Docente tutor e docente orientatore

Ma quando deve iniziare l’orientamento?

È trascorso più di un mese dalla pubblicazione del DM n. 63 (5 aprile 2023) che destina risorse mirate per l’orientamento. Il Decreto definisce i criteri di ripartizione e le modalità di utilizzo di tali risorse, già previste dal comma 561 della Legge di bilancio (29 dicembre 2022, n. 197), destinate, però, solo alle istituzioni scolastiche statali del II ciclo di istruzione proprio allo scopo di valorizzare i docenti chiamati a svolgere la funzione di tutor e di orientatore, secondo quanto descritto nelle Linee guida (5 aprile 2023, prot. 958). Tante, comunque sono le difficoltà, specialmente per l’individuazione e la designazione dei destinatari, che legittimano la richiesta di una proroga[1].

Gli incentivi possono anche disincentivare

L’articolo 6 del Decreto Ministeriale n. 63 del 5 aprile 2023, prevede: a) un tutor per ciascun raggruppamento di studenti con un compenso compreso tra un valore minimo pari a 2.850 euro lordo Stato e un valore massimo pari a 4.750 euro lordo Stato; b) un docente dell’orientamento/orientatore che ricopra tale ruolo (…) con un compenso compreso tra un valore minimo pari a 1.500 euro lordo Stato e un valore massimo pari a 2.000 euro lordo Stato.

Tale remunerazione insieme al punteggio aggiuntivo utile per la mobilità e per le graduatorie interne (condizioni esplicate nella direttiva del 26 aprile u.s.), sembrano validi incentivi per sollecitare la disponibilità degli insegnanti e per accelerare l’avvio della fase esecutiva, ossia la composizione degli elenchi dei destinatari del piano di formazione per i candidati alla posizione di docente tutor e orientatore.

Come spesso accade nel mondo della scuola le risorse ipotizzate come “incentivanti” sortiscono, a volte, effetti diversi. Innanzitutto sollevano dubbi sulla opportunità di remunerare solo chi assume ruoli “aggiuntivi”, non tenendo mai conto delle professionalità d’aula, contestualmente accendono un dibattito sulla funzionalità dell’incarico stesso. A parte le questioni strettamente sindacali e i dubbi su alcune scelte strategiche messe in campo per legittimare il piano di intervento per l’attuazione del PNRR in ambito scolastico, non possiamo tuttavia trascurare di evidenziare alcune questioni sulla coerenza tra le finalità delle Linee guida e il piano ipotizzato per centrale l’obiettivo.

Le vetrine dell’open day

I docenti referenti dell’orientamento presenti nelle scuole già da tempo hanno maturato sulla propria pelle l’idea di un profilo “fai da te”, improntato a volte su una logica di “marketing”: la presentazione dell’istituto che rappresentano, “tirato a lucido” per le giornate di “open day” in cui tutto funziona alla perfezione per offrire ad ogni futuro “iscritto” un percorso “entusiasmante, garantito, chiavi i mano”.

Abbiamo visto proliferare di tutto con operazioni di restyling digitale rilanciate sui social che hanno consolidato una prassi, a volte degenerativa, centrata sulla spettacolarizzazione dell’apparire e sulla capacità di ben confezionare l’immagine della scuola, da demandare a figure professionali.

Triste pensare che le risorse eccezionali, messe in campo per individuare esperti orientatori, possano ricadere prevalentemente su chi già da tempo si occupa di costruire solo una bella rappresentazione che, impropriamente, viene chiamata “orientamento”.

Valorizzare i talenti e ridurre la dispersione

Lo scopo delle Linee guida è chiaro: “Rafforzare il raccordo tra il primo ciclo di istruzione e il secondo ciclo di istruzione e formazione, per una scelta consapevole e ponderata, che valorizzi le potenzialità e i talenti degli studenti, nonché di contribuire alla riduzione della dispersione scolastica e di favorire l’accesso alle opportunità formative dell’istruzione terziaria”.

È poco coerente, però, il piano di attuazione che concentra l’attenzione prioritariamente su risorse professionali da reclutare, formare e incentivare nella scuola secondaria di secondo grado. È questo un segmento di scuola che accoglie alunni che hanno già un vissuto scolastico tracciato, spesso segnato da tante variabili che la scuola non riesce sempre a controllare e a governare in tempo; sono tendenzialmente quelle stesse variabili che vanno a certificare uno stato di disagio scolastico ed esistenziale scoraggiante.

Se il focus principale è il processo di insegnamento-apprendimento, allora la valorizzazione le potenzialità e i talenti degli studenti, nonché il contributo alla riduzione della dispersione scolastica diventano l’essenza della finalità educativa. Per perseguire tale obiettivo occorre il contributo di tutti e una competenza professionale da mettere in campo prima possibile.

Anche la scuola di base ha bisogno di nuovi supporti

Le preoccupazioni crescenti dell’opinione pubblica sembrano tutte rivolte prioritariamente alla scuola secondaria di secondo grado: riflessioni critiche sui livelli di apprendimento, constatazione della fragilità dei nostri adolescenti, distanza tra banchi di scuola e mondo del lavoro. È innegabile che vi sia un’emergenza educativa visibile soprattutto ai piani alti del sistema educativo. La risposta, però, non può che trovarsi all’inizio del percorso scolastico, nella riscoperta del valore fondativo della formazione di base, nella costruzione di un atteggiamento positivo dei bambini e dei primi adolescenti nei confronti dell’apprendimento, della conoscenza, del rapporto con l’altro.

La nostra scuola di base gode di ottime tradizioni e di una discreta fiducia delle famiglie e della comunità. Tuttavia, ciò non è esente da criticità che stanno emergendo sempre con maggiore evidenza. È opportuno, quindi, che tutto il sistema educativo rifletta su alcune questioni nodali, e cioè su:

  • come migliorare i risultati scolastici al termine del primo ciclo, nelle discipline fondamentali, di fronte a qualche campanello d’allarme che scaturisce dalle ricorrenti rilevazioni degli apprendimenti;
  • come rendere più coerente e unitario il percorso formativo, fin dai livelli iniziali, anche approfittando della configurazione ‘comprensiva’ che riguarda un numero considerevole di istituzioni scolastiche;
  • come confermare i valori di accoglienza, inclusione e integrazione così tipici della nostra scuola, coniugandoli con le esigenze di una società sempre più complessa e globalizzata, che non vive più l’educazione a scuola come un’indispensabile opportunità di crescita;
  • come utilizzare al meglio le risorse professionali e organizzative a disposizione delle scuole autonome, se non altro per rivendicarne la necessaria ed equa consistenza.

Qualche proposta su cui riflettere

L’orientamento non si esaurisce nelle iniziative limitate agli anni-ponte. Certo i passaggi da un ciclo di scuola a quello successivo sono sicuramente momenti critici da monitorare e supportare, ma l’orientamento è un processo lungo e continuo che deve riguardare tutto il percorso formativo. Ne consegue che orientare non significa soltanto mettere in grado gli studenti di scegliere la scuola successiva o, al termine dell’iter scolastico, lo sbocco lavorativo più adatto alle proprie capacità e ai propri interessi; al contrario orientare assume il senso più impegnativo di aiutare i ragazzi a conoscere sé stessi, a capire il mondo che li circonda e la società in cui vivono, per tracciare in modo autonomo e intenzionale un proprio percorso di vita.

Le attività orientative non devono essere affidate soltanto ad una figura di insegnante-orientatore, che le gestisce in qualità di “esperto”, ma devono diventare oggetto di lavoro di tutti i docenti, che le collegano e le integrano con i curricoli disciplinari.

Non esistono materie più importanti di altre per facilitare l’orientamento. Tutte le discipline possono fornire ai giovani occasioni per conoscere meglio sé stessi e le proprie potenzialità. Tutte le discipline sono strumenti per un comune processo educativo, quello che aiuta la persona in crescita a riconoscere e a “tirar fuori” (e-ducere= educare) le proprie attitudini, a farle interagire con i saperi, quello che aiuta a costruire quell’apprendimento significativo che produce vera competenza.

Si tratta, quindi, di un nuovo modo di intendere le attività di orientamento, non finalizzato solo all’informazione, ma mirato, soprattutto, ad una formazione che permetta ai ragazzi di orientarsi nella complessità della società contemporanea.

Rilanciare la didattica orientativa…

Fare orientamento “dentro” le discipline significa, in primo luogo, ridefinire l’area dei saperi che ogni disciplina riconosce e trasmette come propri, selezionando le conoscenze che la scuola deve diffondere, stabilendo quali siano maggiormente funzionali alle mutate condizioni sociali e culturali e quali possano essere più significative per vivere il presente e il futuro.

Fare orientamento “attraverso” una disciplina significa far cogliere le idee portanti e i concetti strutturanti che ne determinano la fisionomia e che offre una specifica chiave di lettura del mondo. La forza orientativa di ogni materia sta nella sua particolare capacità di fornire strumenti conoscitivi, cioè quei “mattoncini” che permettono di penetrare nella realtà per leggerla in modo critico. Diversamente, le conoscenze apprese rimarranno per sempre conoscenze “scolastiche”.

Padroneggiare le discipline è ciò che permette, non solo di guardare il futuro con gli attrezzi giusti, ma anche di inventarlo.

… a partire dai più piccoli

Sul piano educativo e didattico, orientare significa promuovere attività di meta-cognizione, aiutare lo studente a prendere coscienza delle sue risorse e dei suoi limiti, delle sue modalità di apprendimento e dei suoi stili cognitivi. Significa, quindi, promuovere “auto-orientamento”, a partire dai più piccoli.

Il modello “gnoseologico” sotteso al dibattito sui “saperi” è ben evidenziato negli Orientamenti della scuola dell’infanzia confluiti nella premessa alle indicazioni nazionali per il curricolo. L’incontro di un bambino con i sistemi simbolico-culturali (i saperi della società adulta) consente di dare “forma” e “struttura” ai suoi modi di conoscere, poiché offre oggetti, parole, idee, immagini alla sua disponibilità ad apprendere. Spetta dunque alla scuola organizzare questo incontro, creare un’ambientazione favorevole (campi di esperienza) affinché il contatto lasci un segno e contribuisca allo sviluppo cognitivo e sociale di ciascuno. Non a caso gli Orientamenti definiscono la scuola dell’infanzia un “ambiente di apprendimento, di vita e di relazione”, associando l’apprendimento ad una dimensione sociale ed esistenziale che, appunto, orienta


[1] La scadenza del termine per la comunicazione è quella del 31 maggio 2023. Le istituzioni scolastiche devono individuare i nominativi dei docenti da avviare ai percorsi di formazione utilizzando la piattaforma “FUTURA PNRR”.