Le operazioni di mobilità annuale

La loro utilità, quali effetti producono, a cosa e a chi servono

Mobilità definitiva, mobilità annuale

Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) relativamente al personale del Comparto Scuola, sottoscritto il 29.11.2007 (come tutti gli altri che lo hanno preceduto) prevede, all’art. 10, le operazioni di mobilità, sia territoriale che professionale, oltre che intercompartimentale, ed ovviamente anche le operazioni di utilizzazione e di assegnazione provvisoria. Talché per ogni anno scolastico si assiste alla contrattazione integrativa, a livello nazionale, per la mobilità cosiddetta definitiva, sia territoriale che professionale, che opera sulla scorta degli organici di diritto, e poi per quella avente effetto limitato allo specifico anno scolastico, che opera sugli eventuali posti di organico di diritto, residuati dalla mobilità e dall’accantonamento di essi da destinare al nuovo reclutamento, oltre che sui posti determinatisi in occasione dell’adeguamento dell’organico di diritto a quello di fatto.

Organici di diritto e di fatto

Non si può sottacere, in questa occasione, che negli anni si è modificato, e profondamente, il modo di determinare il cosiddetto organico di diritto; questo organico, definito anche previsionale, è costituito sulla base delle nuove iscrizioni, e ciò è sufficientemente reale, e sulla base dei risultati derivanti dagli scrutini finali e dagli esami di Stato (per la scuola secondaria) e sulla base degli orientamenti prevedibili in ordine alla scelta dei percorsi di studio.

Orbene, come si anticipava, le modalità di costituzione degli organici di diritto o previsionali si sono trasformate (anzi, si sono evolute) nel tempo, passando, ad esempio, dalla rigida modalità di definire in diritto (alcuni decenni or sono) solo le classi costituenti corsi completi, lasciando all’organico di fatto tutto quanto fosse collaterale, fino ad arrivare ai nostri giorni, e soprattutto in occasione dell’approvazione della legge 107/2015, in base alla quale tutti i posti formatisi l’anno precedente (occupati da personale di ruolo utilizzato o in assegnazione provvisoria, o da personale a tempo determinato), si costituiscono in organico di previsione, sia pure nei limiti della spesa previsionale, in assenza, tuttavia, di motivazioni concrete tali da non poterne prevedere il funzionamento nell’anno scolastico successivo.

I posti disponibili

Se le motivazioni espresse dalla legge 107/2015 (tra l’altro questa legge doveva eliminare le cause che hanno determinato l’infrazione europea in relazione al divieto di arruolare a tempo determinato per un periodo superiore a 36 mesi o a tre anni) sono legate allo scopo di destinare al ruolo tutti i posti disponibili, a valle della mobilità definitiva, ci si chiede come mai si ricorre alla mobilità annuale, cioè su quali posti si realizzano queste operazioni.

Evidentemente, se queste operazioni sono previste, certamente vi è anche la disponibilità di posti; a parte i non molti posti che si liberano per distacco sindacale o per comando a seguito di utilizzo in altre attività, ed i non molti posti derivanti dall’adeguamento alle situazioni di fatto e situazioni similari, si può contare anche sull’adeguamento relativamente all’insegnamento su posti di sostegno, che non sono certamente pochi.

Fatta questa doverosa premessa, bisogna distinguere le operazioni di utilizzazione da quelle di assegnazione provvisoria e, per la prima, le operazioni legate all’esubero da quelle a domanda.

Le utilizzazioni annuali

Le operazioni di utilizzazione derivanti dal fenomeno dell’esubero trovano piena giustificazione nelle motivazioni, da una parte, di impegnare personale professionalmente valido che diversamente sarebbe utilizzato in attività non sempre gradevoli (ad esempio supplenze brevi e, comunque, temporanee), e, dall’altra, di evitare di arruolare altro personale con evidente aggravio all’erario); ma, comunque, sono operazioni che sfuggono alla condivisa logica della reclamata e sempre bistrattata “continuità didattica”, che rappresenta soprattutto un diritto degli alunni. Questo concetto, della continuità didattica, è sempre richiamato in causa, ma è costantemente ignorato in ogni occasione. Non sfugge a nessuno, ad esempio, che solo nel Comparto Scuola esiste la norma che prevede una gigantesca operazione di mobilità che si rinnova ogni anno e, non bastasse, dopo la mobilità vi è quella avente effetto limitato all’anno. Non è difficile considerare, infatti, che, oltre a non garantire la continuità didattica agli alunni delle classi che si lasciano per trasferimento o, peggio, per utilizzazione o assegnazione provvisoria, la stessa continuità non la si garantisce agli alunni delle classi presso le quali si arriva per utilizzazione o assegnazione provvisoria.

La sequenza delle operazioni

Cosa dire, poi, della puntigliosità delle regole/procedure che vengono dettate per trattare le centinaia di migliaia di postulanti ed il faticoso contenzioso che ne deriva? Circa trenta passaggi legati alla cosiddetta sequenza operativa per procedere alle operazioni aventi effetti limitati all’anno scolastico, nel periodo limitatissimo e scomodissimo che va dalla pubblicazione dei movimenti definitivi all’inizio dell’anno scolastico, in uno a tutte le altre incombenze che gravano sugli uffici amministrativi.

Precarietà, ma per chi?

Nella scuola italiana si vive perennemente il precariato, e non solo o non soprattutto per la tipologia del contratto da stipulare, in relazione al personale, ma attualmente il precariato lo soffrono gli alunni e, per essi, le loro famiglie, oltre alle scuole, dove  grazie alla “presenza delle risorse umane del potenziamento”  si prova a realizzare progettualità, laddove si possa garantirne la continuità.

Ci si chiede quando si metterà mano veramente, seriamente, ad una legge di riforma che dia alla scuola italiana le garanzie per concorrere con le scuole di tutti gli altri paesi, uscendo dalle immeritate posizioni che la vedono, spesso, relegata in coda alle graduatorie internazionali; non è solo questione di programmi o di curricoli, e non è solo questione di formazione continua o di aggiornamento del personale: è anche questione di discorsi educativi che si devono garantire durevoli nel tempo o almeno nell’interezza dei cicli.