Poli per l’infanzia

Una scommessa per il sistema integrato zero-sei

Dal 2017 ad oggi il sistema integrato zero-sei sta gradualmente prendendo forma nel territorio nazionale con configurazioni, modi e tempi diversificati, con modelli plurimi in una governance che dovrebbe essere ispirata ad una vision evolutiva, ossia di tenuta nel tempo delle scelte organizzative sulle strutture dei servizi.

A livello regionale si sta discutendo su documenti condivisi tra le parti coinvolte nella governance. Ossia lo Stato con gli uffici scolastici regionali, i comuni con l’ANCI, la Regione, insieme alle associazioni delle strutture paritarie o private, stanno esaminando come potrebbero essere, di fatto, i Poli per l’infanzia e come, concretamente, dovrebbero essere realizzati.

Cosa sono?

Le normative a supporto descrivono queste strutture da diverse angolazioni: la prima fonte che troviamo è la legge 107/2015 che, all’art. 1 comma 181, lettera e, punto f prescrive: ‘la costituzione di Poli per l’infanzia per bambini di età fino a sei anni, anche aggregati a scuole primarie e istituti comprensivi’.

L’art. 3 del D.lgs. 65/2017 nel menzionare i Poli ricorda che: ‘i Poli per l’infanzia accolgono, in un unicoplessooin edifici vicini, più strutture di educazione e di istruzione per bambine e bambini fino a sei anni di età, nel quadro di uno stesso percorso educativo, in considerazione dell’età e nel rispetto dei tempi e degli stili di apprendimento di ciascuno…I Poli per l’infanzia si caratterizzano quali laboratori permanenti di ricerca, innovazione, partecipazione e apertura al territorio, anche al fine di favorire la massima flessibilità e diversificazioneper il miglior utilizzo delle risorse, condividendoservizi generali, spazi collettivi e risorse professionali’.

La nota MIUR n. 404 del 2018, nel fornire indicazioni operative per realizzare quanto contenuto nel D.lgs. 65/2017, riprende il concetto dei Poli e sottolinea: “Tra le iniziative previste dal decreto merita la dovuta attenzione la costituzione dei Poli per l’infanzia, nel duplice significato di: […] programmazione e istituzione di Poli per l’infanzia, definendone le caratteristiche gestionali (che possono coinvolgere anche direzioni didattiche o Istituti comprensivi) per assicurare la continuità del percorso educativo e scolastico”.

Diventa allora una priorità di questi tempi delineare i significati e le modalità di condivisione delle risorse, dal punto di vista delle progettualità e delle pratiche, come pure sviluppare e articolare alcuni concetti chiave per la definizione concreta dei Poli, a partire dal concetto stesso di Sistema Integrato e dal paradigma della comunità educante.

Come sono composti?

La composizione dei Poli è un problema aperto perché, al netto di quanto troviamo nelle indicazioni normative prima richiamate, le Regioni hanno realtà diverse, storie diverse e servizi distribuiti in modo variegato.

Ci si chiede se ci sia differenza tra un centro di infanzia e un Polo. Per esempio, ci si chiede se quest’ultimo possa essere identificato nell’unione di un nido e una scuola dell’infanzia vicini, di una sezione primavera e una scuola dell’infanzia, di nido, servizi educativi con più scuole dell’infanzia dello stesso territorio[1]. Per capire bene, appare utile soffermarsi sui modelli dei servizi per l’infanzia delle diverse regioni. Alcune, ad esempio, in particolare la Toscana[2] e l’Emilia Romagna[3] già prima della legge 107/2015 avevano strutture afferenti a centri dell’infanzia e a Poli, pertanto in questi territori il problema della composizione resta sullo sfondo in quanto il D.lgs. 65/2017, di fatto, ha semplicemente ridisegnato una realtà che già esisteva.

In Toscana, i Poli sono spesso definiti nel piano di dimensionamento regionale, sono composti da nidi comunali o a gestione delegata associati a scuole dell’infanzia statali e spesso coordinati dagli Istituti comprensivi.

In Emilia-Romagna, i Poli hanno strutture differenti, in quanto la numerosità e il fatto che fossero già costituiti ed operanti prima del D.lgs. 65/2017, non rendono facile una ricognizione puntuale.

Alcune altre regioni si stanno occupando della questione prevedendo la costituzione di Poli misti, ossia nidi, servizi educativi e scuole dell’infanzia anche a gestione diversificata uniti da un protocollo di intesa o convenzione sulle progettualità e sui servizi erogabili. È il caso della Sardegna[4] e in parte dell’Umbria[5].

In altre realtà viene lasciata una composizione plurima, ossia di Polo a gestione specifica, ad esempio: comune-Stato oppure ente privato, FISM o altro. In tutti i casi, si chiede la presentazione di una progettualità d’insieme che dichiari gli spazi in uso, le finalità e le tipologie di servizi erogabili.

La questione è delicata anche per un’altra variabile collegata, ossia i finanziamenti che potranno essere assegnati ai Poli in futuro, per l’implementazione del sistema integrato.

Al momento, i finanziamenti sono stati concessi per le strutture edilizie senza stabilire a monte cosa sia effettivamente un Polo e quale composizione garantisca al meglio l’equità di accesso e  la qualità dell’offerta formativa.

Criteri per determinare un Polo

Nonostante le differenze descritte, dalla lettura di alcune Delibere di Giunte regionali emergono alcuni criteri comuni per il riconoscimento dei Poli, quali: i soggetti partecipanti; la tipologia di Polo (se privato, pubblico o misto); le finalità e gli elementi caratterizzanti. Questi criteri potrebbero essere utilizzati anche in quelle Regioni in cui la discussione è aperta e si stanno definendo le regole o fornendo indicazioni per la loro costituzione.

Questi criteri vanno arricchiti da una serie di indicatori utili a dare ‘corpo’ al Polo come unità culturale dei servizi per l’infanzia.

Di seguito se ne citano alcuni, mutuati dalle Linee Pedagogiche e dal D.lgs.65/2017, sui quali gli organismi deputati alla governance, come i Tavoli paritetici di confronto e i Coordinamenti pedagogici territoriali (CPT), potrebbero soffermarsi e fornire suggerimenti:

  1. progettazione educativa e didattica congiunta tra segmenti 0-3 e 3-6 come laboratorio permanente di ricerca, in una dimensione di innovazione pedagogica;
    1. curricolo verticale 0-6, erogato da personale qualificato in strutture viciniori oppure nello stesso edificio;
    1. formazione congiunta dello staff almeno sulla continuità e sull’idea di sviluppo del bambino;
    1. presenza di una figura di coordinamento del Polo da parte di un Dirigente scolastico/Coordinatore e raccordo con il Coordinamento Pedagogico Territoriale di riferimento;
    1. sede fisica con un logo per costruire un’identità comune del Polo, con sedi già esistenti, oppure nuove sedi in costruzione con i finanziamenti del piano pluriennale e del PNRR, possibilmente con spazi condivisi, anche al fine di favorire la massima flessibilità e diversificazione per il miglior utilizzo delle risorse, condividendo servizi generali, spazi collettivi e risorse professionali;
    1. luogo aperto a tutti i bambini, a quelli con le diverse situazioni di fragilità, a quelli provenienti da famiglie svantaggiate;
    1. parità di accesso da parte dei bambini e delle loro famiglie con interventi perequativi da prevedere;
    1. esperienza di continuità vissuta dal bambino nel Polo 0-6 in una comune e condivisa cornice pedagogica. Potrebbe risultare utile pensare a forme di mantenimento di frequenza dei bambini in un Polo.

Questo impianto si dovrebbe sorreggere su una convenzione e un protocollo di rete che preveda la costituzione di un gruppo di lavoro a livello di singolo Polo per gli aspetti pedagogici e organizzativi.

Azioni in divenire

A conclusione di questa analisi, possiamo affermare che il suggerimento implicito per far decollare i Poli è quello di partire da una mappa dei servizi nei territori, comprenderne le specificità e disegnare composizioni che possano rispondere ai benchmark europei. Per raggiungerli occorre che i Poli garantiscano l’accessibilità a tutti i bambini della fascia 0-6, in coerenza con i benchmark[6]del 45% di accesso per bambini da zero a tre anni e almeno del 96% per i bambini dai tre anni fino all’età della scuola primaria.

Una priorità, inoltre, deve essere l’attenzione alla sostenibilità economica di questi servizi per le famiglie e l’equità nella composizione dell’utenza, partendo dalla consapevolezza dei divari presenti sul territorio relativamente alle fasce di fragilità e delle esigenze delle zone più periferiche che chiedono maggiore flessibilità organizzativa.

Elemento imprescindibile deve essere la condivisione della progettualità educativa, in una logica di sensibilizzazione della comunità rispetto alla cultura dell’infanzia, in funzione della salvaguardia del benessere, dello sviluppo, dell’apprendimento e della cura della fascia 0-6. L’alleanza tra tutti i partner educativi che potrebbero comporre un Polo è un indicatore di qualità, poiché garantisce una coerenza educativa ed equità dell’offerta formativa.

Infine, sarebbe auspicabile tendere verso la costituzione di Poli misti, che prevedano nidi, servizi integrativi e scuole dell’infanzia con la presenza di gestori privati e pubblici. La varietà di servizi dei Poli misti, infatti, potrebbe essere l’indispensabile condizione per la specificità, la ricchezza e la qualità dell’offerta formativa territoriale.


[1] Cfr. L. Donà, Poli per l’infanzia: un cantiere aperto, in La scuola 7 n. 329 del 16.04.2023.

[2] Cfr. Toscana con DGR 1414/2017 e DGR 1427/2018.

[3] Cfr. Emilia Romagna con DGR 1961/2017.

[4] Cfr. Sardegna con DGR 50-25/2017.

[5] Umbria con DGR 618/2018 e Avviso pubblico – Esercizio finanziario 2023.

[6] Raccomandazione del Consiglio della Commissione europea del 7.09.2022 relativa alla revisione degli obiettivi di Barcellona in materia di educazione e cura della prima infanzia.