Ripartire da zero

L’ECEC nel sistema educativo secondo l’Unione Europea

Nel 2017, il Consiglio dell’Unione Europea approvava il Pilastro europeo dei diritti sociali[1]e inseriva al primo punto (in tutto sono venti) del Capo I “Pari opportunità e accesso al mercato del lavoro” proprio istruzione, formazione e apprendimento permanente con questa affermazione: “Ogni persona ha diritto a un’istruzione, a una formazione e a un apprendimento permanente di qualità e inclusivi, al fine di mantenere e acquisire competenze che consentono di partecipare pienamente alla società e di gestire con successo le transizioni nel mercato del lavoro”. 

Promuovere il benessere

La funzione sociale e propulsiva dello sviluppo di qualsiasi paese svolta dai sistemi educativi risulta essere una conditio sine qua non di qualsiasi ragionamento sul diritto allo studio e in genere sui diritti complessivi di cittadinanza. Agli articoli della nostra Costituzione si vanno ad aggiungere dunque quelli del Trattato Europeo, espressamente citati nel Preambolo del Pilastro e in particolare l’articolo 3 “… gli obiettivi dell’Unione sono, tra l’altro, promuovere il benessere dei suoi popoli e adoperarsi per lo sviluppo sostenibile…”.

Il connubio tra istruzione, formazione, apprendimento permanente e benessere, sia esso personale o sociale, sembra essere sufficientemente fondato nelle leggi fondamentali, ma forse non ancora sufficientemente garantito nelle strutture dei sistemi educativi.

Le prime azioni dei decisori politici sono state sicuramente dirette al riconoscimento degli apprendimenti non formali e informali a livello di apprendimento permanente nell’ambito della cosiddetta stagione di garanzia giovani, ma cosa è stato fatto per la garanzia infanzia?

Ripartire dall’infanzia, investire nell’infanzia

H. Gardner scrive: “Il bambino nella sua prima infanzia non è in grado di racchiudere le proprie esperienze in forme simboliche o di riflettere sulle sue categorizzazioni; le esperienze infantili gli diventano inattingibili. Tutti noi soffriamo di amnesia infantile. Tuttavia chi, partendo da questo, affermasse che non sono importanti, commetterebbe un errore gravissimo. Con ogni probabilità queste esperienze e queste intuizioni primordiali sono quelle che rendono possibile ogni apprendimento successivo…e continuano a costituire il retroterra della nostra visione del mondo”[2].

Farsi carico e prendersi cura del discente naturale, intuitivo e primordiale, come spesso viene definito il bambino da pedagogisti e teorici del funzionamento della mente, può rappresentare un’innovazione carica di promesse per un sistema educativo nella direzione dell’equità e della qualità, per affrontare la complessità. Lo svantaggio sociale ha sempre radici nello svantaggio culturale. È un “circolo vizioso” che va spezzato: per ridurre le disuguaglianze occorre partire dalle radici. Dallo zero, appunto, in un percorso in cui si integrino i ruoli genitoriali e si compensino le difficoltà economiche e culturali nel realizzare l’educazione e la cura della prima infanzia.

Raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2019

La Raccomandazione “relativa ai sistemi di educazione e cura di alta qualità della prima infanzia” chiarisce in premessa le ragioni dell’intervento sul segmento ISCED 0, Early childhood education and care – ECEC.

Nelle indagini PIRLS e PISA i bambini che hanno ricevuto un’educazione nella prima infanzia per più di un anno hanno ottenuto punteggi migliori in lingua e matematica. È stato inoltre dimostrato che la partecipazione all’educazione e alla cura della prima infanzia di qualità è un fattore importante per la preven­zione della dispersione scolastica; la spesa per l’educazione e la cura della prima infanzia è un investimento in capitale umano precoce, ad alto rendimento (cittadini più competenti, società più coese, migliori risultati in campo lavorativo).

La disponibilità, l’accessibilità e la sostenibilità dei costi di strutture di alta qualità per la cura dell’infanzia sono inoltre fattori chiave che consentono alle donne e agli uomini con responsabilità di cura di partecipare al mer­cato del lavoro.

Duplice funzione dell’ECEC

L’ECEC si presenta con una duplice funzione, educativa e sociale, che rafforza l’introduzione a pieno titolo anche del segmento 0-3 anni nei sistemi educativi nazionali. Se la premessa, e non poteva essere diversamente per le competenze specifiche dell’UE, poggia su un taglio economicistico, i riferimenti valoriali delle politiche sociali riportano alla sostanziale priorità dell’investimento sulle persone, risorsa disponibile in quantità sempre minore per il nostro continente a causa della denatalità. 

La Raccomandazione, infatti, pur constatando l’eterogeneità dei punti di partenza degli Stati membri, insiste sulla “necessità di riforme e misure strategiche che puntino direttamente e decisamente all’alta qualità dei servizi per la prima infanzia”, pena il mancato raggiungimento dello scopo.

Quadro di riferimento per la qualità dell’ECEC

Nel segmento 0-3 anni convivono da molto tempo esperienze di nidi degli enti locali e semplici servizi di assistenza a gestione privata, servizi a domicilio e nidi aziendali, servizi integrativi a domanda episodica della famiglia. La garanzia della qualità ha invece bisogno di regole e criteri certi, proprio a partire dalle migliori pratiche realizzate in Europa.

Nell’allegato alla Raccomandazione troviamo i parametri fondamentali per costruire l’alta qualità dei servizi di educazione e cura della prima infanzia:

  1. accessibilità cioè servizi a costi sostenibili da parte di tutte le famiglie, inclusivi e accoglienti;
  2. personale educativo qualificato con titolo di studio iniziale e formazione continua coerenti coi delicatissimi compiti da svolgere;
  3. curricolo esplicito funzionale allo sviluppo sociale, emotivo, cognitivo e fisico del bambino, in una parola funzionale al suo benessere, realizzato con la collaborazione della famiglia;
  4. attività di monitoraggio e valutazione da parte degli enti gestori e dei portatori di interesse, per il costante miglioramento della tutela dei diritti dei bambini, soprattutto a salvaguardia dei più fragili e/o provenienti da contesti svantaggiati;
  5.  governance e investimenti che dimostrino che le politiche pubbliche vanno verso la generalizzazione di questi servizi.

L’indicazione di avviare politiche attive per le garanzie per l’infanzia significa innanzitutto procedere a integrare i sistemi esistenti (pubblici, a prevalenza gestionale degli enti locali, e privati) ma anche fornire Linee Guida omogenee messe in atto da personale qualificato. La divisione netta tra servizi di cura e servizi educativi si fa sempre più sfumata e il tema dei contenuti educativi nel segmento 0-6 accentua l’esigenza di un sistema integrato.

Rappresentazione grafica

Spazio europeo dell’istruzione entro il 2025

“Lo spazio europeo dell’istruzione mira a fornire alle comunità dell’istruzione e della formazione il sostegno di cui hanno bisogno per svolgere la loro missione fondamentale in tempi difficili e stimolanti”. È quanto la presidente von der Leyen scrive in premessa al documento “Comunicazione della Commissione Europea al Consiglio del 30 settembre 2020 sulla Creazione di uno Spazio Europeo dell’istruzione entro il 2025”.

In questo documento, la Commissione ribadisce che la cooperazione in materia di istruzione, sperimentata con ET 2020, ha agevolato una risposta comune dei sistemi educativi alla pandemia di COVID 19. All’apertura del terzo decennio strategico dell’Unione Europea, quando molti Paesi stanno approntando le misure dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza, si può affermare che “… le politiche incentrate sulle persone sono più che mai essenziali. L’educazione e la cura della prima infanzia, le scuole, l’istruzione e formazione professionale (IFP), l’istruzione superiore, la ricerca, l’istruzione degli adulti e l’apprendimento non formale svolgono un ruolo fondamentale.” L’ECEC entra come priorità nei PNRR e si apre una stagione importante di riforme che investe la maggior parte dei Paesi UE, compreso il nostro.

L’ECEC come indicatore e i suoi obiettivi. Fonte: Eurostat (UOE, 2018)

Risposta dei decisori politici in Europa

È interessante osservare le scelte recenti operate da alcuni Paesi UE, sovrani in materia di istruzione, in risposta all’invito della Commissione Europea (Raccomandazione del 2019) e di fronte all’obiettivo da raggiungere entro il 2025, agendo le proprie riforme secondo i principi di sussidiarietà e di proporzionalità. La ripresa dalla crisi sanitaria ed economica può infatti contare su uno strumento, quale il Next Generation Eu, che consente di implementare le principali misure approntate nei piani nazionali.

L’attenzione, nel caso dell’ECEC, si incentra soprattutto sul segmento ISCED 01, che nella classificazione internazionale riguarda il segmento 0-3 anni e sul suo raccordo con il segmento ISCED 02 (3-6 anni o comunque fase pre-primaria). La maggior parte dei Paesi, infatti, ha già consolidato i criteri di qualità declinati dal documento del 30 settembre 2020 nella fase ISCED 02, mentre molto resta da fare per l’ISCED 01.

La scelta del sistema integrato o del sistema unico

L’Italia sceglie la strada del “sistema integrato 0-6”, aperta con il D.lgs. n. 65/2017 e consolidata con i successivi DM n. 334/2021, Linee Pedagogiche per il sistema integrato 0-6, e DM n. 43/2022, Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia.

Come l’Italia, molti Paesi UE, sprovvisti di Linee Guida o Orientamenti per i servizi educativi della prima infanzia, introducono curricoli nazionali e norme di riferimento per il reclutamento e la formazione in servizio del personale. 

Paesi del nord Europa come la Danimarca e la Finlandia hanno un sistema educativo che può contare da tempo sulla gestione unitaria da parte degli enti locali dell’intero segmento 0-6, con servizi di qualità per l’offerta formativa e il personale educativo e con un ente gestore tenuto all’obbligo di assicurare un “posto al nido” ai piccoli cittadini di un anno di età. L’impegno dell’ente gestore è focalizzato sul mantenimento di costi accessibili a tutte le famiglie in base al reddito, tanto che in Finlandia il 76% dei bambini frequenta un servizio educativo. 

In Germania, già dal 2013 funzionano strutture unitarie 0-6 e le statistiche mostrano un costante aumento del tasso di frequenza dell’asilo nido dal 2006. Tutto il settore ECEC vede la competenza legislativa concorrente tra ministeri a livello federale e tra ministeri, Länder e Comuni finalizzata a sostenere e integrare l’educazione del bambino in famiglia e aiutare i genitori a conciliare meglio l’occupazione e l’educazione dei figli. La garanzia d’accesso a una di queste strutture è assicurata a partire da 1 anno di età del bambino; in questi ultimi anni i governi hanno notevolmente aumentato i finanziamenti a disposizione dell’ECEC.

La Spagna, con il fardello pesantissimo del 17,3 % di dispersione scolastica, è intervenuta con una legge organica di riforma del sistema educativo (n. 3/2020) e, nello specifico dell’ECEC, con il Regio Decreto n. 95/2022 a determinare la gestione pubblica unitaria del segmento 0-6 e l’emanazione delle Linee Guida nazionali.

L’anticipo dell’obbligo scolastico e non solo

Una scelta differente può essere individuata nell’anticipo dell’obbligo scolastico al segmento ISCED 02. Nei Paesi UE, l’istruzione obbligatoria inizia, nella gran parte dei casi, a livello primario (ISCED 1). In Francia, Ungheria, Repubblica Ceca, Bulgaria, Romania, Slovacchia, Grecia, Cipro, Lettonia, Austria, Lussemburgo e Belgio l’istruzione obbligatoria è estesa anche al livello pre-primario (ISCED 02). La Francia (2019) e l’Ungheria fanno iniziare l’obbligo a 3 anni; la Grecia e il Lussemburgo a 4, gli altri generalmente a 5. Una scelta questa che sembra voler garantire innanzitutto il raggiungimento del 95% dei bambini di 4 anni in ECEC e rispondere all’esigenza di abbassare parzialmente i costi dei servizi.

In Francia, a partire dal settembre 2022 il Piano per l’Educazione pre primaria (ECEC) prevede obiettivi su tre misure specifiche:

a) obbligo di istruzione a 3 anni per garantire il più ampio successo formativo agli alunni;

b) un piano straordinario di formazione degli insegnanti del segmento integrato 0-6 come già avvenuto per gli altri ordini di scuola e per la matematica;

c) diminuzione del numero di alunni (24 max nelle sezioni di scuola dell’infanzia dei bambini e delle bambine di 5 anni) fino ad arrivare nel 2024 al raddoppio delle classi della scuola dell’infanzia.

In Ungheria, l’obbligatorietà di questo segmento di scuola ha fatto aumentare sia la percentuale degli allievi sia il numero delle scuole in carico agli enti locali, che si distinguono in Comuni, Contee e Distretti. Il governo locale deve garantire che le scuole dell’infanzia soddisfino la domanda del territorio, garantire la frequenza dei bambini delle minoranze etniche così come quella dei bambini con bisogni educativi speciali.


[1] Pilastro europeo dei diritti sociali 

[2] H. Gardner, Educare al comprendere Stereotipi infantili e apprendimento scolastico, Feltrinelli, Milano, 2001, pag. 63-64.