Formazione in servizio? Le unità formative… cosa, come, quando?

Un nuovo quadro di riferimento

Il documento Sviluppo professionale e qualità della formazione in servizio (di seguito “documento 2018”), pubblicato dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca ad aprile 2018, rende disponibile il risultato delle azioni sviluppate da tre gruppi di lavoro, appositamente individuati dall’amministrazione centrale per accompagnare e approfondire le tematiche correlate allo sviluppo del Piano nazionale per la formazione dei docenti triennio 2016-2019 (di seguito “Piano 2016”), giunto alla seconda annualità nel corrente a.s. 2017/2018.

Come noto, la Legge 107/2015  mette a disposizione ingenti risorse (40 milioni di euro annui) per il dispiegarsi di azioni di formazione per le scuole (docenti, dirigenti e personale ATA). Pur nelle more della definizione di aspetti contrattuali e di dispositivi tecnici attuativi, le 319 scuole polo per la formazione, individuate a livello nazionale, hanno agito sin dal primo anno di attuazione del Piano, con capillare impegno nella realizzazione di proposte formative strutturate in unità formative.

Il Piano è un dossier voluminoso (10 capitoli e 88 pagine) con impianto ambizioso, che intende tradurre in operatività il principio ispiratore dell’investimento in formazione, che dia come esito maggiore sviluppo economico, sociale, sicurezza per l’ambiente e le persone, equità e coesione, capacità di affrontare le sfide di una “agenda globale”, con una centratura su una formazione situata in classe e con ricaduta sugli alunni e sul loro successo formativo[1].

Il documento della Direzione Generale per il personale scolastico propone le risultanze dei lavori dei tre gruppi (Indicatori di qualità e governance, Standard professionali e Curriculum e portfolio docente)[2].

Tre gruppi di lavoro al Miur

In particolare ci si sofferma, con il presente contributo, sugli esiti dei lavori del gruppo 1 (Parte III del documento, “Indicatori di qualità e governance”,  al quale ho direttamente partecipato), dedicati all’approfondimento dei temi:

  • unità formativa (chi la promuove, quali dimensioni, durata, progettazione);
  • autovazione e validazione dell’unità formativa;
  • attori della formazione;
  • governance (problemi e prospettive).

In sostanza, compito del gruppo 1 è stato quello di delineare le caratteristiche delle unità formative dal punto di vista dell’articolazione metodologica, delle scansioni operative (progettazione, gestione e attestazione finale), delle modalità per la formazione in servizio (tempi, durata, obbligo) e della valutazione degli esiti, con approfondimento descrittivo dei diversi soggetti impegnati nei percorsi formativi (Direttori, coordinatori, esperti…) ed ipotesi per la loro formazione[3].

Cos’è l’unità formativa?

Come indicato nel Piano, le attività programmate dalle scuole polo per la formazione sono state configurate come “unità formative”, una forma di unità di misura della formazione, quindi non come tradizionali corsi di formazione, bensì come percorsi che comprendano non solo l’attività in presenza, ma anche tutti quei momenti che contribuiscono allo sviluppo delle competenze professionali, quali ad esempio:

  • formazione a distanza;
  • sperimentazione didattica documentata e ricerca/azione;
  • lavoro in rete;
  • approfondimento personale e collegiale;
  • documentazione e forme di restituzione/rendicontazione, con ricaduta nella scuola;
  • progettazione.

L’articolazione di un’unità formativa

Nel Documento 2018 sono sintetizzati gli elementi costitutivi dell’unità formativa, in relazione alla rispondenza ai bisogni dell’organizzazione e ai bisogni del singolo docente, al tipo di formazione realizzata e alla restituzione in termini di comunità professionale:

Rispondenza ai bisogni dell’organizzazione e ai bisogni del docente in rapporto al miglioramento dell’organizzazione Formazione seminariale o approfondimento di vario genere Lavoro
collaborativo
Realizzazione del prodotto e documentazione dell’attività svolta in classe Restituzione all’organizzazione e valutazione tra pari
Strumenti: Piano di Formazione e Piano di Miglioramento con chiari agganci al PTOF, al RAV e al PDM di Istituto In presenza o a distanza. Può essere integrata in un pacchetto formativo o inserita in un progetto formativo di Istituto desumendola da offerte esterne Con i docenti della scuola (se UF di scuola il gruppo di riferimento possono essere i colleghi del Dipartimento, del Team, del CDC) o con i corsisti se UF promossa da rete o enti Definizione a monte dell’UF del prodotto da realizzare e sperimentare e previsione di un monte ore dedicato. Documentazione del percorso con strumenti di accompagnamento (diario di bordo, griglie di autoanalisi, ecc) definiti a monte dell’UF e forniti al docente in formazione Messa a disposizione del materiale realizzato e della documentazione dell’esperienza e conseguente peer review del gruppo di riferimento (in base ai casi il gruppo di riferimento sono i corsisti o i docenti del dipartimento, team o CDC

L’unità formativa si caratterizza come itinerario formativo significativo con approccio pratico-riflessivo. I nuclei tematici possono essere riferiti sia a specifici contenuti (ad es. formazione sulle lingue e sul CLIL) sia a competenze di natura trasversale (ad es. realizzazione di progetti di rete; assunzione di responsabilità in progetti di ricerca e formazione), sia per consolidare competenze organizzative (ad es. ruoli di tutoraggio per i docenti in periodo di formazione e prova, ruoli in azioni chiave: animatori digitali e team per l’innovazione; coordinatori per l’inclusione; alternanza scuola-lavoro…).

Chi attesta le unità formative?

L’attestazione delle unità formative è rilasciata dai soggetti che promuovono ed erogano la formazione, quindi scuole, università, enti di ricerca, struttura formative accreditate dal Miur (in riferimento alla Direttiva 170/2016).

Le scuole possono riconoscere come unità formative anche iniziative liberamente scelte dai docenti, purché coerenti con il Piano per la formazione della scuola (riferimento alla card docenti), e le istituzioni scolastiche programmano e attuano le unità formative su base triennale, in coerenza con gli obiettivi e le priorità indicati nel Piano e nei piani di formazione di istituto, garantendo almeno un’unità formativa per ogni anno scolastico, diversamente modulabile nel triennio.

Chi progetta l’unità formativa?

L’unità formativa deve trovare coerenza con i principali assetti della scuola. Di seguito uno schema esplicativo di sintesi che delinea il circolo virtuoso fra il piano triennale dell’offerta formativa, il rapporto di autovalutazione, il piano di miglioramento, l’analisi dei bisogni formativi e il bilancio individuale di competenze (Documento 2018).

Quali dimensioni dell’unità formativa?

Le dimensioni fondative dell’unità formativa possono essere ascritte a tre aree fondamentali concatenate e intrecciate (cfr. Documento 2018):

Nelle tre dimensioni è possibile ritrovare elementi qualificanti e caratterizzazioni dell’unità formativa, che si traducono in azioni, indicatori di qualità e figure di riferimento (pp. 46-47 Documento 2018).

Com’è possibile valutare l’unità formativa?

Nel Documento si individuano tre dimensioni di valutazione:

– autovalutazione-autoriflessione, con modalità prevalentemente orientate alla documentazione-riflessione. A titolo esemplificativo, gli strumenti indicati possono essere rubriche, diaristica, strumenti di auto-rappresentazione, linee guida per la compilazione e la validazione dei profili in entrata e in uscita;

– valutazione formativa (dinamica), in relazione a quanto già posseduto dal soggetto e a quanto in via di sviluppo grazie alla interazione sociale, anche attraverso accompagnamenti in presenza (tutor, formatore, etc…). Ad esempio: rubriche di processo e di prodotto individuale e collaborativo, griglie di osservazione, diaristica, prove autentiche – project work, role play, simulazioni…);

– valutazione dell’efficacia del percorso, con tracciamenti, verifiche e modalità di verifica dello sviluppo di competenze, ad esempio: triangolazione dei dati, tracciamento di comportamenti/attività in ambienti specifici, monitoraggio e rilevazione del percepito (interviste, questionari etc…).

Il tema è certamente complesso, perché implica innanzitutto un tempo disteso per definire, validare e attuare modalità di valutazione, nonché la disponibilità individuale a mettersi in gioco in termini di esiti e ricadute in aula dell’impatto formativo.

Quali attori per la formazione?

Il documento propone possibili figure per qualificare la formazione, dal facilitatore al formatore, al tutor… come possibili sostegni ed accompagnamento per una formazione di qualità, e delinea profili di formatori diversificati a seconda dei bisogni e dei settori (competenze sui contenuti, sulla comunicazione, sull’organizzazione e sugli aspetti pedagogici).

L’attuale procedura amministrativa per l’individuazione dei formatori (il c.d. bando o avviso pubblico per la formulazione di graduatorie) ha talora evidenziato gap fra i bisogni espressi, in sede di rilevazione delle necessità, da parte dei docenti, e le competenze effettivamente disponibili per la realizzazione delle azioni formative previste.

Nel Documento si ipotizzano azioni anche a livello territoriale/regionale, in capo agli Uffici Scolastici Regionali, per la promozione di figure di progettista della formazione “junior e senior”, per elevare la qualità della formazione, nonché per l’individuazione e relativa formazione di figure di riferimento per ogni istituzione scolastica (coordinatore della formazione in servizio e dello sviluppo professionale), da integrare nello staff del dirigente.

Sono proposte certamente interessanti, che devono essere con chiarezza identificate non come professionalità nuove e diverse dall’insegnamento, ma come implementazione di expertise sul campo riconosciuto e valorizzato dalla comunità professionale.

Problemi di governance

L’ultima sezione è dedicata al tema della governance degli aspetti progettuali, amministrativi e gestionali, con problemi non irrilevanti individuati a partire dallo stato di attuazione del primo anno del Piano nazionale per la formazione dei docenti. Nel Documento 2018 sono infatti sottolineati aspetti sostanzialmente ascrivibili alla necessità di una più intensa e intenzionale regia nazionale e regionale, con armonizzazione fra le varie esperienze compiute, sia a livello di cabine di progettazione sia a livello di singole scuole.

Un Piano da perfezionare e mettere alla prova

La triennalità dell’attuazione del Piano, seppure apparentemente tempo cosiddetto “lungo”, ha necessariamente bisogno di un ulteriore dispiegarsi, per almeno un altro triennio, al fine di consentire alle scuole polo di sedimentare le procedure, ai docenti di meglio sviluppare e comprendere i propri bisogni formativi e di orientarsi nella scelta dell’offerta formativa, agli enti e ai proponenti formazione di calibrare un’offerta più matura e articolata di unità formative (e non di corsi di formazione), alle scuole di recepire la formazione realizzata con una forte compenetrazione fra unità formative e unità di apprendimento (o didattiche, che dir si voglia).

Fino a che non viene effettivamente connessa la formazione con la pratica didattica e la ricaduta sugli studenti, la sfida per una formazione di qualità nella scuola è e resta aperta.

L’investimento in termini di struttura e di risorse economiche allocate per la scuola da parte dei decisori politici, e dell’amministrazione attraverso il Piano, è una scelta opportuna e vincente, che rende conto delle professionalità di alto livello che vivono in aula con i ragazzi ogni giorno, e che necessitano di una formazione in servizio di qualità, centrata sulla realtà dell’aula e non sulla sola teoria. I risultati di un investimento così importante, però, possono essere resi visibili e quantificabili, in termini di miglioramento del successo formativo degli studenti, solo in un lungo periodo, e con la messa a punto di strumenti di rilevazione accurati.

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[1] Il Piano triennale per la formazione è stato pubblicato nel fascicolo monografico di “Notizie della Scuola”, n. 5/6, novembre 2016, Voci della scuola n. 11, con interventi di Chiara Brescianini, Giancarlo Cerini, Ettore D’Orazio, Nilde Maloni, Paola Serafin, Mariella Spinosi, Maria Teresa Stancarone.

[2] Il Documento del Miur sulla formazione è stato pubblicato nel n. 16, aprile 2018, di “Notizie della Scuola”, con una introduzione di Mariella Spinosi e un’intervista al Direttore Generale del Personale, Maria Maddalena Novelli.

[3] Nel documento finale, i lavori del gruppo 1 sono riportati nella parte III – Indicatori di qualità e governance, mentre nella parte I – Standard professionali sono riportati gli esiti del secondo gruppo, e nella parte II – Curriculum e portfolio professionale sono riportati gli esiti del terzo gruppo.