenti, con l’intento di definire norme di comportamento specifiche per ogni situazione. L’obiettivo non è di accompagnare passo dopo passo lo studente nella quotidianità di tutte le sue esperienze, bensì di proporre un’educazione che lo spinga a fare scelte autonome e feconde, quale risultato di un confronto continuo della sua progettualità con i valori che orientano la società in cui vive”[7].

Nel definire poi il Profilo delle competenze al termine del primo ciclo di istruzione il documento mette ben in evidenza che “lo studente al termine del primo ciclo, attraverso gli apprendimenti sviluppati a scuola, lo studio personale, le esperienze educative vissute in famiglia e nella comunità” dovrà essere in gradodi incominciare ad “affrontare in autonomia e con responsabilità, le situazioni di vita tipiche della propria età, riflettendo ed esprimendo la propria personalità in tutte le sue dimensioni”[8].

Il rischio di un orientamento adempitivo

Quanto sopra ricordato ci consente di riconoscere una sostanziale coerenza con quanto richiamato nelle Linee guida laddove vene riconosciuto una visione dell’“orientamento quale sostegno alla fiducia, all’autostima, all’impegno, alle motivazioni, al riconoscimento dei talenti e delle attitudini, favorendo anche il superamento delle difficoltà presenti nel processo di apprendimento”[9]. Sono affermazioni importanti che, però, possono essere limitate dal modello operativo che assegna alle attività di orientamento un pacchetto di 30 ore. Se infatti la valenza orientante delle discipline deve fare leva proprio sulla trasversalità e la complessità dei saperi e in tale ottica deve essere costruito e articolato il curriculo verticale, quale funzione orientativa può rivestire tale modulo? Non si corre il rischio che si configuri come ulteriore appesantimento o solo come una opzionalità extracurriculare che possa anche non raggiungere tutti gli alunni e le alunne? Va sicuramente evitato che ci sia nella scuola secondaria di primo grado “l’ora dell’orientamento” come attività a sé stante. Ci sono, purtroppo, molte realtà scolastiche in cui l’organizzazione didattica del curriculo viene percepita come adempimento piuttosto che come prezioso strumento dell’agire didattico. È qui che il modulo di orientamento può diventare un semplice adempimento.

Bisogna evitare, inoltre, che le attuali esigenze di una formazione tecnologica ed economica limitino il senso profondo dell’educazione e della formazione, e che l’acquisizione di competenze socio-professionali vadano a scapito delle competenze per la vita[10] che poi, di fatto, sono le uniche che consentono di essere cittadini autonomi nel pensiero e consapevoli nelle scelte.

Il rischio di un orientamento precoce

II rischio di mettere in atto pratiche orientanti che portino a scelte professionali precoci può trasformarsi in una riduzione dell’orizzonte delle opportunità soprattutto per quegli alunni e per quelle alunne più fragili dal punto di vista scolastico e sociale.

Recuperare la valenza formativa e orientante delle discipline rimanda ad una rivisitazione dell’insegnamento come occasione di scambio e di ascolto fra adulti competenti e apprendenti. L’orientamento deve guidare gli studenti ad esprimere i propri bisogni e a leggere la complessità della realtà in cui vivono; per questo è necessario formare alte professionalità, soprattutto a livello disciplinare, capaci di padroneggiare sia i nuclei fondanti sia le connessioni fra i diversi campi del sapere.

Le scuole dovranno, tuttavia, accettare la sfida normativa e provare a sviluppare attività di ricerca educativa e didattica, coerentemente con la propria storia, con il contesto in cui operano, con le risorse professionali disponibili. Dovranno soprattutto cercare di rendere sempre più efficaci le risorse del territorio e di tutti i soggetti che direttamente o indirettamente possono influire sull’educazione degli studenti.

Le scuole non partono dall’anno zero

Molte sono le esperienze positive che si sono effettuate nel corso degli anni. Da qui si potrebbero riformulare percorsi nuovi per un orientamento efficace. Innanzitutto bisogna che tutti imparino a sollecitare desideri e accettare sfide che consentano di superare i binari precostituiti dei destini scolastici in relazione alla classe sociale di provenienza.

Un passo importante è quello di sperimentare, per esempio, situazioni di apprendimento in cui i docenti della scuola secondaria di primo e di secondo ciclo condividano percorsi di formazione, metodologie e strumenti di lavoro. Ciò aiuterebbe al fine ad evitare quella fase di estraniamento che, spesso, colpisce gli alunni nel passaggio da un ordine di scuola all’altro. È una fase critica che potrebbe favorire l’abbandono precoce prima dell’assolvimento dell’obbligo. Sono interessanti le esperienze di “prestito professionale” fra ordini di scuola diversi, in orizzontale e in verticale, all’interno di reti territoriali. A ciò si possono aggiungere altre innumerevoli possibilità, come:

  • sviluppare competenze alte in merito alla interpretazione e all’uso dei linguaggi;
  • favorire lo sviluppo di altre discipline, di pratiche strumentali musicali, di esperienze di produzione artistica anche connesse alle nuove tecnologie digitali;
  • facilitare il superamento degli stereotipi sociali e di genere nell’approccio alle discipline soprattutto a quelle scientifiche o tecniche;
  • costruire situazioni di apprendimento cooperativo in cui sapersi mettere in gioco per risolvere problemi diventa la chiave per superare le difficoltà individuali;
  • aumentare le metodologie e le didattiche cooperativo e di aiuto.

Le migliori esperienze

Tante scuole sperimentano abitualmente forme di organizzazione della didattica nell’ottica dell’orientamento formativo, in coerenza con quanto previsto dalle Indicazioni Nazionali. Sarebbe molto utile se il Ministero recuperasse le migliori pratiche. Si eviterebbe così di riproporre indicazioni operative che possono essere vissute dagli insegnanti e dai dirigenti come un déjà vu. Ciò porterebbe ad una sistematizzazione formale di processi già attivati piuttosto che ad uno stimolo per approfondire la ricerca e la sperimentazione didattica per una scuola capace di rispondere alle emergenze della società del Terzo millennio.

Il docente tutor

Un’ultima osservazione riguarda il “docente tutor”: secondo le Linee guida, dovrebbe seguire “gruppi di studenti, in un dialogo costante con lo studente, la sua famiglia e i colleghi, svolgendo due attività: 1. aiutare ogni studente a rivedere le parti fondamentali che contraddistinguono ogni E-Portfolio Personale (…); 2. costituirsi “consigliere” delle famiglie, nei momenti di scelta dei percorsi formativi e/o delle prospettive professionali, anche alla luce dei dati territoriali e nazionali, delle informazioni contenute nella piattaforma digitale unica per l’orientamento”[11].

Nella scuola secondaria di primo grado, tale figura dovrebbe coordinare le pratiche orientanti all’interno del Consiglio di classe, più che sostenere gli studenti nei cui confronti la responsabilità orientante è di tutti i docenti. Si tratta di coordinare piuttosto le pratiche orientanti all’interno del Consiglio di classe. Si tratta di contribuire con azioni mirate a progettare, in sede collegiale, attività di orientamento per fare emergere le esigenze specifiche degli alunni.

Tale compito si presenta molto più impegnativo di un accompagnamento individuale e rimanda ad un serio impegno di formazione in servizio tale da valorizzare le esperienze già maturate e da consentire di ridisegnare nuovi percorsi di ricerca che tengano conto dei contributi del pensiero pedagogico, filosofico e sociologico contemporaneo[12].


[1]  PNRR, Riforma 1.4: Riforma del sistema di orientamento, pag. 185.

[2]  Si vedano a tale proposito i contributi di M. Dutto, “L’ascensore sociale non parte ancora” – Scuola7-226 del 15/03/2021 e “L’ascensore sociale bloccato” – Scuola7 n. 300 del 18 settembre 2022.

[3] È opportuno ricordare come la dimensione orientate di questo ordine di scuola fosse presente fin dai Programmi emanati nel 1979 pubblicati nella Gazzetta Ufficiale del 20 febbraio 1979 n. 50.

[4] MIUR, Indicazioni nazionali per il curriculo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, Annali della pubblica istruzione, 2012, p. 7.

[5] Ibidem, p. 8.

[6] Ibidem, p. 9.

[7] Ibidem, g. 10.

[8]  Ibidem, p. 16

[9]  Linee guida per l’orientamento, p. 3.

[10] Cfr. Edgard Morin, Insegnare a vivere, Raffaello Cortina Editore, 2015.

[11] Linee guida, pag. 6.

[12] Si pensi a tutta la produzione di E. Morin ma anche a Philippe Meirieu, Una scuola per l’emancipazione, Armando Editore, 2019 o a Gert J.J. Biesta, Riscoprire l’insegnamento, Raffaello Cortina Editore, 2022 solo per ricordarne alcuni.