Distance learning

Uno strumento per migliorare la qualità della scuola

Dal clima di massima allerta, per la vicenda pandemica provocata dal Covid tra la primavera 2020 e la primavera 2022, siamo presto passati al convincimento, non sappiamo quanto fondato, di aver definitivamente lasciato il problema alle nostre spalle. Nel contempo si va ripetendo il mantra del sospirato ritorno alla normalità.

Ma quale normalità? Non certo quella che avevamo. Semmai si tratta, più ragionevolmente, di cercare una nuova normalità che ancora, però, non abbiamo trovato.

La questione riguarda molto da vicino la scuola. La “nostalgia del prima” deve fare i conti con i limiti della scuola del passato, per quanto prossimo. L’enfasi posta sul rimpianto della scuola in presenza non deve far perdere di vista che i limiti della scuola italiana erano già tutti dispiegati prima del Covid.

L’alibi della pandemia

Il Covid non può diventare un alibi per dimenticare la missione che deve impegnare la scuola italiana nel superare la dispersione, il divario digitale, la disparità tra territori e condizioni sociali. Deve invece diventare uno strumento per imprimere un’accelerazione a innovazioni profonde e di sistema: dalle metodologie didattiche alle architetture scolastiche.

La scuola non deve subire i cambiamenti in atto, ma esserne promotrice partecipe e consapevole. In questo senso vanno utilizzati tutti i contributi che ci fanno riflettere e che ci indicano strade inedite da percorrere.

È così che possiamo leggere il libro di Cesare Rivoltella “Apprendere a distanza”[1], pubblicato un istante prima dell’affievolirsi dell’emergenza, nel 2021, ma nel pieno presagio dei compiti di cui farsi carico all’indomani dell’emergenza. Un lavoro che rappresenta una piccola enciclopedia sulla Distance Learning. Un merito del volume consiste proprio nello sforzo di superare la disputa tra presenza e distanza.         

Dall’oralità alla scrittura

Nella prima parte del volume[2] si riprende il gran libro di Walter J. Ong, Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola (Bologna, il Mulino, 1982). Rivoltella osserva come nel Fedro di Platone “il dio Theuth, nell’olimpo egizio figura di mediazione tra l’uomo e gli dei proprio come Hermes in quello greco, si presenta al re d’Egitto Thamus per proporgli la sua ultima invenzione”, la scrittura, phàrmakon tès mnémosynes, la medicina della memoria.

Secoli più tardi, con l’Umanesimo, il libro si pone al servizio del recupero del passato. Quindi l’invenzione gutenberghiana della stampa a caratteri mobili. La traduzione in tedesco della Bibbia, il libro dei libri,da parte di Lutero, tra i primi best seller della modernità.

Galileo fonda la scienza moderna scrutando il gran libro della natura. Con l’Illuminismo lo scibile viene ordinato per voci nell’Encyclopédie. Tramite il libro, la scrittura può meglio esprimere una sua intima aspirazione: trasmettersi attraverso una comunicazione a distanza.

Il libro è già, esso stesso, veicolo di questa relazione. Attraverso i secoli e i continenti. Centrale, non nonostante l’innovazione tecnica, ma grazie ad essa[3].

Non vi è motivo per schematiche fratture tra didattica a distanza e tradizione educativa: il libro è già, esso stesso, veicolo di una relazione a distanza, nel tempo e nello spazio. Dalla stampa a Internet.

Le tappe più recenti della comunicazione a distanza

Poche righe più avanti compare un’espressione che è stata cara a Giancarlo Cerini a proposito del ruolo del dirigente tecnico: quella dell’“amico critico”. Si ricostruisce, per tappe, la trama dei presupposti, culturali ed epistemologici, che hanno preparato la comunicazione a distanza. La Scuola Radio Elettra (SRE) fondata a Torino nel 1951: l’idea di un chimico, Vittorio Veglia, e di un ingegnere polacco che si era stabilito in Italia qualche anno prima, Tomasz Carver Paszkowski. In convenzione con il Ministero della Pubblica Istruzione, il 25 novembre del 1958 la RAI avvia un servizio sperimentale di “televisione scolastica sostitutiva”: Telescuola. Grazie al successo di Telescuola, la RAI promuove, dal 15 novembre 1960, un nuovo programma: Non è mai troppo tardi, con 484 puntate, sino al 10 maggio 1968. Lo conduce Alberto Manzi, “maestro elementare con due lauree, in biologia e in pedagogia, e una specializzazione in psicologia”.

Con un salto cronologico di qualche decennio, arriviamo ad una tappa ulteriore, quando INDIRE avvia il primo laboratorio di e-Learning per la formazione degli insegnanti, Puntoedu, dall’anno scolastico 1999-2000.

Migrazione da cartaceo al digitale

Nel capitolo 4, Comunità di pratica, Alessandra Carenzio e Stefano Pasta ricordano la decisione della Ministra dell’Istruzione Stefania Giannini, a partire dall’anno scolastico 2014/2015, di sostituire i libri di testo tradizionali con materiali autoprodotti. Già negli anni precedenti la normativa aveva cercato di favorire una progressiva migrazione dal libro cartaceo a quello digitale.

La questione è ripresa e rilanciata nel comma 58 della Legge 107 del 13 luglio 2015, lettera h): “definizione dei criteri e delle finalità per l’adozione di testi didattici in formato digitale e per la produzione e la diffusione di opere e materiali per la didattica, anche prodotti autonomamente dagli istituti scolastici”[4]. Passaggio da porre al fianco dell’art. 36 del Decreto Interministeriale 29 del 28 agosto 2018 dedicato alle Opere di ingegno.

La nuova figura dell’e-tutor

Nel capitolo 5, Adaptive learning, AI, Andrea Garavaglia ricorda come l’intelligenza artificiale abbia avuto origine nelle discipline informatiche e ingegneristiche e come la sua nascita risalga al 1956 in occasione di un seminario promosso da John McCarthy.

Nel capitolo 4, Il tutor: profilo e funzioni, Simona Ferrari e Serena Triacca prendono in esame la funzione della figura dell’e-tutor: da un lato, è chiamato a creare le condizioni per l’avvio e per un corretto svolgimento della lezione, dall’altro, deve condividere con il docente l’agenda della lezione e facilitare l’accesso a eventuali materiali di supporto.

Durante la lezione, l’e-tutor svolge diverse funzioni: tecnologica, sociale, concettuale-pedagogica e valutativa. Modera i flussi comunicativi da e verso l’aula remota, “sollecitando o contenendo gli interventi degli studenti e sintetizzandoli al docente”. La funzione valutativa si concretizza in un report di sintesi dove vengono segnalate anche “eventuali domande inevase”.

Per una nuova valutazione

Nella parte quinta, dedicata alla valutazione, Pier Cesare Rivoltella si chiede se l’atto valutativo non si limiti ad accertare delle conoscenze ma sia esso stesso uno strumento euristico in ordine non solo agli standard di apprendimento, ma anche ai possibili “errori commessi dal docente nella costruzione della prova (…) Una prova per essere significativa deve avere senso per lo studente”.

Non prive di interesse, a questo proposito, sono le considerazioni svolte, nel capitolo 2, in cui Simona Ferrari e Livia Petti spiegano il significato di assessment e evaluation. Nel primo caso ci si riferisce al conseguimento dei traguardi di apprendimento (nei termini di conoscenze, abilità e competenze); nel secondo caso si considera la “qualità complessiva di un percorso formativo”. La valutazione dovrebbe accompagnare tutte le fasi di sviluppo del processo formativo “senza limitarsi a un particolare momento” o a “fotografare una situazione”, offrendo spunti “per migliorare il processo formativo”.

Cambiare paradigma valutativo

La valutazione sommativa risulta tardiva e concerne prove volte alla “certificazione degli apprendimenti”, collocate, in genere, “alla fine di un periodo didattico o di una porzione di attività curricolare”. Questo tipo di valutazione non serve a sviluppare apprendimento: “perché l’errore, diagnosticato in ritardo, non consente all’insegnante di intervenire dato che l’attività didattica è pregressa e quindi non è più modificabile”.

Quella formativa, invece, è precoce e consente di verificare “in tempo reale” lo stato di avanzamento degli apprendimenti per cogliere gli errori e “intervenire per correggerli”.

Nello one shot testing, “un colpo solo”, ogni prova rischia di essere decisiva. Da qui la proposta di Pier Cesare Rivoltella: “cambiare paradigma valutativo”, passando da “una valutazione sommativa, centrata sul contenuto e legata a un numero contenuto di prove, a una valutazione formativa, centrata sui processi e basata su un numero elevato di riscontri valutabili”.

È il continuous assessment (o “valutazione diffusa”), in relazione ad una valutazione non separata dall’attività didattica e che poggi su “una base estesa di elementi valutabili”, facendo ricorso “a diverse tipologie di prova”.

Il valore dell’errore

Si discute da tempo del valore, solo apparentemente paradossale, dell’errore. Secondo Pier Cesare Rivoltella, nella valutazione sommativa, l’errore è solo “la ratifica di qualcosa che non si è compreso o di un difetto procedurale”. Nella valutazione diffusa, invece, l’errore diventa qualcosa “da diagnosticare in tempo reale per poter intervenire immediatamente senza aspettare la fine di un periodo”. La pratica della didattica da remoto suscita una serie di preoccupazioni dal punto di vista dell’appropriatezza della valutazione. Si sente spesso ripetere: le verifiche solo in presenza. Il volume di Pier Cesare Rivoltella affronta la questione prospettando alcune possibili soluzioni.

Innanzitutto occorre ricordare che per tutto il tempo in cui uno studente rimane in piattaforma, fino al momento del logout, le sue attività sono registrate. Questo consente di sapere quando egli partecipa ai corsi, quali diserta, per quanto tempo in media rimane collegato, “se lavora online o preferisce fare download dei materiali e poi lavorarci offline”.

Tali informazioni possono consentire di profilare gli studenti e di prevederne comportamenti, di orientarne le scelte didattiche.

Profilazione e tracciamento

Si tratta di questioni delicate, ma che possono favorire la “prevenzione del drop out”: vi sono piattaforme che avvisano in posta elettronica l’e-tutor se uno studente non si collega da troppo tempo (il tema è esplicitato nel Capitolo 3, Valutare a distanza: scritto e orale).

Rispetto al problema del plagiarism (copiare) e cheating (suggerimenti) vengono indicate alcune possibili strategie, per esempio l’utilizzo dei sistemi di proctoring, applicazioni basate sull’intelligenza artificiale “che prevedono un client da installare sul computer da cui si sosterrà la prova”.

Ma c’è anche una strada più semplice, quella che consente di procedere al “riconoscimento dello studente in modo che non si possano verificare casi di sostituzione di persona”. La pratica si deve eseguire, sicuramente, all’inizio del colloquio; ma anche durante il colloquio lo studente deve rimanere identificabile, per cui è corretto chiedergli di tenere sempre accesa la webcam, come peraltro consiglia un Piano per la DDI bene impostato.

Tecnologia di comunità

Apprendere a distanza dimostra come l’emergency remote teaching (ERT), (insegnamento da remoto di emergenza) ovvero il Distance Learning, al contrario di quanto sostengono i detrattori, sia un’opportunità per ridurre le distanze, favorire un ampliamento dell’offerta formativa, per un incontro di esperienze diverse e per un arricchimento metodologico.

La competenza digitale offre “tecnologia di comunità”. In questo senso, osserva Pier Cesare Rivoltella, “la tecnologia passa dall’essere interpretata come un sostituto depotenziato della relazione a un luogo e prolungamento della relazione stessa”. Il social learning non è altro che una community online.


[1] C. Rivoltella, Apprendere a distanza. Teorie e metodi, Raffaello Cortina, 2021.

[2] Storia e concetto, Capitolo 1, Dal mito di Theuth alla DAD. Per una storia della formazione a distanza.

[3] Cfr. Marco Macciantelli, Il banco tiene ancora banco, sulla “Rivista dell’istruzione”, 1/2021, gennaio/febbraio, pp. 86-9; e La scuola che verrà, sulla “Rivista dell’istruzione”, 3/2021, maggio/giugno, pp. 72-6; sul libro come cultura a distanza, su Gutenberg e Lutero, cfr. ivi, p. 74.

[4] Alcune esemplificazioni concrete di “materiali autoprodotti” si hanno nelle riviste online, come quella promossa nel Liceo Scientifico “Enrico Fermi” di Bologna tra gli aa.ss. 2016/2017, 2017/2018, 2018/2019, dal titolo“un’idea di scuola”; oppure nella rivista online, realizzata tra gli aa.ss. 2019/2020, 2020/2021, 2021/2022, esperienze e riflessioni dall’Istituto Tecnico “Carlo Zuccante” di Venezia-Mestre, dal titolo “scuola aperta”.