Un punto di vista sul nuovo contratto 2016-2018

Ma è già tempo di pensare al prossimo…

Alcuni commenti, per partire

Con riferimento all’Ipotesi di nuovo Contratto sottoscritto dalle Organizzazioni Sindacali Confederali il 9 febbraio u.s., la Rivista on line Tuttoscuola (di lunedì 19 febbraio) così ne commenta i risultati: “…segna soprattutto il successo della strategia di raffreddamento della conflittualità e del rancore sociale che costituisce l’asse strategico del governo Gentiloni…”.

Non è la rilevanza del merito (cioè dei contenuti dell’accordo) ad essere oggetto della valutazione, ma la ripresa di un dialogo che, a partire soprattutto dal Governo Renzi con il varo della L. 107/2015, era venuto meno, sviluppando conflittualità e disorientamento.

Di tutt’altro tenore è invece la posizione di ANP che, attraverso le dichiarazione del suo Presidente, Antonello Giannelli (intervista di A. Crusco su Scuola7 del 19 febbraio 2018), spara a zero contro l’Intesa, soprattutto per due motivi: la riduzione del fondo per la premialità (ridotto a 130 milioni per il 2018, a 150 milioni per il 2019 e a 160 milioni a partire dal 2020) e il persistere dell’obbligo di contrattazione integrativa nelle scuole.

Il suo giudizio complessivo: si tratta di un contratto al ribasso soprattutto sul versante salariale, sottoscritto “pur di ottenere il riconoscimento di un maggior ruolo (…) nelle contrattazioni”; maggior ruolo che si teme, perché ne conseguirebbe un offuscamento del ruolo del DS.

Un po’ tutti i commenti, in realtà, si muovono lungo una linea le cui polarità sono rappresentate da giudizi del tutto negativi (cfr. ANP), diversamente articolati, e giudizi in cui si enfatizza soprattutto la ripresa del dialogo (cfr. Tuttoscuola), la cui assenza ha pesato negativamente sulle relazioni sindacali e sul clima dentro le scuole di questi ultimi anni.

Percezioni ad una prima lettura

Provo ora, dopo i commenti di cui sopra, riportati a mo’ di introduzione, a raccontare percezioni e idee suggerite da una prima lettura dell’Ipotesi di rinnovo contrattuale.

Nel merito dei contenuti dell’accordo, si tralascia qui di mettere sotto il riflettore gli aspetti salariali, che già erano sostanzialmente noti a seguito dell’Intesa del 30 novembre scorso.

Richiamo solo che nelle risorse complessive messe a disposizione del contratto rientra, come già si è visto prima con l’intervista al Presidente ANP, una quota parte dal fondo per la valorizzazione del merito. Scelta che ha – mi sembra – un suo significato sotto il profilo delle disponibilità reciproche a trovare intese su terreni anche di difficile negoziazione.

Questa sottolineatura vuole evidenziare che l’aspetto clou di questo contratto sembra essere la ripresa di un dialogo, di cui si cerca nel testo di chiarire termini e passaggi (v. art. 22).

Questo riavvicinamento – diciamo così – può essere visto come una sorta di passo indietro del Ministero rispetto alle sue precedenti strategie; ma anche esprimere nuova disponibilità da parte dei Sindacati Confederali della Scuola, da qualche anno un po’ sul piede di guerra.

Il bilancio per il Governo

L’Intesa sembra dire in primo luogo – è la lettura più probabile – che il Ministero:

1. ha dovuto riconoscere a) che non porta da nessuna parte il braccio di ferro con soggetti istituzionali che rappresentano comunque la maggior parte del personale scolastico chiamata a dare gambe alle riforme; b) che può invece risultare fruttuoso il confronto con questi soggetti. Finalizzato, anche oltre le relazioni sindacali ‘tradizionali’[1], a “consentire [loro] di esprimere valutazioni esaustive e di partecipare costruttivamente alla definizione delle misure che l’amministrazione intende adottare” (art. 6, comma 1).

Ma anche, probabilmente, che:

2. non aiutano né i tempi da Speedy Gonzales adottati dall’Amministrazione in questi ultimi anni nella gestione delle innovazioni proposte, né le strategie, spesso opinabili e definite a porte chiuse, né l’approssimazione nella gestione dei processi;

3. il Ministero è riuscito ad ottenere che “La contrattazione collettiva integrativa (….) è finalizzata ad incrementare la qualità dell’offerta formativa, sostenendo i processi di innovazione in atto, anche mediante la valorizzazione delle professionalità coinvolte” (art. 22, comma 1). Che non è poco.

Sembra però di capire altresì che, nel confronto e nella contrattazione, si dovrà necessariamente fare i conti con i processi di innovazione in atto, e che non si può pensare di interromperli o addirittura di cancellarli.

Il bilancio per i sindacati

Anche i Sindacati hanno buoni motivi per valutare positivamente questa Ipotesi. E non solo per alcuni passi in avanti che il Contratto contiene. Ma anche perché finalmente l’Amministrazione ha dovuto riconoscere che il tentativo di marginalizzarli è fallito, perché ha provocato solo disastri a più livelli, e ha reso più difficile il clima dentro le scuole. E che riconoscerne ruolo e peso può favorire i processi di innovazione in atto, o in ogni caso aprire avvicinamenti e intese più produttive.

Comunque nei Sindacati che hanno sottoscritto l’intesa[2], o che si accingono a farlo, sembra ci sia consapevolezza che i risultati che si portano a casa sono al di sotto delle attese della categoria.

La spia di questa difficoltà a capire, che si avverte in giro, è – se interpreto bene – nel passaggio del Documento congiunto dei Sindacati firmatari, dove c’è la sottolineatura che, nella pre-intesa, non è previsto “nessun aumento di carichi e orari di lavoro; invariati, questi ultimi, anche nella loro articolazione; nessuna imposizione forzata di prestazioni non volontarie”.

Una frase che sembra dirci che da questa intesa, data la situazione, non era possibile aspettarsi di più (quindi che si potesse contrattare su orario e carichi di lavoro aggiuntivi), e che più avanzati obiettivi vanno pertanto spostati essenzialmente sulla gestione di qualche aspetto di questo contratto, ma soprattutto sulla prossima contrattazione (che inizierà fra meno di un anno).

Se questa lettura è sensata, allora diventa auspicabile un risultato positivo della consultazione in atto. Soprattutto se, già in questa fase di presentazione e discussione dell’Ipotesi nelle scuole, si comincia a lanciare e raccogliere idee per un’agenda da costruire e approfondire in vista della prossima stagione contrattuale.

Pensando al prossimo contratto

E se si comincerà a parlarne partendo da questioni urgenti che nel testo siglato non sono state neanche nominate, o nominate solo di sfuggita, tra queste citerei in primo luogo:

• orario di lavoro del personale docente, con particolare riferimento all’orario per le attività funzionali all’insegnamento (le 40 + 40 ore annue previste dai contratti precedenti si sono dimostrate lacci ormai assurdi e incompatibili con una configurazione, qual è quella attuale, della scuola come organizzazione per molti aspetti complessa);

• figure di funzionamento, ancora né carne né pesce, essendo la loro definizione transitoria e contrattualmente poco significativa, e pertanto slegata da ogni tipo di sviluppo professionale;

• una definizione compiuta della dimensione strutturale e obbligatoria della formazione che:

– permetta un coordinamento efficace dell’offerta e l’individuazione di soggetti organizzatori e di agenzie formative in grado di garantire percorsi e processi coerenti con la domanda,

– favorisca forme semplificate di controllo dei percorsi formativi,

– leghi funzionalmente – e prioritariamente – lo sviluppo professionale alla padronanza delle competenze richieste per la gestione individuale e collettiva dei percorsi formativi degli studenti e, più in generale, del Piano dell’offerta di scuola;

• una diversa filosofia e declinazione della valorizzazione del merito e delle professionalità, dopo le esperienze non esaltanti di questi ultimi due anni (nessuno, d’altra parte, può pensare che tale questione possa essere messa in freezer con la riduzione da 200 a 160 milioni, prevista a regime, del fondo specifico di cui al comma 127 della L. 107. È il tema dello sviluppo di carriera, da riconsiderare attraverso un sistema di crediti professionali – didattici, formativi, organizzativi – che bisogna far ridiventare centrale nel dibattito sindacale, per un corretto approccio su tale questione).

La governance della scuola come “comunità professionale”

Tra le priorità di una nuova agenda andrebbe previsto anche il tema della governance interna delle scuole. Da affrontare però senza opacizzare figura e ruolo del DS, che la scuola dell’autonomia ha voluto, con buone ragioni, “responsabile dei risultati del servizio” e “garante del funzionamento della scuola”. Andrebbe, sul punto, fugato ogni timore[3].

Il problema al riguardo può essere semmai quello della cultura professionale e del profilo di ruolo di questa figura, di coerenti modalità di selezione e formazione dei DS. Oltre che quello della sperimentazione di modelli organizzativi che favoriscano una leadership diffusa orientata ai risultati.

Ovviamente – e questo andrebbe sottolineato – la definizione di strategie su queste aree avrà senso e valore se si iscriveranno dentro un quadro di riferimento generale in cui l’interesse immediato della contrattazione (condizioni di lavoro e riconoscimento delle competenze e del loro valore) tenda a coniugarsi con l’interesse pubblico, e finanche coi diritti dei cittadini a un servizio di qualità.

Oggi come oggi, i pur modesti passi in avanti (che comunque era difficile attendersi più consistenti in questa situazione), e soprattutto il clima di confronto e di reciproca apertura che l’Intesa registra e definisce, non credo possano considerarsi, guardando in prospettiva, risultati di poco conto. O no?

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[1] Le relazioni sindacali nei contratti precedenti non prevedevano la procedura del “confronto” (artt. 6 e 22, comma 8), ma solo quelle dell’informazione e della contrattazione vera e propria.

[2] Come si è già detto, finora sono le OO.SS confederali. Ma non si esclude, anzi è probabile, che anche Gilda, il cui disaccordo riguarda sostanzialmente la parte salariale, e Snals, che invece aveva firmato l’intesa del 30 novembre, abbiano dei ripensamenti nelle prossime settimane.

[3] Si avverte un po’ anche l’impressione – ma è un aspetto che andrebbe guardato con più attenzione – che da una lettura complessiva dell’Ipotesi non esca bene lo stesso collegio (e sue articolazioni), che andrebbe invece rilanciato e ricostruito come luogo di necessario confronto e coinvolgimento sulle politiche complessive dell’Istituto (Comunità professionale). Invece nella pre-intesa l’accento si sposta sulla scuola come Comunità Educante, che non mi sembra un recupero lessicale felice (è ancora oggi parola d’ordine di Comunione e Liberazione), considerata la connotazione ideologica divisiva – e in ogni caso generica e ambigua – che ha avuto soprattutto negli anni ‘70 e ‘80 (ma anche nei decenni successivi) nella vita delle nostre scuole, e non solo delle scuole. Né può risultare convincente il suo accostamento a termini come dialogo, ricerca, esperienza sociale, che appaiono, nel contesto in cui sono inseriti (art. 24), un po’ come specchietto per le allodole.