SNV, visite esterne alle scuole: si riparte?

I tam-tam hanno cominciato a battere da qualche tempo: la macchina Invalsi ha ancora il motore caldo per le visite esterne 2016 appena concluse, e già è cominciata la preparazione di quelle previste per la primavera 2017.

Come si svolge la visita esterna?

Di cosa parliamo? Il DPR 80/2013, nell’istituire il Sistema Nazionale di Valutazione (SNV), prevede che, accanto all’autovalutazione delle scuole, si collochi una valutazione “sul campo”, condotta da Nuclei di Valutazione Esterna (NEV). La valutazione esterna serve alle scuole per ri-definire i Piani di miglioramento in base agli esiti dell’analisi effettuata dai Nuclei. Si tratta di un antidoto alla possibile autoreferenzialità dell’autovalutazione, uno “specchio” per le scuole, che possono svolgere una “riflessione” (appunto, nello specchio) sulle priorità ed obiettivi di miglioramento scaturiti dalla propria autovalutazione. La scuola viene “letta” da uno sguardo esterno nel corso di una visita che dura tre giorni. Gli sguardi esterni in effetti sono tre, quello del dirigente tecnico (ispettore) coordinatore del nucleo, quello del “profilo A” (dirigente scolastico o docente esperto) e quello del “profilo B” (esterno alla scuola, ma esperto di ricerca sociale e organizzazioni formative).

Dopo avere esaminato la documentazione, durante i tre giorni il NEV incontra oltre 70 persone tra docenti, genitori, studenti, oltre naturalmente al dirigente e il suo staff, e si forma un’idea sui punti di forza e di debolezza della scuola, che sintetizza in un giudizio sulle quattro aree degli esiti e le sette aree dei processi del RAV, servendosi delle stesse rubriche. La scuola può quindi “riflettersi” in questo  sguardo, confrontando i propri giudizi con quelli del Nucleo esterno, che fornisce anche suggerimenti sulle priorità ed obiettivi di processo scelti dalla scuola per il proprio miglioramento (condiviso, parzialmente condiviso, da rivedere, suggerito ex novo dal NEV).

Le luci: un successo non scontato

Le visite esterne, è questa la percezione diffusa, sono andate bene, molto bene. Hanno convinto valutati e valutatori. Dopo le ansie iniziali per scuola e dirigente, il dialogo professionale diventa un momento di opportunità per la scuola, che si sente presa in considerazione. È quello che succede quando si incontrano persone, e non ruoli. Per questo motivo la visita è necessaria, e i soli documenti non bastano: “Mi sembra una scuola diversa da quella letta nei documenti”, ha commentato un “profilo A” al termine di una visita. Le scuole visitate, in genere, hanno capito questa logica, per il miglioramento e non per la classificazione. “Se avessi saputo che le visite esterne erano così, l’avrei chiesta io”, ha detto una dirigente. Qualche scuola non visitata: “Perché loro sì e noi no?”. “Non tornate?” chiedevano diversi dirigenti e docenti, segno che questa pratica di miglioramento ha bisogno di forme di continuità successive.

Ad esempio, in Emilia-Romagna sono state fatte alcune analisi preliminari sulle scuole visitate. Solo nel 5% dei casi il giudizio dei NEV in un’area è significativamente diverso dal RAV (di 2 o 3 livelli su sette); nel 95% dei casi il giudizio del NEV corregge in più o in meno di un livello quello della scuola o lo conferma. Nelle pratiche di inclusione, addirittura, i NEV danno tendenzialmente giudizi migliori di quelli di autovalutazione delle scuole, e spesso anche nell’area dei rapporti col territorio. Questo significa che, a giudizio dei valutatori esterni, le scuole in genere “ci hanno preso”, hanno fatto autovalutazioni equilibrate e mediamente centrate.

Ma attenzione: i NEV non hanno “largheggiato” nei giudizi, né hanno banalmente ricalcato i giudizi del RAV, ma sono entrati nel merito; ad esempio solo tre scuole si erano assegnate un giudizio di “eccellente” in un’area, giudizio che è stato per tutte e tre abbassato dal NEV, mentre altre tre scuole si sono viste assegnare il giudizio “eccellente” in un’area in cui si erano date un’autovalutazione inferiore. Le aree dove le correzioni di giudizio sono state maggiori sono Curricolo e Ambienti di apprendimento: questo deve farci riflettere, perché indica una minore capacità di autovalutazione delle scuole proprio nelle aree centrali dell’azione quotidiana in classe.

Dove i NEV sono intervenuti con correzioni più significative è nella condivisione o meno di priorità ed obiettivi di processo per il miglioramento: per il 40%, infatti, sono non confermati o suggeriti ex novo. Il giudizio dei NEV, quindi, è anche qui positivo per il 60%, ma non in modo così esteso come per le rubriche di autovalutazione. Questo suggerisce che le scuole fanno più fatica a passare dall’autoanalisi all’identificazione delle azioni necessarie in termini di priorità, traguardi, obiettivi di processo coerenti e ben strutturati.

Le ombre: ci vediamo tra vent’anni?

Le scuole visitate in Italia nel 2016 sono state il 4% del totale: queste scuole – se il quadro delle risorse non cambia – riceveranno la prossima visita dopo il 2040. Ha senso? Non avrebbe senso condurre queste attività nell’ordinario? Come ordinaria deve diventare la valorizzazione dei docenti e la valutazione dei dirigenti scolastici. La domanda che tutti ci poniamo è: quando andremo a regime? La sfida sembra quella di creare una platea allargata di figure di scuola (ispettori, dirigenti e docenti) che valutano le scuole pur continuando a viverne la quotidianità.

Il sistema è oggettivamente sottodimensionato, e a questo non può supplire il grande sforzo organizzativo di Invalsi. In Francia il corpo ispettivo è composto di 3.700 unità, mentre in Italia l’organico degli ispettori è di 192 unità, e quelli effettivamente in servizio sono molti meno. Il bilancio a disposizione dell’Invalsi è un decimo di quello dell’Ispettorato olandese, e l’Olanda è più piccola della Lombardia.  Come dicevano i nostri nonni, non si possono fare le nozze coi fichi secchi.

Ispettori: nuovi compiti, vecchi organici

La realtà è che il legislatore, dal DPR 80/2013 alla legge 107/2015, ha giustamente immaginato nuovi compiti per il corpo ispettivo (oltre a quelli tradizionali di ricerca, supporto all’autonomia scolastica ed ispezioni vere e proprie), tarati sull’area strategica della valutazione: valutazione delle scuole, valutazione dei dirigenti scolastici, presenza nei comitati per la stesura dei criteri di valorizzazione dei docenti, visite ai docenti che non superano il primo anno di prova, ecc. Ma il legislatore si è dimenticato che non si recupera il gap con le altre nazioni europee se non si fanno investimenti importanti in risorse umane.

Non servono più soldi di quelli che già si spendono: bisogna solo spenderli per le cose giuste. Basti pensare che l’esame di maturità, che nella bozza di decreto attualmente in discussione diventa ancor più autoreferenziale, costa 150 milioni di euro, per produrre risultati sostanzialmente già noti prima del suo svolgimento. Ne basterebbero la metà per ridare fiato all’asfittico bilancio dell’Invalsi ed avvicinare il numero degli ispettori italiani alle dimensioni europee (aumentando, contestualmente con gli ispettori, il controllo esterno sugli esami). Esempi come questi se ne possono fare molti. Utopia?