La scuola italiana nello scenario europeo

Caratteristiche, peculiarità, nuove sfide

Uno sguardo ai sistemi scolastici europei

I sistemi scolastici europei possono essere raggruppati sulla base di alcuni modelli ordinamentali e organizzativi: da quello scandinavo, nel quale la scuola di base è costituita da un unico percorso formativo (di norma 7-16 anni), a quello germanico, nel quale al termine dell’istruzione primaria gli alunni seguono percorsi distinti o specifiche tipologie di scuola. Dal canto suo l’Italia, al pari di altri paesi mediterranei, mantiene separati i due segmenti primaria/secondaria di primo grado, ma segue un curriculum di base comune di tipo generale, che consente a tutti gli studenti di passare dal completamento dell’istruzione primaria (ISCED 1[1]) al livello di istruzione secondaria inferiore (ISCED 2).

I quaderni di Eurydice offrono da anni un’interessante fotografia dei sistemi scolastici europei. È recentemente stato pubblicato da Eurydice Italia[2] il quaderno numero 37, che presenta le strutture dei sistemi dei singoli paesi aggiornate all’anno scolastico e accademico 2017-18. La comparazione fra i vari sistemi scolastici è molto stimolante: i colori attribuiti alle varie sezioni dei diagrammi, le linee che delimitano i diversi livelli di istruzione, e le scale numeriche relative all’età degli studenti o alla durata dei programmi, ne rendono immediata e agevole la lettura.

Educazione e cura della prima infanzia

Oltre al triplice modello della scuola di base, è possibile notare come, nella cura e nell’educazione della prima infanzia fra i paesi europei, si distinguano principalmente due modelli: uno unitario, nel quale l’offerta destinata ai bambini in età prescolare è organizzata in un unico percorso, come succede ad esempio nei paesi scandinavi, e uno separato, nel quale l’amministrazione e la gestione dei bambini delle due fasce d’età, di norma 0-3 e 3-6 anni, sono affidate a due diverse autorità.

L’Italia appartiene evidentemente a questo secondo modello; tuttavia il recente D.Lgs. 65/2017 persegue la finalità di creare un sistema integrato che, pur mantenendo l’autonomia e la specificità dei due segmenti, cerca di farli dialogare e interagire, in una preziosa ottica di la continuità, promuovendo ambiziosi traguardi, quali: il conseguimento del 33% di copertura dei servizi educativi 0-3, che solo alcune regioni hanno raggiunto, la qualificazione universitaria per il personale dei servizi per l’infanzia, la definizione di orientamenti educativi nazionali per la fascia 0-3, la generalizzazione della scuola dell’infanzia. Quest’ultima, in realtà, già copre circa il 95% dei potenziali utenti (unico obiettivo europeo – ET 2020 –  raggiunto dal nostro Paese), ma con disomogeneità territoriali. Proprio pochi giorni fa la nota MIUR 404 del 19.02.2018 ha fornito indicazioni operative per l’attuazione del D.Lgs. 65/2017.

La scuola di base

Riguardo ai modelli organizzativi e ordinamentali della scuola di base, si è già detto prima. L’Italia si colloca nel modello intermedio, con due strutture separate, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, ma un curriculum comune, definito dalle Indicazioni nazionali per il curricolo 2012 (DM 254/2012), e un passaggio pressoché totale fra un livello e l’altro, ribadito anche dal recente D.Lgs. 62/2017.

Pochissimi giorni fa è stato presentato il documento “Indicazioni nazionali e nuovi scenari”, frutto del lavoro del Comitato scientifico per le Indicazioni nazionali, che a più di cinque anni di distanza ne propone una rilettura, alla luce dei rapidi cambiamenti in atto nel mondo, e nella prospettiva dello sviluppo di competenze per la cittadinanza attiva e la sostenibilità, sollecitata anche da autorevoli istituzioni sovranazionali.

Obbligo di istruzione

Interessante anche confrontare le età in cui termina l’istruzione obbligatoria, che di norma si attesta a 15 o 16 anni, ma arriva fino ai 18 anni in Belgio, e addirittura a 19 anni in cinque Länder tedeschi. Si parla evidentemente della frequenza in strutture formali; tuttavia in certi paesi l’istruzione/formazione obbligatoria si può combinare con corsi a tempo parziale che si svolgono a scuola e corsi a tempo parziale che si svolgono sul luogo di lavoro. È il caso, ad esempio, proprio del sistema duale tedesco, un modello formativo integrato tra scuola e lavoro. In Italia è la legge 296/2006 a stabilire che l’istruzione sia impartita per almeno dieci anni. Essa si completa poi con il “diritto-dovere”, finalizzato a “consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età”.

Secondo ciclo

È nei modelli del secondo ciclo di istruzione che i diagrammi dei sistemi scolastici europei mostrano la maggiore varietà, variabilità, creatività: nelle tipologie di scuola (ginnasi, licei, scuole tecniche, scuole professionali), nell’articolazione dei percorsi (lineari o molto articolati), nell’età in cui tali percorsi si concludono (di norma fra i 18 e i 19 anni). In Italia il recente D.Lgs. 61/2017 cerca di rispondere alle sfide del dinamismo del mercato del lavoro, con la revisione degli indirizzi dell’istruzione professionale e il potenziamento delle attività didattiche laboratoriali. Da prossimo settembre partirà inoltre una sperimentazione che vedrà quasi duecento istituzioni scolastiche di secondo grado, in particolare licei, distribuite in tutto il territorio nazionale, impegnate in un percorso di studi quadriennale.

Uno sguardo d’insieme sui sistemi scolastici europei non fa dimenticare le specificità e le peculiarità della nostra scuola. Contribuisce piuttosto alla costruzione di un pensiero riflessivo e plurale, che aiuta a coniugare i valori fondanti e fondativi che stanno alla base della scuola italiana con le sfide del mondo contemporaneo e globale.

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[1] I quaderni Eurydice utilizzano la Classificazione internazionale ISCED, uno standard creato dall’UNESCO come sistema internazionale di classificazione dei corsi di studio e dei relativi titoli.

[2] L’unità italiana di Eurydice opera presso Indire, su incarico del Miur, nell’ambito della rete europea di informazione sull’istruzione.