Dimensione educativa dell’orientamento

Essere protagonisti delle proprie scelte

In occasione della seduta congiunta della Commissione Cultura del Senato con quella della Camera del 30 novembre u.s., il Ministro dell’istruzione e del merito ha illustrato le linee programmatiche del suo dicastero. Nell’annunciare un “piano strategico sull’orientamento” per combattere la dispersione scolastica e scongiurare la conseguente esclusione sociale, Valditara ha ipotizzato l’introduzione di una modifica importante dell’impianto scolastico.

Un nuovo percorso per l’orientamento scolastico

Si tratta di un percorso sistematico di azioni orientative che avranno come perno moduli curriculari di 30 ore annue per le classi di scuola secondaria di primo grado e per le ultime tre classi della scuola secondaria di secondo grado. Ma la novità più rilevante sembra essere l’istituzione della figura professionale del docente tutor, che il Ministro intende integrare con le diverse figure adulte con cui gli studenti comunemente si interfacciano e nei confronti dei quali nutrono stima e fiducia. Si vorrebbe, con questa iniziativa, rilanciare la “grande alleanza”, tra famiglie, docenti e studenti, tesa a migliorare efficienza ed efficacia dell’attuale sistema educativo e formativo.

Il docente tutor “orientatore”

La realizzazione di un progetto di orientamento dinamico del tipo appena ipotizzato prevede, per il docente tutor, oltre ad un arricchimento del suo corredo professionale, anche una formazione psico-pedagogica integrativa che non può essere certamente improvvisata. La richiesta di docenti dotati di particolari e accertate competenze in materia di orientamento rinvia inevitabilmente all’individuazione di figure specifiche che dovranno fornire apporti conoscitivi e pratici con livelli di complessità organizzativo-gestionale ben diversificati. Per esempio si dovrà prevedere un rapporto virtuoso tra le nuove figure dedicate e le professionalità già attive nella scuola; si dovrà rafforzare l’atteggiamento dialogico e collaborativo con la rete di orientamento presente sul territorio; si avrà necessità di distinguere tra la qualificazione professionale dei nuovi operatori rispetto a quelli già esistenti; soprattutto si dovranno attivare percorsi di formazione in ingresso per le nuove figure di sistema.

Competenze per l’orientamento

Ecco allora che, con la specificità dell’azione richiesta a questa nuova figura, emergerà il riconoscimento di competenze da maturare attraverso un’expertise professionale che potrebbe seguire un duplice binario: favorire l’individuazione di una figura dedicata o attribuire una competenza aggiuntiva ad una figura professionale che non ha, però, come finalità solo l’orientamento.  In un caso o nell’altro, sarà inevitabile tratteggiare le peculiarità di una sorta di docente ‘esperto’ (orientatore),cioè di nuova figura professionale più volte evocata nelle passate legislature, ma mai decollata.

L’orientatore avrà il compito di affiancare gli studenti nel percorso di costruzione della propria identità facilitandoli nell’accesso ai sistemi di istruzione e formazione e indirizzandoli, poi, anche verso le richieste del mercato del lavoro. Dovrà, quindi, insegnare agli studenti a sapersi orientare in maniera consapevole ed efficace. Le competenze orientative devono essere orientare a specifici obiettivi, per esempio:

  • acquisire uno stile di comportamento proattivo rispetto alla gestione della propria storia personale;
  • tenere sotto controllo lo svolgersi delle innumerevoli e frammentate esperienze maturate nel corso della propria esistenza sapendo coglierne il senso;
  • sviluppare capacità decisionali potendo già contare su precedenti momenti di progettazione della propria biografia.

Non è sufficiente disegnare nuovi profili professionali se non vengono contestualmente previsti percorsi adeguati di formazione a carattere psicologico, sociologico e pedagogico. Il docente orientatore è quello che dovrà essere in grado di valorizzare i talenti, sia degli studenti più deboli e fragili, sia di quelli più dotati.

L’orientamento che c’è

Esistono, già oggi, diversi sistemi formativi che svolgono una funzione orientativa. La scuola, l’università, i centri per l’impiego, ciascuno nel quadro della propria mission istituzionale. Sono questi gli attori sociali con i quali oggi lo studente interagisce.

La scuola, pur non avendo mai avuto una figura professionale di orientatore, ha sempre svolto, a decorrere dagli anni ’70 [1], una funzione orientativa a supporto del passaggio da una fase all’altra del percorso di istruzione e formazione. Finora il processo di orientamento è stato centrato su alcuni momenti dell’anno scolastico, coincidenti nella maggior parte dei casi con le iscrizioni. In genere ogni scuola ha una figura strumentale che cerca di accompagnare le famiglie e gli studenti nelle scelte.

In realtà, tale compito è molto riduttivo, l’orientamento non può limitarsi solo ad indirizzare i giovani in vista della prosecuzione degli studi o della scelta di una determinata occupazione lavorativa. Orientare è molto di più: è conferire una cornice di senso all’autodirezione del soggetto in formazione, è valorizzare l’identità dello studente, significa aiutarlo a disegnare una propria biografia, adeguata e soddisfacente, sostenerlo nella riflessione e nei processi di autovalutazione.

Prossimità e ulteriorità

La scuola, affidandosi ad un docente tutor, o a un docente comunque esperto, è chiamata a migliorare quanto finora è stata capace di realizzare e a ripensare all’importanza della duplice funzione dell’orientamento: quella implicita, che riguarda la conoscenza di sé, dei propri valori e delle strategie per affrontare la realtà formativa e lavorativa; quella esplicita, corrispondente alla conoscenza della realtà sociopolitica in cui lo studente vive.

La maturazione del processo di orientamento è strettamente connessa con l’obiettivo di crescita personale e con lo sviluppo della capacità decisionale. Orientarsi su sé stessi, nel significato di assumere consapevolezza della propria identità per poterla governare conferendole una direzione, è il punto di partenza per muoversi consapevolmente nella realtà circostante ed elaborare un proprio progetto di vita. È la ricerca di “ulteriorità” nel significato di “tensione-verso”, speranza, desiderio di pienezza di senso [2]. Il soggetto, oltre ad essere pianificatore e artefice della propria esistenza, diventa anche il principale riferimento morale nella narrazione dello sviluppo del sé. In questa prospettiva lo studente acquista un ruolo attivo nella scelta del cammino che intende percorrere per la propria realizzazione: collocandosi al centro del processo di orientamento, egli diventa impresario di sé stesso e investitore delle proprie risorse (personali e sociali) e dei propri vissuti (formativi e lavorativi).

La conoscenza del sé e la riflessività

Per sostenere la conoscenza del sé, la scuola deve favorire, innanzitutto, un approccio didattico a valenza autovalutativa. La trattazione di certi contenuti disciplinari deve contribuire a sollecitare nello studente un atteggiamento (nei confronti della propria biografia) di tipo riflessivo. Lo studente deve essere, cioè,in grado di cogliere le risorse di cui dispone, ma anche i propri limiti, deve saper declinare i propri interessi, riconoscere inclinazioni e attitudini, soddisfare la curiosità, commisurare le proprie aspirazioni con le opportunità e le esigenze del contesto, incrementare la capacità decisionale anche attraverso l’autostima e la capacità di riconoscersi nelle vocazioni e nei talenti.

La conoscenza del sé è elemento di forza nel processo di costruzione dell’identità personale e sociale. Si acquisisce grazie a quella riflessività che conduce ad un’intima introspezione e ad una presa di coscienza delle profondità del proprio essere. È un atteggiamento intimamente meditativo da ricondurre alla nozione di riflessività biografica teorizzata dal sociologo tedesco Ulrich Beck. “Noi siamo non ciò che siamo, ma ciò che facciamo di noi stessi” [3] sta a significare che la facoltà di tracciare il proprio progetto di vita appartiene solo all’essere umano, che diventa così il risultato degli sforzi costruttivi e ri-costruttivi messi in atto per conferire senso e significato alle esperienze personali maturate che andranno a confluire nella propria identità.

Una biografia appagante

In questa prospettiva, la scuola deve insegnare al soggetto non solo a pianificare la propria biografia ma anche a renderla appagante, invitandolo a porre sé stesso al centro dell’azione e insegnandogli, contestualmente, a saper valutare le proprie abilità e competenze. Già Dewey all’inizio del 20° secolo aveva introdotto il concetto di riflessività, sostenendo che il pensiero riflessivo nasceva dalla condizione di incertezza e problematicità che si genera nel corso dell’apprendimento esperienziale [6].

L’obiettivo, quindi, è quello di “pervenire allo sviluppo di un percorso biografico soddisfacente” [4]. “Il soggetto che riflette è un io che si dirige sui suoi stessi vissuti e si ascolta pensare mentre pensa”, per dirla con le parole della Mortari [5].

Potremmo, dunque, concludere che ogni soggetto – se opportunamente supportato e orientato – può diventare un attivo costruttore di modelli di realtà. L’orientamento autentico resta quello intrapreso da ogni alunno che intenda strutturarsi come persona all’interno di uno spazio di vita, significativo e gratificante. Ed è su questa consapevole e deliberata scelta esistenziale che la scuola è chiamata a fondare la sua azione formativa.


[1] UNESCO, Congresso internazionale di Bratislava, 1970. Nella Raccomandazione conclusiva sul tema dell’orientamento il Comitato di esperti fornisce una prima definizione ufficiale di orientamento: “Orientare significa porre l’individuo nella condizione di prendere coscienze di sé, di progredire per l’adeguamento dei suoi studi e della sua professione rispetto alle mutevoli esigenze della vita con il duplice obiettivo di contribuire al progresso della società e raggiungere il pieno sviluppo della persona”.

[2] A. Rigobello, Prossimità ed ulteriorità. Una ricerca ontologica per una filosofia prima, 2009. Secondo l’autore si tratta di una filosofia che interpreta il già (prossimità) e il non ancora (ulteriorità) a significare che la condizione umana oscilla costantemente tra il desiderio-verso e l’andare oltre come immagine di un “ulteriore” che potrebbe acquisire un volto.

[3] U. Beck, La società del rischio. Verso una seconda modernità, prima pubblicazione 1986.

[4] A. Giddens, Identità e società moderna, 1999.

[5] L. Mortari, Apprendere dall’esperienza: il pensare riflessivo della formazione, Carocci, 2003.