C’è anche la dispersione scolastica implicita

Un nuovo “spettro” emerge dai dati INVALSI

È stato un editoriale di Roberto Ricci, responsabile nazionale prove INVALSI, a scoperchiare il vaso di Pandora delle varie forme della dispersione scolastica, non sono quella formale ma anche e soprattutto quella informale che sfugge alle statistiche.

In un documentato articolo su Invalsiopen Ricci mette in luce un fenomeno poco noto ma con importanti ricadute sociali e lavorative per i giovani italiani.

Si tratta di un esercito nascosto di diplomati che non raggiungono le competenze di base al termine della scuola secondaria di 2° grado e quindi non hanno le abilità minime per entrare nel mondo del lavoro.

È la prima volta che dei dati, raccolti da INVALSI e pubblicati sottoforma di editoriale, danno un nome a questa popolazione di “incompetenti” e la includono nei dati della cd. dispersione scolastica implicita che ha registrato un aumento negli ultimi due anni.

Cos’è la dispersione scolastica implicita o nascosta

Guardando al mondo della scuola, raramente si sente parlare di dispersione scolastica implicita o nascosta. In realtà, si tratta di un fenomeno piuttosto diffuso, per quanto spesso sfugga alle statistiche: esso comprende tutti quegli studenti che conseguono il diploma, ma senza raggiungere una buona qualità e quantità di competenze.

L’assunto sul quale riflettere è che si tratta di un esercito di studenti che, pur non essendo dispersi in senso formale, escono dalla scuola senza le competenze fondamentali per affrontare la vita sociale e lavorativa.

A farli uscire dal cono d’ombra ci ha pensato l’INVALSI, usando i dati delle rilevazioni fatte all’ultimo anno delle superiori. Sono i ragazzi che, pur avendo in tasca un diploma di scuola superiore, in realtà non hanno le competenze che ci si aspetterebbe dopo tredici anni di studio, ma possiedono solo competenze che li assimila più a ragazzi di terza media che ai ragazzi di quinta superiore.

Questi giovani cittadini affronteranno la vita adulta con competenze di base totalmente insufficienti per agire autonomamente e consapevolmente nella società in cui vivranno: più poveri di competenze, avranno grosse difficoltà ad elaborare le informazioni a loro disposizione per prendere delle decisioni coerenti con i loro progetti di vita e quindi saranno maggiormente esposti al rischio di marginalità sociale.

L’interpretazione dell’INVALSI

Dal 2019 il nostro Paese di dispone di uno strumento, i dati INVALSI, in grado di mettere in luce il fenomeno della dispersione implicita sin dalle sue prime manifestazioni al termine della scuola primaria.

Analizzando i risultati delle prove INVALSI, infatti, è possibile spostare l’attenzione dal numero di giovani che conseguono un determinato titolo di studio al livello di preparazione raggiunto al termine della cosiddetta scuola media e della scuola superiore.

Dispersione scolastica esplicita

Dispersione scolastica implicita

A livello internazionale per dispersione scolastica si intende la quota dei giovani tra i 18 e i 24 anni d’età con al massimo il titolo di scuola secondaria di 1° grado o una qualifica di durata non superiore a 2 anni e non più in formazione.

Questa definizione coglie la dispersione scolastica esplicita, quella immediatamente visibile alle statistiche ufficiali.

Quota non trascurabile di studenti che terminano il loro percorso scolastico, ma senza raggiungere, nemmeno lontanamente, i traguardi minimi previsti dopo 13 anni di scuola.

Questi giovani che conseguono il titolo di scuola superiore, ma senza aver raggiunto le competenze fondamentali previste, restano invisibili alle statistiche e vanno ad ingrossare un’area grigia della dispersione scolastiche che definiremo implicita o nascosta.

I numeri della dispersione scolastica

La dispersione scolastica implicita, che si aggiunge a quella esplicita misurata dalle statistiche ufficiali, rende il problema ancor più urgente e socialmente rilevante.

In base agli ultimi dati disponibili, la quota di Early leavers from education and training (ELET) in Italia si è ridotta nel tempo, attestandosi nel 2018 attorno al 14,5% (Fonte Eurostat 2019), un dato che avvicina l’Italia all’obiettivo posto dell’UE per il 2020 che fissa al 10% la quota massima degli ELET.

Per la prima volta in Italia, oggi disponiamo di una prima misura della dispersione scolastica implicita. Dal 2019 gli studenti italiani hanno affrontato al termine della scuola secondaria di secondo grado prove standardizzate di Italiano, Matematica e Inglese.

Pur nella loro parzialità, le prove INVALSI consentono, pertanto, di quantificare la quota di studenti che non raggiunge tali traguardi, identificandone le caratteristiche e fornendo una misura dei livelli di apprendimento raggiunti.

Per dispersione implicita si intende quindi la quota di studenti che al termine della scuola secondaria hanno raggiunto al massimo il livello 2 in Italiano e Matematica e che non hanno raggiunto nemmeno il B1 in Inglese sia per la prova di lettura sia per quella di ascolto.

È pertanto del tutto evidente che si sta parlando di giovani a forte rischio di esclusione sociale, difficilmente in grado di elaborare le informazioni a loro disposizione per assumere decisioni basate su dati e coerenti con i loro progetti di vita.

Tab. 1 – La dispersone scolastica implicita (Fonte INVALSI 2019)

La dispersione scolastica implicita si somma a quella implicita: in Italia supera il 20%

Dai dati INVALSI emerge chiaramente un assunto: a una quota di dispersi espliciti di circa il 14.5% della popolazione di riferimento (ELET) si va ad aggiungere una quota di un ulteriore 7,1% di dispersi impliciti, cioè giovani che pur conseguendo un titolo di studio di scuola secondaria di 2° grado, non posseggono le competenze di base che sarebbero previste dopo tredici anni di scuola.

È quindi possibile immaginare – afferma Roberto Ricci – che la quota effettiva complessiva di “dispersi”, corrispondente alla somma degli studenti che non hanno terminato il secondo ciclo di istruzione e di quelli che pur avendolo concluso non hanno competenze corrispondenti al livello atteso, in Italia superi il 20%, ossia un giovane ogni cinque.

Tab. 2 – Dispersione scolastica totale (Elaborazioni INVALSI su dati ISTAT 2014 e INVALSI 2019)

Le disparità territoriali: un Paese diviso in tre parti

I dati elaborati da IVALSI restituiscono una fotografia allarmante del Paese ancora una volta diviso in tre parti: solo il Veneto e la provincia autonoma di Trento riescono a mantenere la quota dei dispersi totali al di sotto o molto vicino al 10% dei giovani, raggiungendo quindi l’obiettivo posto dall’UE per il 2020.

In tutto il resto del Centro-nord la quota dei dispersi totali oscilla tra il 15% e il 20%, ma in molte regioni del Mezzogiorno i dispersi totali sono più del 25% fino a raggiungere il 31,9% in Campania, il 33,1% in Calabria, il 37% in Sicilia e il 37,4% in Sardegna.

Si può dire che un giovane su tre in età compresa fra 18 e 24 anni in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna non possiede le competenze di base nella capacità di lettura, nell’effettuare semplici calcoli, per non parlare della comprensione della lingua Inglese, necessarie per l’esercizio dei diritti di cittadinanza.

I soggetti a rischio

A rischio sono soprattutto gli alunni e gli studenti che si trovano nel Mezzogiorno del Paese e frequentano o hanno frequentato prevalentemente percorsi tecnico-professionali. Nei Licei questi ragazzi sono meno frequenti, almeno in media.

Si tratta di studenti che hanno registrato diverse ripetenze ed hanno seguito un percorso accidentato.

Le difficoltà di questi ragazzi, così come sottolinea il rapporto INVALSI, vengono quindi da lontano e affondano le proprie radici già nelle prima fase di scolarizzazione.

Il raggiungimento di livelli di padronanza inadeguati rappresenta, pertanto, una delle cause più importanti della dispersione scolastica e quindi è fondamentale monitorare il fenomeno sin dalle sue prime manifestazioni.

Le criticità messe in evidenza dalle prove INVALSI svolte nei gradi scolastici inclusi nel primo ciclo d’istruzione potrebbero fornire una diagnosi molto precoce della dispersione scolastica e consentire quindi azioni preventive molto più efficaci.

Le prove standardizzate di Italiano, Matematica e Inglese ci consentono di avere una misura delle competenze di base, ovvero di quel corredo minimo che il futuro cittadino deve avere per potersi muovere adeguatamente nella società di oggi e del domani.

Contrastare il rischio dispersione “in anticipo”

I dati raccolti e commentati da INVALSI non lasciano grandi margini al dubbio. Già al termine della cosiddetta scuola di mezzo la quota di allievi in grossa difficoltà è tutt’altro che trascurabile e tale dato sfugge completamente alle statistiche ufficiali tradizionali.

Questa prima analisi mostra che la parte sommersa del fenomeno non è irrilevante e in alcune aree del Paese è addirittura drammatica.

In alcune regioni del Paese, oltre un allievo su cinque termina la scuola media con livelli di competenza di base del tutto inadeguati, creando così le premesse del fenomeno della dispersione scolastica.

È del tutto evidente che un’azione tempestiva di aiuto per questi giovani potrebbe nel giro di pochi anni ridurre sensibilmente i livelli di dispersione scolastica complessiva.

Di fronte a un fenomeno di questa portata e gravità l’impegno delle singole scuole e dei singoli docenti non può bastare, perché è evidente, come ribadisce la presidente dell’Invalsi Anna Maria Ajello, che «la dispersione è prima di tutto un fenomeno sociale e poi scolastico».

Tab. 3 – Allievi in difficoltà al termine della III sec. di 1° grado [Elaborazione INVALSI]

Nota: Per allievi in difficoltà si intendono coloro che hanno raggiunto al massimo il livello 2 in Italiano e Matematica e che non hanno raggiunto il livello A2 in Inglese (lettura e ascolto).