Ius soli: cittadini di questa terra

A proposito di ius soli

Il dibattito sulle nuove modalità di acquisizione della cittadinanza ha recentemente animato l’opinione pubblica e la scena parlamentare del Senato della Repubblica che, esercitando la funzione di Camera alta nel nostro sistema di bicameralismo perfetto, ha rimesso in discussione molte delle questioni sottese al Disegno di Legge 2092, già approvato alla Camera dei deputati fin dal 2015.

Come si diventa cittadini italiani, oggi

Con riferimento al diritto alla naturalizzazione o alla cittadinanza possono essere generalmente considerati due diversi modelli:

  • Ius sanguinis (diritto di sangue), inteso come diritto di cittadinanza che si ottiene oppure si eredita in base alla propria parentela;
  • Ius soli (diritto di territorio), espressione giuridica che, senza alcun riguardo alla nazionalità dei genitori, indica l’acquisizione della cittadinanza di un dato Paese come conseguenza dell’essere nati sul suo territorio.

Questi due modelli principali di naturalizzazione sono ampiamente utilizzati in tutto il mondo anche mediante declinazioni particolari e complesse, di volta in volta adattate alle caratteristiche sociali, giuridiche, economiche e geografiche di ogni Paese.

In Italia la normativa di riferimento per l’acquisto della cittadinanza è la Legge 91/1992 che contempla lo ius sanguinis quale unica modalità di acquisizione automatica della cittadinanza.

Alla presenza di particolari condizioni ed in via residuale, è anche possibile, con la normativa vigente, acquisire la cittadinanza italiana non per nascita ma jure soli per:

  • coloro che nascono nel territorio italiano e i cui genitori siano da considerarsi o ignoti o apolidi;
  • coloro che nascono nel territorio italiano e che non possono acquistare la cittadinanza dei genitori, in quanto la legge dello Stato di origine dei genitori esclude che il figlio nato all’estero possa acquisire la loro cittadinanza;
  • i figli di ignoti che vengono trovati (a seguito di abbandono) nel territorio italiano e per i quali non può essere dimostrato, da parte di qualunque soggetto interessato, il possesso di un’altra cittadinanza.

La terza via: ius culturae

Fatte salve alcune fattispecie particolari e modalità agevolate (filiazione, adozione, doppia cittadinanza), una persona, nata in Italia da genitori stranieri, può chiedere la cittadinanza dopo il compimento dei 18 anni (col termine perentorio di un anno), a condizione che abbia risieduto dalla nascita in Italia, senza soluzione di continuità ed in maniera legale. La legge vigente, nella sua normale applicazione, estromette, per diversi anni, dalla cittadinanza e dai suoi benefici, decine di migliaia di bambini, nati e cresciuti in Italia, che parlano italiano, usano il dialetto locale e, tuttavia, sono considerati “ospiti”, anche se nessuno di loro si sente tale.

Nel contempo, grazie allo ius sanguinis “perfetto”, lontani discendenti di immigrati dispersi nel mondo intero, ottengono facilmente la cittadinanza italiana.

La forte sofferenza della situazione italiana, che richiede, a detta dei relatori del DDL 2092, soluzioni non comuni, ha delineato, in sede parlamentare, l’affiancarsi di un terzo modello che, per esplicita ammissione, guarda non già all’Italiano o discendente di Italiani ma allo straniero immigrato in Italia, privo di ascendenza italiana, in tempo di considerevoli e ormai inevitabili flussi di immigrazione verso lo “Stivale”.

Il disegno di legge muove, pertanto, fuori dell’alveo dello ius sanguinis e, pur di non ammettere uno ius soli assoluto, escogita un modello di compromesso che viene definito “temperato” dallo ius culturae.

Ius soli, a condizion che…

Vediamo nello specifico quali saranno le forme di acquisto della cittadinanza italiana per nascita; passeremo poi ad analizzare le altre modalità contemplate nel Disegno di Legge.

Secondo la proposta, acquisterebbe la cittadinanza iure soli chi è nato nel territorio della Repubblica italiana da genitori stranieri, dei quali almeno uno sia in possesso del diritto di soggiorno permanente o del permesso di soggiorno di lungo periodo, ed abbia in corso effettiva residenza almeno quinquennale in Italia.  Questi permessi sono sottoposti ad una disciplina ferrea, di concessione e di mantenimento, che non si limita a negarli agli stranieri pericolosi per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato, ma contempla innumerevoli e particolari fattispecie tali da non rendere affatto semplice e scontato l’ottenimento e la permanenza.

La nuova modalità di acquisto della cittadinanza italiana per nascita, prevista dal disegno di legge, si realizza mediante dichiarazione di volontà, espressa da parte di un genitore o di chi eserciti la responsabilità genitoriale, purché in possesso dei requisiti sopra descritti.

La dichiarazione della volontà di acquisire la cittadinanza italiana deve essere espressa, dal genitore o tutore, entro il compimento della maggiore età dell’interessato. Quest’ultimo, se nessuno lo ha mai fatto per lui, può inoltrare richiesta di acquisto della cittadinanza, entro due anni dal raggiungimento della maggiore età (termine espanso dal DDL: attualmente è di un anno).

Come si vede, la ratio della legge è rivolta alla naturalizzazione delle nuove generazioni, in maniera tale da consentire una scelta consapevole e responsabile.

È l’istruzione che rende cittadini

Ma cosa accade nel caso in cui la persona sia nata in Italia da genitori non aventi i requisiti prescritti oppure non sia nata qui ma vi giunga in tenera età?

Si introduce, in questo caso, una modalità di acquisto della cittadinanza a seguito di percorso formativo, detta ius culturae, una novità per l’ordinamento italiano.

Beneficiario è il minore straniero, che sia nato in Italia privo dei requisiti per ottenere la cittadinanza iure soli o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età.

Egli acquista di diritto la cittadinanza qualora abbia frequentato regolarmente un percorso formativo, per almeno cinque anni, nel territorio nazionale.

Tale formazione consiste in uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di IeFP con titolo finale. Nel caso in cui la frequenza riguardi il corso di istruzione primaria, è altresì necessaria la conclusione positiva di tale corso.  Anche per tale nuova modalità deve essere espressa una manifestazione di volontà da un genitore, legalmente residente in Italia, entro il compimento della maggiore età dell’interessato.

Il Paese dei diritti e dei doveri

Le innumerevoli opinioni di noi italiani sull’argomento stanno anche mostrando sfaccettature inaspettate, mettendo in evidenza paure, insicurezze e timori di sostituzione etnica. Il dibattito parlamentare farà il suo corso, smaltendo in qualche modo la congerie di emendamenti presentata per contrastare l’approvazione del DDL 2092, ma tutto fa supporre che il suo esito non sarà scontato e facile. Tuttavia una riflessione sul modello di ius culturae previsto appare quasi naturale. Se è vero che l’Italia, con queste nuove norme, potrebbe essere strumentalmente percepita come Stato nel quale esisteranno maggiori possibilità di ottenere la cittadinanza rispetto al passato, è innegabile che la nostra Nazione voglia proporsi come modello, culturale e di cittadinanza, di riferimento nel Mediterraneo. Le famiglie dei Paesi in via di sviluppo, o con gravi problemi economici e politici, potranno intravedere, nella scuola e nella formazione in Italia, una via privilegiata per l’accesso alla cittadinanza ed ai suoi diritti, in uno Stato come il nostro che, almeno ai loro occhi, appare avanzato e moderno.

È straordinaria la facilità con cui si dimentica che siamo stati, per decenni, un Paese di emigrazione, e che i nostri connazionali hanno beneficiato della scuola, del lavoro e dei diritti di cittadinanza a loro concessi nel mondo intero.