Riattivata la Carta del docente

Altri 500 euro per la formazione e l’aggiornamento

Sembra ieri, eppure siamo già al terzo anno

Il 14 settembre u.s. è stata riattivata la piattaforma web per la Carta del Docente, temporaneamente sospesa per permettere le operazioni di aggiornamento per il nuovo anno scolastico. Ora gli insegnanti hanno quindi a disposizione un nuovo borsellino elettronico del valore di 500 euro, che permetterà loro di acquistare corsi di formazione e aggiornamento, hardware e software, eventi, rappresentazioni e manifestazioni culturali, così come disposto dal comma 121 della Legge 107/2015.

L’utilizzo del buono ha avuto validità già a partire dal 2015-16, ma con forme diversificate, finché il sistema non è entrato a regime. È utile pertanto ripercorrere filologicamente le tappe e le modalità di erogazione che si sono succedute fino a oggi.

Atto I. Anno scolastico 2015-2016. Il buono sotto forma di cedolino unico

Come detto, la Carta del Docente nasce con il comma 121 della Legge 107/2015, che giova riportare integralmente: “Al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, è istituita, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 123, la Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. La Carta, dell’importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l’acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software, per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione di cui al comma 124. La somma di cui alla Carta non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile”.

In assenza dei tempi tecnici necessari per l’attivazione della carta elettronica, così come disposto dalla Legge 107, che come sappiamo è datata 13 luglio 2015, per l’anno scolastico 2015/2016 il buono è stato erogato sotto forma di un cedolino unico del valore di 500 euro per il tramite del sistema NoiPa, e non costituiva, né costituisce tuttora, retribuzione accessoria o reddito imponibile.

Il Decreto del Presidente del Consiglio del 23 settembre 2015, cui il comma 122 della legge 107/2015 attribuiva la disciplina dei criteri e delle modalità di assegnazione e di utilizzo della carta, è stato la norma di riferimento per docenti e amministratori nell’a.s. 2015/16, seguita da varie note ministeriali. L’impegno finanziario è stato ed è decisamente alto: 381 milioni di euro annui a partire dall’anno 2015 (vedi comma 123 della Legge).

Gli insegnanti “di ruolo”[1] hanno pertanto utilizzato il bonus per acquistare libri, riviste, hardware o software, per iscriversi a corsi di formazione, per assistere a rappresentazioni teatrali e cinematografiche o per pagare altri beni o iniziative ammissibili ai sensi del citato comma 121, salvo poi rendicontare a monte le spese, presentando le pezze giustificative alle rispettive istituzioni scolastiche. Le procedure successive di controllo, catalogazione e recupero – in capo all’amministrazione nelle sue diverse articolazioni, centrali e periferiche – sono state piuttosto complesse e ricche di singolarità, tali da dover essere esaminate e valutate caso per caso. L’ammissibilità o meno delle spese era responsabilità dei dirigenti scolastici, e sono stati previsti controlli a campione da parte dei revisori dei conti.

Atto II. Anno scolastico 2016-2017. Forma mista: carta elettronica, con la specificità del periodo 1° settembre – 30 novembre 2016

La carta elettronica è stata attivata il 30 novembre 2016, data a partire dalla quale i docenti, dopo aver acquisito l’identità digitale (SPID), hanno potuto iniziare a utilizzare la propria carta personale del valore di 500 euro, generando buoni in un’unica soluzione o diluendo la cifra in spese di diversi importi. Per ridefinire alcune modalità di fruizione della carta del docente, principalmente in virtù della forma di applicazione web, si è resa necessaria l’uscita di un nuovo DPCM in sostituzione di quello del 23 settembre 2015. Il decreto attuale, datato 28 novembre 2016, specifica i destinatari, l’attivazione e l’uso della carta, ma anche la registrazione di strutture, esercenti ed enti presso i quali è possibile utilizzare la carta, nonché le modalità di fatturazione e liquidazione.

E se un docente avesse effettuato spese nel periodo 1° settembre – 30 novembre 2016, prima dell’avvio dell’applicazione web? È stato possibile, in via transitoria, rendicontare tali spese a monte, per il tramite delle rispettive istituzioni scolastiche, e riceverne il corrispettivo. È stata inoltre data la possibilità di utilizzare e rendicontare entro il 31 agosto 2017 le somme eventualmente non spese nell’anno scolastico precedente, il 2015-16.

Come è stata spesa la Card?

Le opportunità di usufruire di un significativo supporto alla formazione permanente dei docenti sono state diverse. Hanno colto gli insegnanti la portata di tale opportunità? Hanno saputo da subito come utilizzarla per la propria crescita personale e professionale, oppure si sono trovati di fronte a una cifra significativa, che mai era stata loro erogata in passato, restando nel dubbio di come spenderla? Le cifre comunicate il 14 settembre u.s. sul sito del Miur evidenziano un forte sbilanciamento dell’importo per l’acquisto di hardware e software, 77,44% (per quasi 199 milioni di euro), contro il 21,53% per l’acquisto di libri e testi, anche in formato digitale, e per corsi di formazione e aggiornamento (55 milioni di euro). Intendiamoci: 55 milioni di euro sono una cifra importante e impegnativa, ma non reggono il confronto con i 199. È pur vero che tablet, pc, notebook, programmi e applicazioni sono strumenti didattici che sostengono la formazione e la professionalità docente. Difficile però non pensare che tali acquisti siano stati incentivati e incoraggiati dall’avere a disposizione 500 euro “a la carte”, a portata di mano. La prova del nove ci sarà fra un anno: la strumentazione elettronica ha validità superiore ai dodici mesi, pur nei continui e quotidiani progressi della tecnologia. In altre parole, ci aspettiamo e ci auguriamo nel 2017-18 un ribaltamento delle percentuali a favore di beni immateriali, ovvero di opportunità formative in senso più tradizionale.

Atto III. Anno scolastico 2017-2018. Ora la carta è solo elettronica

Da quest’anno dunque il sistema è entrato completamente a regime, e sarà possibile spendere l’importo assegnato generando soltanto buoni elettronici. A livello tecnico questo semplificherà di certo procedure e pratiche amministrative, e i docenti acquisteranno disinvoltura e padronanza nell’uso dello strumento informatico; per loro potrà diventare una fonte qualificante e continuativa cui attingere, nello spirito della legge 107/2015, che ha reso la formazione obbligatoria, permanente e strutturale, e del piano per la formazione dei docenti 2016-2019, che ne definisce significati, priorità, governance e organizzazione.

Come negli anni precedenti ogni insegnante avrà dunque a disposizione un borsellino elettronico di 500 euro, ai quali, per i docenti che non lo hanno utilizzato tutto nell’anno appena trascorso, si aggiungeranno gli importi eventualmente non spesi, o i buoni generati ma non validati. In caso di dubbi è possibile consultare le numerose FAQ pubblicate dal Miur sull’argomento.

Valore economico uguale qualità?

Esauriti gli aspetti tecnici, non ci si può esimere da alcune riflessioni di carattere generale.

In primo luogo occorre ribadire con fermezza che non è il valore economico di un corso di formazione/aggiornamento a determinarne la qualità, la significatività, l’efficacia e la ricaduta didattica. Anzi. Si sono succedute negli ultimi decenni varie stagioni formative: in alcune furono assegnate maggiori risorse, in altre lo Stato fu più parsimonioso. Non per questo non ci si formava, e bene. Senza addentrarci in disamine e approfondimenti, uno dei valori aggiunti di quest’ultima stagione è che ai docenti è stata offerta una scelta, e l’opportunità non è di poco conto: scegliere in base alle proprie inclinazioni, ai propri talenti o ai propri bisogni formativi (es. “in un determinato aspetto della didattica ho già una buona padronanza e disinvoltura, voglio formarmi e diventare un vero esperto, oppure al contrario in un campo sento di avere ancora delle lacune, vorrei informarmi, approfondire, comprendere meglio…”). In questo senso il bonus non è né una panacea né una surroga. Semplicemente un’opportunità di scelta.

Attenzione alla logica di mercato!

Uno dei rischi maggiori che gravitano attorno alla carta del docente, e agli oltre un miliardo di euro stanziati nel triennio, è che si scivoli nella sgradevole logica del mercato. Enti ed esercenti abilitati a riscuotere il bonus sono molteplici e di diversa natura, dagli enti di formazione alle attività commerciali che vendono materiale elettronico. Il giro d’affari è notevole, e si può scadere nella regola della domanda e dell’offerta o, ancora peggio, dell’offerta – prima – e della domanda – a seguire. Sul versante enti e associazioni c’è un meccanismo di tutela e di monitoraggio, disciplinato dalla Direttiva Ministeriale 170/2016, con un elenco nazionale e rigorose procedure di riconoscimento anche a livello regionale/territoriale. Ma per gli esercenti? Certamente il sistema digitale funge da controllo, consentendo solo determinati acquisti, tuttavia… Qui scatta anche una forma di responsabilità e di deontologia professionale che appartiene alla grande maggioranza dei docenti, che possono e devono farsi carico di monitorare, tutelare e salvaguardare tutto il sistema.

Il cubo di “Rubrik”

Il pianeta “formazione in servizio”, così come delineato a partire dalla Legge 107/2015, che ne ha fatto uno dei capisaldi e degli aspetti di maggiore impatto, è un poliedro dalle seguenti, molteplici sfaccettature, che si potrebbe rappresentare visivamente come il celebre “cubo di Rubik”, rinominabile  Rubrik (non solo in omaggio alle rubriche di valutazione):

  • la faccia principale è senza dubbio quella delle nove priorità del piano di formazione, che dovrebbero fare da collante e da sfondo qualitativo a tutte le altre;
  • quella degli enti e delle associazioni che programmano e organizzano le proposte formative, ad esempio;
  • quella del Carta del Docente, appunto;
  • quella delle oltre 300 scuole-polo per la formazione a livello nazionale, cui, assieme a importanti finanziamenti, è affidato un compito strategico e lungimirante, che guardi oltre le contingenze e le specifiche emergenze;
  • quella delle singole scuole, nelle quali la formazione di istituto va incanalata nel solco dei bisogni e delle priorità, ricollegandosi anche alla logica dell’autovalutazione e del miglioramento (ricordiamo che il buono può essere utilizzato anche per finanziare iniziative formative promosse dalla scuola, che è soggetto di per sé accreditato, come a dire: “sentiamo collegialmente questa esigenza, è coerente con il PTOF e il PdM della nostra istituzione, condividiamo pertanto una parte di risorse e ci costruiamo una formazione ad hoc, davvero rispondente ai nostri bisogni, facendo così crescere la comunità professionale della quale ci sentiamo parte integrante e valoriale”);
  • e, last but not least, il singolo docente, che si trova davanti a una pluralità di occasioni e che della propria formazione continua deve diventare il vero autore e protagonista, con la propria specificità e personalità. Per non parlare poi delle nuove generazioni, di cui siamo chiamati a essere educatori, e che saranno gli adulti di domani.

Perché un mondo basato sulla conoscenza è un mondo più libero.

[1] Specifichiamo che per insegnanti di ruolo si intendono i docenti delle scuole statali, non quelli delle paritarie. Qualcuno ha sollevato il dilemma, non essendo esplicitato nel testo della Legge. Sarà precisato in tutta la normativa secondaria, a partire dai DPCM citati successivamente, dalle note ministeriali e dalle FAQ.