Tra le pagine di un libro

Come riavvicinare gli studenti alla lettura

“Il problema serio da porsi è come invertire la tendenza alla non lettura dei giovani. C’è un gruppo minoritario che legge moltissimo e una stragrande maggioranza che non legge quasi niente”. Lo ha detto il Presidente del Senato il 18 maggio scorso in occasione della giornata inaugurale della 35a edizione del Salone internazionale del Libro di Torino.

Dal libro ai social

Che i bambini non abbiano mai smesso di leggere, è universalmente riconosciuto: sono attratti dal libro di carta, lo sfogliano – pagina dopo pagina – curiosi e pronti a costruire storie su storie nuovi giochi che stimolano la curiosità, la fantasia, l’immaginazione.

Le criticità cominciano ad emergere negli adolescenti che leggono con meno frequenza e costanza rispetto al passato, e culminano con i ragazzi di livello scolastico superiore. In un’epoca dominata dal digitale i giovani dai 14 anni in su non leggono più la carta stampata e assumono una diversa percezione del ruolo del libro cartaceo, considerato spesso un effimero oggetto di consumo al pari di qualsiasi altro oggetto commerciale, destinato peraltro ad una pratica ritenuta noiosa e pressoché desueta. Essi comunicano e attingono informazioni soprattutto dai social che rappresentano la “democratizzazione dell’informazione” tale da trasformare gli user da fruitori di contenuti a editori, senza però nessuna forma di selezione e validazione delle notizie. Forse leggono di più rispetto al passato, ma lo fanno in maniera frammentaria e, spesso, convulsa: al mutamento delle forme percettive, innescato dall’impatto dirompente dell’intelligenza artificiale e del digitale, corrisponde un mutamento della pratica stessa della lettura che si inserisce ora in un orizzonte sempre più complesso e liquido[1].

Per arginare questo smarrimento, a genitori e insegnanti spetta il compito di individuare nuove strategie per riconciliare i giovani con la lettura, per fare in modo che ne riconoscano la valenza e l’insostituibilità.

La lettura nelle famiglie

La scuola, godendo di ampi spazi per educare i giovani ad una lettura di qualità, riveste un ruolo chiave, ma la loro propensione alla lettura dipende anche e soprattutto dall’ambiente familiare. Non solo, il percorso d’iniziazione alla lettura dovrebbe cominciare in famiglia precocemente, fin dalla più tenera età. Il fattore fondamentale affinché i bambini acquisiscano la passione per il testo scritto è, innanzitutto, avere tanti libri nelle proprie case, vedere gli adulti che leggono, avere genitori che leggono accanto a loro: attraverso la loro voce il libro prende corpo, si nutre di pause, di accenti, di gesti e di sguardi che esaltano i passaggi della narrazione trasmettendo emozioni e dando vita ad una comunione empatica tra chi espone e chi ascolta.

L’attitudine a leggere è, dunque, un comportamento fortemente condizionato dal contesto di appartenenza: preliminarmente il compito di infondere nei figli il gusto per la lettura deve essere assolto all’interno del nucleo familiare; solo in un secondo momento può essere demandato alla scuola.

Molti studiosi di psicopedagogia hanno da tempo ampiamente dimostrato come i bambini, ai quali i genitori leggono fin dall’età infantile, sviluppino un lessico più ricco e abbiano maggiori probabilità di rendimento scolastico, con effetti duraturi nel corso della vita, purché l’acquisizione dell’attitudine a leggere non assuma l’aspetto di un dovere, di un obbligo: la lettura deve configurarsi come l’esercizio di un piacere avviato e costruito in famiglia, come una pratica libera, gioiosa e gratificante.

Leggere perché

L’essere umano non è nato per leggere; la lettura non è un’attività spontanea, istintuale, ma una conquista, il frutto di un processo faticoso che, implicando silenzio, raccoglimento e applicazione, stimola il cervello a concentrarsi e a costruire. Con la lettura si ampliano le conoscenze e gli orizzonti culturali, e siaccrescono le potenzialità: più si accumulano argomenti, più si spalancano finestre per la conoscenza del mondo, più il cervello produce nuove idee. La lettura arricchisce anche il linguaggio, stimola la memoria, innesca il ragionamento progressivo e procedurale,avvia all’interpretazione critica e analitica del testo, perfeziona il senso estetico e dialoga con l’emotività. Lettura, dunque, come piacere e non come costrizione. Anzi, come diritto, per dirla con Pennac[2]. Se vogliamo che i nostri giovani riscoprano il piacere per la lettura, bisogna concedere loro gli stessi diritti che accordiamo a noi stessi. Pennac, nel libro “Come un romanzo” ha stilato i 10 diritti del lettore: il diritto di non leggere; il diritto di saltare le pagine; il diritto di non finire il libro; il diritto di rileggere; il diritto di leggere qualsiasi cosa; il diritto al bovarismo; il diritto di leggere ovunque; il diritto di spizzicare; il diritto di leggere ad alta voce; il diritto di tacere.

Lettura ad alta voce

Il docente che intende affrontare con successo il problema e riavvicinare  i suoi studenti alla pratica della lettura, in linea con i suggerimenti di Pennac, deve liberarsi dai dogmi derivanti dal didatticismo evitando di porre domande di approfondimento o di verifica della comprensione del testo al termine della sua lettura, ma deve invitare a leggerlo prima in maniera personale, magari in silenzio, e poi a leggerlo e rileggerlo a voce alta in classe, perché attraverso la lettura a viva voce si conferisce al testo quella fisicità, quella risonanza e quell’andamento ritmico che consente al ragazzo di addentrarvisi per poterlo poi meglio comprendere e interpretare. Solo successivamente il docente potrebbe porre qualche domanda sul significato di ciò che è stato letto, perché il piacere della lettura va di pari passo con quello della comprensione, che implica necessariamente sforzo e impegno. È per questo motivo che il consiglio che Pennac porgeva ai genitori di figli adolescenti, oltre vent’anni fa, era quello di riprendere con leggere loro ad alta voce come nella prima infanzia, senza chiedere niente in cambio, perché era convinto che il piacere già provato dai figli anni addietro non fosse scomparso, che si fosse semplicemente smarrito, ma fosse facile da ritrovare.

Il libro per la vita

Oltre alla lettura ad alta voce da parte dell’adulto, che Pennac indica come la strada maestra da percorrere, c’è un altro fattore fondamentale: la presenza in famiglia di genitori che, fungendo da modello per i figli, amino leggere e che questa passione traspaia dai loro gesti e dall’espressione del volto, oltreché dalla voce.

Esiste una stretta correlazione tra le abitudini di lettura degli adolescenti e quelle dei loro genitori. Secondo un’indagine condotta da GoStudent nel 2022, in occasione della giornata mondiale del libro e del diritto d’autore[3], i figli di quei genitori che hanno dichiarato di leggere almeno una volta a settimana sono, a loro volta, lettori piuttosto avidi, mentre i ragazzi i cui genitori dicono di leggere meno di una volta al mese, si attestano su una media più bassa.

Ad ogni modo, sia nel caso della lettura condotta autonomamente che in quello della lettura eterodiretta, come pratica propedeutica alla lettura autonoma, l’importante è non dimenticare l’apporto fondamentale che un libro conferisce alla formazione di un giovane. Anche se oggi il libro non rappresenta più il protagonista assoluto rispetto ad altre forme linguistico-espressivo-comunicative, deve restare un punto fermo nel percorso formativo dei nostri ragazzi, perché è ancora lo strumento privilegiato per sviluppare conoscenze, incrementare potenzialità, ma anche per consentire ai giovani di assumere un ruolo consapevolmente attivo e inclusivo nella realtà culturale e sociale.

Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro” (Umberto Eco).


[1] Z. Bauman, Modernità liquida, Laterza, Bari, 2003.

[2] D. Pennac, Come un romanzo, Feltrinelli, Bologna, 2000.

[3] La Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore nasce sotto l’egida dell’UNESCO nel 1996 per promuovere la lettura, la pubblicazione dei libri e la tutela del copyright. Il 23 aprile è stato scelto perché è il giorno in cui sono morti nel 1616 tre scrittori considerati dei pilastri della cultura universale: Miguel de Cervantes, William Shakespeare e Garciloso de la Vega.