Ritorna la paura dello straniero in classe

La geografia dell’integrazione

La presenza di alunni provenienti da altri Paesi è ormai un pezzo di storia recente del nostro sistema scolastico. Si tratta di famiglie ricongiunte in Italia dopo che gli adulti erano stati attirati dalle occasioni di lavoro, e stabilitesi soprattutto nelle regioni del nord.

RegioniScuole dell’infanziaScuole primarieScuole sec.I gradoScuole sec.II grado
N%N%N%N%
Nord-ovest64.39615,6114.32115,660.57913,765.26210,4
Nord-est47.93215,784.98315,743.58413,448.96010,2
Centro36.34512,064.85412,038.02311,747.2759,1
Sud12.7463,223.1953,414.5453,318.4782,5
Isole5.0092,89.9323,26.8823,47.5502,3
ITALIA166.42810,4297.28510,6163.6139,4187.5257,0

Fonte: Istat, Annuario statistico italiano 2017.

Un fenomeno in (lenta) crescita

La presenza di nuove persone di tradizioni culturali e sociali molto diverse dalle nostre ha avuto un impatto difficile e, siccome la scuola è lo specchio di quella determinata comunità, non è stato facile accogliere questi nuovi compagni di classe, soprattutto per la difficoltà di parlare la nostra lingua ed accettare metodologie di insegnamento diverse da quelle ricevute nel paese di origine, senza contare che molti di loro non erano per nulla scolarizzati.

RegioniScuole dell’infanziaScuole primarieScuole sec.I gradoScuole sec.II grado
N%N%N%N%
2011-12156.7019,2268.7559,5166.0439,3164.5246,2
2012-13164.5899,8276.1299,8170.7929,6175.2296,6
2013-14167.69310,1283.38310,0169.8029,6182.2266,8
2014-15168.00110,3291.78210,3167.0689,6187.3577,0
2015-16166.42810,4297.28510,6163.6139,4187.5257,0

Fonte: Istat, Annuario statistico italiano 2017.

Il ruolo dell’istruzione

Mentre in non poche città, e soprattutto nei piccoli paesi, infuriava la polemica sulla loro integrazione, le scuole, molto spesso senza supporti, si sono rimboccate le maniche, e usando le risorse professionali hanno realizzato l’accoglienza, l’alfabetizzazione linguistica, accompagnando questi soggetti sui sentieri dell’apprendimento e della cittadinanza. È stato attraverso le scuole che si è dato sostegno alle famiglie straniere spaesate nei rapporti con la comunità civile del territorio, a partire dai genitori italiani. Gli enti locali più sensibili hanno investito sui mediatori interculturali e sull’accentuazione dei presidi socio-sanitari.

RegioniScuole dell’infanziaScuole primarieScuole sec.I gradoScuole sec.II grado
N%N%N%N%
Piemonte16.37514,927.71714,514.83812,716.8599,8
Valle d’Aosta3389,95048,42476,93135,7
Liguria4.59313,37.66212,54.65112,16.48210,6
Lombardia43.09016,378.43816,640.84314,541.60810,7
Trentino-Alto Adige4.50613,87.00312,83.72311,03.2017,7
Veneto19.85515,135.75315,418.10912,818.1368,7
Friuli-Venezia Giulia4.21114,16.99713,63.56811,34.1848,7
Emilia-Romagna19.36017,335.23017,418.18415,323.43912,8
Toscana13.28114,423.17814,313.72313,916.82210,7
Umbria3.34114,65.87714,93.37214,44.35511,6
Marche5.12712,88.78112,84.88011,86.6519,3
Lazio14.5969,927.01810,016.04810,019.4477,8
Abruzzo2.8708,24.4807,92.7127,83.1985,5
Molise2443,44403,63424,34242,9
Campania3.8472,27.8092,64.7902,46.0461,9
Puglia3.1142,85.6973,03.5772,94.1692,0
Basilicata4933,68413,55993,76922,3
Calabria2.1783,93.9284,32.5254,43.9494,0
Sicilia4.1933,08.2393,45.6913,66.1962,5
Sardegna8162,11.6932,61.1912,81.3541,9
ITALIA166.42810,4297.28510,6163.6139,4187.5257,0

Fonte: Istat, Annuario statistico italiano 2017.

Le difficoltà delle scuole

Le scuole però sono state lasciate sole ad affrontare quella che potremmo considerare la più grande innovazione dell’ultimo ventennio; hanno dovuto paradossalmente sperimentare la normalità, cioè un ordinamento costruito su un modello culturale omogeneo, con tutti i vincoli burocratici cui la nostra scuola è assoggettata, calato su classi completamente cambiate nella loro composizione culturale di riferimento. Gli sforzi didattici e organizzativi venivano trattati con diffidenza dalle famiglie italiane e dalla società locale, imputando all’integrazione degli stranieri un ritardo nell’attuazione del curricolo. Una tale tensione generò ansia e indusse il personale scolastico ad inserire i nuovi arrivati in classi precedenti a quelle di età, creando sacche di ritardo che hanno appesantito l’intero percorso, anziché adottare una maggiore flessibilità nel rapporto insegnamento-apprendimento, offrendo a coloro che avevano investito di più nell’innovazione adeguate risorse economiche e professionali. Il Ministero si è limitato a prevedere una distribuzione degli stranieri non superiore al 30% del numero degli alunni per classe, che in quel periodo crebbe sempre di più per questioni di tagli alla finanza pubblica, anziché calare come sarebbe stato più agevole per l’efficacia didattica.     

…di seconda generazione

La crisi economica ha fatto diminuire l’immigrazione lavorativa, con il conseguente calo di quegli alunni così detti neoarrivati; gli stranieri rimasti, occupati in settori da tempo scoperti, hanno incrementato le loro famiglie, mandando a scuola ragazzi così detti di seconda generazione, cioè nati qui, già inseriti a livello sociale e con una buona conoscenza dell’italiano. Questi studenti hanno contribuito alla stabilità della nostra popolazione scolastica in forte calo demografico, e dai risultati dell’Istituto nazionale di valutazione si nota un progressivo incremento del rendimento, con casi di vere e proprie eccellenze. Nel frattempo molte ricerche hanno sostenuto il miglioramento delle pratiche scolastiche e rafforzato il ruolo e la preparazione dei mediatori interculturali. Anche a livello governativo ci fu una svolta (2014): gli immigrati non erano più un problema da integrare, ma una risorsa per l’internazionalizzazione dell’intero sistema formativo.

Fuga dalle scuole multietniche   

Sembrava dunque che il percorso fosse volto al positivo, sulla scia di altri Paesi, ad esempio la Svizzera, che ha addirittura sottoscritto convenzioni per la formazione di giovani albanesi da inserire in realtà elvetiche che si vanno depauperando sul piano delle nascite. Così si potrebbe pensare anche da noi, per i minori non accompagnati sbarcati nel mare Mediterraneo. Ma una ricerca del Politecnico di Milano ha segnalato il ripresentarsi della fuga di famiglie italiane da scuole con oltre il 30% di stranieri nella città metropolitana. Una situazione già vista ai tempi delle immigrazioni dal sud del Paese, o che riguarda contesti di disagio sociale ed economico. Non ci si sofferma più nemmeno sui risultati dell’apprendimento; si va via e basta, sulla base del sentito dire e della paura dello straniero, più che per cercare una scuola migliore. Per chi se lo può permettere ci sono le scuole private, che si preoccupano di garantire la sola presenza di italiani.

Intercultura e interlingua come possibile valore aggiunto

Le scuole “multietniche” dunque rischiano la ghettizzazione anche in presenza di buoni risultati, spesso migliori anche di quelle di soli italiani, e vengono apostrofate come straniere. Di questo parlava già la ministra Moratti in un documento del 2005.

Intercultura e interlingua sono rinforzi che soddisfano una richiesta di scambi internazionali da parte delle famiglie più avvertite. Su questo si riflettono l’orientamento ed una disparità nell’accesso al mercato del lavoro, soprattutto per quelle seconde generazioni per le quali la scuola è ancora un ascensore sociale.

Stiamo tornando indietro quando invece il peggio è passato, e si potrebbe iniziare ad utilizzare l’immigrazione come valore aggiunto. Ma la paura, veicolata dai social, fa percepire gli stranieri addirittura in quantità superiore alla realtà, come testimonia la ricerca dell’istituto Cattaneo di Bologna.

Classi d’etàDottorato, laurea, diploma univ.Diploma di scuola sec. superioreLicenza mediaLicenza elem., nessun titoloTotale
N%N%N%N%N%
15-2481,615129,432563,4295,6514100,0
25-3411710,839136,248144,7898,31.078100,0
35-6428411,893338,890037,528511,92.402100,0
65 e più2117,02823,13529,03830,9122100,0
Totale43010,41.50336,51.74242,344110,74.116100,0

Fonte: Istat, Annuario statistico italiano 2017.

[*] Le tabelle sono state curate da Maria Teresa Bertani.